Quei petali azzurri, tanto belli e delicati quanto pericolosi, gli avevano ricordato Haru fin dal primo istante e, nonostante fossero il presagio di un problema che Makoto si era augurato di non dover mai fronteggiare, il ragazzo aveva quasi sorriso nel ritrovarseli sul palmo della mano. Quasi però, perché avere la certezza di non essere corrisposto gli aveva mozzato il respiro più di quanto non avessero fatto i petali accumulati all’interno della propria gola.

Davanti lo specchio del bagno, con i fiori ancora stretti tra le dita, era stato arduo ammettere a sé stesso di non essere rimasto sorpreso dall’amara scoperta di quella mattina: Rin – Makoto era certo si trattasse di lui – era sempre stato estremamente importante per Haruka; i due gli erano sempre sembrati uniti da un legame indissolubile, resistente anche agli scontri più accesi, alla distanza e al tempo.

Non ne era mai stato geloso e, anche in quel frangente, se ne era scoperto incapace: sempre troppo fedele ad Haru per nutrire un simile sentimento verso ciò che poteva renderlo felice. A ferirlo nel profondo, però, era stato il tempismo micidiale con cui quei fiori avevano compiuto il loro ingresso nella sua vita; lo scontro della sera prima con Haru sotto i fuochi d’artificio era ancora così vivido da fare male.

Il loro legame aveva davvero delle fondamenta così deboli da presentare simili crepe al loro primo effettivo litigio?

Makoto aveva sospirato, conscio di essere nel torto a riversare interamente la colpa su ciò che era accaduto la notte precedente: alle spalle vi erano stati giorni di parole non dette, portatrici di un lento allontanamento che il castano aveva creduto di poter risolvere con facilità, parlando a cuore aperto. Una dolorosa fitta al petto lo aveva colto proprio mentre ripercorreva con la mente le ultime parole rivoltegli da Haru e Makoto si era ritrovato piegato in due dal dolore, tossendo una quantità infinità di petali azzurri e qualche fiore.

«Non ti scordar di me.»

Makoto aveva semplicemente pronunciato il nome del fiore, riconoscendolo sul palmo della mano, inconsapevole che quelle parole sarebbero divenute una preghiera quotidiana nei giorni a seguire con un Haru lontanissimo da lui – dall’altra parte del mondo con Rin – quando poi si sarebbe chiesto se a non conoscere limiti fosse la sua capacità di farsi del male o il suo amore per Haru.