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Autore: Lucano99    09/10/2020    0 recensioni
Quanto a tratti sono parsi se non presi dal calcio i nostri personaggi... ma la vita è ben più complessa e molto meno soddisfacente...ma anche più ricca. Tutti i personaggi noti con aggiunte di mio pugno!
Genere: Comico, Drammatico, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matsukaze Tenma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu che del citaredo, sul pesce
portatosi in salvo,
rechi il nome (se E rimovi);
tu che come il pensator,
a Roma avverso, perché d’Uno
fa due, ti nomi (se N giungi);
tu che tanto tenace
quanto io fiacco,
qual distacco!,
sei;
accogli il vento,
del verbo foriero
mi ti rivolge il core:
mento.
 
Anonimo
 
 
 
 
In una cittadina ignota di una parte ignota del Giappone v’è stata una scuola, resa celebre dalla propria squadra di calcio, che ha ispirato plurimi fanciulli nel perseguimento di un sogno, comune in vero nei fanciulli che coltivano tante speranze false, il quale sogno altro non è che di divenire eccellenti nel gioco del calcio. Tra i tanti fanciulli v’è stato uno a cui più d’altri va la nostra attenzione: Arione Cervino.
Questi, cresciuto con l’idea di amare il calcio più di quanto si possa amare un’umana cosa, appropinquatasi l’idea della pubertà e divenuto fanciullo in età da liceo, scelse la scuola sullodata perché non altro chiedeva che d’iscriversi nella sua squadra di calcio, di nome, se non vado errato, Giovan Raimone.
Sui genitori di Arione poco o nulla si sa, e non perché non esistano giacché per l’esistenza di Arione occorrono pur sempre, ma perché salvo in talune fonti sporadici accenni nulla si dice, né Arione in vero pare troppo preoccupato della loro condizione nell’evoluzione della storia, la quale cosa ci ha fatto supporre che come capitato ad altri grandi personaggi, si veda l’Aligliero fra tutti, la persona sia così grande da caderne in oblio la famiglia, ed è solo per amore di verità che abbiamo deciso di dedicarvi due righe a principio della storia, nonché per placare i lettori dallo spirito positivista alla ricerca di risposte.
Come si è fatto intendere la nostra storia non è inventata sebbene le fonti alle quali ci appelliamo siano lacunose e abbiano pertanto richiesto da parte nostra una qualche giunta che, si badi, ci preoccupiamo al lettore sempre di segnalare non solo per quell’amore di verità ma anche perché è bene il lettore sappia quanto sia vero e quanto sia falso.
Arione viveva colla zia, donna mansueta e gioconda che, come capita spesso in questo genere di storie, non è che un appoggio, o per dir così il basamento, sì che non abbiamo il timore nel caso in cui non la descrivessimo il lettore si rabbui, nutrendo noi invece vivamente il timore opposto in quanto occupare il lettore colla descrizione di un personaggio che, a voler essere generosi, figura quanto Achille nell’Odissea è una bassezza intellettuale della quale ci ripugna il solo pensiero.
Arione era fanciullo vispo e piacente assai, dagli occhi azzurri come il mare, dai capelli folti e scombinati come il vento, dal temperamento forte come il fuoco, ma dalla corporatura gracile ed esile. Con la baldanza che sanno avere solo i fanciulli, indossata la tuta blu della scuola ove s’era iscritto, adorna di un fulmine sulle spalle e sulle gambe, salutato il fedele suo Argo che salutava di rimando appisolato nella cucina, uscì.
Stava Arione, di casa fuoriuscito presto per l’eccitazione del primo giorno di scuola, contemplando l’alba che, scostato Titone vecchio dal letto, con timida fanciullezza faceva capolino dall’orizzonte, quando, di lì passato un fanciullo che contemplava Arione che contemplava l’alba Arione si interruppe e guardò meravigliato il fanciullo che, fingendo di non guardare Arione, consegnava apparentemente al vento, in verità ad Arione, versi modulati sulla sua vecchia cetra. -Qual buon vento- fece Arione- a te che sei il poeta vagabondo di cui tanto si parla. Io mi chiamo Arione, tu?-
-Arione…- ripeté il fanciullo- mi rammenterò di questo nome-
-Quale nome devo invece ricordare io per chiamarti?-
-Sono io che ti chiamo. Non il contrario. Giacché il poeta non risponde se chiamato ma chiama perché si risponda. È così: come si dice di Orazio Coclite…
-Non ti offendere, amico, ma non sono un erudito e capisco poco di quel che dici-
-Sono io che capisco. Non il contrario. Giacché il poeta…
-Non sembra gran cosa essere poeta a quel che dici.
-Sono io poeta. Non…Prosegui e vedi. Auspico di nuovo si intreccino, come i versi che alla Luna intreccio ogni notte, le strade nostre-.
Turbato, e chi non lo sarebbe stato?,  Arione seguì collo sguardo l’ambiguo poeta. “Certo che la gente è strana” pensò, ma avanti alla prospettiva del giorno che l’attendeva mise da canto l’avvenimento e si avviò per la sua strada. Correvano i raggi per gli spazi dalle case lasciati senza dominio mentre Arione agiva e il poeta dormiva.
 
   
 
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