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Autore: Zoe__    19/10/2020    0 recensioni
L’America aveva avuto uno strano effetto su di lui sin dal primo istante. L’impazienza dell’interminabile coda alla dogana, la paura di aver smarrito i bagagli, lo stupore davanti al tramonto che lo aspettava all’uscita dell’aeroporto: ad ogni luogo aveva voluto assegnare una specifica emozione. Era certo che se non lo avesse fatto, di quel viaggio non avrebbe ricordato nulla.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Same lips red, same eyes blue

Same white shirt, couple more tattoos

But it's not you and it's not me

Tastes so sweet, looks so real

Sounds like something that I used to feel

But I can't touch what I see

 

New York

 

L’America aveva avuto uno strano effetto su di lui sin dal primo istante. L’impazienza dell’interminabile coda alla dogana, la paura di aver smarrito i bagagli, lo stupore davanti al tramonto che lo aspettava all’uscita dell’aeroporto: ad ogni luogo aveva voluto assegnare una specifica emozione. Era certo che se non lo avesse fatto, di quel viaggio non avrebbe ricordato nulla. Liam contava sui suoi cinque sensi e sul suo istinto, si muoveva spinto dallo slancio del cuore, calibrato dalla giusta misura che gli imponeva la mente. Ricordava ogni colore ed ogni odore, così come la più piccola sensazione che ogni nuova esperienza potesse imprimere su di lui. Viveva il momento e lo ricordava, cercando di rendere il ricordo il più veritiero possibile. 
Così, mentre il taxi si fermava all’ennesimo semaforo rosso, il tramonto che calava sulla città gli ricordò quello visto qualche giorno prima al suo arrivo. Nuovi erano i colori e nuove erano le sensazioni che quel tramonto gli provocò, oltre ad un rinnovato senso di estraneità nei confronti della città. Non si sarebbe ambientato facilmente e la consapevolezza di ciò lo frenava e spronava allo stesso tempo. Londra sarebbe stata la sua casa per sempre e quel senso di appartenenza alla città l’aveva cucito sul cuore con ago e filo, dolore privo di risentimento. 

Il backstage non avrebbe mai smesso di emozionarlo: la frenesia dei tecnici, l’impazienza degli artisti, l’agitazione dei costumisti, i colori tutt’intorno e le luci sempre più calde sulla pelle già imperlata dal sudore senza neanche aver compito un passo. L’ansia e l’adrenalina, poteva percepirle benissimo sebbene lo spettacolo non fosse il suo: era tutto chiaramente leggibile sui volti dei ballerini in trepidazione, dei musicisti ben vestiti ed agitati nella cavea. Liam guardava al microcosmo attorno a sé consapevole del fatto che, ovunque si fosse trovato, dietro le quinte non sarebbe cambiato nulla.  
Thomas gli aveva illustrato il programma della serata in poche parole, prima di dileguarsi e lasciarlo da solo fra i tecnici – uno spettatore speciale, un posto tutto per sé, lì dove avveniva la magia e lo spettacolo prendeva forma. Fermo contro la parete, lasciava che fossero i suoi occhi a vagare nella confusione e fra la folla, catturando piccoli dettagli che gli erano sempre sfuggiti, che solo da spettatore poteva osservare con piacere e leggerezza.

“Ho avuto un problema con il taxi, sarò pronta in dieci minuti.” Una folata fugace di folti capelli biondi lo sfiorò di sfuggita, una voce raggiunse confusamente le sue orecchie nel trambusto del retroscena. Tremò, si convinse di aver sentito il cuore perdere un battito. Strinse le mani sulle braccia conserte, quella voce echeggiava ininterrottamente nella sua mente, quel tocco labile gli infiammava la pelle – la sentiva bruciare proprio lì dove si erano posati. Ogni sensazione legata a quel brevissimo istante era amplificata dalla consapevolezza effimera di aver visto e sentito Amelie. Subito gli occhi corsero a cerare la sua figura slanciata e snella, ma poteva vedere ormai solo un puntino bianco correre fra la gente, allontanarsi da lui e farsi sempre più piccolo. Qualcuno lo spostava, gli urlava di far spazio agli artisti, ma Liam teneva il volto fermo su quel punto in cui l’aveva vista confondersi e svanire fra la gente. La folla era avida di Amelie e lui era geloso di quegli sconosciuti, estranei ad Amelie e ad ogni sensazione che Liam aveva legato a lei.
Si spostò, lasciò spazio agli artisti. Rimase fino all’ultimo, pensando di vederla solo quando le luci si accesero, dall’altra parte del palco. C’era forse un palco a separarli, l’unico mezzo che da sempre li aveva uniti. Era veramente lei?
Liam non sapeva dire se quella fosse realmente Amelie: odiava se stesso per aver creduto che fosse lei pochi istanti prima, ma allo stesso tempo ciò che aveva sentito lo portava ad un’unica sensazione e non c’era alcuna via d’uscita. Quella era Amelie, con i capelli biondi al vento e la camminata veloce e sicura, in ritardo anche per la prima di uno spettacolo per cui, indubbiamente, sarebbe stata la protagonista. 
Seduto in platea, insolitamente spettatore fra un pubblico di sconosciuti, Liam osservava i movimenti puliti e precisi dei ballerini impeccabili su un palco immacolato. Nulla era fuori posto, nulla sembrava esserlo ai suoi occhi di spettatore, tuttavia confuso, tuttavia impaziente su quella poltrona alla quale si sentiva legato – sentiva che il suo posto non era lì. Non vide nessuna chioma bionda e si convinse del fatto che quella avuta negli attimi precedenti fosse stata solamente una sensazione sbagliata. 
La mancanza che sentiva di Amelie variava di giorno in giorno – c’erano intere settimane in cui riusciva ad evitare il suo pensiero, altre, infinite, in cui lo attanagliava. Sebbene fosse passato più di un anno dal loro ultimo incontro, molte cose erano rimaste offuscate dall’orgoglio e dal dolore di entrambi, mai chiarite dalla viltà di lui e dai silenzi di lei. Amelie non aveva più risposto alle sue telefonate, Liam aveva continuato per qualche giorno ancora – così come con i messaggi. Ci fu silenzio da entrambe le parti a due settimane dalla sua partenza: cosa pretendeva Amelie, che l’avrebbe rincorsa? Lo desiderava, forse più di essere a New York fra le fila dell’American Ballet Theatre. Questo suo desiderio sarebbe rimasto relegato fra le cose che Liam non avrebbe mai saputo – o meglio, fra le cose che Amelie non gli avrebbe mai detto. Inconscio di quella realtà, viveva nella sua che giorno dopo giorno gli andava più stretta. 
A malincuore aveva lasciato Londra e le sue comodità, le sue abitudini e la sua routine, volando via. Non rincorreva Amelie, né la cercava più. Sapeva che al di là dell’oceano c’era qualcosa ad aspettarlo, ma era consapevole che non fosse lei. 
Così la partenza veloce ed inaspettata, così un biglietto comprato all’improvviso e l’aereo preso per la prima volta da solo. Liam era in America, da solo, ed il pensiero che da qualche parte potesse esserci Amelie gli aveva già offuscato la mente. Confuso ed annebbiato, l’aveva immaginata dietro le quinte di uno spettacolo non loro. 

Non avrebbe mai pensato di assistere ad un party organizzato dall’American Ballet Theatre dopo una prima. Lo sfarzo della sala era da capogiro, ciò che più lo affascinava era il lampadario: scendeva maestosamente dal soffitto, gocce di diamanti piovevano sulle teste degli invitati. 
Era stato Thomas ad invitarlo e Liam non aveva esitato ad indossare il completo più elegante che avesse con sé. A Londra c’era stata un’unica occasione che aveva visto lui, ed Amelie, protagonisti di un evento tanto importante. La ricordava come la notte più emozionante della sua carriera. Sebbene anche quella sera fosse emozionato, non sentiva lo stesso scintillio e la stessa trepidazione dell’ultima volta. 
“Ti è piaciuto?” Thomas si avvicinò a lui e gli porse un bicchiere che non rifiutò.
“Fremevo dalla voglia di essere sul palco insieme a voi.” Parlò sincero. Lasciava ancora che fosse il suo sguardo curioso a vagare, registrò nuove sensazioni.
“Perché non vieni alle audizioni di domani? Non aspettare la prossima settimana.”
“Siete nel bel mezzo di una produzione, non mi prenderanno mai.” 
“Hai una borsa di studio in sospeso, Liam.” Thomas rise alla smorfia che subito comparve sul volto dell’amico. 
“Non ricordarmelo” sollevò le spalle, notando che la folla si faceva sempre più fitta accanto all’ingresso “com’è la prima ballerina?”
“Punti in alto?” 
“Mi informavo.” Sorrise, Thomas ricambiò complice. Non avrebbe mai fatto l’audizione prima di quella già prestabilita per lui, ed in ogni caso non avrebbe mai ballato come solista. 
“Fai bene” prese un sorso dal bicchiere che Liam aveva quasi dimenticato “ma non saprei descrivertela, non le ho mai parlato.”
“Siete nella stessa produzione!” esclamò incredulo.
“Non siamo tutti intraprendenti come te” ammiccò “poi a me interessa il primo ballerino.”
“E lui com’è?”
“Giudica tu, sono qui.” Alzò la voce: il clamore cresceva a dismisura e tutti si guardavano attorno impazienti “Ma non guardarli troppo, potrebbero consumarsi.”
Un applauso generale si sollevò nella stanza, Liam seguì il resto degli invitati voltandosi solo quando Thomas gli indicò le figure dei due.
Amelie oltrepassò la soglia da sola, lo sguardo alto e deciso scrutava attento la folla. Il volto sereno e per nulla stanco si muoveva seguendo il clamore della stanza, assecondando con un inchino impercettibile la folla. Una pioggia d’argento le fasciava il corpo: il vestito le stringeva le forme, le lasciava le braccia scoperte. I capelli erano raccolti in alto a lasciare la schiena nuda e coperta di minuscoli cristalli – sembravano quasi creati appositamente per adagiarsi sulle curve della sua schiena. 
Lo sconosciuto che l’accompagnava rimase un passo indietro: l’ovazione proseguì per diversi attimi ed Amelie ne fu investita. Regalò sorrisi preziosi ai presenti, incrociò i loro sguardi d’ammirazione. Si fermò solo quando incontrò gli occhi scuri e freddi di Liam, non li aveva mossi da lei neanche per un istante, osservandola nell’acclamazione generale. 
Lui strinse il bicchiere che teneva fra le mani, ignorò il tremolio che sentiva addosso, ricambiò lo sguardo e sollevò il bicchiere verso di lei come facevano tutti attorno a lui. Lo sconosciuto l’affiancò, porgendole un bicchiere che anche lei sollevò, guardando dritta negli occhi scuri e freddi di Liam. 

Amelie sedeva fra il direttore ed il primo ballerino circondata da una molteplicità di voci che si sovrapponevano e confondevano nella sua mente offuscata. Teneva lo sguardo distratto sul suo interlocutore – cambiava ogni secondo, le domande si facevano sempre più incalzanti e lei non le avrebbe ignorate. La confusione aumentava, la foschia nella sua mente si faceva sempre più fitta. Desiderò diventare una mosca per pochissimi istanti, quelli necessari per raggiungere Liam e chiedergli, ronzandogli attorno, cosa ci facesse lì. Tuttavia, rimase ferma al suo posto e continuò a rispondere garbatamente, a donare sorrisi preziosi sotto lo sguardo attento e fugace di Liam che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. 
Era una calamità al livello massimo di distruzione. 
Nessuno dei due toccò il cibo servito dai camerieri più eleganti che, entrambi, avessero mai visto. Continuarono ad accettare il vino, poi a brindare con lo champagne – litri infiniti di champagne vennero serviti quella sera e gran parte finirono nei loro corpi in subbuglio. Il silenzio durava fra di loro come la musica del pianista che non aveva mai smesso di suonare, ininterrotto per ore infinite ed estenuanti.
Le domande di Thomas si facevano sempre più incalzanti – cosa succede? Perché non mangi? Hai visto un fantasma? Quasi, avrebbe risposto Liam, ma lo ignorò e lo confuse versandogli altro champagne.
Rimase accanto a lui fin quando non avvertì il bisogno di recarsi in bagno. Non avrebbe vomitato se fosse riuscito a bagnarsi in tempo i polsi e la fronte. Quasi corse per raggiungere la toilette, seguito dallo sguardo vigile di Thomas. 
Sbatté la porta, aprì velocemente il rubinetto e sfregò i polsi accaldati sotto il getto d’acqua. Allentò la cravatta, sbottonò i primi bottoni della camicia e si inumidì il collo. Hai esagerato, si diceva nel vano tentativo di rimproverarsi. Non riusciva a darsi ascolto, continuava solamente a trovare giustificazioni per se stesso. È solo una notte, si ripeteva, e domani tornerai a Londra col primo aereo, non la vedrai mai più. Le immagini di Amelie si rincorrevano velocemente nella sua mente stanca ed annebbiata dall’alcool – il vestito d’argento, i capelli raccolti, la schiena nuda e lucente, gli occhi caldi volti alla folla, freddi solo per lui. 
Sentì la porta sbattere alle sue spalle, sollevò immediatamente il volto ed avvertì un capogiro improvviso. Amelie lo guardava nel riflesso dello specchio, le braccia conserte contro il seno e lo sguardo assente. Si voltò verso di lei, rimase in silenzio – lei lo osservava senza parlare. Per diversi istanti rimase con i palmi fermi sul lavandino e gli occhi su Amelie.
“Perché sei qui?” Amelie si scansò dalle mattonelle alle sue spalle, camminando velocemente verso di lui. Posò i palmi aperti sulla sua camicia, la strinse fra le dita e lo avvicinò a sé.
“Eri tu dietro le quinte?” sussurrò Liam. Era così vicina.
“Eri tu dietro le quinte?” ripeté, poi deglutì. Lo scrutava seria, teneva le mani ferme sul tessuto bianco della sua camicia. 
“Sì.” deglutì “Ero io.” Amelie si scansò dal suo corpo, compiendo pochi passi indietro. Lo guardava confusa ed incredula. 
“Perché sei qui?” Tornò ad incrociare le braccia al petto, a guardarsi attorno e ad evitare il suo sguardo.
“Per un’audizione.” Parlò piano, calibrando le parole consapevole del fatto di poter scatenare in lei una reazione incandescente, che non tardò ad arrivare.
“Un’audizione?” Amelie posò gli occhi torvi su di lui.
“Amelie.” Si avvicinò, ma lei indietreggiò ancora. Liam aveva riacquisito la lucidità minima per reggersi in piedi senza barcollare, ma non sembrava esser
sufficiente. 

“Hai ripensato alla tua borsa di studio?” gli domandò in un sussurro. 
“No.” Scosse il capo, lo sguardo basso. 
“Sei venuto a cercarmi?” divenne incalzante, sentiva l’impazienza crescere. 
“No.” Lo sguardo di Liam si posò nel suo: ora i suoi occhi azzurri erano umidi e le lacrime le si addensavano ai lati degli occhi. 
“Che cazzo ci fai qui?” quasi urlò, allargando le braccia. Una lacrima le rigò il volto, silenziosa e solitaria rotolò fra le sue labbra. 
“Sono andato via da Londra, ho un’audizione… un’audizione la prossima settimana.”
“E perché questa sera sei qui?” 
“Sono con un mio amico, Amelie tu” si avvicinò a lei, la fronteggiò e lesse tutto il dispiacere che nascondeva fra le pupille “tu non c’entri niente.”
“Lasciami.” Sussurrò scansandolo con un movimento veloce delle braccia. 
“Anche ora che sono qui?” Liam le tornò vicino, posando le mani ancora umide sulle sue spalle scoperte. La guardò da vicino, chinando di poco il volto per
raggiungere il suo alla stessa altezza. Amelie sollevò lo sguardo, posando le mani sul petto agitato di lui. Il silenzio tornò a dividerli, un bacio veloce subito dopo ad unirli. Non era stata colpa di nessuno: entrambi chiusero gli occhi e rimasero fermi con le labbra schiuse – labbra ferme su quelle dell’altro. I polpastrelli di Lie si strinsero sulla sua maglia, il palmo di Liam si scontrò contro la mattonella, l’altro scivolò a stringerle il fianco nel tentativo di avvicinarla a sé in quel bacio di bocche confuse.

“Riaccompagnami a casa” sussurrò lei, scansandosi dal suo volto “chiameremo un taxi.” Gli accarezzò lo zigomo arrossato, entrambi sorrisero. 
“E dovrò dormire da te poi.” Liam tornò a baciarla – negli attimi successivi fu impossibile scansarsi dalle sue labbra. 
“Nel mio letto?”
“Dove vuoi.”
“Sei ubriaco.” Si allontanò di nuovo per guardarlo, mordendosi le labbra, amareggiata. 
“E tu no?” le accarezzò il labbro inferiore, lo liberò dai denti che lo lambivano nervosamente “Domattina non ricorderai nulla, mi odierai di nuovo.” Sussurrò sulle
sue labbra. Amelie trattenne il respiro. 

“Non ti odio.” scosse il capo nel mormorare quelle parole.  
“Ma non mi ami neanche.” le scansò i capelli dal volto “Vuoi che chiami il taxi?”
“30 Lincoln Center Plaza.” Si allontanò dal suo corpo, tornò a scontrarsi con le mattonelle. 
“Per?” digitò il numero, tornando accanto a lei. Amelie rimase contro le mattonelle, sovrastata dal corpo di Liam, premuto sul suo. Lo guardò per la prima volta
senza alcun astio, ma con rinnovata attenzione per i dettagli del suo volto corrucciato, posando i polpastrelli sulla sua pelle.

“La 57esima.” deglutì “Verrai a casa con me?” Liam avviò la chiamata, facendosi sempre più vicino al volto di lei. La baciò ancora, lei ricambiò senza esitazioni. 
“Sì”, deglutì, le accarezzò la guancia ancora umida “sì, Lie.” 

 

Trying to remember 

how it feels 

to have a heartbeat

   
 
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