“Dove
vai, Hinata?”
Si
voltò di scatto alla domanda vagamente sorpresa di suo padre.
“E-
Esco.”
Lui
alzò un sopracciglio, stordito dalla risposta.
“Sola?”
“N-
No. Vado con Naruto.”
Hinata
era avvampata nel dirlo, ma non aveva abbassato il capo, sostenendo piuttosto
il suo sguardo.
Sulla
porta, suo cugino Neji e sua sorella Hanabi ascoltavano la conversazione in
silenzio, quasi temessero da un momento all’altro di dover intervenire.
Poi,
Hiashi Hyuga sospirò e rilassò le spalle.
“Non fare tardi, Hinata.”
#5: The boy and the girl in the park
(You say it best
When you say
Nothing at all
You say it best
When you say
Nothing at all)
The smile on your face
The truth in your eyes
The touch of your hand
Let's me know
That you need me
Forse,
se anche lei lo avesse scrutato come a tutti quanti gli altri, Naruto non
l’avrebbe neppure notata seduta in quella panchina, al limitare del parco. Si
sarebbe limitato a dare un’occhiata veloce, a stravaccarsi sull’erbetta
curatissima e a fischiettare una qualche canzone solo per il gusto di
infastidire, in attesa di vedere arrivare Konohamaru, Udon e Moegi per la
partitella a pallone. Perché, com’era ormai risaputo da tempo, lui non era
bravo ad appuntarsi i dettagli.
Ma
Naruto si era ritrovato ad aver bisogno di un fazzoletto e lei, così isolata
dal chiasso della gentaglia del parco, era sembrata la persona ideale a cui
chiederlo. Era nato tutto così, quasi per caso. Posso avere un fazzoletto? Hai un fazzoletto? Mi dai un fazzoletto?
Sempre la stessa domanda, la stessa richiesta, fatta vuoi per un motivo, vuoi
per un altro, fino a divenire un’abitudine. Fino a farle guadagnare il famoso
appellativo ‘ragazza dei fazzoletti’.
I
gesti di Hinata avevano imparato ben presto a uniformarsi, di volta in volta.
Balbettava un sì incerto, rastrellava nel fondo della borsa e gli porgeva il
pacchetto di fazzolettini a capo chino, in imbarazzo. Senza mai aggiungere una
parola o uno sguardo di più. Non lo fissava indignata per quella sua continua
mancanza, non faceva smorfie scocciate, non sbuffava impaziente. Semplicemente
rimaneva così, con il braccio alzato ed il pacchetto proteso verso di lui, la
mano appena tremante per un imbarazzo che Naruto ancora aveva difficoltà a
spiegarsi.
Poi,
un giorno, anziché il solito fazzoletto, le aveva chiesto il suo nome e da lì
le cose avevano iniziato a prendere una direzione inaspettata.
Quei
pochi secondi di conversazione si erano trasformati in ore di monologhi vivaci,
rotti solo di tanto in tanto dal balbettio incerto di Hinata, e ben presto
Naruto si era accorto che il motivo per cui continuava a dirigersi in quel
parco era il poter chiacchierare ancora con lei.
Delle
volte lei sorrideva, o si spostava una ciocca dal viso, o lo fissava rapita, e
tutto diveniva confuso, sfumato. Le risate. Il cicaleccio della gente. Le
occhiate di traverso. I gridolini dei bambini. Il cinguettio degli uccelli. Si
spostava tutto in secondo piano, a fare da sfondo. In quei momenti Naruto si
accorgeva di poter entrare veramente
nelle cose come non aveva mai fatto e il respiro gli si bloccava nel petto,
passando attraverso quegli occhi di un glicine rarissimo. Allora la situazione
si ribaltava e anche se Hinata non diceva mai troppe cose a voce alta, era lei
a sommergerlo con le sue parole. Parole trasparenti, fatte di fumo e di mille
altri silenzi. Parole che non aveva mai sentito venir fuori dalla bocca di
nessuno, per quanto rumorosi o chiassosi potessero essere.
Hinata
gli parlava di sé. Gli mostrava le sue paure, le sue debolezze. A volte,
persino i propri sogni.
Naruto
non era mai stato bravo ad ascoltare la gente. Sapeva invaderle di chiacchiere,
come una fiumana. Ma ad ascoltare, ecco, era tutta un’altra storia.
Eppure,
quando era lei a farlo, a parlargli,
non poteva fare a meno di prestare attenzione. Era inevitabile. Una cosa così
naturale da non darci neppure tanto peso.
Hinata
sapeva parlare persino per ore, senza dire nulla.
E
sapeva dire le cose giuste, quelle migliori.
Lui,
invece, parlava tanto e di tanto, eppure neanche una sola volta aveva saputo
centrare il fulcro della questione.
Ciò
nonostante, quando le si sedeva accanto e iniziava a ciarlare, e ciarlare, era
lei ad essere la più appagata tra i due. I suoi occhi, ancora una volta,
parevano gridare al mondo che lui era lì, con lei. Tra tanti, si era seduto
accanto a lei e stava parlando con lei,
anche se non aveva fatto nulla per meritarselo.
Ma
la verità era un’altra.
Era
Naruto ad essere stato fortunato. Perché aveva incontrato Hinata. Non il
contrario.
“Domani
voglio portarti al mio vecchio quartiere, a farti conoscere un po’ di gente.
Beh, quel teme di Sasuke e Sakura già li conosci, e anche Kiba, veramente. Però
ci sono anche persone più normali di loro, sai? Allora, ci vieni?” Le domandò
quella mattina, mentre scendevano la stradina acciottolata del parco per
raggiungere la solita panchina di legno.
Naruto
le stringeva la mano, come aveva preso la disarmante abitudine a fare già da
qualche tempo, inconsapevole dell’effetto devastante che quel semplice gesto
riusciva a scatenare in lei.
“S-
Sì. Ci v- vengo.” Farfugliò, guardandosi i piedi, mentre le labbra si
arricciavano da sole in un sorriso di gioia e di ringraziamento, senza sapere
che era lui a dover ringraziare lei per quella concessione.
“Fantastico!”
Ululò raggiante l’Uzumaki, in risposta, il viso disteso in un’espressione di
pura soddisfazione, per poi fermarsi e voltarsi a guardarla serioso nel giro di
pochi secondi.
“C-
Che c’è?” Ispezionò tutt’attorno Hinata, confusa da quel cambiamento,
chiedendosi se per caso non avesse avuto qualcosa fuori posto.
Si
portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in imbarazzo. Forse erano in
disordine, o magari le era rimasto un residuo di gelato sul viso. Oppure-
“Come
sei bella, Hinata.”
L’aveva
detto così, come se fosse stata una cosa ovvia, quasi scontata. Come se lo
fosse stata davvero. Abbassò il capo,
a disagio – beh, non veramente, perché con Naruto era impossibile sentirsi sul
serio a disagio -, e il viso le si colorò di un rosso talmente intenso da
risultare persino viola. Le tremavano le gambe e il cuore batteva troppo,
troppo forte perché non fosse udito da tutti, lì dentro. E lui continuava a
ripetere il suo nome – Hinata – e a
farlo sembrare sempre così nuovo, così incantevole.
“N-
Non è v- vero.” S’incespicò nelle parole, come sempre, incapace di alzare il
capo e di guardarlo in viso.
Ecco,
pensò Naruto, stava accadendo di nuovo. Senza altre parole, senza neppure
osservarsi, lei gli stava parlando. Non
sono bella – gli suggeriva quel rossore, e il modo in cui si aggrappava ad
una piega della gonna, e i capelli che continuavano ad abbandonarsi sul suo viso,
come una cascata onice – sono banale e
insignificante, ecco. Ma Hinata era bella, invece. Era la ragazza più bella
che avesse mai conosciuto; la persona migliore. Aveva soltanto bisogno di
qualcuno che glielo dicesse. Aveva bisogno di lui; o, forse, era sempre stato
il contrario.
“Sei
proprio bella...” Le poggiò delicatamente due dita sotto al mento e la
costrinse a guardarlo negli occhi. “...Hinata.”
Naruto
non era mai stato troppo interessato alle ragazze e, di conseguenza, ai baci.
Una volta aveva creduto di essersi innamorato di Sakura, ma quella era un’altra
storia. Baciare Hinata, però, gli veniva spontaneo come parlare, o mangiare, o
ridere.
Inarcò
la schiena e si chinò verso di lei, perché la sovrastava, poggiando le labbra
su quelle amarantine della ragazza. La sua bocca sapeva ancora di fragola, il
gusto del gelato che avevano appena mandato giù, e Naruto si sorprese di notare
lo strano connubio che faceva a confronto del cioccolato di cui le sue labbra
erano ancora sature. Due sapori così diversi che sarebbe venuto la pelle d’oca
a chiunque al pensiero di accostarli, mentre invece parevano fatti apposta per
stare insieme.
Un po’ come noi due!
Si ritrovò a pensare, contento, sorridendole sulle labbra. Quando si separò da
lei, Hinata aveva il viso in fiamme e sembrava sul punto di svenire da un
momento all’altro. Anche quello lo faceva ridere, come uno stupido ragazzo
innamorato qualsiasi, incurante di aver deriso a lungo Sasuke per quello stesso
motivo. Le cinse la vita con un braccio e se la annodò di fianco, nel caso
fosse svenuta davvero.
La
cosa, ovviamente, la fece virare in un acceso bordeaux, ma Naruto non se ne
curò, ormai avvezzo ai continui cambiamenti di colorazione di lei.
“Potremmo-”
Iniziò a dire, salvo venir interrotto da una risata fredda alle sue spalle.
Si
voltò, trascinando anche Hinata con lui, e aggrottò la fronte nel ritrovarsi
dinanzi il suo miglior nemico.
“Sasukoccio!” Lo incenerì con lo sguardo, furibondo, per poi
sorridere all’indirizzo della ragazza allacciata al suo braccio. “Ciao,
Sakura!”
“Io
e Sasuke siamo venuti a trovarvi.” Li informò subito lei, di rimando,
nonostante nessuno le avesse domandato ancora niente. “Ciao Hinata.” Sorrise
poi, gentile, nel notare la mora accanto a Naruto.
La
prima volta che si erano visti, Sakura l’aveva guardata severa e si era stretta
al suo Sasuke, temendo di trovarsi dinanzi l’ennesima rivale da cui
proteggersi. Poi però Hinata aveva gettato una rapida occhiata a Naruto e,
anche senza dire una parola, Sakura si era rilassata all’istante. Non le ci era
voluto molto tempo a fare due più due.
“C-
Ciao.” Biascicò la Hyuga di rimando, ancora scossa dagli ultimi avvenimenti per
anche solo azzardare a qualcosa di più.
“Potremmo cosa, baka? Avanti, continua.”
Stava nel frattempo dicendo Sasuke, estremamente divertito, per quanto il suo
limitato repertorio di espressioni facciali lasciasse ad intendere.
Per
tutta risposta Naruto si voltò verso Hinata, afferrò il suo Borsalino e glielo
piantò saldamente in testa.
“Prenditene
cura, Hinata, devo commettere un omicidio.” Dichiarò, facendole l’occhiolino,
per poi girarsi minaccioso verso Sasuke. “Teme, adesso ti ammazzo.” Lo informò,
deciso.
Sasuke,
per nulla impaurito dalla dichiarazione, alzò un sopracciglio con aria
scettica.
“Ma
davvero, baka?” Disse, alzando una mano giusto il momento in cui Naruto gli si
fece incontro, prendendolo così in pieno viso.
“Ehm...
Posso avere un fazzoletto? Credo di essermi rotto il naso.”
(You say it best
When you say
Nothing at all
You say it best
When you say
Nothing at all)
“E comunque potevi anche dirlo che ti interessava,
volpone, invece di tutte quelle storie con Ino!”
“Sta zitto, Kiba.”
“Okay, cara!”
≈♦≈ The End ≈♦≈
Finita. È finita veramente. Un po’ mi dispiace, perché anche se è stato “complicato”,
mi è piaciuto scrivere questa fanfiction e parlare di questa coppia. Ma va
bene. It’s okay! ^.-
L’ultima parte dialogata è un regalo
KibaIno che mi sono fatta u.u , perché mi piacevano da inserire a dire il vero.
E pensare che all’inizio volevo dare più spazio anche agli altri, ma alla fine
sono riuscita solo ad inserirci la coppia SasuSaku, effettivamente! Beh, c’est la vie!
Dedico quest’ultimo capitolo alle
persone che hanno seguito la storia dall’inizio alla fine, spendendo anche una
manciata del loro tempo per lasciarmi una qualche recensione, apprezzata
infinitamente.
Perciò questo è per valehina, LalyBlackangel,
kry333, hotaru, Sae (teeex!) e kokuccia. Grazie! Di cuore, siete state splendide a farmi sapere cosa ne
pensavate, a sostenermi e ad incoraggiarmi con le vostre meravigliose
recensioni.
Spero solo di non avervi delusi con
quest’ultimo capitolo, che idealmente dovrebbe collocarsi un po’ di tempo dopo
rispetto i precedenti quattro.
Grazie, grazie ancora a tutte quante. E grazie
alle ideatrici del contest, di nuovo, per avermi permesso di mettermi in gioco.
E di nuovo complimenti alle altre, che hanno fatto tutte uno splendido lavoro
(sì, le ho lette!), anche se io devo sempre trovare il tempo per andare a
recensire! ^-^’’
E con ciò non mi resta che lasciarvi alla
prossima (?).
Baci.
memi J