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Autore: Sotorei    21/08/2009    1 recensioni
Arrivati a un certo livello di potere, gli individui di Rune-Midgard iniziano a far luce, perdendo a lungo andare lo scopo della vita. Ma adesso c'è una novità. Gli dei permettono di superare il limite con la rinascita. Rinascere e diventare più forti. E perdere l'aura di luce, che per il sonno è una gran cosa.
Genere: Parodia, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il continente di Rune-Midgard è ricco di magia e meraviglie. Non c’è da stupirsi se composto da tante locazioni speciali. Tra le tante c’era, e della sua distruzione sto per parlare, Lutie, la città del Natale.

Non era facile raggiungerla perché in quanto a locazione speciale stava ben nascosta e serviva un teletrasporto, ma ne valeva la pena! Per lo meno prima che saltasse in aria. Potevi incontrare Mr. Pupazzo di Neve, l’emo dalle lacrime di ghiaccio consolabile dai soli aspiranti Bardi, i gemelli Alley e Thomas che elemosinavano come meglio si può e, naturalmente, Babbo Natale.

E l’Albero, il più grande mai visto! Alto cinquanta metri e largo trenta! Stava al centro della piazza e si diceva che salendoci era visibile la torre di Thanatos. Il re in persona aveva fatto sì che figurasse sulla moneta ufficiale ed era documentato che un monarca dei tempi lontani lo avesse avuto in giardino. La leggenda diceva fosse stato concimato con lo sterco del drago Detardeurus.

Si era soliti sperare non accadesse niente a quest’albero, per cui, mentre lo osservava cadere in avanti, staccandosi dalle travi mentre le lucette si spegnevano come una catena di Sant’Antonio, Vens pensò che il giorno dopo sarebbe stato lutto nazionale. In realtà lo pensò solo dopo aver visto divamparsi l’incendio. Non ci fosse stato quello sarebbe bastato risollevarlo e via. Ma se veniva bruciato…

«Ma come ha fatto solo ad accendersi, con tutta quella neve?» domandò Vens la pretessa, all’uomo che l’affiancava. Quello, che dai vestiti e l’aria poco sveglia doveva essere uno stregone, fece per ribattere, ma la ragazza proseguì: «Magia? Se non ci sono le condizioni atmosferiche giuste, anche quella fa cilecca.» Di nuovo, lo stregone fece per dire qualcosa, ma l’altra continuò: «Però con un potere magico abbastanza alto si può fare questo e altro.»

L’uomo sospirò. «Sì» disse, pensando che Vens aveva la cattiva abitudine di rispondersi da sola.

Si trovavano sulla collinetta che precedeva la città, poco lontani dal Ricevitore usato dai finti Babbi Natali dove apparivano le persone teletrasportate. Là si godevano lo spettacolo in tutto relax.

«Ehi, guarda.» Vens indicò giù. «È come ci fosse benzina. L’Incendio si allarga passando sulla neve per terra come servisse ad alimentarla. Incredibile.»

Ormai tutto il centro ardeva, primo tra tutti l’albero che era caduto in avanti e pareva una freccia incandescente a indicare la slitta di Babbo Natale, in fiamme anch’essa. Le renne dovevano essersela filata in volo, di loro non c’era traccia.

«Uh-oh» mormorò Vens.

Forse sorpreso che non continuasse, lo stregone mormorò: «Uh?»

«Mica c’è il negozio di fuochi d’artificio, là in fondo?»

Lo stregone scrutò l’orizzonte. «Sì.»

«Ahia.»

«Già.»

«Dici che facciamo meglio ad allontanarci?» disse Vens.

«Nah. Siamo abbastanza lontani.»

«Uhm.»

«Teniamo pronti i Muri di Sicurezza, in ogni caso.»

«Aye sir.»

Entrambi sedettero a terra.

«Certo che sono tanti» mormorò Vens dopo un po’. Frotte di persone si riversavano alla porta principale, che essendo di pietra non avrebbe preso fuoco, diretti forse verso il Ricevitore. E dove andavano, se no? Nessuno sapeva che ci fosse al di fuori di Lutie; chi ci si avventurava in genere non tornava, e chi lo faceva parlava di un deserto ghiacciato senza fine.

«La popolazione è sui trecento» disse lo stregone. «Sembrano tanti perché tutti insieme, ma per una città sono pochissimi.»

«Sarà.»

Entro poco il Ricevitore evacuò un numero imprecisato di persone. Le più audaci, che erano rimaste e tentavano di domare il fuoco, non stavano riscuotendo successo.

«Dici che dovremmo aiutare?» domandò lo stregone.

«E perderci lo spettacolo?» Vens scosse la testa. «E poi non credo avremmo speranze. Certo, se un pazzo si buttasse nell’acqua gelida sotto al ponticello e sparasse Palla Acqua, forse…»

Si guardarono e scossero la testa entrambi.

Poi Vens vide qualcuno risalire la collina, fuori dalla folla che si precipitava al Ricevitore. La pretessa aguzzò la vista e riconobbe due ragazzi. Trascinavano un contenitore munito di ruote grande quanto una diligenza. Forse avevano ripulito qualche casa in occasione dell’incendio. Però, viste le dimensioni, ipotizzò non l’avessero riempito a dovere, o non sarebbero riusciti a smuoverlo, anche in due.

«E quelli?» mormorò, quando erano ancora troppo lontani per sentirli.

Lo stregone si strinse nelle spalle. «Che facciamo?» chiese.

Vens si alzò, si stiracchiò e disse: «Quello che siamo venuti a fare prima di trovarci di fronte a una catastrofe. Potrebbero avere qualcosa d’interessante.»

«Pensavo fossimo venuti per reclutare.»

«Anche. Ma non possiamo mettere su una gilda se siamo al verde, non ti pare?»

L’uomo sospirò. «Il ruolo di briganti mal ci addice.» Anche lui si mise su due piedi, e iniziò a scaldar le mani in vista di qualche incantesimo.

Quando i due furono vicini, Vens avanzò a larghe falcate e gli si parò davanti. I due avevano difficoltà a far sì che il vagone o quel che era non capitombolasse giù a causa del pendio, e non la videro.

«Ehi, ehi» disse.

Ripreso il controllo del vagone, lo spadaccino in avanguardia la guardò con fare interrogativo. Aveva lunghi capelli neri legati in una coda e copriva parte l’armatura con un pesante mantello nero.

«Sì?» Aveva parlato la ragazza che lo succedeva, dai lunghi capelli rosa. Rosa. Vens lo notificò nonostante l’oscurità e si chiese se fosse possibile scacciare il cattivo gusto così come si fa con gli spettri. Visto l’arco a tracolla, la dedusse un’arciera.

«Perché venite di qua? Il Ricevitore è di là» disse la pretessa.

«Perché non andiamo al Ricevitore» replicò la ragazza, e sorrise mentre riprendevano a spingere. Ora che Vens lo notava, vestiva anche di rosa. Una tuta da arciere. Rosa. Non aveva creduto esistesse qualcosa più rosa di un Poring.

Lo stregone si fece avanti e disse: «Be’, è poco importante.» Alzò una mano, su cui vorticavano un paio di scintille lucenti, e gliela mostrò come monito. «Che avete là dentro?»

La ragazza rosa si fermò e lo guardò sgranando gli occhi, mentre lo spadaccino avanzava come nulla fosse.

Lo stregone mostrò la seconda mano e le scintille moltiplicarono. Disse allo spadaccino: «Questa dovrebbe essere un’intimidazione.»

«È riuscita male, allora» replicò quello, però si fermò. «Se volete la roba là dentro, non ci troverete molto. A parte un ragazzino con un grosso bernoccolo che russa.»

Vens guardò il compare. «Ci serve a qualcosa un ragazzino?»

«No.»

«Però non mi fido. Voglio vedere» insisté Vens.

In quell’istante le fiamme raggiunsero il negozio di fuochi d’artificio. L’esplosione fu tale che dovette sentirsi su tutto il continente, e i razzi partirono a destra e a manca vorticando nel cielo, tanti che forse guardando in alto da Prontera si sarebbe finalmente scoperta la direzione in cui si trovava Lutie.

«Bella» disse Vens, quando i timpani tornarono a funzionare. «Aspettavo solo questo.»

«Noi avremmo preferito evitarlo» disse la ragazza rosa. «Tutto. Non solo i fuochi.»

«Chi è stato?» domandò Vens.

Lo stregone le toccò la spalla, ritirando le scintille per l’occasione. «Dovremmo procedere. Non fa mai bene chiacchierare con chi si deruba.»

«E sta’ zitto, Cris.» Tornò a guardare la ragazza rosa. «Quindi?»

Lei sospirò. «Siamo stati noi. Complici della Renna Dasher.»

Lo spadaccino la guardò, aggrottando la fronte. «Vuoi raccontarle altro? Staremmo sgombrando, se ben ho capito.»

«E va be’» commentò l’altra. E insieme ripresero a spingere.

«Ehi, no, aspettate» disse Vens andando loro dietro. «Io voglio saperne di più davvero.»

«Non abbiamo tempo, guarda» disse lo spadaccino.

«Se lo fate non vi rubiamo nulla» promise la pretessa.

Lo spadaccino si limitò a guardarla, per poi riprendere il cammino.

Stregone e pretessa li fissarono in silenzio compiere qualche metro, poi lo stregone disse: «A questo punto…»

Vens annuì, estraendo la bacchetta dal reggicalze. «Carica.»

   
 
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