Sollevò lo
sguardo dalla pagina quando un soffio di vento proveniente dalla porta che si
apriva gli sfiorò il viso. La luce era andata scemando, tutto attorno a lui era
avvolto nella penombra di un tardo pomeriggio d’autunno inoltrato. Spostò lo
sguardo ai suoi piedi, dove Toffee riposava tranquillo. Lo osservò per un lungo
istante, mentre un sorriso gli increspava le labbra.
Il
suo pelo color caramello era lucido e morbido, il respiro regolare di chi è
profondamente assopito. Da quanto tempo era con lui? Stavano per affrontare il
quarto inverno assieme. Quattro anni… era passato così tanto tempo.
Toffee
alzò un’orecchia, aprì un occhio sonnolento e volse il naso nella sua
direzione. Con movimenti pigri si stirò e posò il muso sulle sue gambe.
Zelgadiss sorrise mentre gli grattava un
orecchio e il cane cominciava a muovere veloce il mozzicone di coda che gli era
rimasto.
«Signore,
tra poco devo chiudere» La ragazza parlò a bassa voce come suo solito. Non
c’era nessun altro in biblioteca a quell’ora, tranne lui e il cane, ma i modi
di lei erano sempre gli stessi. Da due settimane ogni pomeriggio regolarmente
sedeva a quel tavolo, consultando tomi su tomi, senza mai trovare informazioni
veramente utili.
Per
sua fortuna la ragazza non si era opposta alla presenza di Toffee, e il cane si
era dimostrato docile e silenzioso, quasi inesistente. Per sua natura Toffee
abbaiava di rado, anzi, tendeva esclusivamente a ringhiare qualora ci fosse
pericolo. Per il resto, poteva quasi sembrare un cane muto. Aveva tutti gli
altri modi per dimostrare l’affetto nei suoi confronti, e in quelli non era
certo parsimonioso. Zelgadiss si era più volte preoccupato che lo stesso Toffee
non si ferisse la bocca quando gli mordeva i capelli o si gettava su di lui
leccandogli completamente il viso.
Chiuse
il libro che stava sfogliando, accennò un saluto alla ragazza, e uscì in strada
con Toffee che zoppicava al suo fianco. Se erano fermi da due settimane era
proprio a causa di quella zampa. L’ultimo “incidente” in cui erano stati coinvolti,
era stato particolarmente dannoso per Toffee, e la zampa stava impiegando molto
tempo a guarire. In compenso, il prolungato riposo e le cure che gli venivano
dedicate, gli avevano quasi fatto cambiare aspetto e, a parte la zampa e la
coda malconce, aveva riacquistato l’aspetto del cane giovane che era.
Solitamente sembrava un vecchio randagio dal pelo arruffato!
Era
stato vicino a perderlo… quell’ultima volta più di tutte. Aveva addirittura
pensato che fosse spacciato. Ma Toffee, con una forza di volontà insospettabile
per un cane, aveva lottato con tutte le sue forze, e di tutte le ferite
riportate, solo la zampa rimaneva la prova.
Non
voleva perderlo.
Scolpito
nella sua memoria di pietra c’era ancora il momento in cui lei glielo aveva
dato, cucciolo dal pelo morbido, ridicolmente agghindato con un enorme fiocco
blu attorno al collo.
«L’ho chiamato Toffee. Voglio che stia con te
Zelgadiss-san. Non voglio che tu sia solo» Amelia era riuscita a scovarlo là
dove si era rifugiato, presso la grande quercia sull’altura fuori dalla città,
da cui si vedeva chiaramente il palazzo di Saillune.
Voleva andarsene senza salutarla. Ogni volta
era sempre più difficile. Quella volta sarebbe stato ancora più doloroso,
perché non aveva più intenzione di tornare. Era un gioco eterno di prendere e
lasciare, tornare e partire, aspettare e sperare. Non poteva continuare… Non
doveva continuare. Lei non sarebbe mai stata felice a quel modo.
«Lo so Zelgadiss-san che sei abituato a
viaggiare da solo, ma ti assicuro che Toffee è una compagnia discreta» Amelia
sorrise dolcemente e si avvicinò, mettendogli tra le braccia il cucciolo che
scodinzolava felice… senza alcun timore del contatto con la sua dura pelle di
pietra.
«Amelia…» doveva dirle che non sarebbe più
tornato. Che lasciandolo a lui, non avrebbe mai più rivisto il suo cucciolo.
La principessa di Saillune, avvolta in un
semplice abito bianco, si alzò in punta di piedi, e gli pose un dito davanti
alle labbra. Poi affondò il viso nel pelo morbido del cucciolo, sussurrando
«Toffee, lo affido a te, mi raccomando, abbine cura»
Infine era corsa giù, lungo il sentiero che
conduceva in città, senza mai voltarsi indietro.
Era
stata l’ultima volta che l’aveva vista… Amelia…
Zelgadiss
osservò il cielo che si stava tingendo di indaco ad est, mentre l’ovest era
attraversato da basse nubi dai riflessi aranciati del tramonto. L’inverno era dietro l’angolo,
avrebbero dovuto partire presto.
«Un
paio di giorni ancora, eh Toffee? Poi ce ne andremo da questa città. Sono certo
che la biblioteca di Mitilia sia meglio fornita, e troveremo quello che stiamo
cercando» Osservò il cane al suo fianco, che alzò il muso attento, come se
potesse capire perfettamente ogni sua parola. Doveva essere davvero così,
Toffee si era dimostrato estremamente ricettivo e intelligente in più di una
occasione.
Si
accucciò per accarezzare il cane dietro le orecchie. Toffee chiuse gli occhi
aprendo la bocca, godendosi la grattata. Zelgadiss sorrise all’espressione
compiaciuta dell’amico a quattro zampe. Mai al mondo avrebbe creduto di potersi
affezionare così tanto ad un animale. E chiamarlo animale ora gli sembrava
quasi un’offesa. Toffee era un amico. E lui voleva proteggerlo. Per questo
stava cercando, da diversi mesi ormai, un modo per renderlo più forte. Troppo
spesso era rimasto ferito; viaggiare al suo fianco non era la strada più felice
per chiunque per rimanere incolume, e un cane ha pur sempre scarse capacità di
difesa contro le arti magiche.
Gli
occhioni marroni di Toffee lo guardarono supplicanti quando smise di grattargli
le orecchie. Non avrebbe sopportato di non vederli più; di non svegliarsi più
con il suo muso peloso addormentato vicino all’orecchio; di non dovergli
correre dietro quando partiva veloce all’inseguimento di qualche animale; di
non potergli grattare la pancia quando si gettava sfinito ai suoi piedi in
cerca di coccole…
Aveva
smesso di cercare una soluzione alla sua cura, e aveva cominciato a cercare un
modo per rendere Toffee più forte, per renderlo invulnerabile come… Si rese
conto che Toffee gli stava mordicchiando il braccio solo dal rumore dei denti
sulla sua pelle di pietra. Lui non sentiva dolore… Invulnerabile… come una
roccia…
Inorridito,
Zelgadiss si levò in piedi, osservando le sue stesse mani, mentre Toffee seduto
lo osservava incuriosito, col muso inclinato di lato.
Per
anni aveva cercato un modo per tornare normale, per tornare ad essere un umano
e abbandonare quella parte di demone e di golem che lo rendevano forte e
invulnerabile. Per anni aveva rifiutato di accettarla, rinnegandosi una vita
normale per la disgustosa forma che aveva assunto, per il mostro che era
diventato. E ora… ora a quello che considerava il suo migliore amico, il suo
più fedele compagno, voleva fare ciò che Rezo aveva fatto a lui? Voleva trasformarlo
in un mostro solo per l’egoistico pensiero di non correre il rischio di
perderlo?
«Toffee…
il tuo amico è davvero un mostro… E’ un mostro dentro…» strinse i pugni,
detestandosi come mai aveva fatto prima. Quella era una prova che la parte
peggiore di lui non era quella visibile a tutti, ma era l’egoismo radicato
nella sua anima.
Si
abbassò, prese in braccio il peloso compagno, e si incamminò verso il tramonto.
«Andiamo
Toffee. Ti riporto a casa, a Saillune»