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Autore: Elenie87    24/11/2020    7 recensioni
Dal testo:
-Ve ne andate di nuovo!- gli urlò con astio misto amore.
Stava lasciando il villaggio ancora una volta senza di lei, che con tutto l’amore che aveva in corpo, lo stava implorando di non andarsene.
-Non voglio sentirti, Rin- rispose lui, trafiggendola con i suoi occhi d’ambra, senza voltarsi.
La giovane strinse i pugni con rabbia.
-Non volete sentire “cosa”! La mia disperazione?-
Sputò fuori il suo dolore, la sua mancanza, che si manifestava ogni volta che osservava quella maledetta schiena allontanarsi da lei.
Quella schiena che, ancora una volta, lui gli mostrava andando via.
-Per favore- bisbigliò al vento, sapendo bene l’avrebbe udita.
Lui non rispose.
Qualcosa esplose nella sua testa, mentre prendeva fiato per infine urlare in un’unica parola tutto ciò che provava.
-SESSHOMARU!-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PROMPT:
il demone farfalla ha rubato i ricordi di Rin e ora lei non si riconosce Sesshomaru.
PREMESSA

Non ho idea di chi sia questo demone, credo sia un riferimento al nuovo anime Yashahime che non ho visto! Per cui ciò che fa e come lo fa è totalmente inventanto!!







 
QUELLA SCHIENA
 
 
 



Era stato un attimo. L’aveva persa di vista qualche secondo, un effimero istante.
Aveva sentito nell’aria uno strano profumo, leggero e delicato, di vaniglia.
Si era voltato di scatto verso di lei, che con la schiena appoggiata al tronco di un albero, ridacchiava osservando una piccola farfalla dalla miriade di colori.
-Rin!- la chiamò con voce quasi strozzata, ma ormai era tardi.
Lei si voltò e gli sorrise, un’ultima volta, prima di chiudere gli occhi e crollare a terra.
 
 
Quando si svegliò era stesa nel futon, in una capanna a lei ben nota, con due paia di occhi che la scrutavano.
-Grazie al cielo- mormorò Kagome, guardano sollevata Inuyasha, seduto accanto a lei.
Rin si mise seduta, sentendosi un poco stordita.
-Mmh, che è successo?- mormorò.
-Hai subito il sortilegio di un demone farfalla- le rispose la miko, con un sospiro.
Rin si accigliò.
-Un demone farfalla?- borbottò, incredula. In effetti, non rammentava gli eventi degli ultimi giorni. Anzi, a dire il vero non ricordava proprio nulla di…. Di che cosa? Era come se nella sua memoria vi fosse un enorme buco nero e la sua vita fosse divisa in frammenti.
Poi lo vide.
Nell’angolo della stanza, un demone dai lunghi capelli argentei la fissava con due occhi ambrati, freddi come il ghiaccio ma profondi e caldi come il fuoco.
Sussultò e lo scrutò incuriosita, mentre una sensazione poco definita prese ad attanagliarle il cuore.
-Chi sei?- bisbigliò, mentre nella sua mente qualcosa sembrava voler urlare.
Kagome e Inuyasha si guardarono allibiti.
-Ma come? Rin, non ti ricordi proprio di…- si interruppe, voltandosi verso Sesshomaru con una nota di preoccupazione nella voce.
Il demone restò in silenzio e continuò a scrutare Rin con una espressione del volto totalmente priva di sentimento, mentre avrebbe voluto riportare in vita il demone farfalla, per poi ucciderlo ancora, ancora e ancora. Proprio come aveva fatto, poco dopo che la creatura che si cibava di ricordi per vivere, aveva eliminato la presenza di Sesshomaru da ogni ricordo di Rin.
 
Era stato uno sciocco. Solo un mese prima aveva accolto la pressante richiesta della ragazza di portarla con lui.
Rin non voleva più restare al villaggio e non aveva fatto che ripetergli che era pronta per seguirlo ovunque lui avrebbe desiderato andare. Per oltre un anno aveva respinto quella idea, perché la riteneva più al sicuro con Kagome, Inuyasha e gli altri. Al sicuro dai demoni, dai pericoli della vita errante e…. sì, anche da lui.
Perché da diverso tempo, Rin non era più solo la piccola Rin. Ma una donna, dal sorriso destabilizzante e dal profumo maledettamente seducente. Dai capelli neri che parevano di seta e dal corpo invitante.
Si era accorto del mutare dei suoi sentimenti per la giovane tempo addietro. Dapprima ne era rimasto scioccato, poi confuso, infine li aveva rifiutati, sino a quando non aveva compreso che anche lei provava lo stesso e allora tutto si era complicato. Era iniziata una lotta interna: tra la parte di lui che la voleva per sé e quella che rifuggiva quel sentimento così umano, tra la parte che la voleva allontanare per paura che lui, in qualche modo, potesse farle del male e quella che voleva proteggerla da ogni cosa con le sue stesse mani.
Quella lotta era ancora in corso, ma Sesshomaru aveva già perso, perché ora Rin era vittima dell’oblio di un demone farfalla, uno stupido, subdolo demone che di null’altro si nutriva se non dei ricordi felici di un essere vivente.
 
Rin lo aveva dimenticato, e ora lo fissava stranita.
Con eleganza si alzò, in silenzio, e senza proferir parola uscì di gran lena dalla capanna.
Dèi del cielo. Rin lo guardava con occhi adoranti nonostante l’oblio, come se tutto l’amore che provava per il demone fosse ancora per lei tangibile.
 
 
-Ma non capite che preferirei morire che passare un altro giorno qui, senza di voi?-
Glielo aveva urlato, piangendo, quando quel giorno stava abbandonando il villaggio, mentre per l’ennesima volta aveva risposto di no alla sua richiesta di portarla con sé.
-Smettila con queste scemenze, Rin- aveva detto duramente.
Detestava sentirla parlare della morte. La morte per Sesshomaru era qualcosa di tremendamente distante, ma quando si parlava di Rin, pareva così reale, concreta. Lei, che era solo una umana, viveva così vicina alla morte.
La ragazza l’aveva fissato tristemente e per la prima volta da quando la conosceva, delle lacrime avevano preso a solcarle le gote.
Sesshomaru aveva sussultato interiormente. Rin non aveva mai pianto. Mai.
-Non capite, vero?... Vi amo- aveva bisbigliato, soffocando un singhiozzo. -Quello che provo… non vi scalfisce minimamente?-
Quelle parole sussurrate, tuttavia, ebbero lo stesso effetto dell’acqua che scava nella roccia per anni e anni.
E lui, infine, aveva ceduto. Era stato trafitto da quel bisbiglio, al punto che con un gesto fulmineo l’aveva bloccata a sé, tappandole la bocca con la sua, invadendo quelle labbra come il miele con la sua lingua, assaggiandola per la prima volta con foga. E lei lo aveva lasciato fare, gemendo, stringendolo, stupita e rapita da ogni bacio, da ogni morso.
 
 
Sesshomaru guardò verso la capanna, col cuore in tumulto.
Era tempo di prendere una decisione e darsi un tempo. Quel demone farfalla avrebbe deciso il loro destino.
 
 
-Stai bene, Rin?- mormorò Kagome. La giovane era rimasta in silenzio, con lo sguardo fisso dove Sesshomaru era scomparso.
-Chi era?- le chiese con voce incrinata.
Aveva la sensazione che si era dimenticata di qualcosa di importante. Di così importante che la sua stessa vita dipendeva da questo.
-Lui… davvero, non lo sai?- chiese la miko.
Rin negò con la testa, mentre avvertì perfettamente calde lacrime rigarle le gote, senza nemmeno saperne il perché.
 
 
 
Sette giorni dopo.
 
 
Rin si sentiva osservata, costantemente. Ovunque lei andasse, avvertiva quegli occhi ambrati addosso. Mentre chiacchierava con Kagome, mentre mangiava, mentre passeggiava. Sempre.
Quegli occhi non erano invadenti, ma si sentiva a disagio. Aveva incrociato lo sguardo di quel demone diverse volte, e lei non era stata affatto in grado di reggerlo.
Si sentiva in colpa, verso di lui, ma non capiva il motivo. Una colpa così forte da sentirsi tremare solo al pensiero di parlargli.
Kagome le aveva spiegato che soffriva di una sorta di amnesia per via di quel demone farfalla, ma alle sue domande relativamente il “cosa avesse dimenticato”, la miko sospirava e le diceva che doveva ricordare da sola, senza sforzo, altrimenti la memoria non si sarebbe mai completamente risvegliata.
E Rin pensava, pensava di continuo, e di ogni suo pensiero, il demone dagli occhi ambrati ne era il protagonista.
Si morse il labbro. Doveva trovare il coraggio di affrontarlo, aveva aspettato anche troppo.
Lo cercò con lo sguardo, e lo vide poco lontano da lì, intento a parlare con Inuyasha.
 
 
Sesshomaru la guardò un’ultima volta. Era arrivato il momento. Lei stava bene, questo era certo. Non lo ricordava, ma per il resto era felice e serena.
Proteggere Rin, per lui, era una ossessione.
E adesso… questa occasione era stata un segno. Qualcosa che gli diceva che la sua vita era qui, e fuori dal villaggio era costantemente a rischio per causa sua.
Si beò della sua immagine, ricordando quelle labbra, quei capelli morbidi tra le sue dita, e con l’anima le disse addio.
Era il momento di andare.
-Che cavolo stai combinando?- la voce di Inuyasha lo distolse dai suoi pensieri.
Sesshomaru arcuò a malapena un sopracciglio.
-Non te ne starai andando, spero- aggiunse il fratello, incrociando le braccia al petto.
Inuyasha, seriamente, riusciva ad avere un istante di arguzia proprio in quel momento? Che fosse dannato.
-Anche fosse?- replicò, freddamente.
Il mezzo demone ringhiò.
-Non fai sul serio. Non vorrai lasciare qua Rin in queste condizioni?-
Non rispose; una parte di lui era già stata colta in fallo.
Inuyasha sgranò gli occhi, leggendogli l’anima.
-Invece sì, maledetto bastardo. Vuoi approfittare della sua amnesia per lasciarla qui… -
-Non sono affari tuoi- replicò. Una parte di lui avrebbe voluto gridare.
Il fratello strinse i pugni.
-No, non lo sono. Ma Rin lo è. Voglio bene a quella mocciosa, e so quanto tenga a te. Darebbe la sua vita per il suo “Signor Sesshomaru”. E se ora la abbandonerai qui come un codardo, quando lei ricorderà chi sei – oh, certo che lo farà- non ti perdonerà mai- sentenziò con astio.
Strinse la mascella, trattenendo a stento la voglia di uccidere Inuyasha.
Forse la verità era che lui non voleva essere perdonato. Perché quella dolorosa scelta, l’aveva già fatta.
Diede le spalle al mezzo demone e prese ad incamminarsi, lasciandosi alle spalle tutto ciò che, forse, per lui aveva un senso al mondo.
 
-Aspettate!- urlò Rin, muovendo in automatico le gambe per corrergli incontro.
Gli occhi ambrati del demone incrociarono i suoi. Sentì il cuore sobbalzare, e nonostante tutto non lo trovò strano.
Quello sguardo era totalmente gelido, eppure ne era certa, le carezzava l’anima.
-Non andate via!-
Lo disse con foga inspiegabile, e si trovò ad arrossire.
Sesshomaru sbuffò un poco di aria dalle narici, quasi mal celando il suo stato d’animo.
Dèi, cosa doveva fare con lei!
Non rispose. Continuò a scrutarla, completamente incapace di dirle che sì, stava scappando. Da lei, dalla sua paura più grande.
-Vi prego- aggiunse lei. Non sapeva perché stesse pregando, ma era certa di doverlo fare, e soprattutto, di averlo già fatto in passato per lo stesso motivo.
Ancora silenzio. La osservò torturarsi le mani, mordicchiarsi il labbro e -dio- avrebbe voluto immergere le mani in quei capelli d’ebano in quell’istante e perdersi in lei.
Ma si maledì e maledì ancora, quando invece la parte razionale di lui lo fece voltare e muovere i primi passi.
-Addio Rin- disse, mentre per la prima volta poteva percepire un dolore irradiarsi dal cuore ad ogni muscolo del corpo.
 
Sussultò violentemente.
Osservò il demone allontanarsi, con estrema lentezza. Era sicura, lo stava facendo con estremo sforzo, come se le sue caviglie fossero ancorate al terreno e quelle gambe non volessero realmente muoversi.
Avvertì gli occhi riempirsi di lacrime ed un dolore sordo invaderle la mente, mentre immagini sfocate prendevano forma…
 
 
-Ve ne andate di nuovo!- gli urlò con astio misto amore.
Stava lasciando il villaggio ancora una volta senza di lei, che con tutto l’amore che aveva in corpo, lo stava implorando di non andarsene.
-Non voglio sentirti, Rin- rispose lui, trafiggendola con i suoi occhi d’ambra, senza voltarsi.
La giovane strinse i pugni con rabbia.
-Non volete sentire “cosa”! La mia disperazione?-
Sputò fuori il suo dolore, la sua mancanza, che si manifestava ogni volta che osservava quella maledetta schiena allontanarsi da lei.
Quella schiena che, ancora una volta, lui gli mostrava andando via.
-Per favore- bisbigliò al vento, sapendo bene l’avrebbe udita.
Lui non rispose.
Qualcosa esplose nella sua testa, mentre prendeva fiato per infine urlare in un’unica parola tutto ciò che provava.
-SESSHOMARU!-
 
 
-SESSHOMARU!-
Lo urlò. Un nome, che quasi parve squarciarle la gola.
Tutto divenne nitido, tutto tornò indietro con la stessa facilità con cui se ne era andato.
Lo vide fermarsi e voltarsi di scatto, gli occhi a malapena sgranati, forse stupiti.
Lei aveva ricordato tutto e lui, ne era certa, non ci aveva scommesso.
Le lacrime scivolarono giù per le gote, mentre un dolore sordo prese a invaderla.
-Te ne saresti andato lasciandomi qui- sussurrò.
Sesshomaru la guardò, immobile nella sua infamia, mentre il vento gelido gli carezzava i capelli argentei.
-Sì- le rispose. E lei, a malapena, quella risposta la udì.
Fu come morire, bruciare, rinascere e morire ancora.
-Bene- sibilò. -Allora è tutto chiaro-
Corse via, corse finché ebbe fiato, incurante di Inuyasha e Kagome che gridavano il suo nome.
 
 
Erano passati quattordici giorni da allora.
Due settimane di assenza, di lacrime copiose, di furia cieca. Con gli occhi gonfi, stava rannicchiata davanti al fuoco della sua capanna.
Non aveva idea se l’avrebbe rivisto, se si sarebbe di nuovo scontrata con quell’oro liquido che la faceva impazzire.
La sua anima era stata attraversata dalle emozioni più contradditorie: amore, rabbia, incredulità, delusione.
Ed ora era quest’ultima la prevalente. Sapeva perfettamente perché aveva fatto quella scelta: aveva vinto la paura sull’amore, il terrore che lei potesse morire o venire ferita gravemente era da sempre stato il suo tormento.
Tuttavia non riusciva ad accettare che ancora una volta quella paura aveva sconfitto il desiderio di averla accanto, e aveva preferito sopravvivere senza di lei, che vivere con lei.
Si prese il volto tra le mani, mentre un singhiozzo le scuoteva la gola.
Fu mentre si asciugava rabbiose le lacrime, che un brivido le attraversò la schiena.
Ci fu un flebile spostamento d’aria, esattamente dietro di lei.
Il respirò si arrestò per un attimo, perché il suo cuore sapeva chi ci fosse alle sue spalle.
Venne invasa dal suo odore, forte e aspro, ma che lei reputava il più buono e confortevole mai sentito.
I capelli argentei di Sesshomaru le sfiorarono le spalle.
Deglutì, immaginando com’era: seduto, con il capo chino, come era solito fare.
Poteva sentire il calore del suo corpo; non si toccavano ma era come se Sesshomaru la stesse abbracciando.
-Cosa fai qui?- sussurrò, tremando.
Non le rispose, ma a lei parve di sentire ogni singola parola uscire da quelle labbra.
Erano sempre stati collegati, in qualche modo.
-Come vedi, sto bene- disse Rin, con un sorriso triste.
Nessun movimento, nessuna reazione. Lui continuò a restare seduto dietro la ragazza.
Cosa voleva?
Lei sospirò.
-Perché sei qui Sesshomaru? Non ho voglia di giocare agli indovinelli-bisbigliò, e si voltò, facendo incontrare i loro occhi.
Entrambi sentirono un sussulto al cuore nel momento in cui le loro iridi si specchiarono. Anima contro anima, fuoco contro ghiaccio.
 
Incrociando finalmente gli occhi della giovane, il demone si sentì a casa.
Erano stati giorni infernali. Aveva vagato senza meta e senza sosta, per poi trovarsi ancora lì. Attorno al villaggio poteva odorare il profumo di lei, e più volte aveva ceduto alla tentazione di osservarla da lontano, facendo attenzione a non essere visto.
Ed ogni singola volta che i suoi occhi si erano posati su Rin, lei stava piangendo.
Si era trovato a scorticarsi la pelle con gli artigli, tanto stringeva i pugni convulsamente, per imporsi di non cedere.
Lesto, si allontanava, iniziava a correre, sguainava la spada e faceva a pezzi ogni cosa vi fosse attorno.
Ma poi tornava al punto di partenza, e la osservava: mangiare, dormire, parlare, piangere, sorridere senza gioia. La vitalità di Rin era scomparsa e la causa era lui. Ma allora, tutto ciò a cosa era servito, maledizione?
Perché lei non poteva essere felice, lì, al sicuro? E perché lui, il grande demone cane, null’altro riusciva a fare, che vivere in funzione di una donna umana?
La verità era che senza di lei, Sesshomaru cessava di esistere, e tutto questo per lui era sconcertante.
 
-Rin- disse semplicemente. Non aveva idea di come continuare quella frase, né cosa dirle.
Perché un semplice “scusa” non poteva bastare, così come non sarebbe mai stato al contempo di dire di più.
-Mi hai ferito- gli disse. Ancora una volta Sesshomaru si sorprese di come lei sapesse esattamente cosa volesse comunicargli.
-Cosa vuoi da me?- aggiunse, con voce triste. Gli occhi le si colmarono di lacrime. Era crudele. L’aveva distrutta e ora si presentava accanto a lei, senza una parola o un cenno di spiegazione.
Il demone sentì il cuore mancare un battito. Ancora lacrime. Rin soffriva e lui perdeva una parte di sé.
-Dimmelo, Sesshomaru, ti prego- sussurrò, soffocando un singhiozzo. Aveva bisogno che lui ammettesse il suo amore, che le era mancata e che era tornato perché non voleva più stare senza di lei.
Strozzando un ringhio la attirò a sé, con forza. La avvolse tra le sue braccia, immergendo il volto tra i suoi lunghi capelli profumati, nel suo collo dolce.
Rin sussultò, stupita da quella tenera irruenza, e lo lasciò fare.
-Resta- mormorò il demone, in una parola a malapena udibile per un orecchio umano, ma la giovane non ebbe tempo di chiedersi cosa volesse dire, perché la bocca di Sesshomaru si posò sulla sua, zittendo ogni dubbio.
Si baciarono per un tempo infinito e si strinsero infine senza parlare.
Non posso impedirmi di pensare che cesserai di vivere, sembrava dire lui.
-Non mi perderai, Sesshomaru. Devi smettere di avere paura- sussurrò Rin, avvolgendo il volto di Sesshomaru tra le piccole mani.
Il demone mosse appena il sopracciglio, stizzito.
-Non essere sciocca, Rin. Sei umana- le disse, chiudendo gli occhi.
Non riusciva a capacitarsi, che lui, doveva arrendersi alla morte. Inevitabile ed oscura, severa e a volte ingiusta.
-Se un giorno me ne andrò, voglio farlo senza rimpianti, vivendo accanto a te, ogni giorno- gli disse con voce sicura. -E quando sarà, una parte di me sarà comunque eterna, finché tu mi ricorderai. Ecco perché non mi perderai mai. E così, io e te avremo vinto la morte-
Il demone rimase immobile, nella sua espressione eterea, ma dentro di lui brillava la fiamma dell’orgoglio e dell’amore per ciò che quella piccola umana era stata in grado di dire e di alimentare in lui.
-Resti, dunque- ripeté Sesshomaru, attirando nuovamente a sé la sua compagna.
-Solo se tu prometti di non abbandonarmi mai più- replicò Rin in un bisbiglio carico di attesa.
Sesshomaru si limitò a stringerla ancora più stretta, sugellando quel momento con una silenziosa promessa.
Mai, pensò, finalmente conscio di avere con sé la cosa più preziosa al mondo.
E Rin, finalmente sorrise.
 
 



ANGOLO AUTRICE
 

Eccoci! 
innanzi tutto ringrazio Napee a cui dedico questa OS, per avermi dato il prompt! Doveva essere una ff Natalizia, ma alla fine è finita per essere una cosa a sè, forse molto cupa ma... boh, è uscito questo, di getto!
Nessuno parla più di tanto di come Sesshomaru viva l'argomento della morte NEL MENTRE e non solo dopo che Rin sia morta. 
Il demone farfalla è solo una scusa, una svolta per affrontare delle paure che sono certa anche lui, per quanto freddo, possa aver vissuto.
Una mia piccolissima os che ha voluto provare a dare un piccolo sguardo all'interno dell'argomento.
Spero non abbia fatto troppo schifo! Non schivevo sul fandom da precchio!
Un abbraccio
Manu


 
  
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