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Autore: holyground    27/11/2020    4 recensioni
meet-cute: situazione in cui due persone si incontrano in modo bizzarro e improbabile, perché destinate a innamorarsi e stare insieme per sempre. (Urban Dictionary)
Una serie di universi paralleli, e Ben e Rey sono destinati a incontrarsi in ognuno di essi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Poe Dameron, Principessa Leia Organa, Rey
Note: AU, Raccolta, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Filo invisibile

 

  Amo il mio lavoro.

  Era questo che continuava a ripetersi ogni giorno durante il viaggio in macchina verso casa. E non era una bugia: lui amava fare l’avvocato. Solo che odiava il suo capo e il suo studio legale e praticamente tutti i suoi colleghi. Odiava il traffico e le canzoni stupide che passavano alla radio, e in questo momento era immerso in entrambe le cose. Con un gesto brusco spense la radio, e almeno un problema era risolto. Ma erano dodici minuti che non toglieva il piede dal freno, e questo problema al momento sembrava irrisolvibile. 

  Si passò una mano sugli occhi e sospirò. Temeva che non sarebbe arrivato a casa prima di un’ora, anche se era a metà strada. Abbassò il finestrino per avere un vago sentore di aria fresca, nonostante il gelo invernale. Un suono continuo e ovattato gli arrivò alle orecchie, e si guardò istintivamente intorno per capirne la fonte. Poi lo sguardo gli cadde sullo specchietto retrovisore e la vide: una ragazza, nella macchina subito dietro la sua, che muoveva la testa e la bocca, aveva gli occhi chiusi e una mano stretta a pugno che usava come microfono. La musica soffocata proveniva da lì. Richiuse il finestrino. Riportò lo sguardo sulla strada davanti a sé. La fila non si muoveva. Alzò lo sguardo verso lo specchietto. La ragazza stava ancora cantando, adesso accompagnandosi con un balletto ben studiato. Era ridicola. Chi è che faceva una cosa del genere, con il rischio che qualcuno potesse vedere?

  Stava agitando la testa di qua e di là, con i capelli che le sfuggivano dalla coda dimenandosi con lei. L’altra mano era stretta sul cuore, come se stesse cantando la più straziante delle canzoni. 

  Abbassò di nuovo il finestrino, forse per capire quale pezzo la stesse trasportando così tanto, forse no. Comunque non riuscì a capirlo. 

  Con il buio e la distanza era difficile individuare i dettagli, ma gli sembrava che la ragazza avesse delle guance paffute e un sorriso ampio, enorme. Era riuscito a vederlo perché ogni tanto, nel mezzo di uno dei suoi balletti, la ragazza si fermava e iniziava a ridere. E lui si ritrovò a sperare sempre più spesso che lo facesse ancora.

  Ad un tratto, presa dalla foga del nuovo balletto, la ragazza tirò le braccia in alto e sbatté con una mano al tetto della macchina. La agitò come per scrollare via il dolore e scoppiò di nuovo a ridere. E lui si accorse della propria risata e distolse immediatamente lo sguardo. Spiare la sconosciuta nella macchina in coda dietro di lui? Davvero?

  Ma non riusciva a smettere di sorridere.

  E non riusciva a smettere di riportare lo sguardo su lei.

  Le luci sul parabrezza cambiarono, e lui si rese conto che la fila stava finalmente procedendo. Ma, con quello che ormai era diventato un gesto involontario, i suoi occhi tornarono allo specchietto retrovisore, e con un gesto altrettanto involontario frenò improvvisamente. Fu in quel momento che avvertì il colpo. La testa si tuffò in avanti e poi subito contro il sedile.

  Lo avevano tamponato.

  Ci mise un momento a registrare che qualcuno era davanti la sua portiera. Era la ragazza, si rese conto quando scese dal veicolo. Aveva visto bene, le sue guance erano davvero piene. Aveva un viso giovane, forse troppo – ma non troppo troppo se poteva guidare –, e gli occhi grandi e, in questo momento, molto preoccupati. Gli stava parlando; lui registrò le sue scuse ma non le sentì veramente. Si diresse verso il retro della macchina per controllare i danni.

  «È una bella botta, lo so» disse la ragazza avvilita. «Mi dispiace davvero, ero…»

  «Distratta, sì» disse lui secco. La superò con un gesto brusco per tirare fuori i documenti necessari a risolvere quella pratica.

  «Be’, a dirla tutta non credo sia stata solo colpa mia».

  Lui si voltò ad osservarla stupito. Aveva davvero intenzione di mettersi a discutere con lui?

  «La sua frenata è stata improvvisa e immotivata, quindi…»

  «Il tuo cofano è nel mio bagagliaio» le disse incredulo.

  «Ma non sarebbe successo se lei fosse stato un po’ più attento» fece lei scrollando le spalle.

  Gli venne quasi da ridere per la faccia tosta che la ragazza stava dimostrando di avere. Forse avrebbe riso davvero, la sua macchina non fosse stata danneggiata.

  «Sono un avvocato, ragazzina. Non ti conviene essere polemica».

  Lei aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia. Il freddo di gennaio le aveva arrossato le guance.

  «Mi sta minacciando?»

  «Ti sto avvertendo».

  «Allora forse anche io dovrei avvertirla che studio legge».

  Sembrava davvero soddisfatta di se stessa. In effetti, lui non avrebbe mai immaginato che si trovasse davanti a un potenziale futuro avvocato. La squadrò dall’alto in basso. Aveva le maniche del maglione strette nei pugni, per ripararsi dal freddo.

  «Prendi i tuoi documenti e facciamola finita.» le disse, senza darle la soddisfazione di sembrare colpito. Lei alzò gli occhi cielo e si diresse verso la propria macchina.

  «Che razza di nome è Rey?» commentò mentre compilavano i documenti.

  «È il mio, e non deve piacere a lei».

  La verità era che lo trovava adorabile.

  «Ti sta bene» le disse, senza sapere bene il perché. C’era qualcosa, in lui, che lo stava spingendo a rimediare alla prima impressione che le aveva dato. Sapeva di risultare immediatamente burbero e scuro e dannatamente enorme. Ma la ragazza – Rey – gli faceva venire voglia di apparire diverso. Come, ancora non lo sapeva.

  Lei alzò lo sguardo dai fogli e lo osservò un po’ sorpresa, un po’ compiaciuta.

  L’aria fredda si condensava in nuvole vaporose davanti alle loro bocche. Le macchine sfilavano intorno alla scena ignare di ciò che stava accadendo sotto la superficie.

  «Un momento, lei è Ben Solo?»

  Quella era una domanda che non gli era mai stata posta con quel tono di voce, quindi Ben ebbe qualche difficoltà nel rispondere.

  «Ben Solo l’avvocato?» chiede di nuovo Rey.

  «Mi sembrava che l’avessimo già stabilito».

  «Abbiamo studiato il suo caso contro la Sith Corporate a lezione» spiegò Rey entusiasta. «È grazie a quella lezione se ho scelto di rimanere alla facoltà di legge quando ho pensato di mollare. È grazie a lei!»

  La Sith Corporate. Ben ricordava quel caso alla perfezione. Era stato dopo la sua vittoria che Snoke gli aveva offerto il posto che occupava ora. Tutto quello che era venuto in seguito – le lunghe notti in ufficio, i patteggiamenti convenienti e indebiti, l’assenza di vita sociale, qualche affare losco che aveva dovuto coprire, la solitudine – lo aveva sommerso in una spirale di routine che aveva tolto colore a ogni cosa.

  In quel momento ricordò esattamente e per la prima volta com’era la vita prima di Snoke. Era per casi come quello che aveva scelto di fare l’avvocato. Amo il mio lavoro.

  «Non posso credere di aver rovinato la macchina di Ben Solo» mormorò Rey, e sembrava che non sapesse se ridere o piangere.

  Ben rise.

  Osservò di nuovo la ragazza, che adesso si abbracciava il corpo per il freddo. Le tremavano i denti, ma cercava di nasconderlo irrigidendo la mascella. Aveva detto che il suo lavoro l’aveva incoraggiata a continuare gli studi.

  «Stai congelando» le disse. «Rientra in macchina».

  Realizzò che non l’avrebbe più rivista, e anche lei sembrò giungere alla stessa conclusione, perché prima di aprire lo sportello si voltò a guardarlo. Lui non si era mosso di un centimetro. Lei gli sorrise, e lui lo prese come un ultimo saluto, quindi aprì la propria portiera.

  «Ehi, signor Solo» la sentì richiamarlo. «Se le serve un carrozziere posso consigliarle un posto».

  E gli fece l’occhiolino.

  E stavolta Ben le sorrise, perché non l’avrebbe rivista e voleva lasciarle qualcosa di più delle sue parole su un libro di testo. Qualcosa di intoccabile ma così concreto da lasciare per sempre il segno. Qualcosa come una ragazza dalle guance piene e le fossette che ti arriva addosso con la macchina per ricordarti chi sei.

  Ben non si era ancora convinto a lasciare lo studio legale di Snoke, ma aveva iniziato a pensarci. Prese la decisione due giorni dopo, nel momento esatto in cui vide Rey piegata su un cofano aperto, con indosso una tuta blu e del grasso scuro sulla fronte, quando portò a riparare la macchina.

 
  
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