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Autore: giamma21    04/12/2020    0 recensioni
Alexandra conduce una vita tranquilla, ma un monito dal futuro la catapulta in un universo minacciato da un oscurità incombente. Insieme a nuovi alleati, scoprirà presto che ad attenderla c'è un'avventura epica in grado di rispondere alle più importanti domande sulla sua identità. Chi è veramente Alexandra? Come salverà i quattro regni dalla distruzione?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le urla si facevano sempre più forti.
Grida disperate e inni di battaglia. La guerra aveva contaminato tutto.
I soldati lottavano l’uno contro l’altro, fiamme lucenti s’innalzavano in cielo e schegge di ghiaccio sfrecciavano nell’aria.
Non c’era più scampo per nessuno. In mezzo a tutta quella distruzione, si udì il pianto di un neonato. Un suono angelico in un universo infernale. Seguirono le rassicurazioni di una madre.
“Torna ad Erathlium.”
“Crea il tuo destino.”
 
 
Erano le sette del mattino quando la mia sveglia cominciò a suonare, e ciò fu un sollievo perché gli incubi mi tormentavano ormai ogni notte.
Immagini di un mondo che non conoscevo, volti di persone che non avevo mai visto, ma che in fondo…sentivo di conoscere.
La sveglia continuava il suo lamento metallico, che mi perforava i timpani.
“D’accordo Alexandra, forse è ora di svegliarsi,” mi dissi.
Giù dalle brande, avrebbe detto sorella Mary, e così fu.
Attraversai il corridoio del mio appartamento, piccolo ma confortevole. Quando lo avevo comprato, al suo tempo, assomigliava più a una bettola. Grazie alle mie cure amorevoli e tanto, tanto lavoro era diventato tutto l’opposto.
Mi diressi in cucina e misi a preparare il caffé. In pochi minuti nell’abitacolo cominciava ad arieggiare un inconfondibile profumo di caffeina.
Mentre sorseggiavo la bevanda calda, diressi lo sguardo fuori dalla finestra. Il cielo era limpido e dagli alberi cadevano gli ultimi accenni di neve. Quell’anno c’era stata un’insolita nevicata a Dicembre, che aveva causato diversi disagi ai cittadini di Monroe. Ricordai i momenti trascorsi all’orfanotrofio insieme alle altre bambine, gli inverni gelidi passati ad attendere dei genitori che non sarebbero mai arrivati.
Erano i primi giorni di gennaio e la giornata non poteva che essere una delle peggiori. Non avevo dormito tutta la notte, fuori si gelava e come se non fosse bastato, a lavoro avevo il turno mattutino.
Non che il mio lavoro richiedesse troppa fatica, in quanto mi occupavo della biblioteca comunale.
Io e il vecchio signor Roger eravamo gli unici a lavorarci ed era l’unico vero posto in cui mi sentissi a casa. Ottenni il posto in biblioteca grazie ad una lontana amicizia tra sorella Mary e il signor Roger. Tra i corridoi si vociferava che i due fossero stati amanti, ma la sua vocazione aveva prevalso sulla relazione... a me piace pensarla così tutt’ora.
Compiuti diciotto anni, fui costretta a lasciare l’orfanotrofio dove avevo vissuto sin da quando avevo memoria.
Guardai l’orologio. Era ora. La solita vita mi aspettava.
Fuori faceva più freddo di quanto pensassi, mi strinsi nella giacca e rimpiansi di non aver preso una sciarpa. I capelli rossi svolazzavano selvaggi spinti dal vento invernale. Ovviamente proprio il giorno prima avevo deciso di portare il mio decrepito maggiolino dal meccanico, affidandomi alle previsioni del tempo che avevano assicurato cielo sereno per tutta la settimana. Lasciai il pianerottolo di casa e m’inoltrai per il viale che attraversava tutto il paese. Gli alberi avevano ormai perso tutte le foglie e più che mattina sembrava già sera, quel tempo mi deprimeva.
Entrai nella caffetteria vicino alla fermata degli autobus, il Drunk&Loud, la mia solita tappa mattutina. Il nome poteva far pensare a motociclisti o camionisti agitati che si tiravano oggetti bevendo birra, ma il massimo che si poteva trovare erano coppiette appartate, vecchietti che bevevano whisky e bambini che gridavano. Il tutto contornato da macaronnes multicolore.
La cosa migliore lì dentro era Annie, la cameriera. Avrà avuto almeno cinquant’anni ma lei affermava sempre di averne trentacinque. I suoi occhi dolci erano in grado di risollevare l’umore di chiunque.
Annie si avvicinò a me sorridendo,
 “Alex, ho trovato l’uomo giusto per te. Si chiama Larry, lavora alla pompa di benzina in fondo alla strada. Non è malaccio, anche se balbetta un po’ e ha una gamba di legno, ma non è un problema che tu non possa risolvere,” mi disse con un occhiolino, consegnandomi al tavolo il mio solito croissant al cioccolato.
Sapeva sempre come migliorarmi la giornata.
“Ti ringrazio, ma sto bene così. Non mi serve per forza un uomo, da sola ho tutto ciò di cui ho bisogno,” replicai mordendo il gustoso cornetto.
“Dio, come sei tragica. Abbiamo bisogno tutti di un po’ di amore nella nostra vita. Guarda il tuo amichetto Roger, sposato con i suoi libri, se continui così farai la sua stessa fine!”.
Sorrisi un po’ esasperata. Non potevi mai avere l’ultima parola con Annie.
“Direi di cambiare discorso. Mi hai portato i libri di cui mi avevi parlato?” chiesi.
 “Maledizione, li avevo giusto messi sul tavolo prima di uscire!”
“Dici sempre così, cominciò a pensare che sia una scusa.”
Annie si fermò nell’asciugare i bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie e mi sorrise.
“Prometto che passerò in giornata a portarteli, cara. Ora sarà meglio che torni a lavorare ed è ora che vada anche tu,” mi disse salutandomi.
Terminai di mangiare il croissant poi uscii facendo tintinnare il campanellino sulla porta.
Aveva smesso di nevicare e in giro c’erano già più persone, nelle vetrine c’erano ancora gli arredi natalizi. I bambini che passavano e li vedevano sorridevano al ricordo della festività appena passata, dei giochi ricevuti, dei dolci mangiati.
Salii le scale esterne che portavano all’imponente biblioteca vittoriana, mi sentivo così sicura dentro quelle mura antiche.
Ad accogliermi c’era Roger, che dall’aspetto sembrava nervoso per qualcosa.
“Buongiorno, Roger. Che succede?” chiesi, incuriosita.
“Questi maledetti affari non funzionano mai,” rispose lui agitando il monitor del computer, “Non si vede niente!”
Allungai il braccio e premetti sul tasto di accensione.
Magicamente il computer si illuminò.
“Ricordati che devi accenderlo, prima,” aggiunsi, dirigendomi verso le scatole di libri appena arrivati.
Tutti fervevano per l’uscita del nuovo romanzo rosa di Susan Messer, una scrittrice divenuta popolare grazie ad un saggio sulla sessualità femminile.
“L’ho già letto, non è un granché,” commentò Roger.
“E’ molto sopravvalutata, ma sarà il nostro pezzo forte fino ad Aprile. Dovremo imparare a conviverci!”
“Non ci sono più i libri di una volta.”
“Lo puoi giurare,” conclusi sospirando.
Finiti di sistemare sugli scaffali i romanzi, mi diressi alla mia scrivania, sommersa da talmente tanti documenti che non si riusciva a riconoscere la tastiera del computer giurassico al di sotto.
Ripresi serena la mia routine, tanto nessuno sarebbe venuto a parlare con la strana bibliotecaria dai capelli troppo rossi, gli occhi troppo grandi e verdi, la pelle troppo chiara.
Certe persone avrebbero detto che la mia era una bellezza particolare ma in non la pensavo così, chiunque mi avesse passato quei dannati geni non doveva aver avuto una vita facile.
Forse lo chiamavano peli di carota oppure fiamma, esattamente come i bambini all’orfanotrofio chiamavano me.
Forse...
A metà mattinata l’ufficio aveva un aspetto decisamente migliore, persa nei miei pensieri non mi ero accorta che avevo anche dato la polvere.
Ogni attività terminava e le ore passavano.
In mezzo al trambusto, mi ricordai che dovevo mangiare. Presi gli snack che avevo nella borsa e iniziai a sgranocchiare qualche biscotto.
Verso le quattro del pomeriggio, Annie bussò alla porta. Ero talmente concentrata in una lettura, che la sentii solo la seconda volta.
 “Ehilà, terra chiama Alex? Ci sei, o devo mandare il signor Darcy per riportarti tra di noi?” chiese scherzosamente.
 “Ciao Annie, scusa, a volte mi faccio trasportare eccessivamente. Nei libri è tutto più semplice,” risposi sorridendo, lei mi guardò alzando un sopracciglio ben curato.
 “Tragica come sempre… Comunque ho qui i libri di mio marito. Li lascio a te,” aggiunse allungandomi una scatola, all’apparenza leggera, “Ho messo anche alcuni dei suoi scritti, pensavo che tu potessi trovarli interessanti. Abbine cura cara, erano tutta la sua vita”.
“Te lo prometto.”
“Chi lo sa, magari ne diventerai ossessionata anche tu!”
Avvertii il dispiacere nella sua voce. Suo marito Ray se n’era andato qualche anno prima a causa di un incidente d’auto e Annie non era più la stessa da allora.
“Sono proprio curiosa, di cosa scriveva già Ray?” chiesi distrattamente, sfogliando i vari fogli scritti.
“Fiabe e mondi incantati,” rispose lei.
“Interessante, adoro un po’ di fantasy. Ci darò un’occhiata stasera.”
“Hm, forse non c’è tanta differenza tra fantasia e realtà in mezzo a quei fogli,” concluse Annie, raccogliendo la sua borsa.
Ci salutammo e io risistemai la scrivania.
Impilando i fogli di Ray sui libri appena lasciati scorsi una parola che attirò la mia attenzione. Una parola che tormentava i miei sogni da diverse notti. Delle lettere che all’apparenza sembravano casuali, ma che molto tempo dopo mi avrebbero cambiata per sempre: Erathlium.
   
 
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