Ti va di
fare un gioco?
La notte si era
stesa come velluto nero; la luna era assente,
le stelle eclissate dalla luce accecante dei lampioni. Lungo una strada
poco
trafficata e bagnata da pozzanghere luminose camminava titubante una
figura,
avvolta in un lungo mantello che sembrava tagliato
proprio dalla volta
celeste. Nonostante avesse calcato sulla testa il cappuccio, sperava
davvero di
non incontrare nessuno: la vecchietta che aveva beccato
sull’autobus le era
bastata, con i suoi occhietti piccoli e palesemente indignati. Chi, nel
XXI
secolo, aveva ancora il coraggio di conciarsi in quel modo?
La figura emise
un sospiro ripensandoci, creando una
nuvoletta; le temperature erano calate di molto, quella settimana,
annunciando
l’arrivo dell’inverno. Sotto il mantello, un
brivido la percorse a destinazione
raggiunta: un portone in legno massiccio con un enorme batacchio in
bronzo che
raffigurava la testa di un drago.
Deglutì:
forse non avrebbe dovuto accettare a cuor leggero la
proposta di Mirajane, ma guardandosi intorno capì di non
avere molta scelta: la
strada era popolata soltanto da una fila di macchine parcheggiate e
bagnate,
segno di un temporale finito poco prima che arrivasse alla fermata con
l’ultimo
autobus della giornata.
Prese un bel
respiro e si costrinse a bussare. Seguirono passi
frettolosi e pesanti dall’altra parte, che sfociarono in un
getto di luce
quando la porta d’ingresso si aprì. Di fronte a
lei capelli rosa, pelle
olivastra e occhi scuri.
«Finalmente!
Pensavo di aver beccato una fregatura! Entra,
forza!»
La sua voce era
allegra e squillante. Sorrise, parzialmente
avvolta dall’ombra del cappuccio, e assecondò
l’invito.
L’interno
era caldo e accogliente, e già dall’atrio si
riusciva a capire quanto benestanti fossero gli abitanti di quella
casa:
pannelli di legno alle pareti, quadri e strane sculture un
po’ ovunque… Era
passato davvero tanto tempo dall’ultima volta in cui era
stata in un posto del
genere.
Il ragazzo
intercettò il suo sguardo meravigliato e si
grattò
la nuca, imbarazzato.
«Mio
padre è un
imprenditore e ha la fissa per il collezionismo.»
La ragazza
annuì. Poi, con un gesto lento e calcolato si tolse
il mantello, svelando lunghi capelli biondi raccolti in una coda, un
cortissimo
vestito azzurro e un lungo paio di stivali.
«Cazzo,
devi avere un sacco freddo se sei venuta qui conciata così!
Vieni di là, c’è il fuoco
acceso.»
Detto questo, il
rosato sparì oltre un’apertura ad arco sulla
destra. Lo seguì, boccheggiando quando si ritrovò
davanti una sala ricoperta da
arazzi scarlatti e tappeti persiani.
Il ragazzo si
era seduto a gambe incrociate sul pavimento, a
poca distanza dal fuoco scoppiettante, e la guardava, in attesa.
In quel momento
ricordò il motivo della sua visita e si
affrettò a raggiungerlo, mentre le parole di Mirajane le
rimbombavano nella testa:
“assecondali sempre, Lu”.
Quando fu seduta
sul pavimento semi-ipnotizzata dal piacevole
calore del fuoco decise che era arrivato il momento delle presentazioni.
«Io
sono Lucy» decretò, dopo essersi schiarita la gola.
«Io
Natsu, e quello lì» rispose il ragazzo, puntando
il dito
verso un angolo, «è Happy.»
Gli occhi
castani di Lucy incontrarono le iridi scure di un gatto
nero, intento in una scrupolosa toeletta.
«Bello…
Però io sono più una tipa da cane.»
Cercò
di guardarlo negli occhi, ma era troppo imbarazzata: che
doveva fare adesso?
Era troppo tardi
per andare via, e lui non sembrava affatto
una cattiva persona, ma…
«Beh,
sul sito si parlava di giochi… Ma visto che non ne hai
portato
nessuno possiamo farci una partita a carte.»
Lucy rimase
interdetta a quelle parole. Carte?
«Aspetta…
Che?!»
Natsu
corrugò la fronte.
«Beh,
dico solo che la borsetta che ti sei portata appresso di
sicuro non conterrà giochi da tavolo, e visto che siamo solo
in due forse è
meglio giocare a carte… O forse preferisci una partita alla
Play?»
«Natsu»
iniziò Lucy, bloccandosi imbarazzata. Cosa doveva
dirgli?
«Mi
stai dicendo che… Non hai scritto in cerca di…
S-sesso?»
Il ragazzo
sgranò gli occhi a quella parola, distogliendo lo
sguardo e puntandolo verso il fuoco.
«Cazzo
se ho capito male…» mormorò,
più a se stesso che alla
ragazza.
Passò
qualche secondo, scandito dal rumore della legna e dalla
lingua di Happy.
«Senti,
mi dispiace tantissimo» se ne uscì Natsu.
«Davvero,
non pensavo che fossero quel genere di giochi. Il
fatto è che mio padre
è sempre via, e questo fine settimana il mio migliore amico
aveva da fare, e non
mi andava di restare da solo. Scusami.»
Lucy lo
ascoltò in silenzio, esterrefatta. Non sapeva se
essere sconvolta più dal candore con cui quello strano
ragazzo le spiegava la
situazione o dalla situazione stessa.
Alla fine, non
poté fare a meno di sorridere.
«Sai,
in realtà mi fai un favore… Non sono molto brava
in quel
genere di cose, sostituisco un’amica che ha un
account» spiegò, guardandosi le
ginocchia.
«Però,
ecco, mi faresti davvero un favore se potessi ospitarmi
qui, perché non avevo in programma di tornare a casa
– se capisci cosa intendo –
e non saprei proprio dove dormire…»
continuò, imbarazzata.
Quando
alzò gli occhi, Natsu sorrideva come un bambino la
mattina di Natale, gli occhi luccicanti.
«Play o Uno?»
Angolo dell'autrice:
buonasera a tutt*! Rieccomi con la #naluweenweek2020
più tardiva che ci sia xD Il prompt questa volta
è cloak,
ovvero 'mantello'. La prima cosa a cui ho pensato è stato Eyes Wide Shut, ma
avendo per le mani questi due patati ovviamente la situazione
è venuta fuori diversa.
Spero di avervi fatt* sorridere e ci leggiamo presto!
Frix