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Autore: Kagome    13/12/2020    5 recensioni
Durante una visita a un mercatino natalizio, Adrien convince Marinette a prendere parte a una seduta di coppia con una fattucchiera. Tra 'amici', ovviamente. Solo per divertimento, ovviamente. Di certo il biondo non poteva immaginare che la fattucchiera gli facesse una profezia.
"Entro Natale uno di voi cadrà dal balcone. Questo aiuterà la vostra relazione a crescere."
Attanagliato dal senso di colpa e preoccupato per Marinette, Adrien inizia a tenerla d'occhio nei panni di Chat Noir. Da amico, ovviamente. Solo per assicurarsi che non cada dal balcone, ovviamente. Finché la vigilia di Natale... scopritelo leggendo la storia! ^-^ (Storia Lovesquare, con preponderanza di Adrinette e Marichat e reveal). Auguri a tutti!
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino, Plagg
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Fattucchiera

Scritto da: JuliaFC aka Kagome

Beta: Genxha. Grazie mille!

Art cover di: Rosehealer02 su Deviantart. Grazie infinite, sei una vera amica!

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. “Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir” (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d’autore.

Scritta per il gruppo h/c “Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction”, Advent Calendar prompt 197: La fattucchiera. Se siete interessati al genere, cliccate qui: Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO | Groups | Facebook

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Copertina

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Adrien guardò il suo riflesso nello specchio e sussultò. Si era lavato la faccia, avendo cura di rimuovere il trucco che si era messo quel mattino per far finta di stare bene. Quello che era rimasto del suo viso era ... ugh. Aveva gli occhi rossi e il suo naso era così intasato che non riusciva quasi a respirare. Tirò su col naso, ma non ottenne altro che iniziare a starnutire a raffica. 

Nessuno si era accorto che fosse malato, e in un certo senso non ne era per niente sorpreso. A suo padre importava soltanto che lui continuasse a partecipare a tutte le sue attività pomeridiane, si presentasse ai servizi fotografici e andasse a scuola. Non gli aveva nemmeno dato un’occhiata di recente. Dato che in questo periodo le scuole erano chiuse per le festività Natalizie, suo padre si era quasi dimenticato che lui esistesse.  

Persino Nathalie era stata così impegnata per via dell’imminente quotazione del marchio  Gabriel nelle FTSE 100 che non gli aveva prestato alcuna attenzione di recente, e aveva lasciato che il suo programma settimanale tra servizi fotografici e lezioni di cinese slittasse in maniera indefinita. 

Ma in fondo magari era per il meglio: non sapeva quanto sarebbe stato in grado di lavorare in un servizio fotografico nel suo stato corrente. Sapeva che se Nathalie o suo padre avessero scoperto che era malato, non gli sarebbe stato nemmeno permesso di uscire dalla sua stanza, figuriamoci dalla villa. Che fantastico Natale, completamente da solo! Suo padre e Nathalie erano continuamente in giro tra Londra e Parigi ed erano partiti così tante volte che aveva perso il conto. E ovviamente adesso erano a Londra. Il giorno della Vigilia di Natale. 

Buon Natale, Adrien. 

Odiava non essere considerato dalle persone intorno a lui. Odiava dover passare il Natale da solo. Ma quando sua madre era scomparsa, Adrien aveva già trascorso molti Natali solitari, anche se suo padre era stato in casa, quindi in fondo non importava che ci fosse qualcuno con lui o no. L'unica cosa che lo infastidiva sul serio era che gli fosse stato negato di andare a fare gli auguri ai suoi amici (suo padre aveva lasciato precise istruzioni al Gorilla). Anche se magari era meglio così per i suoi amici, visto come si sentiva uno straccio, la testa piena di ovatta, gli faceva male dappertutto… e aveva forti brividi che gli correvano lungo la schiena.

"Gattino, hai un aspetto orribile", disse Plagg, mentre si ficcava in bocca un grosso pezzo di Camembert.

Adrien fece per rispondere, ma mentre lo faceva inspirò e questo gli stimolò il naso, facendolo starnutire a ripetizione. "Maledizione," disse, con voce roca. Tossì.

"Io ti consiglierei di restare a casa stasera", sussurrò la piccola palla di pelo nera. "Codini può cavarsela da sola per una volta, no?"

Adrien impallidì e gli lanciò uno sguardo preoccupato. "Non posso Pl ..." iniziò, ma la sua gola si chiuse e ricominciò a tossire. "Oggi è la vigilia di Natale."

"E fuori nevica." Plagg guardò fuori dalla finestra. 

"È solo una spolveratina", ribatté Adrien. Dannazione, non riusciva quasi a riconoscere la sua voce per quanto era roca. 

"Fa freddo." Lo sguardo di Plagg si fissò su quello di Adrien e il piccolo kwami incrociò le zampe sul petto. "Sei malato."

“Ma è l'ultimo giorno prima di Natale. Non posso lasciarla sola."

Plagg lo guardò così attentamente che il suo sguardo penetrò nella sua anima. "Quindi è finalmente più di 'un'amica' eh?"

La faccia già accaldata e arrossata di Adrien divenne scarlatta. "Non so di cosa stai parlando."

Plagg continuava a fissarlo mentre masticava il suo Camembert. “Certo, gattino. Ogni ‘amica’ direbbe del suo ‘solo un amico’ quello che Codini ha detto di te l’altra sera." La faccia di Adrien divenne rossa come un pomodoro. Plagg fece un sorrisetto malizioso. "E tutti rischierebbero di ammalarsi gravemente per assicurarsi che la loro 'solo un’amica' non cada dal balcone!"

Adrien abbassò lo sguardo. "Stà zitto, Plagg."

"Oh, puoi dirmi di stare zitto quanto ti pare", disse, "ma non puoi zittire la tua coscienza".

"Esatto," disse Adrien, riuscendo in qualche modo a stravolgere completamente il significato delle parole del suo piccolo amico. “Non mi perdonerei mai se le succedesse qualcosa. Soprattutto dopo quello che ha detto l'altra sera. È colpa mia se siamo andati da quella donna, quindi sarebbe colpa mia se morisse."

"Meh," disse Plagg, lanciandogli uno sguardo divertito. “‘Solo un amico’ non avrebbe chiesto a ‘solo un’amica’ di prendere parte in una seduta di COPPIA. Non sono cose che fanno persone che sono solo amici "

Adrien sospirò. Era l’ennesima volta che Plagg ne discuteva nelle ultime due settimane. 

"Pensa quello che ti pare!" gli gridò, e se ne pentì subito perché la fitta di dolore che gli squarciò la testa lo lasciò quasi senza fiato. “Ahi,” mormorò, passando una mano tra i capelli dorati. Aveva davvero la fronte molto calda. Forse avrebbe dovuto prendere qualcosa, ma temeva che se avesse chiesto al Gorilla del paracetamolo, la sua guardia del corpo avrebbe fatto la spia. 

No, meglio non rischiare. E poi ora aveva da fare. Diede un'ultima occhiata allo specchio, al suo viso arrossato, e decise di non avere un aspetto poi così terribile. Non l’avrebbe visto nessuno da vicino in fondo, sarebbe stato su un tetto. E ad essere sinceri, anche se Marinette l’avesse beccato come era già successo un paio di volte, di sicuro non avrebbe notato i suoi occhi rossi e i segni neri sotto le palpebre, visto che la sua maschera avrebbe coperto il tutto. 

“Non mi dire che fai il testardo anche stasera? E se quella fattucchiera avesse sbagliato e succedesse niente? Rischi di beccarti la polmonite senza motivo."

“Plagg,” disse Adrien, voltandosi per uscire dal bagno, “hai detto tu stesso che la fattucchiera sembrava strana pure a te. Che anche tu hai avuto cattive vibrazioni da parte sua. Che Marinette  mi piaccia come più di un'amica o no, resta il fatto che sia davvero molto importante per me. Non voglio che cada dal balcone la vigilia di Natale e si faccia male, o peggio muoia."

Plagg sospirò e si accasciò sconfitto. Questo ragazzo era davvero cocciuto. Quando lo sentì chiamare la trasformazione venne risucchiato nell’anello, sperò che almeno Adrien avrebbe cercato di tornare a casa presto. 

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Tutto era iniziato un paio di settimane prima. Era l'8 dicembre e c'era una sagra natalizia a Place des Vosges con tanto di mercatino. Adrien non aveva mai avuto la possibilità di andare a questo tipo di eventi, ma quest'anno suo padre e Nathalie erano all’estero per il fine settimana e la sua giornata era miracolosamente libera. 

Anche Gorilla era di buon umore, dopo che Adrien lo aveva corrotto regalandogli l'action figure di Ironman in edizione limitata della sua collezione personale. Quindi, per una volta, Adrien poteva assaporare il piacere di passeggiare tra le piccole bancarelle del mercato con i suoi amici, Alya, Nino e ovviamente Marinette. 

Il pomeriggio era stato uno dei più belli che avesse passato da parecchio. Alya e Marinette avevano scrupolosamente analizzato tutte le bancarelle e Alya aveva comprato alcune decorazioni natalizie dopo aver chiesto suggerimenti a Marinette. "Saranno perfette sull'albero di Natale di Ella ed Etta!" aveva detto la giornalista in erba. 

La famiglia di Alya amava così tanto il Natale che non solo decoravano il soggiorno con un grande albero di Natale, ma ogni anno le gemelline avevano anche un piccolo alberello decorato nella loro camera da letto. Sembra che le facesse dormire meglio.

Passarono molto tempo a girare tra le bancarelle e ancora più tempo a decidere che cosa mangiare (caldarroste? Zucchero filato? Cioccolata calda con marshmallow e panna? Bigné al formaggio? Adrien dovette optare per quest'ultimo, altrimenti Plagg non lo avrebbe mai perdonato. Però aveva guardato con occhi languidi le caldarroste in mano a Marinette. Vabbè...). Poi si erano imbattuti nella Casa degli Orrori. 

Ovviamente Alya aveva strillato di gioia e vi aveva trascinato dentro Nino. "Non avrò un'altra possibilità di andarci quest'anno!"

Per Adrien non era un problema, infatti gli sarebbe piaciuto accompagnarli. Ma Marinette si era rifiutata di mettervi piede dentro con tanto fervore che Adrien non se l’era sentita di lasciarla da sola ad aspettarli. Quindi ovviamente era rimasto con lei, al che Alya aveva lanciato un’occhiata piena di divertimento a Marinette e le aveva fatto l’occhiolino mentre le sussurrava qualcosa nell’orecchio, cosa che non era decisamente piaciuta alla ragazza con i codini. 

Vabbè, Adrien aveva rinunciato a comprendere la dinamica tra le due ragazze da parecchio tempo. 

In ogni caso si era avvicinato e Marinette ed era rimasto al suo fianco guardando Alya e Nino che facevano la fila davanti alla biglietteria per la Casa degli Orrori e, biglietti in mano, sparivano all'interno. 

"Ci metteranno un bel po’", aveva detto lui, e Marinette aveva sospirato in segno di approvazione. Alya amava le case degli orrori, ed era molto difficile trascinarla fuori dopo che era entrata. 

Adrien aveva guardato la sua amica, notando il rossore sulle sue guance (doveva essere per il freddo. Sicuramente per  il freddo) e le aveva chiesto: "Che facciamo nel frattempo?"

Marinette si era guardata intorno, e lui aveva fatto lo stesso, cercando di trovare un'attività che li tenesse occupati mentre i loro amici non c’erano. Ed era stato allora che il suo sguardo si era posato sulla tenda che si trovava proprio accanto alla Casa degli Orrori. 

Era una tenda piccolina, colorata in toni vibranti di  rosso e del verde. In cima all'ingresso, un cartello recitava, "Vera la Fattucchiera". Una specie di indovina italiana, eh? I cartelli attaccati attorno al nome stavano pubblicizzando i diversi servizi forniti dalla donna, e mentre li leggeva, il suo viso si illuminò.

"Potremmo fare una seduta di coppia", aveva detto, il viso illuminato da un bellissimo sorriso. "Potrebbe  essere divertente!"

Marinette aveva guardato la tenda ed era arrossita ancor di più. "D-di c-cuta? Uh, secopia ... oh, Dio! Seduta di coppia? " Era arrossita fino alla punta delle orecchie. 

"Perchè no? Ci farà passare il tempo mentre aspettiamo e possiamo farla insieme. Offro io! " Si voltò e fece per prenderle la mano per entrare nella tenda, ma Marinette non si mosse e lo fermò. "Cosa c'è che non va?" chiese lui.

"Uh, ehm, non credo sia una buona idea," mormorò lei guardandosi la mano che lui teneva nella sua. "C-cosa direbbe K-katami ..."

Adrien aveva sospirato. “Cosa c'entra Katami adesso, Marinette? Non è qui e anche tu sei una mia amica. Dai!" Non capiva davvero perché Marinette mettesse sempre Katami in mezzo ogni volta che le chiedeva di fare qualcosa insieme. È vero, Adrien aveva cercato di avvicinarsi alla ragazza giapponese prima dell'estate, ma la loro relazione era durata poco e si erano lasciati poco dopo il suo ritorno da New York. Ora si vedevano solo durante gli allenamenti di scherma. Cosa c'entrava Katami?

“M-ma ... non credo sia una buona idea. Probabilmente è una c-ciarlatana. Non sprecare i soldi."

“Suvvia, Marinette,” aveva ribattuto lui, “è solo per divertirsi. Non mi dispiace pagare, anche se finirà per essere una ciarlatana."

Ma Marinette gli aveva lasciato la mano con fermezza e gli aveva lanciato un'occhiataccia. "No, grazie. Puoi andare tu, se vuoi. Io resto qui."

"Marinette, per favore," aveva sbuffato lui. “Sono rimasto con te per farti compagnia. Se entro e tu rimani fuori, avrei potuto pure entrare nella Casa degli Orrori".

Marinette stava per ribattere qualcosa, aveva visto la sua bocca aprirsi, ma prima che potesse farlo, avevano sentito una voce alle loro spalle. "So chi sei", aveva detto la voce. A entrambi era preso un colpo e si erano voltati terrorizzati, per incontrare gli occhi castani e saggi di una signora molto anziana. 

Indossava degli occhiali spessi a forma di mezzelune e aveva i capelli bianchi argentati pettinati in una crocchia dietro la nuca. Indossava un foulard giallo in testa, che le copriva la maggior parte dei capelli, e un cardigan giallo di stampo molto antiquato, una camicia grigia e una gonna marrone che la facevano sembrare una vecchia strega. Teneva persino una scopa in mano, e il dettaglio aveva fatto venire i brividi ad Adrien.

"C-cosa i-intende?" aveva balbettato lui. 

“Non tu, lei. Marinetta," aveva detto la donna con un fortissimo accento italiano. "Sei la nipote della mia amica Gina. Riconoscerei quei codini ovunque". La vecchia aveva sorriso a Marinette, rivelando una bocca piena di denti storti e neri. Adrien aveva deglutito a vuoto. Sembrava davvero la strega delle fiabe. 

"Conosci questa signora, Marinette?" aveva chiesto infine. 

Marinette aveva scosso lentamente la testa. "È la prima volta che la vedo." Per qualche ragione, la sua balbuzie era sparita.

“Sono Vera, un'amica di Gina, Marinetta. Gina mi ha mostrato le foto della sua nipotina e so che sei tu. Per favore entrate, ho sentito che volevate una seduta. Consideralo un piccolo regalo da parte mia." Adrien aveva visto che Marinette cercava di opporsi e anche Vera doveva averlo visto, perché aveva continuato: "Non permetterti di rifiutare, mi offenderei". 

La vecchia era entrata nella tenda, e gli aveva fatto cenno di seguirla. Adrien aveva visto il cipiglio dubbioso di Marinette, ma le aveva afferrato la mano e le aveva fatto gli occhi da cerbiatto.

"Dai, Marinette!" Aveva visto la risoluzione di Marinette vacillare e alla fine la ragazza lo aveva seguito dentro la tenda.

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Quando si furono seduti, Adrien e Marinette a un lato di un tavolino quadrato e la donna dall'altro, la tensione nella tenda poteva essere tagliata con un coltello. Marinette era seduta con la schiena così dritta che Adrien temette che potesse spezzarsi.

La tenda era piccola e così piena di ninnoli che Adrien aveva sentito un po’ di claustrofobia. C'erano due librerie, una dietro la donna e una alla sua destra, a pochi centimetri da Adrien. Quando vi diede un’occhiata, il ragazzo rabbrividì,guardando con diffidenza il teschio che si trovava proprio accanto al suo gomito. C'erano molti libri dall'aspetto antico e alcune bottigliette piene di liquidi di ogni sorta. I drappeggi conferivano alla stanza un aspetto quasi antico e i vecchi candelabri ai lati del tavolo dell'indovina illuminavano lo spazio con una luce soffusa e fioca. 

La donna l'aveva guardati quasi con affetto. "Ma che bei piccioncini," aveva detto in Italiano. Marinette si era irrigidita ancora di più alla sua osservazione. 

"N-no! Questo è il mio compagno di classe, Adrien. Che è solo un amico. Sì. Solo un amico. Solo un compagno di classe." Marinette aveva riso nervosamente mentre Adrien aveva guardato apertamente la donna, e poi Marinette. 

Poteva parlare e scrivere in cinese, ma l'italiano era ancora fuori dalla sua portata a parte qualche parola di cortesia, quindi si era chiesto cosa avesse detto la donna che potesse provocare una simile reazione nella sia amica. Non sapeva che Marinette capisse l'Italiano; non ne era completamente sorpreso, contando che sua nonna era Italiana. Dopotutto, l'Italiano era molto più simile al francese che il Cinese,  quindi forse era più facile da imparare. Sorrise dolcemente a Marinette e la ragazza arrossì, lasciandolo sconcertato. 

La donna aveva osservato il loro scambio, e il suo sorriso si era allargato. "Quindi, a quanto ho capito stavate discutendo di avere una seduta di coppia", aveva detto lei, di nuovo in Francese. 

Adrien aveva annuito, ma Marinette aveva messo le mani davanti e aveva detto: "N-no, non si preoccupi, legga le carte a lui." Era balzata in piedi, praticamente vibrando sul posto come se fosse pronta a decollare, "Io aspetto fuori".

"Marinetta!" aveva gridato l'indovina. "Siediti. Ti ho promesso una seduta e riceverai una seduta. E non ho menzionato le carte. La seduta che vi farò è molto più speciale. E quando la vedi, salutami Gina. E’ tanto che non la vedo."

Marinette aveva deglutito ma era tornata al suo posto e aveva fatto sì col capo. 

Vera aveva sorriso di nuovo, mostrando la forma di uno dei suoi denti anteriori tra le labbra increspate. Poi, aveva preso una grande sfera di cristallo da uno scaffale della libreria proprio dietro di lei. Aveva posizionato la sfera davanti a loro e aveva detto: "Reggete la sfera insieme, una mano ciascuno".

Avevano fatto come gli era stato detto. Marinette era arrossita quando la sua mano aveva sfiorato quella di lui, ma non aveva spostato la mano e aveva continuato a reggere la sfera con lui. La sfera era piuttosto pesante, cosa di cui Adrien fu sorpreso. Non sembrava niente di speciale, ma la donna si era tolta gli occhiali e aveva iniziato a guardarci dentro con attenzione.

Dopo un lungo silenzio, aveva iniziato a parlare, spaventandoli con il suo tono di voce cupo, come se li stesse chiamando da un sogno. "Segreti. Molti segreti. I segreti non fanno bene, soprattutto per due giovani come voi. Responsabilità. Uno di voi cerca di reggere il mondo sulle sue spalle. Neanche questo va bene alla vostra età." Aveva lanciato uno sguardo molto duro a Marinette. "Condividere le responsabilità è segno di un buon leader; aiuta gli altri a crescere e rafforza i legami di coppia".

Adrien ascoltava stordito, incapace di capire il significato delle parole della vecchia. Aveva guardato Marinette e si era chiesto di che tipo di segreti e responsabilità stesse parlando la donna. In che modo questo si riferiva a loro due come coppia? Cosa gli stava nascondendo Marinette?

“C'è dolore. Molto dolore, solitudine, perdita. Sentimenti di inferiorità e un grande, enorme vuoto che deve essere riempito. Ma anche gentilezza e amore. Vedo un'immensa voglia di far del bene e tanto, tantissimo amore da dare". Lo aveva guardato mentre parlava e Adrien aveva sentito come se la vecchia gli stesse esaminando l’anima. "Vedo un amore non corrisposto." Entrambi rimasero a bocca aperta. 

“Vedo dolore e tristezza, senza motivo. Per un'illusione, molto potente, ma comunque un'illusione. Dovete guardare al di là della copertura e smascherare l'amore che c’è dentro."

Il cuore di Adrien batteva all’impazzata. Di cosa stava parlando questa donna? Quando aveva menzionato l'amore non corrisposto, lui aveva pensato che si trattasse dei sentimenti che provava per Ladybug, ma ora non ne era più sicuro. 

"Menzogne," sbottò Marinette, togliendo la mano dalla sfera. Lanciò un'occhiataccia a Vera e batté i pugni sul tavolo. "Non è vero. Questa è una farsa. Io me ne va..."

"MARINETTA! Siediti e torna a reggere la sfera", ordinò Vera. Il suo sguardo era severo e sembrava quasi lanciar fiamme, il tono della sua voce così fermo e duro che Adrien pensò sarebbe stata in grado di mettere paura a chiunque. Marinette spalancò gli occhi e si sedette meccanicamente, rimettendo la mano sulla sulla sfera di cristallo. Il sorriso di Vera era duro, ma i suoi occhi erano buoni. 

"La vostra relazione non può crescere nelle circostanze attuali", disse Vera pensierosa.

"Questo perché non ..." iniziò Marinette, ma l’occhiataccia di Vera la zittì. 

"SILENZIO!" tuonò la donna. "Non mentire alla sfera."

Mentire? Cosa intendeva la fattucchiera? Marinette aveva ragione. Loro non erano in una relazione.

Il suo sguardo passò dall'espressione rabbiosa di Marinette a quella severa di Vera. Sembrava quasi una sfida di volontà. 

Forse era vero? Forse erano in una relazione? Poteva l'amicizia essere considerata una relazione? Be', forse sì, pensò Adrien. Cominciava a girargli la testa! Le parole della donna avevano sempre meno senso. 

All'improvviso, Vera sbatté una mano sulla sfera e, mentre lo faceva, Adrien avrebbe potuto giurare di aver visto un raggio di luce passare attraverso il vetro. Senza staccare gli occhi da quelli di Marinette, l’indovina parlò con un tono forte e imponente: “Prima di Natale, uno di voi cadrà da un balcone. Questo aiuterà la vostra relazione a crescere".

Marinette impallidì. Ma si stampò in faccia quello che sembrava un sorriso estremamente forzato e rise una risata finta. "Come può la morte di uno di noi rafforzare la nostra presunta relazione?" 

Per un secondo, Adrien pensò che quella che aveva detto quelle parole fosse Ladybug. La voce di Marinette era così diretta e il suo tono così beffardo che suonava esattamente come la voce della sua Lady quando si rivolgeva a un akuma. Scosse la testa e sbatté le palpebre scioccato. Perché stava pensando a Ladybug proprio ora?

Marinette si alzò dalla sedia e Adrien quasi rabbrividì quando intravide il suo sguardo, perché non l’aveva mai vista così furibonda. "Andiamo, Adrien," ordinò senza mostrare il minimo segno di balbuzie, "Alya e Nino ci staranno aspettando, ormai." 

Marinette uscì senza aspettarlo e lui fece per seguirla, quando Vera gli prese la mano. "So che le mie parole non hanno senso adesso", gli disse, "ma prenditi cura di lei per me." Gli mise in mano un biglietto da visita e sorrise. “Se hai bisogno di aiuto, fammi sapere. È stato interessante leggervi. Siete una coppia straordinaria."

"Uh, grazie… credo," disse lui arrossendo. "E non si preoccupi, mi prenderò cura di lei."

Uscì dalla tenda con l'orribile sensazione che la persona di cui parlava l'indovina, quella che sarebbe caduta dal balcone, fosse Marinette. Non poteva essere lui, dopotutto. Non solo Marinette era la maldestra tra loro due, ma possedeva un balcone, e ci trascorreva una notevole quantità di tempo ogni giorno a prendersi cura delle sue piante. 

Quando vide Marinette parlare con Alya e Nino, si sentì terribilmente in colpa. L’indovina doveva aver fatto una sorta di incantesimo quando aveva sbattuto la mano sulla sfera di cristallo. Adrien aveva visto una luce strana passare attraverso il vetro e sebbene normalmente non credesse a queste cose, gli si era contorto lo stomaco. Dopotutto, ormai sapeva benissimo che la magia esistesse: la sua identità segreta da supereroe ne era una prova eclatante. 

Era stata colpa sua se quel giorno avevano visitato Vera. Lui aveva insistito, pensando che sarebbe stato divertente. Ci aveva trascinato Marinette. E ora la ragazza stava rischiando la vita perché lui aveva voluto divertirsi. Non poteva permetterlo. Non la sua dolce e coraggiosa Marinette. Non la ragazza premurosa, bella e straordinaria che aveva sempre lavorato così duramente per aiutare tutti quelli che la circondavano. Non la sua Ladybug di tutti i giorni. No, non si sarebbe mai perdonato se le fosse successo qualcosa. 

"Ugh, quella donna era spaventosa", aveva detto Plagg da dietro il suo collo. “Mi ha dato una brutta sensazione allo stomaco. Era strana. Farei attenzione se fossi in te, gattino."

La risoluzione di Adrien divenne più forte quando udì le parole di Plagg e allungò una mano dietro il collo per dare un grattino al mento del suo amico peloso. Aveva promesso alla donna che avrebbe protetto Marinette, e lo avrebbe fatto. L'avrebbe protetta anche se non avesse promesso nulla a quella donna. Dopotutto era sua amica, ed è quello che fanno gli amici, giusto?

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Da quel giorno, si era assicurato di liberare uno slot nel suo diario ogni sera per trasformarsi in Chat Noir e tenere d’occhio il balcone di Marinette. Sapeva che passava un sacco di tempo sul balcone ad annaffiare le piante ogni sera dopo cena, quindi si assicurò di passare sempre da quelle parti a quell’ora. Cenava alla villa e poi si trasformava e a volte passava anche due o tre ore nascosto dietro un camino, aspettando pazientemente che Marinette si facesse viva. Un paio di volte lei non era mai comparsa e lui aveva passato un sacco di tempo al freddo e al gelo senza motivo. 

Una di quelle volte era stata la settimana precedente, e quando era tornato a casa aveva sentito il freddo nelle ossa e Plagg si era lamentato per ore di quanto gli si fosse congelato lo stomaco. Aveva dovuto comprargli un intero lotto di Camembert stagionato per 90 giorni per farlo tacere. Ma la notte successiva, si era trasformato di nuovo e si era di nuovo nascosto a tenerla d’occhio.

Era successo che l’avesse beccato. Una volta Marinette si era chinata un po' troppo per afferrare le foglie di una vite rampicante e il suo cuore si era fermato. Era saltato sul balcone e l'aveva afferrata per la vita, spaventandola e facendo quasi cadere entrambi. 

“Gesù, Chat Noir, mi hai spaventata. Cosa fai da queste parti?" aveva gridato Marinette quando erano riusciti a ritrovare l'equilibrio. "Non hai cose da supereroe da fare?"

Gli ci era voluto almeno un minuto per riprendersi dallo shock. Non appena aveva sentito che la sua voce non sarebbe stata troppo tremante, aveva fatto finta di ridere, mentre si grattava nervosamente la nuca. "Scusa Principessa," le aveva detto. “Ero nei paraggi e ti ho visto piegarti in quel modo. Pensavo stessi cadendo. Non potevo lasciare che succedesse qualcosa alla mia Parigina preferita." Le aveva fatto l’occhiolino in modo giocoso.

"Da quando sono la tua Parigina preferita?" aveva detto lei, alzando un sopracciglio mentre lo guardava incredula.

Lui aveva sorriso nervosamente. "Da quando hai detto che mi amavi e poi mi hai chiesto di rimanere amici?" aveva provato a dire. Le guance di Marinette si erano tinte di rosa. 

"Ehm, da allora?" Aveva agitato la mano su e giù e aveva sorriso. "Haha, ma è acqua passata." Le sue parole gli avevano ferito il cuore. Aveva afflosciato le spalle e aveva sentito le sue orecchie abbassarsi per la delusione. Quindi non voleva più essere sua amica?

"Cosa c'è, Chat Noir?" gli aveva chiesto lei quando aveva notato la sua espressione triste. Poi era sussultata e l’aveva guardato dolcemente. “Uh, no, non intendevo la nostra amicizia, ma i miei sentimenti per te, tutto qui. Era solo una cottarella, mi è passata, tutto qui."

In un certo senso, si era sentito sollevato. Ma c'era un'altra parte di lui, una parte che non aveva ancora confrontato. Quella parte era rimasta delusa di sapere che a Marinette era passata la cotta. Non lo amava più. Una parte di lui avrebbe voluto urlare all'altra che era una cosa buona e giusta, e che era pericoloso per Marinette innamorarsi di un supereroe. Soprattutto uno che l'aveva rifiutata perché innamorato della suo partner che non ricambiava i suoi sentimenti. Ma l'altra parte di lui non voleva sentire la voce della ragione. Quella parte di lui era devastata.

Aveva abbozzato un sorriso, uno di quei sorrisi falsi di cui aveva perfezionato l’esecuzione nella sua professione di modello. "Ah ok. Mi avevi spaventato, Principessa,” aveva detto. Lei l’aveva guardato accigliata, il che gli aveva fatto capire che lei non l’aveva bevuta, ma non aveva più insistito. 

“Stupido chaton”, aveva sussurrato Marinette. “Aspettami qui, vado a prendere qualche pasta.”

Quella sera, il suo stomaco era stato estremamente felice di aver cercato di salvare la vita di Marinette.

Era tornato la notte successiva e lei non era uscita, ma la notte successiva aveva ripreso a curare le sue piante. A volte annaffiava le piante e poi restava ferma, i gomiti appoggiati sulla ringhiera del balcone, lo sguardo perso a guardare in lontananza le luci della Ville Lumière. 

Un paio di volte suo padre, o sua madre, erano passati attraverso il lucernario e l'avevano avvolta in una coperta, mentre lei gli rivolgeva uno sguardo riconoscente. Una volta Alya era con lei, e quando Adrien aveva visto che la giornalista in erba non tornava giù e restava a tener compagnia a Marinette, era tornato a casa. 

Un'altra volta, aveva sorpreso Marinette a piangere, singhiozzando nella pallida luce della luna piena. Quella notte si era mostrato di nuovo. Era saltato sul balcone ed era atterrato con un leggero tonfo sulla ringhiera. 

“Buonasera, Chat Noir. Cosa ti porta da queste parti?" gli aveva chiesto lei, tirando su con il naso. Era così bella nella luce del chiaro di luna, il bianco della sua pelle di porcellana contrastava con il nero dei suoi capelli corvini, i suoi occhi blu sembravano quasi due stelle cadute dal cielo notturno. 

"Ero di pattuglia da queste parti e mi è capitato di vederti", aveva iniziato. "Fa freddo e mi chiedevo perché stessi qui da sola a quest'ora di notte." Aveva finto di sorprendersi delle sue lacrime. “Ma vedo che stai piangendo, Principessa. Vuoi dire al tuo 'cavaliere in spandex nero' chi è l'idiota che deve uccidere, stasera?"

Marinette aveva iniziato a ridere. Beh, almeno era riuscito a rasserenarla. 

“Oh mio 'cavaliere in spandex nero', ti ringrazio. Sto bene, non preoccuparti. Non devi uccidere nessuno." Si era voltata a guardare le luci natalizie che illuminavano le strade della città sottostante. "Stavo solo pensando a ..."

"Il ragazzo di cui mi hai parlato tempo fa?" le aveva chiesto interrompendola. “Quello che ti piace? Ti ha fatto qualcosa?" Se Luka aveva fatto piangere Marinette, Adrien non gliel’avrebbe perdonato.

“No, non è lui. Io..." aveva continuato lei, "avevo iniziato a frequentare un altro ragazzo, pensando di poter dimenticare il ragazzo che amo, ma oggi l’ho lasciato. Non potevo continuare a mentirgli. Non era giusto."

"Mi dispiace," aveva mormorato lui in risposta. Lei aveva di nuovo tirato su col naso e lo aveva guardato dolcemente, appoggiando le braccia alla ringhiera del suo balcone, il suo sguardo di nuovo perso nel vuoto. 

Era sceso dalla ringhiera e si era guardato attorno. La sedia a sdraio all'angolo del balcone sembrava molto invitante. Fece per avvicinarcisi, ma la voce di lei lo fermò e lo fece voltare di nuovo.

“Non è colpa tua, Chaton. Perché ti stai scusando?" Con un sospiro, Marinette si era mossa verso di lui, posandogli pensierosa una mano sul petto. Aveva abbassato lo sguardo. 

“Il ragazzo che ho lasciato ... mi ama davvero, sai? Mi ha detto che era pronto ad aspettare. Mi ha detto che ci sarebbe sempre stato per me, nel caso la mia melodia avesse perso armonia e avessi bisogno di una spalla su cui piangere."

Sì, stava decisamente parlando di Luka. Quindi, se Luka non era il ragazzo che amava, chi era il bastardo che le aveva spezzato il cuore?

"Che belle parole," aveva detto lui. "Sembra essere un tipo davvero premuroso."

Marinette aveva sorriso dolcemente. "Lo è. Ecco perché non potevo permettermi di continuare a usarlo. Non volevo farlo soffrire. Pensavo di poter imparare ad amarlo, ma non ci riesco, non posso dimenticare ... l'altro ragazzo ". Aveva tirato un gran sospiro e poi aveva aggiunto in un sussurro così debole che probabilmente aveva pensato che nessuno, nemmeno lui, potesse sentirla: "Adrien".

Ma lui aveva sentito ed era sussultato, facendola voltare e incrociare il suo sguardo sorpreso. "Ripeti, per favore," aveva mormorato lui.

"Cosa? Che non riesco a dimenticare l'altro ragazzo?"

Adrien aveva deglutito a vuoto. Non voleva che lui sentisse il suo nome. Ma allora ...? No, non poteva essere. Gliel'aveva chiesto un paio di volte in passato e lei aveva sempre detto che era solo un amico per lei.

"Il nome che hai detto dopo." L'aveva vista sussultare e le sue guance avevano preso fuoco. Ma allora per davvero Marinette ...? "Hai detto, ‘Adrien’?" 

Lei gli aveva lanciato uno sguardo pieno di terrore e aveva iniziato a camminare all’indietro finché non aveva raggiunto la ringhiera, e lui si era quasi preoccupato che potesse perdere l'equilibrio e cadere, ma le mani di lei avevano afferrato con forza la ringhiera.

"Scordavo che hai un super udito Chat Noir, scusa." Si era girata, mostrandogli la schiena, e aveva di nuovo appoggiato i gomiti sulla ringhiera, e il mento sul dorso delle mani.

“Intendi Adrien Agreste, il modello?” gli aveva chiesto.

Marinette aveva fissato per un po' Notre-Dame, persa nei suoi pensieri. "Proprio lui. Spero che tu possa mantenere un segreto."

Il suo cuore aveva perso un battito. Quindi aveva sentito bene? Era lui il ragazzo che Marinette amava? Era lui il bastardo che le aveva spezzato il cuore? 

Quindi l'indovina aveva avuto davvero ragione, e la reazione di Marinette alle parole della donna iniziava ad avere molto più senso. Ma perché? Perché non glielo aveva mai detto? Non aveva mai ... sussultò. Lei glielo aveva detto. Quella volta al museo, lei aveva confessato i suoi sentimenti a quella che pensava fosse la sua statua. Ma quando Adrien le aveva chiesto conferma, lei aveva negato. Perché? 

Marinette aveva continuato a fissare Notre-Dame, fortunatamente ignara del tumulto che aveva creato nella sua anima. "Perché tenerlo segreto?" alla fine le aveva chiesto, facendola sobbalzare.

"Lui non lo sa," aveva confessato la ragazza a bassa voce. "Non sono mai riuscita a dirglielo e alla fine si è fidanzato."

CHE COSA? Intendeva con Katami? Era per questo che l'aveva messa in ballo l'altro giorno, quando le aveva chiesto di andare dalla fattucchiera? Ci pensò un attimo e si rese conto che non le aveva mai detto di aver lasciato Katami. L'aveva detto a Nino, ma non ad Alya o Marinette. Ma in fin dei conti, si chiese se avrebbe fatto differenza alcuna. 

"È lui quello per cui piangevi la prima volta che abbiamo parlato, quando ti ho mostrato la sorpresa che avevo preparato per Ladybug?"

"Aha," aveva detto lei e lui si era sentito malissimo. "Speravo sarebbe venuto a prendere un gelato da André con la classe, ma non è potuto venire. E ci sono rimasta così male che ho ferito André e l'ho fatto akumizzare". Marinette aveva abbassato lo sguardo mentre gli occhi di Adrien si erano riempiti di lacrime. "So che non è colpa sua. Suo padre non gli aveva dato il permesso. Ma io sono stupida e avevo sperato così tanto di vederlo."

Gli si era avvicinato e si era messo nella sua stessa posizione, a braccia incrociate sulla ringhiera. "Perché ti piace?" Doveva sapere. "Perché è un modello?"

Marinette aveva spostato lo sguardo da Notre-Dame e aveva studiato il suo viso, pensierosa. "Perché ami Ladybug, tu?" gli aveva chiesto in risposta. 

Lui l'aveva guardata e aveva sorriso. "Che cos’è? Dimmi il tuo e ti dico il mio?"

"Può essere!" aveva ridacchiato lei. "Comunque, il suo fisico aiuta", aveva continuato, "è perfetto!"

Chat Noir aveva alzato un sopracciglio mascherato. "Lo ami perché è perfetto?" aveva chiesto. Katami gli aveva detto la stessa cosa. La giapponese sembrava amare di più l'idea di perfezione che aveva di lui, e l'idea di avere un fidanzato, che lo stesso Adrien. Per qualche motivo, il ragazzo non pensava che Marinette fosse così, ma aveva bisogno di conferma.

Lei si era messa le mani sulle guance e aveva iniziato a guardare il cielo con un'espressione sognante sul viso. “Il suo fisico è decisamente perfetto, Chaton. Ha i capelli perfetti, bellissimi e perfetti occhi verdi, un viso perfetto, un perfetto sed …”

Adrien aveva sentito il sangue montargli alle guance e si era schiarito la gola. Oddio, non pensava di piacerle così tanto! Lei lo aveva guardato e le guance le si erano tinte di rosa. 

“Oh, scusa Chaton, sto divagando. Per rispondere alla tua domanda, no, non lo amo perché è perfetto. Voglio dire, mi piace il suo aspetto, come hai appena capito, ma non è l'unico motivo." Aveva continuato a guardare in lontananza, in direzione di Notre-Dame e aveva sospirato. “È un ragazzo dolce e gentile, la persona più generosa che conosco." Lui si era irrigidito alle sue parole e lei doveva aver interpretato male il motivo, perché gli aveva sorriso e aveva detto, "tranne te, naturalmente, mio cavaliere in spandex nero." 

Questo lo aveva fatto ridere. "Sì, giusto."

"Scherzi a parte", aveva continuato lei, "è sempre pronto a dare un mano ai suoi amici, cerca sempre di fare la cosa giusta. Difende anche Chloé, e credo che l'hai conosciuta anche tu." Lui aveva annuito, pensando al pomeriggio in cui la sua amica d'infanzia aveva quasi costretto uno dei supereroi di Parigi a completare i suoi compiti. “Diciamo che è un personaggio interessante,” aveva terminato Marinette.

“Si, si può di sicuro ritenere tale.” Si era passato una mano tra i capelli.

"Adrien dà sempre una seconda possibilità alle persone. E una terza, e quarta. È forse la persona più genuina che abbia mai incontrato. È sempre pronto a perdonare. Perdona persino suo padre, che lo tratta malissimo da quando sua madre è scomparsa. Trova sempre un modo per giustificare gli altri e ha un sorriso e una parola gentile per tutti. Ha il cuore più puro del mondo." 

Chat Noir ringraziò tutti i santi che fosse notte, e che lui stesse indossando la maschera, perché visto il calore che sentiva emanare dal suo collo e dalle sue guance, era sicuro che il suo viso avesse raggiunto il colore della tuta di Ladybug. Il cuore gli batteva fortissimo.

"Deve essere il motivo per cui non è mai stato akumizzato", aveva riflettuto Marinette, “Non si scompone nemmeno quando io vado completamente nel pallone attorno a lui, e non riesco a spiccicare parola quando gli parlo. Divento così ansiosa e agitata quando cerco di parlargli che mi si intreccia la lingua e parlo a vanvera. Ma lui non si lamenta mai, e non me lo fa mai pesare."

Lui le aveva afferrato la mano, si era voltato verso di lei e l'aveva attirata a sé. Si erano fissati negli occhi per quella che sembrava un'eternità. Le sue iridi azzurre come il mare avevano lo avevano guardato come se stessero cercando di analizzare la sua anima. La sua mano artigliata si era mossa per spostare una ciocca ribelle di capelli scuri che si era fatta strada fino alle palpebre di lei. Il suo sguardo traditore aveva trovato le sue labbra carnose e si era ritrovato a fissarle, a chiedersi come sarebbe stato... che sensazione avrebbe provato... 

"ETCIÙ!" 

Aveva prevenuto lo starnuto, e aveva spostato automaticamente la testa, per coprirsi il naso con il gomito. Dannazione, si stava davvero ammalando. Aveva starnutito un altro paio di volte e tirato su col naso. 

Lei aveva riso sommessamente e il momento si era perso. Poi lo aveva guardato e si era diretta verso il lucernario. "Si sta facendo tardi, Chat Noir, e per quanto mi piaccia parlare con te, ho scuola domani. Ma non posso lasciarti tornare a casa così. Sei tutto rosso e sembri avere il raffreddore. Aspetta, ti porto del paracetamolo."

Era scomparsa dal lucernario e ne era riemersa un paio di minuti dopo, con una bottiglia di sciroppo e un cucchiaio in mano. Aveva anche portato un termometro e bofonchiò di volergli controllare la temperatura, ma non prima di aver riempito il cucchiaio con una generosa quantità di sciroppo.

“Marinette, questa è Tachipirina sciroppo. È per bambini”, aveva sbottato lui.

Lei aveva sospirato. "Lo so. Non avevo nient’altro, ma ho trovato questa, che Nadja mi ha lasciato per Manon". Lui aveva alzato un sopracciglio e lei lo aveva guardato male. “Andiamo, minou, è meglio di niente. Dì ‘aaaah’."

"Sai che è difficilissimo dar le medicine ai gatti?" aveva ribattuto lui, cercando di mettere un po' di spazio tra lui e il cucchiaio.

“Chaton, non ti lascerò farla franca. ‘Aaaaah’."

Lui si era arreso e si era trovato la bocca piena di uno sciroppo zuccherato e disgustoso, che aveva ingoiato con un certo sforzo. "Bleargh, che schifo!"

Marinette aveva riso alle sue smorfie e gli aveva misurato la temperatura, sussultando nel vedere il risultato. "Chaton! Non dovresti uscire con questa febbre. Torna subito a casa!" Il termometro segnava 39,7 ° C e pure lui era trasalito.

“Scusa principessa. Meglio non far ammalare anche te. S-gatto via! " Si era allontanato con un saluto e aveva finto di andarsene, ma in realtà era atterrato su un tetto lì vicino e l'aveva tenuta d'occhio finché non era finalmente tornata in camera sua. Solo allora si era finalmente diretto verso casa.

Quando era atterrato nella sua stanza e aveva richiamato la sua trasformazione, Plagg lo aveva guardato con un grande sorriso beffardo. “Come dite voi umani? Tanto va il gatto al lardo che ci lascia lo zampino?"

Adrien aveva sentito una fitta scuoterlo nel profondo. Dovette abbassare lo sguardo e non riuscì a sostenere lo sguardo di Plagg. Come aveva fatto a non rendersi conto che Marinette lo amava? 

Quella notte, il ragazzo non era riuscito a dormire. Aveva continuato a ripetere nella sua testa le parole di Marinette. Aveva continuato a vedere con gli occhi della mente il suo viso meravigliosamente arrossato che brillava sotto la luce della luna, incorniciato dai suoi splendidi capelli corvini. Aveva continuato a pensare a quanto fosse magnifica e straordinaria e quanto fosse stato fortunato a diventare suo amico. 

Era ironico. Si era allontanata da lui ed era riuscita a innamorarsi ... di nuovo di lui. Per fortuna non aveva idea di chi ci fosse dietro la maschera del gatto nero!

Quello che gli aveva detto quella notte era probabilmente la cosa più dolce che gli fosse mai stata detta. Si era sentito profondamente toccato dal fatto che qualcuno fosse riuscito a leggerlo così bene e ad amare entrambi i lati di lui così sinceramente. Adrien e Chat erano due facce della stessa medaglia, le due facce del suo vero io. 

Chat era l'esuberanza che suo padre non gli permetteva mai di mostrare, la goffagine, l'imperfezione che non sarebbe stata degna di un Agreste, ma che gli era permesso di tirar fuori nei panni dell’eroe felino, protetto dall'anonimato della maschera. Adrien era l'altro lato della sua personalità, che non era in nessun modo meno vero, ma era più "politically correct" e più "degno del nome di un Agreste". 

Sapeva che i suoi fan adoravano i suoi lineamenti perfetti. Suo padre se ne era vantato molte volte anche in sua presenza, facendolo sentire come una bambola in mostra. 

Katami si era innamorata di quell'immagine e dell'idea romantica di avere un ragazzo. Non poteva biasimarla: inizialmente aveva fatto lo stesso con lei. La ragazza era letteralmente la scusa perfetta per poter uscire dalla sua gabbia dorata. 

Ma quando l'aveva capito, aveva deciso di rompere con lei. Non era giusto. Adrien non l'amava, e in qualche modo sospettava di averla involontariamente usata. Rispettava troppo la sua amicizia per continuare dopo essersene reso conto. 

Ma Marinette amava lui, e da sempre. Nella sua interezza. Si era innamorata di Chat Noir e, quando lui l'aveva rifiutata, aveva rispettato la sua decisione e si era guardata intorno, finendo per innamorarsi di nuovo di lui, e non a causa del suo aspetto fisico. Beh, almeno non solo per quello! 

Era una ragazza straordinaria, così creativa, premurosa, forte, ammirevole. Ed era anche bellissima. Il giorno in cui l'aveva vista con i capelli sciolti, aveva dovuto lottare con se stesso per distogliere lo sguardo dal suo bel viso. Gli aveva letteralmente tolto il fiato. 

Quando finalmente era riuscito ad addormentarsi quella notte, aveva sognato Marinette.

I giorni successivi si era ritrovato a guardare la ragazza sul balcone con sempre più affetto. E il fatto che lei fosse seduta proprio dietro di lui a scuola, e lui potesse guardarla ogni volta che girava la testa, non aveva sicuramente aiutato. Aveva iniziato a essere quasi ossessionato da lei; non poteva togliersela dalla testa. Nel frattempo, i giorni passavano inesorabilmente, ed erano iniziate le vacanze.

Dato che le pausa natalizia aveva eliminato molti dei suoi impegni e non c’era Nathalie a supplire programmandogli servizi fotografici e lezioni extra di Cinese, Adrien aveva preso a chiudersi nella sua stanza, dicendo al Gorilla che si sarebbe esercitato al piano o che doveva fare i compiti, per invece trasformarsi in Chat Noir e nascondersi dietro il solito camino, a spiare il balcone di Marinette. 

Quegli ultimi giorni erano stati deleteri per la sua salute. Sapeva che Plagg aveva ragione, stava davvero tanto male; ma non poteva lasciare sola Marinette. Non alla vigilia di Natale, con le parole dell'indovina che ancora gli echeggiavano nelle orecchie. 

Entro Natale

Se doveva succedere qualcosa, sarebbe successo stanotte

oOoOoOoOoOo

Quando atterrò sul solito tetto e si nascose dietro il solito comignolo, vide un messaggio apparire sul suo comunicatore e aprì il suo bastone per leggerlo. Era della sua Lady.

Ladybug: [Chaton, buona vigilia di Natale! Un topolino mi ha detto che non ti senti molto bene. Se esci di casa stasera, giuro su Dio che ti faccio a pezzetti minuscoli e ti appendo a testa in giù in cima alla Torre Eiffel. Resta a casa e goditi il ​​Natale. Sono uscita io poco fa a dare un’occhiata in giro ed è tutto tranquillo. Si gela. Ci vediamo quando stai meglio.]

Adrien fece un sorrisetto. Un topolino. Interessante scelta di parole. Quand’è che Marinette aveva visto Ladybug? Maledizione, non poteva tenere un segreto! Fece per rispondere, ma con la coda dell'occhio vide che Marinette era uscita dal lucernario e cominciava a prendersi cura delle piante. 

Decise che fosse inutile stare su un tetto così lontano: se lei fosse caduta all'improvviso non avrebbe potuto salvarla. Quindi si diresse con passi felpati sul retro del balcone e si posizionò dietro il camino del vicino. Poteva solo vedere la schiena di lei da quella posizione, ma sarebbe stato in grado di aiutarla se fosse caduta. La ragazza annaffiò le piante sulla ringhiera e poi si girò e si incamminò nella sua direzione, per prendersi cura delle piante rampicanti vicino al muro. La osservava così attentamente mentre lavorava, che non si accorse del piccione che gli volò proprio accanto (che ci facevano in giro i piccioni di quei tempi? Piccioni maledetti!)

"ETCIÙ!" Iniziò a starnutire a ripetizione per la sua allergia (e per il raffreddore), e poi a tossire a raffica. Ma perché i piccioni non migravano d'inverno? Starnutì nuovamente e, quando si voltò verso il balcone, vide Marinette osservarlo con il sopracciglio alzato.

Dannazione!

"Chat Noir? Che ci fai qui?" chiese la ragazza, incrociando le braccia al petto. 

Lui deglutì e uscì dal suo nascondiglio, atterrando con eleganza felina sulla ringhiera. Si voltò per affrontarla. "Uh, buonasera Principessa, e buon Natale."

“Buon Natale un corno. Ti avevo detto di restare a casa finché non ti sentivi meglio. ma vuoi prenderti la polmonite?"

Non poteva dirle che era preoccupato per lei, che doveva controllare, soprattutto oggi, che non cadesse dal balcone. Non poteva spiegare perché la stesse spiando. Poteva solo arrossire fino alla radice dei capelli e grattarsi la nuca con gli artigli, lanciandole uno sguardo imbarazzato. 

“Lo so, Marinette. Scusa." Abbassò lo sguardo quando lei sussultò al suono della sua voce.

Lei lo guardò accigliata. “Ho come la sensazione che tu mi stia spiando da tempo,” disse poi, mentre il cuore di lui iniziava a battere fortissimo. "Perché, Chaton?"

Adrien iniziò a sentirsi quasi stordito, mentre una fitta dolorosissima gli attraversò la testa. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco. Forse avrebbe dovuto prendere qualcosa prima di uscire di casa. Maledizione. 

"Senti, non so perché lo stai facendo, ma per favore smettila, è inquietante", continuò lei. "E ti non fa di sicuro bene alla salute, non con questo freddo." Lui arrossì, diventando cremisi e lei gli mise una mano sulla fronte, che tolse immediatamente e agitò, come se si fosse scottata. "Chaton, mio ​​Dio, sei bollente!"

Non poteva resistere. Le fece l'occhiolino e un piccolo sorrisetto. "Beh, Principessa, se vuoi posso farti da termosifone!"

"Non sto scherzando, scemo di un gatto," sbottò lei, lanciandogli un'occhiataccia. "Vado a prendere il termometro e un altro po’ di quello sciroppo disgustoso." Si voltò per scendere dal lucernario e lui spalancò gli occhi.

"No, non ancora quello sciroppo, per favore!" iniziò a dire, ma mentre lo diceva, uno stormo di piccioni gli volò proprio dietro. Aveva la testa piena di cotone, le ossa doloranti, il suo equilibrio non era proprio al massimo. Iniziò a starnutire a raffica, e all’improvviso si sentì cadere.

"CHAT NOIR!" urlò Marinette mentre l’oscurità lo avvolgeva e lui perdeva conoscenza.

oOoOoOoOo

Quando aprì gli occhi, sentì di avere qualcosa di molto freddo sulla fronte. Fissò il soffitto rosa senza capire bene che fosse successo, finché non sentì un rumore alla sua destra. Si tirò su a sedere e l’acuta fitta di dolore che lo colpì alla schiena lo colse impreparato. Ansimò e gemette di dolore e si portò automaticamente la mano alla fronte, per impedire a ciò che aveva appoggiato su di essa di cadere. Si guardò la mano e vide che era un panno bagnato. 

Si voltò e vide subito Marinette. Stava a cavalcioni sulla sedia della sua scrivania, girata verso la chaise longue dove era sdraiato lui, e si era addormentata con il mento appoggiato sullo schienale che stava abbracciando. Era così bella che Adrien sentì il cuore saltare un battito e poi iniziare a battere fortissimo. 

Fece per alzarsi, per cercare una coperta da metterle sulle spalle, ma la fitta che gli attraversò il corpo era troppo dolorosa e lo fece gemere così forte da procurargli un altro attacco di tosse che lo scosse fino al midollo, facendogli ancora più male. Aveva la testa piena di cotone e cercò di scuoterla, ma si pentì amaramente della sua decisione. Uh, che male. 

“Come ti senti, Chat Noir? Non riesco ancora a credere che tu sia ancora intero", sentì dire Marinette e saltò letteralmente per aria. “Oh, scusa Chaton, non volevo spaventarti. Mi hai fatto prendere un infarto quando sei caduto!”

Lui si passò una mano sulla nuca. "Che è successo?" chiese, più a se stesso che a lei.

“Sei caduto dal balcone. Hai fatto un volo di tre piani! Non so come tu sia ancora vivo, ma... suppongo che tu sia come i gatti veri, che cadono sempre in piedi”, divagò lei.

Oh.

Oh.

Era caduto lui dal balcone.

Si mise a ridere. Uffa. Che male, ridere non era per niente una buona idea, ma non gli importava, era una situazione davvero troppo divertente.

“Sono caduto dal tuo balcone,” mormorò non appena riuscì a contenersi.

“Non c'è niente da ridere, Chaton. Sì, sei caduto dal mio balcone, ti sei sfracellato dopo un volo di tre piani. Saresti potuto morire!" Lo rimbrottò lei. 

Lui si asciugò un paio di lacrime e parlò senza pensare, la mente ancora annebbiata dalla febbre alta e dal raffreddore. 

"Quando quell'indovina ha detto che uno di noi sarebbe caduto dal balcone per far crescere la nostra relazione, non credevo che sarei stato io, Principessa!" disse, e subito dopo si rese conto di quello che aveva detto, e chi fosse in quel momento. Si portò una mano alla bocca e impallidì, spalancando gli occhi. 

"Che cosa?" Marinette sussultò accanto a lui. 

Oh no. No no no no no ... Non può essere. Allarme, allarme! Abbandonare la nave! 

Doveva fare qualcosa! 

QUALUNQUE COSA!

La mano di Marinette gli toccò il mento e lui sussultò al contatto, ma la ragazza gli spostò la testa e lo costrinse a guardarla. Poi, gli mise una mano sulla guancia e lo sguardo le si addolcì. 

"È per questo che mi spiavi?" chiese, e lui arrossì, lo sguardo basso mentre annuiva lentamente. 

"Pensavo che avessi più probabilità di cadere tu", disse, grattandosi il collo, "Quella donna aveva ragione, Marinette. Io… mi sono davvero innamorato di te."

Il sommesso ‘din-don’ di un orologio che scandiva dodici rintocchi echeggiò nel silenzio della stanza. Adrien lo cercò con lo sguardo, ma non riuscì a trovarlo. Quando tornò a guardare Marinette, lei gli stava sorridendo dolcemente, un rossore luminoso che le spolverava le guance.

"Ti amo anch'io, ma penso che tu l'abbia già capito l'altra sera." Gli diede un bacio sulla guancia e lo abbracciò. “Grazie per esserti preso cura di me. Buon Natale, Adrien."

Lui aprì la bocca e la chiuse, diverse volte. Il cuore gli batteva all’impazzata e sembrava volergli uscire dal petto. Il gatto era uscito dal sacco. Il viso gli si infiammò quando guardò Marinette e notò che la ragazza si era resa perfettamente conto del suo tumulto interiore e lo osservava accigliata. Certo, era stata Multimouse, sapeva benissimo che ormai lui aveva i giorni contati come Chat Noir.

"Uh, um, oddio!" La guardò di nuovo e le sorrise timidamente. "Sorpresa ..." 

Lo shock si diffuse su tutto il viso di Marinette. “Ma allora sei davvero tu!” sussurrò, trattenendo il fiato per la sorpresa. 

Lui distolse lo sguardo. "Ritrasformami," disse con un tono di voce così basso che dubitava che Marinette lo avesse sentito. Con un lampo di luce, la sua trasformazione svanì e un profondo dolore si diffuse su tutto il suo corpo, a partire dalle scapole, la spalla destra, le gambe, la testa... Plagg gli si piazzò davanti al naso e gli lanciò uno sguardo accigliato. 

"Ti avevo detto di non uscire stasera, gattino", disse il piccolo Dio della Distruzione. 

"Dovresti ascoltare Plagg qualche volta, Chaton", continuò Marinette in tono pensieroso. "Ora ti dò un altro po’ di sciroppo, e voglio che tu ne prenda due cucchiai, per favore."

Lui fece per annuire con fare disgustato, ma mentre la guardava versare con attenzione la medicina sul cucchiaio, una domanda gli attraversò la testa piena di cotone. 

"Come fai a conoscere il nome di Plagg, Marinette?" le chiese mentre le toglieva il cucchiaio dalla mano e prendeva la medicina. Certo, Marinette sapeva dei kwami, ma non avrebbe dovuto conoscere il nome di Plagg! Gli ingranaggi del suo cervello iniziarono a muoversi mentre fissava la ragazza con estremo stupore. 

Marinette rimase a bocca aperta. Poi impallidì. Poi il suo sguardo iniziò a muoversi per la stanza e finì per incrociare gli occhi verdi elettrici di Plagg. Sospirò e chiuse gli occhi, per poi riaprirli e lanciargli uno sguardo risoluto.

"Io e te contro il mondo, mon Chaton." Gli sorrise dolcemente e gli offrì il pugno. Gli occhi di Adrien si spalancarono così tanto che pensò stessero uscendo dalle orbite.

 

Sbatté il pugno contro quello di lei, distrattamente, mentre con la mente ripercorreva quanto era successo nelle ultime due settimane, negli ultimi due mesi, negli ultimi due anni. 

Dannazione, solo lui poteva innamorarsi due volte della stessa ragazza!

"Insettina?" disse, conoscendo già la risposta.

"Indovinato", sussurrò lei. "Insomma, Vera non era una ciarlatana dopotutto."

"Decisamente."

Il filo dei loro pensieri fu spezzato da un leggero tossicchiare. Entrambi si guardarono attorno finchè Plagg non gli si piazzò diritto in mezzo. "Tutto molto interessante, gattino, ma dov'è il mio formaggio?"

Adrien sospirò e gli porse la fetta di Camembert che aveva nella tasca interna della camicia. Il piccolo gatto nero lo afferrò e lo divorò così rapidamente che Adrien non si rese conto nemmeno che l’avesse masticato. Wow, che velocità! Che Plagg stesse cercando di battere un record?

"Vieni qui, tu", disse una vocetta da dietro Marinette e con un lampo rosso, Tikki volò verso Plagg e lo trascinò via. 

"Ciao, Tikki!" disse Adrien con un sorriso.

Tikki ricambiò il sorriso. “Ciao anche a te, Adrien. Faresti meglio a prendere un’altro cucchiaio di quella medicina, sei davvero rosso in faccia."

Oh sì. Quello sciroppo disgustoso. Fece una smorfia quando Marinette gli mostrò la mano per riprendersi il cucchiaio, e le prese invece la boccetta dalle mani, facendo da solo. 

"Uh, che schifo!" Fece un paio di smorfie che fecero scoppiare a ridere Marinette. Le sorrise dolcemente, ma cercò di non ridere di suo perché il dolore alla testa e quello delle sue ferite era ancora troppo forte. 

"Fammi dare un’occhiata a quelle escoriazioni", disse Marinette. Prese in mano un kit di pronto soccorso, alcune bende e una bottiglia di acqua ossigenata. Ne distribuì una quantità generosa su un batuffolo di cotone e iniziò a passarlo sulle ferite.

"AHIA!" 

"Suvvia, Chaton, sei un supereroe!" sbottò Marinette. Poi sorrise e gli diede una bottarella affettuosa sul naso. "La prossima volta pensaci due volte prima di saltare giù dal balcone, anche se fosse per proteggermi, scemo di un gatto." Quindi, controllò di nuovo tutte le ferite che poteva vedere e gli sorrise.

"Ne hai dimenticata una, Milady." Adrien sorrise nel notare la confusione della ragazza e si portò il dito sulle labbra. “Quì. Un bacino magari mi guarisce!"

E la ragazza lo accontentò, posando delicatamente le labbra sulle sue. Una volta, due volte, tre… Fino a quando l’ovatta e l’acqua ossigenata non finirono per terra, mentre Marinette mostrava all'amore della sua vita quanto fossero magici i suoi baci.



Nota d’Autore:

Tanti auguri di Santa Lucia! Ho scritto questa storia per il calendario di avvento del gruppo h/c a cui partecipo (linkato nei crediti iniziali, iscrivetevi se vi piace il genere, c’è di tutto!) e visto che la admin l’ha postata oggi, ho il permesso di deliziarvi con questa storiella pure qui. 

Spero vi piaccia ^-^ ne ho un’altra da postare nei prossimi giorni!

PS: Félix Noir è ancora in traduzione. Ma non disperate, arriva!

 
   
 
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