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Autore: valwrites    16/12/2020    1 recensioni
11x02 fill-in fic. Ian lo sa che Mickey ci sta provando, davvero. Tuttavia...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Gallavich - Stagione 11'
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Salario minimo del cazzo. 

Ian non riusciva a pensare ad altro mentre i suoi piedi lo portavano automaticamente a casa. Aveva la schiena a pezzi, le mani piene di calli e i crampi alle gambe. Tutto questo per qualche centinaio di dollaro. Sarebbero bastati solamente per due settimane, quei soldi. Specialmente se Mickey non si fosse deciso a darsi una svegliata. Eppure oggi ci era andato, al colloquio. Lo aveva praticamente mandato a quel paese non appena aveva menzionato la cosa. Eppure ci era andato, ed era andata alquanto male, ma ci era andato. Ci aveva provato. Ian lo apprezzava. Per quanto non volesse ammetterlo a se stesso, non in quel momento, Mickey ci stava provando. E sapeva che non fosse per niente facile, per Mickey, accontentarsi di un lavoro del cazzo con una paga del cazzo. Non quando poteva benissimo fare un salto nel primo negozio che trovava per strada e rapinarlo. 

Lo capiva, davvero. Lui stesso aveva fatto cose non proprio legali nella sua vita, e lo aveva sempre fatto per sopravvivere, soprattutto nei primi tempi. E sapeva anche che se in questo erano simili, lui e Mickey, un’altra cosa li divideva di mille anni luce: la famiglia, qualcuno su cui contare. Ian poteva contare su qualcuno che si sarebbe preso cura di lui, nonostante tutto. Certo, non era il caso dei suoi genitori alcolizzati, drogati e mentalmente instabili. Ma aveva una marea di fratelli. Fiona e Lip si erano presi cura di lui, e lui aveva cercato di fare lo stesso con Debbie, Carl e Liam. Crescendo, aveva ricevuto, e aveva dato, quell’amore incondizionato che Mickey non aveva mai conosciuto. Mickey non aveva avuto mai nessuno. Sua madre era morta quando lui era un ragazzino, suo padre, beh… conoscevano tutti Terry Milkovich. Certo, anche Mickey aveva tanti fratelli, ma non era la stessa cosa. Cazzo, probabilmente Mickey neanche sapeva se fossero tutti vivi, in quel momento. Ora che ci pensava, Mickey non vedeva Mandy da almeno sei anni. Cercò di immaginare come sarebbe stato non vedere e non avere alcuna notizia di uno dei suoi fratelli per così tanto tempo. Sperava davvero di non doverlo scoprire mai. 

Dunque Mickey voleva godersi ancora la loro luna di miele, e allora? Avrebbe dovuto lasciarglielo fare, senza tormentarlo ogni cinque minuti. Cazzo, avrebbe voluto farlo anche lui. Se solo avesse potuto, sarebbe rimasto a casa ogni giorno con Mickey. Avrebbero dormito, nudi e sfiniti dopo nottate intere passate a scopare, fino a mezzogiorno, il suo corpo intorno a quello di Mickey. Poi Mickey lo avrebbe svegliato con una marea di baci, magari un pompino mattutino, avrebbero fatto colazione insieme, scopato ancora un po’ e poi tutto da capo. Oh, quanto avrebbe voluto. Ma avevano bisogno di soldi. Erano rimasti fin troppo tempo senza lavorare durante la quarantena. Ora che potevano, dovevano sacrificarsi entrambi. Mickey doveva trovarsi un lavoro. Un lavoro legale, per l’esattezza. Conosceva le doti di suo marito, sapeva che avrebbe fatto molti più soldi con una delle sue trovate. Ma non poteva tornare in prigione. Non poteva rimanere per l’ennesima volta senza di lui. Voleva costruire una vita con Mickey. Voleva una casa tutta loro. Una casa che avrebbero arredato loro personalmente. Nessuno dei due era un interior designer, quello era un dato di fatto, e magari avrebbero fatto un lavoro pessimo, ma sarebbe stata casa loro. Avrebbero preso un gatto, o un cane, o entrambi. Tra qualche anno, una decina o due almeno, avrebbero iniziato a pensare ad adottare un bambino, magari. C’erano così tanti bambini senza una casa lì fuori che avrebbero potuto aiutare. 

Sapeva benissimo che Mickey non ci aveva mai pensato realmente, a tutto questo. Sapeva che per lui vivere in una villa o in una vecchia casa piena di gente faceva poca differenza. Per Mickey l’importante era che, in una villa o in un buco, Ian fosse con lui. Il resto non aveva importanza. Non che a Ian non bastasse, stare con Mickey. Ma sapeva che, dopo tutto quello che avevano passato, meritavano di più. Meritavano di non doversi preoccupare ogni giorno di non arrivare alla fine del mese, meritavano di poter scopare tranquillamente senza dover fare attenzione a non fare troppo rumore. Insomma, meritavano una vita loro.

Quindi no, Ian non avrebbe cambiato idea. Mickey doveva trovarsi un lavoro e cominciare a fare la sua parte. Niente sesso fino ad allora.

Eppure, quando lo vide giocare con sua -loro- nipote in giardino, dovette mettercela tutta per non buttarglisi addosso. Cazzo, quanto lo amava.

Mickey stava scappando da Franny e quando la bambina fece il verso di quello che doveva essere un colpo di pistola, Mickey cadde, in un modo esageratamente drammatico, sul prato. Ian sentì il proprio cuore fare una capriola e le sue gambe farsi molli. Franny cominciò ad esultare e a saltellare intorno a Mickey. 

“Ti ho preso, zio Mickey!” Quando la bambina alzò lo sguardo e lo vide in piedi sul portico, sorrise e continuò ad esultare. “Zio Ian! Guarda, ho sparato a zio Mickey!” 

Mickey alzò immediatamente la testa da terra, guardandosi intorno. Non appena i loro occhi si incrociarono, Mickey sorrise. Per quanto volesse mostrarsi ancora arrabbiato, Ian non potè non fare lo stesso. Non quando suo marito stava facendo finta di essere morto per intrattenere una bambina che aveva appena avuto la festa di compleanno peggiore di sempre. 

“Bravissima, Franny! Sicura che sia morto? Io controllerei meglio…” Vide Mickey ghignare e, in un secondo, alzarsi da terra e acchiappare Franny, facendola strillare.

“Non va bene, Rossa, ammazzare così il tuo zio preferito! Dopo il regalo che ti ho fatto, oltretutto!” Mickey la fece ruotare in aria. Oh, Debbie l’avrebbe davvero ammazzato. Non solo aveva distrutto la sua festa principesca -fortunatamente- ma aveva fatto ridere e urlare Franny così tanto che probabilmente il giorno dopo non sarebbe stata in grado di dire una parola. Oh, Mickey.

Ian era così intento a guardare i due giocare -probabilmente sorridendo come un idiota, ma poco importava- che non si rese conto che sua sorella era dietro di lui, non finché non urlò a squarciagola. 

“Franny, a letto, subito!” Sì, era indubbiamente arrabbiata. 

Dopo che furono rientrate a casa, non senza qualche protesta da parte di Franny, Ian cercò Mickey con lo sguardo. Lui lo stava già guardando con quell’espressione colpevole. Scoppiarono a ridere nello stesso momento. Finalmente. Non sopportava l’idea di rimanere arrabbiato con Mickey per una giornata intera. Avrebbe potuto fingere, certo, ma in realtà non lo era più. Non da quando l’aveva visto al colloquio. 

“Vuoi rimanere su quel balcone per sempre, Romeo?” Mickey gli mandò un occhiolino ammiccante. Certe volte era davvero impossibile. 

“Beh, tecnicamente questo non è un balcone, ma un portico. E comunque sul balcone ci stava Giulietta, non Romeo.” Disse, senza però alcuna nota di malizia. Anzi, probabilmente stava ancora sorridendo sdolcinatamente. Non riusciva a trattenersi davanti a suo marito, a volte. Mickey sbuffò. 

“Che cazzo di differenza fa, hai capito, no? Porta il tuo culo qui, testa di cazzo.” 

“Lo sai che non avrai il mio culo finchè non ti trovi un lavoro, vero Mick?” 

Si ritrovò a scendere le scale comunque, colmare la distanza tra loro e prendere il suo viso tra le mani. Sentì le mani di Mickey sulla vita. 

“Ci ho provato, oggi.” Disse Mickey, e la sua voce era così incerta, così debole che quasi non lo sentì. Gli passò una mano sulla guancia, le labbra, il collo. 

“Lo so. Ero lì.” Sorrise. Mickey rovesciò gli occhi all’indietro. “Andrà meglio al prossimo colloquio, vedrai.” Lo baciò. 

“Beh, in realtà…” Si morse le labbra. Che cazzo aveva fatto? “In realtà oggi, dopo quel cazzo di colloquio ho… ho preso in prestito il rimorchio di un cazzone alla stazione di servizio e ho preso uno dei bidoni dove buttate tutto quel cibo e… e l’ho venduto a José, della prigione…” 

Ma che cazzo, Mickey.

“Ok, smettila di guardarmi così, mi stai facendo venire i brividi, cazzo.” 

Ian si rese conto di dover essere rimasto imbambolato a fissarlo. Scrollò la testa e fece qualche passo indietro. Le braccia ricaddero lungo i suoi fianchi. 

“Che cazzo ti viene in mente?” Urlò, quasi. Lui stesso si stupì del proprio tono di voce. “Vuoi tornare di nuovo in prigione, Mickey?” 

“Pensi davvero che sarei così stupido da farmi beccare? Perché non provi a fidarti un po’ di più di me, una volta tanto?” 

“Mickey, cazzo. Tu non… non puoi fare più queste cose. Non voglio che-”

“Non vuoi cosa? Volevi i soldi, no? Eccoli, guarda.” Allungò la mano verso la tasca posteriore dei suoi pantaloni e ne estrasse un mazzo di banconote. Glielo lanciò. “Ecco, ho fatto più soldi io in un giorno che tu in una settimana del cazzo!” 

“Mickey.” Gli prese entrambe le mani. Stranamente Mickey non oppose resistenza. Si limitò a rovesciare gli occhi all’indietro, nuovamente. Decise di ignorarlo. “Io lo capisco, ok? So che pensi che questo sia l’unico modo in cui tu possa fare dei soldi. Ma non è così, capisci? Perché non ti dai una possibilità?” 

“Ian, non hai visto lo spettacolo di merda di oggi con il tuo capo del cazzo? Cosa volevi che facessi, che gli leccassi il culo e lo pregassi di darmi un lavoro?”

“No, Mickey. Certo che no. Ma non sarà così dappertutto, credimi. Prima o poi troverai qualcosa.” 

“Va bene, ok, nel frattempo allora fammi contribuire nel modo in cui so contribuire.”

“Mickey…”

“Smettila di rompere il cazzo, Gallagher.” Sussurrò, avvicinandosi. Oh, sapeva bene cosa stava facendo. Sentì le sue mani sul proprio sedere. La sua bocca sul collo. Oh, quanto avrebbe voluto dargliela vinta. Ma non poteva. 

Cazzo, Ian, no. No.

Afferrò la vita di Mickey e lo spinse delicatamente, abbastanza per fargli capire che no, non avrebbero risolto tutto scopando. Non questa volta. Mickey alzò le sopracciglia. Non sembrava arrabbiato. Solamente... divertito. Cosa c’era di così tanto divertente?

“Va bene, santa maria vergine. Come ti pare.” Disse, prendendo i soldi che Ian neanche si era accorto di avere ancora tra le mani e dirigendosi verso casa. 

Lui rimase lì fuori per un po’, a fissare la porta. 

Sarebbe stata una lunga notte.

 
Note dell'autrice: se siete arrivati fino a questo punto, vi ringrazio per aver letto la fic. Ho sinceramente adorato l'episodio. Ho adorato Mickey. Per favore, non voglio più sentire che Mickey sia ooc. Il fatto che non sia più costantemente spaventato e depresso non lo rende ooc. Si chiama character development. Mickey è sempicemente felice, e se vuole passare le giornate a casa senza preoccuparsi di nulla lo fa perché finalmente può farlo. Detto questo, se volete mi potete trovare su Twitter ♡ Sentitevi liberi di lasciare un commento, positivo o negativo che sia. Sono sempre apprezzati! Vi informo che qualora siate interessati potete trovare questa e le altre storie tradotte in inglese su Archive ♡ Alla prossima!
   
 
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