Note
della traduttrice:
Ciao
ragazzi,
sono Soly
Dea! Forse non
lo sa quasi nessuno, ma io nella vita reale studio traduzione e
interpretariato, quindi ho pensato di combinare il mio amore per la
traduzione
al mio recente amore per la Fraxus (grazie Angie_Dreyar
<3)
traducendo le storie di un bravissimo autore di fanfiction in lingua
inglese, Eryiss,
che ho già contattato per il permesso e che potete trovare
qui: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Spero
che la storia vi piaccia e che la traduzione sia piacevole. Fatemi
sapere cosa
ne pensate e io lo riferirò all’autore!
Link
della
storia originale QUI
(riporto per comodità solo Fanfiction.net ma come ho detto
sopra potete trovare le sue storie anche su AO3 e Tumblr).
Note
dell’autore:
Ho
scritto
questa storia per il Fraxus Day
2020. Alla fine è diventata una long di cui
pubblicherò un nuovo capitolo a
settimana ogni giovedì. Spero che vi piaccia, mi sono
divertito molto a scriverla.
L’evento è stato gestito da Fuckyeahfraxus.
Vi ringrazio in anticipo per qualsiasi commento, per me significa molto. Spero che vi piaccia e grazie per la lettura.
Capitolo
1 – La casa
Freed
non si
sarebbe mai aspettato che la
morte di sua madre potesse essere così tediosa.
Probabilmente
avrebbe dovuto sentirsi un po’
più sconvolto. D’altronde, tra lui e sua madre non
c’era mai stata ostilità, né
un tragico segreto o una storia di litigi o abusi, eppure era rimasto
stranamente intoccato dalla notizia della sua morte. Non si era nemmeno
irrigidito, si era sentito piuttosto come se un collega gli avesse
detto che
sua madre era morta. Era solo un evento, qualcosa che influenzava la
sua vita
ma non le sue emozioni.
L’indifferenza
di Freed era dovuta
probabilmente al fatto che lui e sua madre non si parlavano da anni, ma
– di
nuovo – senza alcun motivo. Non si parlavano e basta. Con suo
padre, invece,
aveva sempre avuto un bel rapporto, e quando era morto quattro anni
prima Freed
aveva sofferto molto, cercando poi di riprendersi come meglio poteva.
Sua madre
era quella che portava il pane a casa e forse era per questo che il
loro
rapporto non era mai stato molto intenso dal punto di vista emotivo.
Nessuno
dei due si era mai sforzato di avvicinarsi all’altro:
ciò che li aveva tenuti
insieme per lunghi anni era stato suo padre. Di conseguenza, dopo la
morte di
quest’ultimo, Freed e sua madre non avevano più
avuto alcun motivo di parlare.
Nessuno dei due era particolarmente sensibile, quindi nessuno dei due
aveva
cercato conforto tra le braccia dell’altro ed entrambi
avevano preferito
starsene per conto proprio.
La
morte di
sua madre fu appunto tediosa.
Subito
dopo
si succedettero una serie di cose,
quali la necessità di pianificare il funerale, la gente che
non sapeva proprio
come portarsi nei suoi confronti e un’enorme
quantità di condoglianze da parte
di persone che nemmeno conosceva. Freed era sempre stato molto
pragmatico,
quindi sperò che un’esperienza del genere non si
ripetesse mai più. In
occasione della morte di suo padre, c’era stata almeno la
tristezza a tenerlo
distratto. Ma questo era semplicemente… be’,
tedioso.
Forse
la cosa
peggiore era il fatto che dopo
la morte di qualcuno bisognasse leggerne le ultime volontà,
cosa che a Freed
appariva totalmente insensata dal momento che aveva ereditato
praticamente
tutto. Freed ne era già a conoscenza – santo cielo, era
lui l’avvocato
della sua famiglia ed era stato lui stesso a redigere quel documento
– ma
doveva comunque adempiere il suo dovere. Di conseguenza, fu costretto a
prendersi un’ora dal lavoro per salire di due piani
l’edificio in cui lui
stesso lavorava e sedersi di fronte ad un altro avvocato –
Natsu Dragneel, che
aveva svolto il tirocinio presso di lui per un anno – mentre
quest’ultimo gli
spiegava la legge e cosa essa comportasse. A Freed, a colui che
gliel’aveva
insegnata!
Come
se non
bastasse, praticamente tutto ciò
che aveva ereditato presentava delle condizioni. Si era ritrovato con
un sacco
di debiti derivanti sia da prestiti che dal gioco d’azzardo,
per cui il suo
punteggio di credito aveva immediatamente incassato un duro colpo. Tra
i beni
che sua madre gli aveva lasciato e di cui prima o poi Freed avrebbe
dovuto
occuparsi, c’era perfino una proprietà che ora era
praticamente sua.
In
effetti
non sembrava affatto male, tranne
che per la sua posizione. La vita di Freed era radicata nel cuore della
città
praticamente da sempre, mentre quella casa si trovava nel bel mezzo
della campagna,
a chilometri di distanza da ciò che Freed considerava la civiltà. Il
motivo per cui sua madre possedesse quella casa Freed non lo sapeva
– lei era
sempre stata legata alla vita cittadina, aveva sempre e solo vissuto ad
Era –
ma ora sfortunatamente quella casa era diventata sua.
Il
viaggio in
treno, dopo ben tre ore e mezza,
giunse finalmente al termine.
Avrebbe
venduto la casa, naturalmente. In
effetti, dati i debiti in cui verteva, Freed non capiva proprio
perché sua
madre si fosse ostinata a tenerla. In quell’area i valori
immobiliari erano
alti e c’erano molte persone ricche che avrebbero desiderato
godersi la loro
pensione lì. Quella villetta a tre stanze sarebbe stata
perfetta per loro. Ma prima
Freed aveva bisogno di vederla, di parlare con gli agenti immobiliari e
di
firmare la rinuncia. Tedioso anche quello.
Quando
scese
dal treno, si rese conto di
quanto quella zona fosse diversa da Era. Una zona aperta, dove
l’aria aveva un
odore diverso e il paesaggio sembrava un’illustrazione di un
romanzo
vittoriano. Tutto molto idilliaco, ma Freed non aveva nessuna
intenzione di
rimanerci abbastanza da apprezzarlo. Cercò il servizio taxi
e ne prenotò uno per
raggiungere la sua nuova proprietà.
A
quanto
pareva, la Uber1 in quella zona non era
ancora arrivata.
L’auto
giunse abbastanza presto e, a parte
alcuni tentativi da parte del taxista di strappare a Freed
più di una risposta
concisa, il tragitto fu piuttosto silenzioso. Durante quei quaranta
minuti,
Freed osservò i campi scorrere attraverso il finestrino, le
narici pregne
dell’odore di concime. Nonostante molti lodassero
l’aria fresca della campagna,
Freed preferiva di gran lunga l’odore del petrolio a quello
del letame (o quel
che era).
Fortunatamente
il suo cellulare si illuminò permettendogli
momentaneamente di accantonare il pensiero di quell’odore
disgustoso. Diede
un’occhiata al nome – Agente immobiliare
– per poi portarsi il cellulare
all’orecchio accettando la chiamata. Aveva bisogno di una
valutazione della
proprietà e quell’uomo sembrava il migliore in
zona. Freed sperava che fosse anche
il più veloce.
“Signor
Clive” lo salutò poggiandosi al sedile
dell’auto.
“Signor
Justine” rispose l’agente immobiliare
con tono gioviale. “Volevo informarla che sono qui di fronte
alla casa e che la
sto aspettando. Ci sono state alcune valutazioni nel corso degli anni e
sono
tutte piuttosto simili, quindi non dovremmo metterci molto”.
“La
ringrazio” disse Freed annuendo a se
stesso e rivolgendo lo sguardo al GPS secondo cui sarebbe giunto a
destinazione
in circa cinque minuti. “Sono quasi arrivato”.
“Bene”.
Il tono di Gildarts gli fece intendere
che stava sorridendo. “Mi dispiace che sia stato costretto a
venire fin qui per
questo”.
“Non
è colpa sua” disse Freed con tono pacato,
anche se non del tutto sincero. “Prima ci sbrighiamo
meglio è”.
“Non
potrei essere più d’accordo di
così”.
Gildarts sorrise ancora.
“Per
quale motivo la casa è già stata
valutata?”
chiese Freed aggrottando leggermente la fronte.
“A
quanto pare, sua madre aveva già provato a
venderla. Due volte online e una volta con un agente immobiliare.
Chiaramente
non è andata bene”. L’uomo rise.
“Ma stavolta andrà meglio. Noi sappiamo cosa
fare”.
Dopo
altri
inutili convenevoli, la chiamata
terminò. Freed si ritrovò con
un’espressione accigliata: una villetta in quella
zona avrebbe dovuto essere venduta senza difficoltà. Il
fatto che la casa di
sua madre, nonostante la posizione perfetta e le sue qualità
apparentemente
ottime, non avesse avuto successo, non preannunciava nulla di buono.
Cercò di
essere ottimista ma alla fine capì che anche vendere quella
casa sarebbe stato
tremendamente fastidioso.
Arrivò
a destinazione dieci minuti dopo: gli
ci volle più del previsto perché si
ritrovò bloccato nel traffico a causa di
una mandria di mucche che pascolavano da un campo all’altro,
seguite da un
incurante agricoltore che fissò il taxi come se fosse un
affronto al suo stile
di vita.
Fu
in quel
momento che Freed capì perché sua
madre non era riuscita a vendere quella casa.
Era
a dir
poco fatiscente. Nel fiore dei suoi
anni, sarebbe stata la casa di campagna ideale, con le pareti bianche e
il
tetto in ardesia. Avrebbe avuto un giardino ricco di piante ben potate,
una
quercia grossa ma curata e – come nei migliori
cliché – un cane che gironzolava
nei pressi della porta. Sfortunatamente il fiore di quegli anni doveva
essere
passato da secoli perché al momento la casa incarnava uno
stato di abbandono
che Freed non aveva mai visto in vita sua. Il tetto stava cadendo a
pezzi, il
giardino era così pieno di erbacce che non si vedeva altro e
una finestra stava
letteralmente cadendo dalla parete. Quella casa era inabitabile e
praticamente
invendibile.
Perfetto.
Sua
madre lo aveva lasciato con dei
debiti, tre armadi piedi zeppi di vestiti sgualciti e un edificio che
nessuna persona
sana di mente avrebbe acquistato. Le sue speranze di ricavarci qualcosa
erano
praticamente inesistenti.
Man
mano che
Freed si avvicinava all’edificio,
un uomo gli venne incontro lasciando la sua auto con un sorriso sul
volto. Era
decisamente più vecchio di lui, probabilmente tra i quaranta
e i cinquanta anni
per essere gentili, e lo salutò con un cortese
“Ciao”. Era chiaramente l’agente
immobiliare e si stava mostrando molto più ottimista di
quanto Freed si sentisse
al momento.
“Signor
Justine, piacere di conoscerla di
persona” gli disse.
“Anche
per me”. Freed annuì, nonostante il suo
tono di voce non rispecchiasse quelle parole. Gildarts rise.
“Immagino
che si aspettasse qualcosa di…
diverso”. L’uomo ridacchiò ancora e
Freed si sentì infastidito da tutto
quell’entusiasmo.
“Probabilmente pensava che si trattasse di un edificio un
po’ più abitabile,
vero?”
“Qualcosa
del genere” concordò Freed guardando
la casa in modo quasi accusatorio.
“Se
le è di conforto, la struttura è molto
sicura. Non voglio mentirle, lì dentro ci sono probabilmente
centinaia di
problemi che andrebbero risolti ma almeno il tetto non ci
cadrà sulla testa”.
L’agente rise di nuovo, una risata che in altre situazioni
sarebbe suonata
sicuramente meno fastidiosa. “Le spiego i dettagli mentre
entriamo. Sono sicuro
che vuole terminare velocemente”.
“Sì,
se possibile”.
Gildarts
annuì, poi raggiunse nuovamente la
sua auto. Ritornò con due caschi protettivi, di quelli che
si usano sui
cantieri, e Freed li guardò con cautela. Gildarts sorrise e
gli diede una pacca
sulla spalla con una forza non necessaria.
“Il
tetto di per sé non cadrà, ma
c’è sempre
la possibilità che cadano le piastrelle del soffitto, quindi
meglio stare attenti”.
Sogghignò rumorosamente indossando il casco e inoltrandosi
nell’edificio.
Freed, dopo un momento di esitazione, lo seguì.
______________________________
“Quindi
mi stai dicen–” piccola interruzione
“–praticamente
invendibile”.
Freed
sfregò leggermente i denti. Stava
camminando per la via principale del paese con il cellulare
all’orecchio,
cercando di fare del suo meglio per comprendere la voce spezzata di
Evergreen. Sembrava
che le strade di campagna recepissero perfettamente i segnali
telefonici, mentre
nella maggior parte delle aree abitate era praticamente impossibile
avere una
conversazione senza interferenze. Era veramente fastidioso.
“Praticamente
sì”. Freed sospirò scansando una
coppia che veniva verso di lui. “È troppo malmessa
per chiunque la voglia
comprare. Il mio agente immobiliare ha detto che la cosa migliore da
fare è trovare
un’asta immobiliare disposta a prenderla e a venderla ad un
prezzo basso”.
“Perché
non la demol–”. Un altro suono
graffiante. “–e vendi il
terreno–“. Un breve suono acuto.
“–agricoltore o
agente immobiliare?”.
I
muscoli di
Freed si tesero leggermente a
quel suggerimento. In realtà ci aveva già
pensato, ma quando aveva detto a
Gildarts che quella sembrava l’unica cosa logica da fare,
l’uomo l’aveva guardato
con una sorta di compassione nello sguardo. Poi gli aveva dato una
pacca sulla
spalla facendolo nuovamente sobbalzare per la forza di quel gesto e
aveva
aggiunto un’altra dose di seccature a quella situazione
ridicola.
“A
quanto pare è un edificio tutelato, con un qualche
valore storico da preservare” sospirò Freed
rallentando un po’. Il ronzio del
cellulare sembrava essersi calmato e ora il segnale era molto
più forte. “In poche
parole, la casa deve rimanere lì”.
“Se
è così importante, perché hanno
lasciato
che si riducesse in quelle condizioni?” chiese Evergreen, la
cui voce era
finalmente molto più chiara.
“In
realtà mia madre riceveva chiamate e lettere
dal consiglio comunale praticamente da anni”. Freed si
strofinò un occhio con
la mano libera sospirando ancora. “Immagino che presto
toccheranno a me. Insieme
alle lettere e alle chiamate per i debiti, ovviamente”.
“A
quanto potrebbe essere venduta attualmente?”
“25
mila se vogliamo essere ottimisti. Ma siccome
l’esterno non può essere modificato,
sarà piuttosto difficile trovare qualcuno
disposto ad acquistare una casa in quello stato”.
Non
era
nemmeno lontanamente vicino alla somma
necessaria per pagare i debiti di sua madre, nemmeno aggiungendo i suoi
risparmi. Nonostante fosse un avvocato d’ufficio di successo e
risparmiasse parecchio
da più di dieci anni, Freed non poteva considerarsi ricco.
La sua famiglia era stata
benestante, ma non gli aveva mai dato nulla per evitare di viziarlo.
Fino a
quel momento non glien’era importato granché, ma
quel debito a sei cifre aveva completamente
destabilizzato la sua tranquilla vita. Inoltre, avrebbe preferito non
toccare i
suoi risparmi: li aveva messi da parte per se stesso, non per i
casinò online di
cui sua madre sembrava appassionata.
“Non
potresti renderla più vendibile?”
suggerì
Evergreen masticando qualcosa, e Freed si sentì
incredibilmente irritato dai rumori della sua bocca. Dal momento che lui ed Evergreen erano colleghi, sapeva che
stava
mangiando un’ora prima della pausa pranzo.
“Sistemala un po’ ”.
“Non
è semplicemente malmessa, è proprio
inabitabile”
grugnì Freed. “Le finestre sono sbarrate, il
giardino è praticamente una
giungla, le assi del pavimento si muovono, i mobili sono ammuffiti e un
uccello
ha fatto il nido sul forno”.
“Pianta
dei fiori in giardino e prepara un
dolce per quando verranno i clienti” scherzò
Evergreen e Freed si trattenne a
stento dal ridere.
Non
riusciva
ad avercela con sua madre. In
fondo le aveva voluto bene e forse, se lui si fosse sforzato di
parlarle e avesse
scoperto del suo vizio per il gioco d’azzardo, le avrebbe
impedito di contrarre
quei debiti. Ovviamente era un rimpianto del tutto inutile: pensare a
cosa
avrebbe potuto fare se avesse saputo, non avrebbe cambiato
assolutamente nulla.
Ora non gli rimaneva altro da fare che subirne le conseguenze.
“In
qualche modo ce la farai” disse Evergreen.
“Lo
so”. Freed annuì. “Ma non so ancora come
di preciso”.
“Be’,
ho appena fatto delle ricerche e ho
scoperto che c’è un hotel molto carino da quelle
parti”. Evergreen sorrise e
Freed sentì che stava cliccando con il mouse sul computer.
“Tutte le recensioni
sono positive, sembra che si mangi molto bene e che il personale sia
simpatico”.
“Buon
per loro” disse Freed con la fronte
aggrottata.
“Ti
ho prenotato una stanza” annunciò Evergreen
sorridendo. Freed fece per parlare ma Ever lo interruppe.
“Rimani lì una
settimana. Potresti passarla a pensare a cosa farne della casa oppure
trascorrere semplicemente una bella vacanza, visto che te la meriti.
Vai a
scalare qualche montagna o qualcosa del genere. Ti manderò
una valigia con
tutto quello che ti serve”.
“No”
chiarì Freed categoricamente.
“Non
mi sembra di averti dato possibilità di
scelta, tesoro”.
Evergreen sorrise. “Ho già pagato tutto. Se rimani
consideralo un regalo da parte mia. In caso contrario, ti ritroverai
con un
debito in più e sappi che posso essere molto peggio di
qualsiasi ufficiale
giudiziario e che condividiamo l’ufficio, quindi ti
renderò la vita un inferno”.
“Mi
stai sia ricattando che minacciando”
grugnì Freed. “Tecnicamente potrei denunciarti per
molestie sul posto di lavoro”.
“Sì,
ma sei tu il mio avvocato quindi ti
ritroveresti a combattere contro te stesso”. Evergreen rise.
“Cosa che
sicuramente riusciresti a fare, dato che il tuo ego è
così sproporzionato che
potresti apparire su uno di quei siti per persone che credono di essere
assolutamente geniali”. Freed si lasciò sfuggire
un sospiro indignato ed Ever
rise di nuovo. “Prenditi un po’ di tempo per te.
Ogni tanto ci vuole una
settimana libera e perché non ora? Goditi la campagna,
respira l’aria fresca,
leggi un libro”.
“Leggo
già costantemente, l’aria fresca qui
odora letteralmente di merda e la campagna è
un’inutile, infinita distesa di
verde che mi fa venire voglia di occuparmi di qualche caso in
più contro gli
ambientalisti”.
“Oh,
smettila di piangerti addosso”. Evergreen
rise ancora. “Trova l’hotel, bevi qualcosa e
rilassati per una settimana”.
Dopo
un
attimo di riflessione e un sospiro, Freed
parlò di nuovo. “Come si chiama
l’hotel?”
“Fairy
Tail Inn” lesse Evergreen ad alta voce. “È un po’ banale,
ma le stanze sembrano molto belle e le recensioni sono tutte positive.
Dovrebbe
trovarsi alla fine della via principale, in cima alla
collina”.
Freed
si
voltò comprendendo di essere passato
accanto all’hotel in cerca di segnale. Non ci aveva prestato
molta attenzione,
troppo impegnato a cercare di capire cosa stesse dicendo Evergreen al
telefono,
ma in effetti quell’hotel non sembrava male.
L’unico vero motivo per cui se ne
era ricordato era il fatto che credeva che avessero commesso un errore
sull’insegna
– Tail invece di Tale2 – ma
evidentemente si era sbagliato. Si
incamminò lungo la strada dicendo ad Evergreen che aveva
capito dove si
trovasse l’hotel.
“Okay,
ti lascio allora”. Evergreen sorrise,
mentre tornava il ronzio telefonico di poco prima. “Ci
vediamo tra una
settimana. Oh, mandami una foto di te che guardi la casa arrabbiato,
così posso
prenderti in giro. Ciao!”
Ever
chiuse
la chiamata prima che Freed
potesse rispondere. L’avvocato roteò leggermente
gli occhi.
Quando
raggiunse la cima della collina, percorse
un giardino piuttosto pittoresco e poi si addentrò nel Fairy
Tail. Dietro il
piccolo bancone della reception, una ragazza con i capelli a caschetto
gli
sorrise. Freed si avvicinò leggendo il nome sul cartellino
– Lisanna – prima che
lei potesse descrivergli cortesemente l’hotel.
“È
qui per mangiare o per alloggiare?” chiese
visibilmente entusiasta.
“Per
alloggiare” spiegò Freed “Una mia amica
deve avermi prenotato una stanza. Mi chiamo Freed Justine”.
“Un
attimo solo”. Lisanna sorrise tirandosi
indietro e digitando sul computer.
Mentre
lei
lavorava, Freed fece vagare lo
sguardo per la sala. All’esterno l’edificio
appariva incredibilmente rustico e per
questo Freed aveva temuto che l’interno fosse altrettanto
antiquato. Al
contrario, aveva un aspetto moderno, pulito e relativamente carino. In
altre
parole, l’edificio si presentava come una sorta di
agriturismo, distinguendosi
in questo modo dagli alberghi di lusso ma vantando ugualmente servizi
di buona qualità.
C’erano
alcuni certificati appesi alle pareti,
principalmente premi da parte di diverse aziende. C’era anche
un documento che
proclamava con orgoglio MAGNOLIA:
borgo dell’anno 2019. Freed si chiese vagamente
se si trattasse di qualcosa che esibivano tutte le imprese o se Fairy
Tail fosse
il cuore dell’intero borgo.
“Ecco”
disse improvvisamente Lisanna e Freed
si rivolse nuovamente a lei. “Stanza 17. Se vuole seguirmi la
accompagno. Posso
anche portare le sue valigie se per lei va bene”.
“In
realtà non ho valigie” disse Freed e
Lisanna abbassò lo sguardo sul pavimento per averne
conferma. “In effetti è
tutto piuttosto improvvisato. Sto aspettando che mi mandino una
valigia, credo
che arriverà domani”.
“Oh,
okay”. Lisanna sorrise nonostante a Freed
fosse piuttosto chiaro che era un po’ confusa.
“Cosa la porta qui a Magnolia,
se posso sapere? Non abbiamo molti ospiti in autunno, in
realtà al momento lei
è l’unico”.
“Non
è un viaggio di piacere” spiegò Freed.
“Ho
ereditato una proprietà che vorrei vendere, ma non
è facile come pensavo,
quindi rimarrò qui per un po’ ”.
“Intende
Villa Albion?” chiese Lisanna quando
svoltarono l’angolo.
“Sì”
rispose Freed sorpreso.
“Oh,
mi scusi, probabilmente le sembra un po’ sospetto
che io conosca quella casa”. Lisanna rise.
“È malmessa da diverso tempo, ma
quando è giunta voce di un nuovo proprietario la gente
pensava che avrebbe
provato a ristrutturarla. Ovviamente, lei è libero di
venderla. Spero solo che abbia
più fortuna di sua madre–”. Lisanna si
interruppe chiaramente a disagio. “Oh,
mi dispiace. Per la sua perdita e per tutto il resto”.
“Non
si preoccupi” la rincuorò Freed. “Non mi
metterò a piangere sentendo il suo nome”.
Lisanna
sembrò sollevata e Freed cercò di non
apparire accigliato. La ragazza non aveva fatto nulla di sbagliato, ma
il fatto
che sapesse sia della casa che della morte di sua madre significava che
anche
altre persone ne erano a conoscenza. Aveva sperato di potersi liberare,
almeno
per una settimana, di tutti coloro che sapevano del lutto. Invano
naturalmente.
“C’è
qualche motivo in particolare per cui
questa casa è così importante?” chiese
Freed mentre salivano le scale. “So che va
preservata in quanto edificio storico, ma mi è parso di
capire che la gente si
sia interessata quando è venuta a sapere del nuovo
proprietario”.
“Non
esattamente”. Lisanna sorrise. “Penso che
tutti gli edifici del paese abbiano questo status. La gente vuole solo
che la
casa ritorni ad avere lo stesso aspetto di quando è stata
costruita.
Personalmente, credo che questo sia dovuto al fatto che il consiglio ci
guadagna molto quando qualche troupe cinematografica viene qui per
girare un
film”. Rise un po’. “È un
paese piuttosto piccolo, quindi le notizie si diffondono
rapidamente. È successa la stessa cosa anche
l’ultima volta che è stata venduta.
Pensavano che sarebbe stata ristrutturata”.
“Quindi
il fatto che ora sia ridotta in quelle
condizioni non è colpa di mia madre?”
“Non
l’ho mai vista in uno stato migliore”.
Lisanna scrollò le spalle, per poi assumere
un’aria riflessiva. “Penso che ci
sia un dipinto di come fosse in passato proprio nella sua stanza. Che
coincidenza!”
Lisanna
rise
continuando a camminare mentre
Freed la seguiva. Attraversarono qualche altro corridoio e poi
un’altra rampa
di scale prima di fermarsi di fronte ad una stanza dalla porta
visibilmente vecchia.
Lisanna tirò fuori dalla tasca un paio di chiavi e
aprì la porta rivelando la
stanza che avrebbe ospitato Freed per il resto della settimana. Freed
entrò e
si guardò intorno.
Era
una bella
stanza, progettata in modo tale
da apparire rustica e allo stesso tempo relativamente lussuosa. Forse
era un po’
piccola. Se il letto singolo avesse potuto parlare, avrebbe detto
chiaramente
che Evergreen non aveva voluto spendere troppo, ma nel complesso la
stanza era
abbastanza carina. C’erano un bagno privato, una TV e un
bollitore per le
bevande, praticamente tutto ciò che si potesse desiderare da
una stanza d’albergo.
Solo il soffitto – decisamente troppo basso lì
dove si inclinava – gli fece
storcere la bocca. Avrebbe dovuto stare attento a non urtare la testa
mentre si
alzava dal letto.
Il
suo
sguardo si soffermò poi sul dipinto
appeso alla parete, un’illustrazione dell’interno
di Villa Albion in condizioni
decisamente migliori di quelle attuali. Sembrava piuttosto confortevole.
“Carina,
vero?” Lisanna sorrise. “È per questo
che la gente vuole vederla ristrutturata”.
“Be’,
forse tra un po’ sarà così”
rifletté Freed.
“Molto probabilmente dovrò venderla ad
un’asta. Spesso si riesce ad attirare
persone in cerca di proprietà poco costose su cui lavorare,
o almeno è quello
che mi ha detto il mio agente immobiliare. Quindi forse
andrà così”.
“Non
sembra molto entusiasta, però”.
“Speravo
di ottenere qualcosa di più, devo
ammetterlo”. Freed sospirò guardando ancora il
dipinto. “È la mia ultima
spiaggia, dubito di trovare un’offerta migliore la prossima
settimana”.
“Non
potrebbe ristrutturarla e poi venderla?”
suggerì Lisanna.
“La
mia conoscenza in ambito immobiliare si limita solo all’aspetto legale”. Freed
ridacchiò. “Se dovessi provare a ristrutturarla,
avrei ottime probabilità di mandarla a fuoco. Non penso che
questo sia in linea
con le regole sulla tutela”.
“Credo
di no”. Lisanna rise. “Ora la lascio,
devo tornare alla reception. La colazione viene servita dalle sei alle
dodici
ed è inclusa nel prezzo della stanza. Quando arriveranno le
sue valigie gliele
porterò io, oppure lo farà mio fratello che
domani ha il turno alla reception. Se
ha bisogno di qualcosa, ci chiami”. Sorrise. “Le
auguro buona permanenza”.
Freed
la
guardò uscire. Una volta rimasto solo
nella stanza, esalò un lungo sospiro, il primo da quando era
entrato.
Di
nuovo, il
suo sguardo cadde curiosamente
sul dipinto.
Chiarimenti della traduttrice:
1 Uber = servizio di trasporto automobilistico privato, usufruibile tramite applicazione mobile.
2
Tail / Tale
=
queste due parole hanno pronunce simili. Fairy Tale significa
favola, Fairy Tail significa
coda di fata. Quando Freed legge l'insegna con scritto Coda di fata crede
che sia sbagliata e che forse i proprietari volevano scrivere Favola per dare
l'idea di un hotel da favola appunto. Invece l'insegna è
giusta.