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Autore: BALTO97    14/03/2021    3 recensioni
seguito della storia "Jared veste Prada", questa volta al centro non ci saranno le disavventure del povero segretario Misha, sempre più convito che il suo capo sia il diavolo, ma la relazione di Jensen e Jared che tra amore e dolore rivelerà una verità scomoda ma impossibile da ignorare
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per 5 giorni Jared non andò in ufficio, chiamava ogni due ore per dare istruzioni a Kim come faceva ogni volta che, per una ragione o l’altra, restava a casa.
 
L’azienda procedeva a pieno regime, la segretaria e gli altri responsabili seguivano alla lettera le istruzioni del boss, ma il povero Misha ebbe l’ingrato compito di portargli alcuni documenti da firmare.
Kim gli aveva detto, o meglio ordinato, di andarci
“sono documenti importanti e Jared deve averli, se dovessero andare dispersi dovresti volare fino in Australia per rifarli! non puoi affidarli al primo fattorino in biciletta! Perciò muovi il culo e chiama un taxi!”
 
Così, ora, il segretario si trovava fuori dal cancello parecchio nervoso; l’ultima volta non era andata proprio bene e non aveva voglia di vedere il suo boss a torso nudo con in mano un frustino…
 
“arrivo” rispose la voce al citofono e pochi secondi dopo, la porta principale si aprì e uscì un cane
 
Misha, automaticamente fece un passo indietro ma non riuscì a trattenere un sorriso davanti al simpatico muso di quel bulldog, le rughe sul naso, le orecchie che ballonzolavano ad ogni passo, il corpo a salsicciotto, le zampe tozze e la maglietta dei Dallas Cowboy, lo rendevano un mix tra l’adorabile e il divertente
“Winston” appena sentì il suo nome, il cane, si girò e la coda mozza iniziò a muoversi alla vista del suo padrone
 
“Misha” lo salutò il biondo con un sorriso mentre apriva il cancellino
“Jensen” rispose il moro facendo un passo avanti ma bloccandosi quando il cane si avvicinò per annusargli la gamba, era simpatico ma non gli andava di provare se sapeva anche mordere “Winston, lascialo stare bello” lo richiamò Jensen “non preoccuparti non fa niente” aggiunse
il segretario annuì affermando un titubante “mi fa piacere vedere che va tutto bene” osservando il suo abbigliamento così particolare come quando era venuto in ufficio, jeans strappati e parecchio sporchi di vernice, così come i capelli e la maglietta verde fluo, intonata con l’orecchino e il piercing al labbro rosa brillante, l’unica differenza erano i piedi scalzi.
Jensen facendogli cenno di accomodarsi rispose “mi sento molto meglio” con un sorriso
“cosa ti porta così lontano dalla tua scrivania?” domandò
“sono… devo consegnare questo a mr Padalechi” tentennò visibilmente nervoso come la prima volta che si era presentato
“è uscito a fare una corsa con Ramson, il nostro altro cane” rispose mentre si avvicinavano al soggiorno dove, proprio come nell’ufficio del capo il divano, il mobile e il resto dell’arredamento erano sui toni del nero
“prego, mettiti comodo” aggiunse indicandogli il divano “è via già da un’ora, dovrebbe tornare tra poco”
Misha restò qualche minuto da solo a guardarsi intorno notando dettagli che la prima volta, essendo per lo più rimasto sulla porta non aveva avuto modo di notare, come i vari soprammobili e foto fino a quando Jensen non tornò offrendogli un bicchiere di succo mormorando “lo sai è curioso” mentre si sedeva su una delle poltrone
“il vecchio segretario di Jared non entrava neanche nel giardino se lui non era in casa, tu invece sei addirittura seduto sul divano… sembra che tu lo faccia apposto per stare con me”
Misha annuì “già” cogliendo il senso dell’affermazione solo dopo aver preso il primo sorso trovando abbastanza autocontrollo per non sputarlo sul tappeto
“o mio Dio non dirlo a Jared! Mi defenestrerebbe all’instante oppure mi userebbe come bersaglio per il tiro con le freccette” esclamò spaventato
Jensen rise senza preoccuparsi di trattenersi mentre si piegava sulla sedia
“non posso crederci! Hai davvero paura di lui” affermò una volta ripreso fiato
Il segretario annuì
 
“mette parecchia soggezione quando ti urla contro… o ti fissa facendo scrocchiare le dita” mormorando rabbrividendo leggermente al solo immaginarsi il suo giovane capo, seduto, con solo la luce della scrivania ad illuminarlo proprio come in un film gangster, le mani intrecciate che si muovevano producendo inquietanti “tock, clok”
 Il biondo non poteva immaginare cosa volesse dire trovarsi davanti ad una scena simile, il Jared che conosceva lui era un coccolone, giocherellone, scioccone, goffo e con due occhi da cucciolo
 
“Jared crede che un polso fermo sia la strategia migliore per gestire un’azienda” rispose Jensen e effettivamente visto il fatturato dell’ultimo mese e l’aumento di stipendio di tutti gli impiegati, dal primo all’ultimo, non aveva tutti i torti
“ma fidati, è l’uomo più buono e gentile che abbia mai conosciuto” aggiunse accarezzando la testa di Winston “il nostro padaorso ha un cuore d’oro, vero Winston?” domandò scherzosamente ignorando la risata che il suo ospite strozzò in gola
 
Passarono qualche minuto in silenzio, Jensen accarezzava il cane che scodinzolando beatamente si godeva le gentili coccole del padrone e Misha si guardava intorno
Ma al biondo non ci volle tanto per notare che il segretario del suo ragazzo evitava il suo sguardo e tamburellava con la gamba
“allora…” disse “ho l’impressione che tu voglia chiedermi qualcosa? “
ancora una volta il suo ospite non lo guardò, aprì la bocca un paio di volta ma non uscì niente, era chiaro che non sapesse cosa dire così, per smorzare la tensione, con un sospiro aggiunse “hai mai sentito parlare di psicosi dissociativa caratterizzata da un processo di disgregazione della personalità psichica?” chiese
Misha si guardò intorno spaesato, come se avesse appena sentito pronunciare una formula magica  o demoniaca e si aspettasse che da un momento all’altro un mostro venisse fuori da sotto le assi del parquet
“ecco… io…” tentennò indeciso se ammettere apertamente di non sapere cosa stesse dicendo o inginocchiarsi e implorarlo di annullare qualunque sortilegio gli avesse fatto
Jensen sorrise passandosi una mano tra i capelli e sospirò “che ne dici di… schizofrenia” affermò mostrandogli il braccialetto al polso
Il moro sussultò quasi sconvolto alla menzione di quella parola; non era un medico ma aveva già sentito quel termine e sapeva che non significava niente di buono
“quella malattia che ti fa avere delle visioni?” affermò sotto voce per paura di dire qualcosa di offensivo
Fortunatamente Jensen la presa bene, anzi benissimo, ridendo rispose “si, quella è la definizione comune, diciamo anche la più chiara”
 
Per qualche altro minuto di silenzio sia Jensen che Misha stessero nuovamente in silenzio, con lo sguardo basso probabilmente entrambi indecisi su cosa dire, o forse in imbarazzo
Alla fine fu ancora Jensen a parlare “i farmaci aiutano ma ultimamente hanno smesso di fare effetto” spiegò
“prendo questa medicina da così tanto tempo che ormai il mio corpo si è abituato e invece che fermare i sintomi li produce, è detto effetto-paradosso”
“ne ho sentito parlare” esclamò il moro annuendo leggermente “prima di poterne prendere un nuovo farmaco devo smaltire quello vecchio… nel frattempo devo convivere con i sintomi” spiegò alzando leggermente le spalle “in realtà ci sono alcune terapie sperimentali, Jared ha parlato con alcuni dottori” continuò sapendo che Misha sapeva delle prenotazioni ma non andò oltre
Misha annuì                                           
“è… dura?” chiese sottovoce  
“non è una passeggiata nel parco ma ormai ci sono abituato, me l’hanno diagnostica a 18 anni” rispose l’altro con un mezzo sorriso
“spesso la cosa più difficile è affrontare gli stereotipi, la gente pensando alla schizofrenia, automaticamente si immagina ad un pazzo legato ad un letto d’ospedale che urla e parla da solo” affermò con un sospiro
“certo è tosta ma con la terapia psicologa e i farmaci possono tenere sotto controllo i sintomi più difficili, come le allucinazioni” aggiunse abbassando lo sguardo
Misha era titubante a continuare la conversazione, non voleva spingersi troppo oltre rischiando di sembrare invadente ma la sua curiosità, che più di una volta gli era costata cara, tanto per cambiare prese il sopravvento “quella che hai avuto l’altro giorno era…”
“sì” confermò Jensen annuendo “allucinazione visiva e uditiva, è una cosa normale… cioè non lo è, insomma lo è per me” spiegò tentennando ma con sorriso, come se stesso dicendo qualcosa di comico
“tutti gli schizofrenici hanno quelli che si chiamano deliri, di controllo, persecuzione o onnipotenza, ma ogni persona li manifesta in modo diverso” continuò parlandone tranquillamente come se stesse raccontando la trama di un film “i miei…” rise “diciamo preferiti sono quelli di persecuzione, ossia credo che un uomo armato mi stia seguendo per uccidermi”
“wow” esclamò il moro “è affascinante”
“cioè” si corresse velocemente portando le mani avanti “non è, insomma non è affascinante la cosa, insomma sai… è” tentennò e ancora una volta Jensen rise gettando la tesa all’indietro mostrando i denti bianchi “sei proprio divertente Misha”
 
“certo… resta sempre una malattia psichiatrica” affermò tornando serio “ma ci sono alcuni lati positivi, per esempio mi ha aiutato molto con la mia carriera”
“dal punto di vista artistico è facile avere l’ispirazione quando il tuo cervello ti fa vedere o sentire cose che non ci sono” spiegò indicando un grande quadro appeso alla parete della cucina alle loro spalle.
“e poi devo ammettere che anche la pubblicità non è male, alla gente piace l’idea di vedere delle opere di uno schizofrenico… all’inizio credevo che fosse questo ad attirare la gente e non i miei disegni… ma ora ho più di 10 gallerie in tutto il paese e 5 oltreoceano quindi… non so” aggiunse ridendo “penso che piacciano”
Il moro ascoltava con attenzione e crescente curiosità “non sapevo che fossi un artista” disse e il biondo annuì “non uso il mio nome, non voglio, ho uno pseudonimo; Alec”
“Alec?” domandò di rimando Misha con gli occhi spalancati
“il pittore astratto che il mese scorso ha aperto una galleria a new York sulla salvaguardia del pianeta, con quelle opere dedicate ad ogni specie in via d’estinzione?” continuò
 
Jensen annuì “è piaciuta” mormorò con lo sguardo e un leggero rossore che gli colorava le guance

“ma perché? cioè, insomma perché non usi il tuo nome?” chiese ancora il segretario
“odio andare alle mostre” rispose l’altro con una smorfia “alle inaugurazioni o a tutti quegli eventi pieni di gente che ti vuole stringere la mano, fa domande e invade il tuo spazio” aggiunse “Non fa per me” borbottò scuotendo la mano
“è il mio agente Jeffrey che si occupa di queste cose, ritira i quadri, gestisce le mostre e si occupa di tutto il resto. è stato lui a suggerirmi di prendere un nome d’arte, a me sta bene così, non dipingo i quadri per la popolarità, la fama non mi interessa. I miei fan sanno solo che sono un pittore schizofrenico che vive a Vancouver”
 
“da quanto tempo dipingi?” domandò Misha
“mi è sempre piaciuto farlo, ma era più un hobby” rispose Jensen “Onestamente non pensavo che sarebbe diventato un lavoro ma poi, a 20 anni, ho passato un paio di mesi in una clinica e ho conosciuto Jefffrey Dean Morgan, un commerciante d’arte, i medici dicono che è nevrotico lui invece che il suo unico problema è la sua ex moglie” raccontò
“ma nel suo campo è il migliore, i miei disegni gli sono piaciuti e abbiamo fatto amicizia… è stato lui a convincermi ad aprire una galleria, ora Jeff lavoro solo per me”


“e tu?” domandò appoggiandosi contro lo schienale della poltrona
“hai sempre sognato di essere il segretario di Jared e farti tirare il caffè?” aggiunse con una risata facendo sorridere anche il moro che, quasi imbarazzato, disse “se devo essere sincero da piccolo volevo fare il pilota di aerei, ma poi ho scoperto che per farlo non devi soffrire di mal d’aria” ed entrambi scoppiarono a ridere
“dopo il college prima di essere assunto alla beaver e Padalechi ho lavorato in altre compagni… lo ammetto mi piace anche se non sempre è tutto rose e fiori”
“ti riferisci al comportamento di Jared?” domandò Jensen alzando un sopracciglio e Misha sbuffò “scusa se te lo dico, ma a volte vorrei lanciare nel suo ufficio una bomba puzzolente, specie quando sbraita MISHA! Dov’è il mio stramaledetto caffè incapace buono a nulla” aggiunse imitando scherzosamente la voce del giovane muovendo il pugno in alto
Jensen rise così forte che dovette piegarsi per tenersi la pancia
“o mio Dio” disse tra una risata e l’altra con il respiro corto “se ti sentisse”
 
Misha che fino a quel momento aveva sorriso divenne serio e spalancò gli occhi
“No!” esclamò “non puoi dirglielo! Mi appenderà per i pantaloni al ventilatore del soffitto e lo accenderà al massimo”
 
Recuperato un po' di fiato il biondo riuscì a biascicare un “tranquillo, resterà tra noi”
 
“se posso, come vi siete conosciuti?” gli chiese cambiando argomento
“abitavamo nello stesso complesso di appartamenti, lui sotto io sopra” iniziò a raccontare
“una sera ci siamo incontrati in lavanderia, era chiaro che non aveva mai fatto una lavatrice prima d’ora” continuò sorridendo al ricordo di come Jared fosse teneramente impacciato mentre guardava la lavatrice come fosse uno strano oggetto alieno
“l’ho aiutato e per ingraziarmi mi ha inviato al cinema” aggiunse “sai, allora era solo un centralinista alla Beaver Company” poi sorridendo spensierato sospirò “Il resto è storia” sussurrò

“quel ritratto” disse Misha indicando una cornice appesa al muro del soggiorno con all’interno un enorme disegno a matita che, chiaramente, raffigurava Jared di profilo, il viso rivolto vero il basso, l’espressione seria e lo sguardo fisso, i capelli lunghi e la barba sul mento erano così ben definiti che parevano muoversi, infine la cosa che più colpiva di quel ritratto erano le labbra, unite in una linea sottile
 
“c’è anche in ufficio” continuò ricordando un quadro molto simile nell’ufficio del boss
il biondo lanciò uno sguardo al suo disegno “Jared non ama farmi da modello” affermò
“è un vero peccato perché sarebbe perfetto, soprattutto per i nudi” continuò con estrema tranquilla, forse troppa per il segretario che tossì freneticamente dopo essersi quasi strozzato con il suo succo
“scusa?” biascicò con difficoltà
“che c’è?” domandò ridendo Jensen “non pensi che abbia il fisico adatto?”
“no, io, cioè… insomma” spiegarsi per Misha era già difficile e l’ultima cosa di cui aveva bisogno di sentire era la voce del suo capo “Jens, amore sono a casa” per poi trovarsi faccia a faccia con un doberman enorme, muscoloso e dall’aspetto minaccioso con un collare borchiato al collo
 
Automaticamente il biondo si spostò chiamandolo e iniziando ad accarezzarlo per tenerlo tranquillo
“sono qui Jay” disse
“ho preso il gelato, i nostri gusti preferiti, vaniglia e ciocco…”il giovane si interruppe quando, arrivato nel soggiorno, vide Jensen seduto sul divano accanto a Misha
“Misha è venuto a portarti dei documenti” spiegò il biondo con un sorriso, il segretario lo ringraziò mentalmente perché in quel momento sotto lo sguardo fisso del boss, che l’osservava come farebbe un orso che sorprende un intruso nella sua tana
Onestamente non sapeva chi fosse più spaventoso, se il cane o l’uomo.
 
“perché non sistemi il gelato nel freezer e ci raggiungi” disse
 
Jared, finalmente distolse lo sguardo da Misha e dopo aver dato una rapida occhiata a Jensen mormorò un “si, si certo,” e poi andò in cucina
Una volta che il giovane fu lontano il moro si voltò verso Jensen tentennando un “forse… forse dovrei…. Andare” facendo per alzarsi
“non dovevi fargli firmare dei documenti?” domandò
“si ma, ecco, posso farne a meno”
Misha si girò, non si aspettava certo di scontrarsi con l’ampio torace di Jared
 “perché tanta fretta?” domandò guardandolo in modo così profondo che l’unica cosa che il povero segretario poté fare fu tornare a sedersi
“allora” disse il giovane mentre, passandogli oltre, andava a sedersi accanto a Jensen, avvolgendogli le spalla con il braccio tirandoselo vicino “di cosa stavate parlando?” chiese
Il biondo, con un sorriso timido, alzò le spalle poi guardando Misha rispose “niente di che” e il segretario era convinto di essersi salvato, almeno fino a quando Jensen aggiunse “solo che saresti perfetto per un ritratto nudo”
“Cosa” quasi urlò il giovane portando gli occhi sul moro che, quasi come fosse stato colpito da un fulmine, scattò in piedi “devo davvero andare” affermò con voce tremante indietreggiando per allontanarsi dallo sguardo raggelante del suo capo, temeva davvero che se non se fosse andato si sarebbe trasformato in una statua di pietra
“io… io conosco… conosco la strada” tentennò con un cenno del capo “Jensen” aggiunse salutandolo “Jar, cioè, Signor Padalechi!” si corresse immediatamente “arrivederci, io… io… arrivederci” e finalmente era arrivato abbastanza vicino alla porta per girarsi e uscire e proprio come la prima volta urlare “bellissima casa buona serata!”
 
Quando il suono della porta principale che si chiudeva risuonò nella casa Jared, con un’espressione ancora scioccata, si voltò versò Jensen esclamando un “allora?”
il biondo, al contrario estremamente tranquillo e per niente scioccato, recuperava la ciotola di gelato portandosela in grembo, affondando il cucchiaio nel gustoso gelato e portandolo alla bocca  “allora cosa?” domandò di rimando strizzando gli occhi fingendosi completamente ignaro di cosa stesse disturbando il giovane compagno
Jared si appoggiò allo schienale del divano incrociando le braccia al petto mormorando un “Mh” “torno a casa e ti trovo a parlare di modelli nudi con il mio segretario, cosa dovrei pensare?” domandò
“non nudi qualsiasi” precisò togliendosi il cucchiaio dalla bocca e puntandoglielo contro con un sorriso e ammiccando “tu nudo”
 
Quella notte in camera da letto Jared dimostrò a Jensen con il suo corpo non era solo perfetto per i ritratti ma anche per incastrarsi perfettamente con il suo e soprattutto in grado di soddisfarlo come nessun’altro corpo poteva fare
Jensen fu molto, molto felice e appagato della sua dimostrazione
   
 
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