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Autore: Framboise    15/03/2021    2 recensioni
Una giovane viaggia in una terra desolata, sola con i suoi pensieri. O forse no.
Alcuni dicevano che i morti non se ne andavano mai davvero, nelle Terre Selvagge, non se avevano un legame abbastanza forte con qualcuno che si erano lasciati dietro.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache delle Terre Selvagge'
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GUIDA DEL VIAGGIATORE ALLA LETTURA DEI SEGNI

 

Alcuni dicevano che i morti non se ne andavano mai davvero, nelle Terre Selvagge, non se avevano un legame abbastanza forte con qualcuno che si erano lasciati dietro.

Beh, poteva anche essere vero, Len non se ne sarebbe stupita più di tanto: quella zona era piena di stranezze, soprattutto di quel particolare tipo di stranezze che qualunque persona sana di mente avrebbe preferito non incontrare mai. Come i culti antropofagi, le locuste giganti, i branchi di quelli che forse una volta erano soltanto lupi e i falsi profeti, tanto per nominare le prime che le passavano per la testa.

Davvero non se la sentiva di negare nulla a priori: ad immischiarsi in cose del genere c’era sempre il rischio di far incazzare le persone sbagliate – e se erano persone e non qualcos’altro, potevi ancora considerarti fortunato. Eppure, nonostante tutto, non riusciva ad impedirsi di pensare che lei non aveva mai visto una sagoma conosciuta stagliarsi nei primi raggi del sole, o udito una voce amica sussurrarle inaspettatamente all’orecchio in una notte solitaria – né quella di Zero, né di nessun altro.
Forse la sua Vista non era quella giusta, forse non era rimasta sola abbastanza a lungo, forse la storia del legame che nemmeno la Signora può spezzare era semplicemente l’ennesima bugia che si raccontano i disperati il giorno in cui la realtà diventa troppo dura da accettare.

Giorni e giorni di cammino nel bosco l’avevano spossata, ma voleva raggiungere un insediamento sicuro il prima possibile ed evitare i pericoli di un’altra notte all’addiaccio.
«Hai ancora almeno due ore di viaggio davanti» mormorò, poi scosse rabbiosamente la testa: se adesso cominciava anche a parlare da sola, era sulla buona strada per sentirle davvero, le voci, altroché.

Intorno a lei si levarono all’improvviso le strida di avvertimento delle gracule, messe in allarme da alcuni rumori nel sottobosco. Len si acquattò dietro alcuni cespugli, il coltello a serramanico stretto in una mano e gli occhi pronti a cogliere il minimo movimento. Meglio nascondersi e valutare la situazione, che non correre tra le braccia della Signora per imprudenza o malriposto ottimismo, come diceva sempre a Zero.

Non che fossero rimasti molti ottimisti nelle Terre Selvagge.

Ombre scure si muovevano tra gli alberi, poi finalmente Len riuscì a distinguere tra le fronde tre uomini armati di fucile, i volti coperti dalle cicatrici rituali tipiche dei cannibali: cercando di non far rumore, cominciò ad indietreggiare, il coltello a serramanico stretto in mano.
“Preparati a correre” pensò la giovane, udendo i passi dei tre farsi sempre più vicini, ma ad un tratto il suo piede andò a sbattere contro qualcosa di duro che spuntava dal terreno e che, a un esame più attento, si rivelò essere una maniglia abilmente camuffata – doveva trattarsi di un vecchio rifugio antiatomico, uno di quelli costruiti durante la guerra e poi abbandonati. Quando provò a sollevare la maniglia, la botola si aprì facilmente, rivelando uno stretto cunicolo in cui Len si calò in fretta. Richiusa la porta sopra di sé, restò seduta trattenendo il fiato, mentre i passi degli uomini prima si facevano sempre più forti e poi si allontanavano.

Solo una volta che il battito del suo cuore si fu calmato, la ragazza accese la torcia che portava alla cintura e si accorse delle scritte sul muro scrostato del rifugio: erano molte, probabilmente lasciate da altri viaggiatori che vi avevano trovato riparo, ma una in particolare attirò la sua attenzione.

"Ti terrò al sicuro".

Una vecchia frase su una parete, nient’altro: bastava guardare lo stato dell’inchiostro per capire che era lì da solo la Signora sapeva quanti anni… eppure la calligrafia era inconfondibile, con quelle lettere disordinate e dolorosamente familiari che non vedeva da troppo tempo – o era la sua immaginazione?

Voltandosi un’altra volta a rileggere la frase, Len sorrise.

«Zero» sussurrò «sei qui?»





 
  
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