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Autore: eclissidiluna    04/04/2021    2 recensioni
ATTENZIONE: SPOILER DALLA STAGIONE 1 ALLA STAGIONE 8 COMPRESA!
Scritta quando gli abbracci di amiche sincere sono cominciati a mancare.
Supernatural, stagione dopo stagione, era diventato “l’appuntamento fisso” di quelle serate di “Restate a casa”. A volte, anche le situazioni più assurde, dirompenti, difficili e inimmaginabili, portano con sé opportunità inattese.
Mi appassionavo ogni giorno di più alle dinamiche relazionali dei due fratelli, ai loro errori, a quel “non detto” che tanto mi affascina. Al tempo stesso, cominciavo ad affezionarmi ai personaggi cosiddetti "minori".
E’ una di quelle storie rimaste a “decantare” nel mio pc. Ispirata all’episodio 6 della stagione 8.
Riletta e rivista in questi giorni che, quegli “abbracci”...continuano a mancarmi.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Garth Fitzgerald IV, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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“Tu ne hai fatta una dietro l’altra! E io ho sempre subito tutto! Hai bevuto il sangue di demone, sei quasi diventato uno di loro e per te Ruby era quella di cui fidarsi. Demone batte fratello, 2 a 0! Certo, cosa non si farebbe per un po’ di liquido nero, vero Sam? Tra una scopata e l’altra una bella, sana bevuta! Ma in fondo, perché stupirmi?! Io ti proteggo da quando sei nato e tu, al contrario, mi tradisci da quando ragioni! Te ne sei andato a Stanford, abbandonandomi…ma chi se ne frega?! Sei sempre stato un egoista combinaguai e a me, per le tue fesserie da ribelle, toccavano le punizioni di papà!  Quando sono venuto a supplicarti di tornare insieme, per cercarlo, per ritrovare nostro padre…be’, se la tua ragazza non fosse morta tu saresti rimasto con me, Sam? Sinceramente?!!”

Sam lo vede puntargli la pistola in faccia. E’ accaldato, la mano gli trema ma sembra fondamentalmente lucido. Ed è questo a far più male. Dean è posseduto dallo spettro ma Sam sa che non è lo spettro a parlare. E’ il suo rancore. Di quello si nutre quel soldato che non ha trovato pace.

Sam conosce il rancore. E’ un’emozione che ha ben poco di astratto. E’ subdolamente concreta, come quel proiettile che presto lo raggiungerà. Una pallottola forgiata dal risentimento.
E il risentimento uccide. Chi lo prova e chi lo suscita.

Non c’è tempo per girarci intorno. Per quella manciata di minuti che gli restano, che lo separano dal livore fuso in piombo, sarà sincero. Fino in fondo.
“Non lo so Dean, non lo so…” risponde senza indugi, quasi sfidandolo.

E Dean accetta la sfida, traducendo il tentennamento di Sam in un deciso e laconico “Appunto”.
Poi prosegue e il respiro, tra una frase e l’altra, si fa più corto.
“E vogliamo parlare di quando te ne sei andato per il mondo con Samuel e non ti sei degnato di farmi sapere che eri vivo?! Ma poi sei tornato e sapevi di essere diventato una sorta di killer spietato…sei un bastardo ma non sei uno stupido! Però l’hai considerato un “particolare trascurabile”. Del resto, mettere a repentaglio la mia vita una volta in più, una volta in meno, non è mai stata una tua priorità!  
Cos’era che non ti funzionava più…non ricordo?! Ah, giusto, non avevi più un’anima…un’inezia…e non è che avessi poi tutta questa voglia di riaverla indietro, vero Sammy?! Fino all’ultimo tradimento, per una ragazza e un maledettissimo cane…la tua vita “normale”, tanto desiderata… e io ero di troppo! Un anno Sam…trascorso senza il minimo sforzo per ritrovarmi. Non dico per salvarmi ma almeno per capire se, da qualche parte, potesse esserci un corpo da bruciare! Mentre io pensavo ogni minuto a come resistere, per tornare da te!”

Sam ascolta in silenzio, boccheggiando di tanto in tanto. Dean ha ragione, è tutto tragicamente vero. I fatti sono esattamente questi. Ma Dean guarda solo una parte dei fatti. Solo ciò che “vuole” vedere.

Ha sempre fatto così, anche con papà. Sapeva che commetteva errori intrisi di rigida presenza e di noncurante assenza ma continuava a difenderlo, a giustificarlo, a considerarlo un eroe. Era più semplice obbedire che porsi domande e cercare risposte. Era più facile cogliere la luce del cacciatore forte, intrepido, esempio da emulare piuttosto che soffermarsi sulle ombre dell’uomo a tratti fragile, piegato da un vuoto incolmabile e da una brama di vendetta che, giorno dopo giorno, diventava la pietra sacrificale su cui immolare i i propri figli. Sam, quelle ombre, aveva imparato a scorgerle presto. E non solo quelle di suo padre.

Non parlava mai Dean, da ragazzo. Quasi mai “aprendosi” veramente, come Sam avrebbe voluto. Come lo pregava di fare ogni volta che lui, il più piccolo, quello “ufficialmente” ancora “fuori” dagli “affari di famiglia”, lo sentiva rantolare nel sonno, in balia di qualche mostro famelico, pronto ad azzannarlo. La mattina dopo quando, timidamente, avanzava ipotesi e chiedeva delucidazioni, tutto ciò che otteneva era una battuta, una mano a scompigliargli i capelli e un affrettato “Agitato nel sonno, io?! Mostri?! Non essere ridicolo, Sammy! Ho esagerato con la salsa piccante, sul panino di eri sera! Tutto qui!”

Non parla mai Dean, da adulto. Quasi mai “aprendosi” veramente, come Sam vorrebbe. Come lo prega di fare ogni volta che è devastato da un dolore che, oggi, Sam conosce bene. Perché lo ha provato, perché ormai ci è dentro fino al collo, a quegli “affari di famiglia”. Ma Dean continua a scompigliargli i capelli e a tirare in ballo il metabolismo lento di una cena a base di triplo hamburger, accompagnato da patatine sommerse di ketchup.
Dean resta in silenzio. Un sorso di birra, mandato giù serrando un poco gli occhi, un sorriso scanzonato e un colpo deciso a chiudere il bagagliaio dell’Impala, come a dire “Si parte, c’è un caso da affrontare, non abbiamo tempo per queste scemenze alla Freud!”.

Oggi è la rivincita di Freud. Ci voleva uno spettro.

Dean, negli anni, si è sentito tradito, in più occasioni. Adesso ha l’opportunità di fargliela pagare. E’ arrivato il momento di presentargli il conto di quel livore a lungo covato. Adesso è maturo. E Sam sa a chi toccherà il “raccolto”.

Certo, morire per un penny, può essere l’ennesima beffa di un’esistenza assurda ma, grazie a quel penny, la rabbia cresce…ed esce. Ed è giusto così. Perché fa male tenersela dentro. Perché ti buca il cuore ancor più di un proiettile.
Anche la rabbia di Sam può uscire, “facendo posto” alla cartuccia dorata che presto lo trafiggerà.

“Sai che ti dico Dean? E’ giusto, puoi uccidermi e non perché sei posseduto ma perché, in fondo, è ciò che vuoi. A me sta bene. Però non prima di averti detto ciò che penso io!”
Forse non gli concederà di parlare. Forse Dean premerà il grilletto, mettendo fine a quell’ennesima discussione ma, a questo punto, tanto vale rischiare!

Dean lo scruta perplesso poi, come se stesse combattendo contro se stesso, pur rimanendo con l’arma puntata su di lui, ringhia “Parla! E in fretta!”.

Sam prende un respiro più ampio. E’ felice che gli permetta di “far posto” in quel cuore che, prima di zittirsi irrimediabilmente, non vuole più tacere.

“Ciò che hai detto è vero, è tutto vero, ma la mia versione dei fatti è un’altra. Ruby, vuoi sapere com’è iniziata? Dean, io sono impazzito quando tu sei finito all’inferno! Il senso di colpa, l’impotenza, la frustrazione per aver fallito. Volevo trovare soluzioni, avrei fatto qualunque cosa per riportarti da me! E’ per questo che ho cominciato a bere sangue di demone, per questo mi sono fatto abbindolare da Ruby!”
“Andiamo, Sammy! Io sono tornato ma tu hai continuato a farti soggiogare da lei!”
“Sì, perché tu non mi parlavi Dean! Tu come sempre stavi fermo nella tua sofferenza, ti facevi divorare dentro dai segugi dell’Inferno anche se non c’erano più! Eri distrutto, profondamente cambiato. Non volevi raccontarmi cosa avevi vissuto e non volevi sapere cosa avevo provato io! E Dio solo sa quanto avrei voluto restarti accanto, aiutarti ad affrontare i tuoi incubi! Perché quell’ Inferno ti era rimasto dentro anche se ne eri uscito! Ma tu devi sempre cavartela da solo, vero Dean?! Hai fatto, del “salvarmi”, la tua missione di vita, ma io non ti ho mai chiesto di annullarti per me, mai! Io non ho mai voluto essere un peso…io avrei voluto aiutarti a portare il peso di questa merda che affrontiamo, ogni giorno! Per questo quando ti ho visto, in quella casa, con Lisa e Ben, ho pensato che fosse meglio così, finalmente avresti potuto dimenticare, ricominciare. Senza di me!”
“Ma io non ho mai smesso di pensare a come tirarti fuori dalla gabbia!”
“Ma quando sono tornato io non ero più il “tuo Sammy”. Come pensi che mi sia sentito?! A non provare più nulla? A ragionare solo per mio interesse?! Ad essere Terminator, come mi definivi tu?! Ho fatto cose terribili nell’anno con Samuel e anche dopo, con te. Non mi riconoscevo più ma ho continuato a nutrire qualcosa, un sentimento da… fratello. Ti ho messo in pericolo, è vero…ma sono comunque riuscito a combattere al tuo fianco…ed ero… un guscio vuoto!!”
“Ma un anno fa ce l’avevi un’anima! E non ti sei neppure domandato dove potessi essere finito! Ti sei fatto una ragazza, indisturbato, come se niente fosse!” e Dean carica l’arma, come a dargli il segnale che il tempo a sua disposizione è terminato.

Ma Sam vuole spiegare le proprie ragioni, fin quando avrà fiato. Fin quando suo fratello non glielo bloccherà. Senza ulteriore preavviso.

“E intanto tu hai trovato un nuovo fratello, un vampiro! Complimenti per la coerenza, Dean!”
“Mi ha salvato la vita!”
“Amy aveva salvato la mia!” urla Sam perché, quel nome, gli urla dentro. Non ha smesso.

Il ricordo di quella vile azione, brucia ancora. Dean l’aveva uccisa, nonostante gli avesse raccontato tutto di lei, dal loro primo incontro di adolescenti fino a quel figlio malato, che l’aveva obbligata a tornare ad essere ciò che aveva rinnegato. Ma Dean non si era fidato della sua valutazione.
Perché, un “potenziale mostro”, non po' “garantire” per chi, a dispetto della tranquilla apparenza, è “mostro di diritto”.

Dean ha un sussulto, si morde il labbro e poi risponde con veemenza “E’ diverso!”
Ma diverso per chi?! Questa volta Sam non può accettare verbo e aggettivo…no…la capacità di discernimento dell’Uomo necessità di argomentazioni meno riduttive.

“Certo, perché tu sei il giudice supremo, chi definisce il buono e il cattivo, distingue l’umano dal mostro, non è così Dean?! Non è così?!” lo incalza.

Quelle parole colpiscono nel segno. E Dean, per una frazione di secondo, abbassa un poco l’arma. Sente gli occhi annebbiarsi e la verità farsi strada, tra il brusio insistente di quel milite che ripete “Uccidilo! Uccidilo!

Sam ha ragione. Il Dean “prima del Purgatorio” era questo. Ma, nel grigio di quella “terra di mezzo”, dove tutto è amplificato, relativo, dove i tuoi errori gridano più di chi uccidi, era cambiato. Di nuovo.

La salvezza aveva la stretta sincera di Benny che lo agguantava lesto, difendendolo con l’astuzia del Vampiro. La salvezza era la sua battuta pronta e la risata schietta, mentre lo chiamava “fratello”, con la sensibilità dell’Uomo.
La salvezza aveva le iridi azzurre di un Angelo annientato dai sensi di colpa perché, anche il migliore tra gli angeli, può cadere in un abisso senza ritorno. E può decidere di restarci. Per espiare. Per respirare. Perché a volte, condannarsi a una pena certa, è l’unico modo per sperare di essere, un giorno, liberi.

No…non è più tutto così bianco e così nero. C’è tanto grigio.
Ma adesso quel grigio è insopportabile. Dean ha la testa che gli scoppia e deve ritrovare certezze, definire “buono” e “cattivo”.
E Sam è “cattivo”.

“Non voglio più ascoltarti e non voglio più combattere con questo odio che ho in corpo…” esclama, ansante, malfermo sulle gambe, riprendendo la mira.
“E allora spara, fratello, ormai ciò che avevo da dirti te l’ho detto. Non ho rimpianti. Fallo, spara, se questo può liberarti dal peso che porti.” sentenzia autentico Sam, senza neppure un tremolio nella voce.

Il rancore di piombo si prende il suo spazio. Il cuore di Sam è pronto ad accoglierlo.
Sam cade a terra, colpito in pieno petto.

Dean si avvicina, lo guarda negli occhi annacquati. Finirlo può essere un atto di pietà…dopotutto Dean è il “buono”.
All’improvviso, mentre sta per premere nuovamente il grilletto… è come se si “svegliasse” da uno di quei sonni tormentati che hanno per protagonista Sammy. Uno di quelli in cui lui non arriva “in tempo”. Vede il sangue di suo fratello sul pavimento, su quella scacchiera di piastrelle. Quell’ “incubo” ben noto è più forte di qualsiasi possessione. Non è arrivato in tempo, non si è “svegliato”… in tempo!

“Cosa…cosa ho fatto?!” apre la mano e il penny cade, tintinnando sulle mattonelle, rosse del sangue di Sam.
Dean vorrebbe fosse il suo.

“Sammy! Sammy! Cosa ho fatto?!” ripete, esasperato.
Gli occhi annacquati tentano di metterlo a fuoco.
“Ehi…va tutto bene Dean, e poi…almeno abbiamo…abbiamo parlato…” conclude Sam, con il fiato spezzato, abbozzando un sorriso sghembo.
“Adesso…adesso chiamo il 911 e sistemo le cose, ok, Sammy, ok?!” farnetica, Dean, premendo sulla ferita.
“No Dean…troppe cose da spiegare…” biascica Sam
“E allora… cosa dovrei fare? Lasciarti morire?!”
“Io ti ho lasciato in Purgatorio…non ti ho cercato…ora…ora tocca a te…non salvarmi Dean…smettila di salvarmi…” risponde Sam, chiudendo gli occhi. Dean, strabuzzando i suoi, si mette in ascolto ma non sente nulla. Il rivolo scuro che fuoriesce dal suo orecchio rende ogni cosa ovattata. Il respiro di Sam, ormai impercettibile, per lui non esiste.
“Sammy! Sammy!”

In quel momento sopraggiunge Garth.
“Mi sono perso qualc…” ma non termina la sua solita frase perché ciò che vede lo raggela. Dean chino su Sam, la sua mano insanguinata. “L’ho ucciso…” mormora, senza scostarsi dal corpo esanime di Sam.

Garth si guarda intorno, scorge il penny, lo raccoglie.
“Garth no…” lo avverte Dean, scuotendosi, terrorizzato. Ma Garth sa che, quel penny, non ha potere. Non su di lui.
“Tranquillo…io non provo rancore…” asserisce sereno “Ci penserò dopo ma adesso dobbiamo pensare a Sam”
“Sam…lui…lui non c’è più…”

Eccolo Dean, in ginocchio, stremato, disorientato, incapace persino di mettere due dita sulla carotide di Sam, prima di dar per certa una pira da ergere!  Lui, lo “spavaldo cacciatore”, tutto muscoli e scherno.

Quel Dean” che non perde occasione per sminuirlo, che gli ha levato di testa il berretto di Bobby accompagnando, al gesto di disprezzo, una smorfia di disgusto. Per Dean lui non è degno di indossare quel berretto. Crede che, così facendo, lo voglia “scopiazzare”, sostituire. Ma Garth sa bene di non poter sostituire Bobby! Non è sua intenzione mancare di rispetto alla sua memoria. E’ semplicemente la tenerezza di un ricordo conservato con cura, la manifestazione di una stima profonda, il “simbolo” della volontà di potersi rendere utile ad altri cacciatori, grazie a ciò che ha imparato da Bobby.

Ma per Dean è una sorta di sacrilegio. No…Garth non merita quel berretto.

Garth stringe il penny nel pugno.
La pistola è a terra, alla portata. Basterebbe allungare il braccio. Dean è a un passo da lui, talmente sconvolto che non si accorgerebbe di nulla. Un colpo alla nuca. Preciso, ravvicinato. Il sangue di Dean si unirebbe a quello di Sam, confondendosi. Potrebbe finire così per quei due che si credono tanto in gamba! Alla fine, “i famosi Winchester”, altro non sono che due superbi, incapaci di scendere dal piedistallo e di mettere da parte l’orgoglio!

Potrebbe finire così per Sam e Dean. I fatti sono questi. Ma è l’Uomo a decidere “cosa vuole vedere”…dei “fatti”.

Stringe il penny, Garth. E prova rancore.

Rancore per quella insulsa moneta che può aver “comprato” la vita di Sam, costringendo Dean a un rimorso che lo avvelenerà lentamente, uccidendolo. Perché i Winchester sono eroi, sono ragazzi pronti a tutto e persone straordinarie. Bobby sarebbe morto per loro…ed è morto per loro! Garth farebbe altrettanto. Sacrificherebbe la propria vita all’istante, per i Winchester! Però, anche gli eroi commettono errori. Garth sa che può aiutarli a rimediare. Perché sono due cocciuti idioti che devono imparare a parlarsi, ad ascoltarsi ma, per farlo, devono uscire vivi da questo fottutissimo caso!

Prega Garth, mentre tasta il polso di Sam. E tira un sospiro di sollievo quando può comunicare, ciò per cui ha pregato.
“C’è ancora Dean…è solo svenuto!”

Dean comincia a tremare, a pronunciare frasi sconnesse e preme il 9 sulla tastiera del cellulare ma Garth glielo strappa di mano. Dean non è in sè, Dean non deve farsi cazzate. Garth, con o senza berretto, può evitargliele.

“Resta calmo” gli dice con tono fermo ma pacato “No…niente ospedale, ho tutto l’occorrente. Mi occuperò io di lui… fidati di me, aiutami a caricarlo in auto”
Dean accetta la proposta come in uno stato di incoscienza, direbbe “Sì” anche a Lucifero, se gli proponesse un’alternativa al veder morire Sam.
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E’ già buio quando Dean si aggira nervoso in una casa che assomiglia più a un museo che a un’abitazione. Un’accozzaglia di libri e oggetti disparati. Appunti e foglietti sparsi qua e là e qualche tesserino di riconoscimento, ovviamente falso. A tratti gli ricorda quella di Bobby.

Garth sbuca dal corridoio che conduce alle stanze.
“Come sta?!” chiede Dean, ansioso,
“Se la caverà” risponde Garth, con i guanti insanguinati e gli occhi un po’ velati.
“Tu...tu lo hai operato…qui?!” domanda Dean, incredulo.
“Carino vero? L’ho arredato un po’ alla volta. E’ una sorta di “base”. Ti ho detto che sono un dentista, so somministrare un’anestesia e poi…ho dato anche qualche esame di medicina…”
“Qualche esame?!”
“Una decina…ma poi la caccia mi ha assorbito parecchio, sai com’è… e ho lasciato perdere…però le competenze mediche, in un mestiere come il nostro, fanno comodo…ogni tanto qualche testo di chirurgia me lo sfoglio. Ho rimosso la pallottola e ricucito la ferita. Ha perso molto sangue ma ho una certa scorta di gruppo 0, buono per diversi incantesimi e valido per scendere a patti con i vampiri…chi non è particolarmente dotato di forza fisica, deve usare di più il cervello…un consiglio di Bobby.” precisa, quasi a voler rendere più autorevole e forse anche meno “offensiva” la riflessione conclusiva!

Dean sospira. Nella testa gli riecheggia un “idiota” che conosce bene. E’ come se Bobby glielo stesse proiettando sulle meningi, direttamente dall’aldilà. E…l’intonazione è quella… “giusta”, quella che non fa sconti.

“Bobby…lui…lui si fidava di te…” ammette Dean, abbassando lo sguardo.
“Diciamo che era un tipo che andava oltre le apparenze” ironizza Garth, sfilandosi i guanti e gettandoli nel contenitore dei rifiuti.
“Giusto” conclude Dean, sentendosi terribilmente stupido “Grazie Garth io…davvero…ti ho sottovalutato, ti ho detto delle cose che…”
“E’ tutto passato Dean, vieni qui” e Dean si fa abbracciare. Prova disagio, fastidio, non vede l’ora che lo lasci “libero” ma si fa abbracciare. Glielo deve. Ha salvato Sammy.

“Ora vai da lui. Credo che dobbiate chiarirvi. Però non affaticarlo, ok?” gli raccomanda con il piglio di uno specializzando, nel reparto di chirurgia generale.

Dean annuisce. Non lo affaticherà. Gli basterà vederlo. Ascoltare il suo respiro. Già troppe parole sono state dette.
Troppe.
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Entra con circospezione, quasi per non disturbarlo ma Sam è sveglio e il “piano” di Dean deve subire una variazione.
Non può restare in silenzio. Purtroppo.

“Ehi…come ti senti?” domanda a bassa voce.
“Garth è un tipo in gamba…mi ha ricucito per bene” risponde Sam, sofferente ma sorridendo, per tranquillizzarlo “E tu… come stai?”
Eccola la domanda. Quella che non avrebbe voluto sentirsi porre.
“Sammy…non sei stato tu a spararmi…” temporeggia.
“Sai cosa intendo…”
“Si, lo so…come vuoi che mi senta? Ricordo la metà delle stronzate che…”
“Che pensavi Dean…” sottolinea Sam, sollevandosi un poco sul cuscino, espirando per tenere a bada
 la fitta lancinante, provocata da quel semplice movimento.

Lui lo guarda affranto, deglutendo “Lo spettro non ti possiede come un demone… lui lascia solo che…”
“Che la parte di te, quella rancorosa parli e agisca.” conclude Sam, in un soffio.
Dean annuisce. Non può far altro che confermare. Non servirebbe mentire.
“Già…”
“Be’, finalmente siamo stati sinceri. E questo è valso la pallottola” risponde Sam, tossicchiando.
“Ehi, ehi…non sforzarti, Garth mi ha detto che devi riposare…” e Dean si allontana, in evidente imbarazzo.
“Aspetta…mi riposerò…solo… ancora una cosa…”

“Cosa, Sammy?” e teme Dean, perché già troppo è stato detto.
Ma Sam ha sempre apprezzato Freud.

“Avevo perso te, Castiel, Bobby…nulla aveva più senso. Ero solo e ho cominciato a…a credere di poter tornare a rivedere Lucifero. La mia parte razionale sapeva che Castiel mi aveva guarito ma lui non c’era più…tu non c’eri più. L’irrazionale ha prevalso. La follia è diventato l’unico mostro da cacciare. Non sarei stato in grado di tenere un pugnale o un’arma in mano. Dormivo un’ora per notte, delirando. Poi, un giorno, ho investito un cane. Quel cane era reale…e io mi stavo distruggendo, per il terrore di ricadere in qualcosa che… non lo era. L’ho portato dal veterinario… Amelia. Il resto lo conosci. Sono andato avanti, convinto che l’unico modo per farlo fosse lasciarmi tutto alle spalle. Ho avuto paura, Dean. Paura di perdere il controllo in un modo che…che non conoscevo, che non avevo mai provato. Ho sbagliato a non cercarti. Avrei dovuto. Non riuscirò a perdonarmi per questa mia debolezza. Mai. Ora sai tutto, senza omissioni o bugie. Non sono forte come il tuo fratello vampiro…mi dispiace.”

Dean osserva Sam. Le sue labbra sembrano più arse, come se quel fuoco tornasse a tormentarlo, rendendo insopportabile la febbre che sta salendo, che “legge” sulla sua pelle madida. Sammy gli pare così stanco, sfiancato. E non è lo squarcio che gli ha provocato. Non solo.

Non lo ha più guardato come lo sta guardando ora.  Con gli occhi apprensivi di chi ama e non con quelli inquisitori di chi giudica.

Da quando è tornato dal Purgatorio è stato un susseguirsi di “Come mai non mi hai cercato?! Come hai potuto abbandonare Kevin?! Perchè hai smesso di cacciare?! Credevi che bastasse liberarti dei nostri cellulari, per dimenticare chi siamo?!” Tra quella tempesta di domande e mancata la sola che avrebbe potuto placare, parzialmente, le onde biancastre che toglievano il respiro: “Come stai Sammy?”.
Perché Sam non è forte come Benny. Ma nemmeno Dean lo è.

“Sammy…credimi…io sono debole, molto più di quanto voglia ammettere…” e Dean decide di giocare a carte scoperte.

E’ tempo di parlare. Anche se odia farlo. E’ tempo di far capire a Sam che ora lui lo vede.

“E’ stato un errore uccidere Amy, ho sbagliato a non ascoltarti e se ci fosse un modo per rimediare …rimedierei. Il Purgatorio mi ha fatto capire…” ma non riesce a terminare la frase perché le emozioni provate sono così vive, intense e Dean non vuole tornare a soffocare in quel mare impetuoso. Vuole raggiungere la riva. Sam è quella terra ferma.

 “Sam…io non voglio essere più il giudice di nessuno. Ho imparato sulla mia pelle. Benny mi ha salvato …senza di lui non ce l’avrei fatta. Ma senza di te…se non ti fossi unito a me, lasciando Stanford…io, da solo, sarei morto prima ancora di finire all’Inferno!”
“Dean…ci sei finito per me!!”
“E lo rifarei! Lo rifarei Sam!”

Dean lo rifarebbe. E quella certezza è confortante e angosciante in egual misura.

“Dean tu non devi più sacrificarti per me. Io vorrei che tu ti limitassi ad accompagnarmi nelle mie scelte…restandomi accanto, senza sostituirti a me…”
“Non ne sono capace. Non riesco a restarti vicino come tu vorresti, Sam. Sbaglio sempre qualcosa! Ti ho visto tener testa a Lucifero e io…io spesso scappavo…non ti aiutavo come avrei dovuto…”
“Lo facevi Dean, lo facevi…”
“No Sammy…sarebbe bastato una parola in più detta al momento giusto per farti sentire che avevo fiducia in te, invece…continuavo a temere che alla fine tu avresti ceduto. Tu avresti scelto lui, anche se era poco più di un ologramma, anche se era l’effetto di ciò che aveva patito la tua anima…perchè…” ammette cupo.
“Perché una parte della mia anima è nera e corrotta” sottolinea il minore, dando forma al pensiero che Dean non ha il coraggio di esprimere.

Per questo a Dean non piace parlare. Perché le parole obbligano a specchiarsi in quelle che pronuncia l’altro. Ti definisci in quel riflesso. E a Dean, quell’immagine di sè, non piace.

“Scusami Sammy”
“E’ tutto a posto…sono davvero stanco, ha ragione Garth…devo riposare.” conclude Sam, tristemente.

Dean deglutisce, non sa come giustificarsi. Lo ama in modo smisurato, nonostante tutte le volte che, probabilmente, gli ha fatto supporre l’esatto contrario! Lo vede soffrire, pallido in quel letto, riportato alla vita da chi, fino a poche ore prima, gli dava sui nervi! La ridicola e mal riuscita “copia” di Bobby. Invece, quel mingherlino, personaggio surreale che pare balzato fuori da un cartone animato, è uno di quegli eroi discreti che cambiano il mondo con tenacia, cura ed empatia. Garth è migliore di lui. E Dean vorrebbe avere il suo coraggio. Invece, davanti a suo fratello, se ne resta muto, attonito, incapace perfino di un abbraccio…anche in questo Garth è più bravo!

Bobby aveva capito. Bobby sapeva andare…oltre le apparenze.

“Sangue fresco in arrivo!” s’intromette Garth, inserendo l’ago nel braccio di Sam.
“Questo ti aiuterà a rimetterti, nel frattempo... tranquillità, ok Sam?” consiglia, con l’allegria disinvolta di chi ha fatto un buon lavoro ed è consapevole di aver interrotto una conversazione… complicata.
“Grazie Garth” risponde Sam, ad occhi semichiusi.
“Di niente, dovere, amico!” poi, rivolgendosi a Dean “Vado a prenderti una poltrona”

Sam riapre gli occhi di scatto.
“Grazie ma non è necessario, Dean stava andando…anche per lui è stata una giornata faticosa, deve dormire… in un letto” puntualizza.

Garth scambia uno sguardo rammaricato con Dean che, incurante di quel rifiuto, insiste “Sam…per favore…posso…posso restare qui?”
Sam sente le labbra secche e le palpebre pesanti “Rilassati…sto bene…” ribadisce a denti stretti.

 E allora Dean trova l’audacia di Garth, imparando da quel fuscello di uomo che ha radici robuste e rami pronti ad accogliere e sostenere. “Sammy…io non sto bene…”

Sam, stupito da quella “confessione” spontanea, comprende che Dean deve restare su quella sedia, con lui febbricitante, in quella camera.
Per ricominciare, per perdonarlo e perdonarsi. Dean non ha bisogno di un letto.

 “Ok…ok, Dean…” acconsente.
“Grazie Sammy” risponde commosso il maggiore.

“Vado a prendere la poltrona!” esclama Garth, entusiasta di quell’attesa riconciliazione.
“No, va bene qui, sulla sedia, ti sei già dato tanta pena per noi. A proposito…ora…ora che Bobby non c’è più… tu potresti essere un riferimento per…per tutti noi cacciatori.” esclama Dean, sincero e grato.

Sam sorride a quell’affermazione. Garth se la merita. E, proferita da Dean, sa che avrà un significato profondo per Gartrh.

Garth si asciuga rapido l’angolo dell’occhio destro, tirando su con il naso. “Grazie Dean…grazie davvero! Vi lascio soli. Quando la trasfusione è finita chiamami, mettiamo un’altra sacca, invece la flebo la chiudi così, ok?” terminate le istruzioni si congeda con il suo naturale fare cordiale “Buonanotte ragazzi”

“Buonanotte e… grazie” replica Dean, con lo stesso tono gentile, ritrovandosi a pensare che il berretto di Bobby è perfetto su quella testa fina, da chirurgo mancato! Domani glielo restituirà. Bobby vorrebbe così.

Bobby non è mai stato un tipo particolarmente distratto. A volte, le “eredità” più preziose ci arrivano seguendo percorsi non lineari. E, gli insospettabili “eredi”, con umiltà e passione, sanno essere degni successori.
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Un paio di ore dopo

“Dean…”
“Sì? Vuoi bere? Cambiare posizione?” gli chiede il maggiore, scattando in piedi e stropicciandosi gli occhi.
“No…non ho bisogno di niente, però…tu sei migliore di papà…io ho lasciato lui…sono scappato da lui, non da te…” pronuncia a stento Sam, come se quel pensiero gli si fosse affacciato nel dormiveglia, tra i brividi di freddo che ogni tanto lo fanno sussultare.

Dean lo squadra riconoscente per quella “precisazione”. Non ricorda esattamente cosa gli ha “vomitato” addosso, ma sa per certo che, rinfacciargli la sua scelta di andare a Stanford, abbandonandolo, sarà stato uno degli argomenti “clou” …portati avanti nel “tribunale dello spettro”.
Sammy non voleva quella vita. E lui ce lo aveva riportato. Perché, se papà non fosse tornato…

Dean era stato egoista ma a volte…essere egoisti è l’unico modo che hai per sopravvivere.

Sam è stato egoista, ha scelto di abbandonarlo in Purgatorio.
Anche Sam doveva trovare il modo di… sopravvivere. E Dean benedice quel quattrozampe.

“Lo so Sammy…papà…be’ lui…non aveva un carattere facile…deve essere una dote di famiglia!” dichiara ironico, stemperando.

Sam ride alla battuta, tenendosi il torace, approvando “Su questo non c’è dubbio…siamo davvero fratelli!” ed è come scusare gli errori di Dean e ammettere i propri. Dopo tutto è…la genetica!

“Ora cerca di dormire, io non vado da nessuna parte e…non è un peso prendermi cura di te Sammy…non è un peso…” asserisce convinto, passandogli la pezza umida sulla fronte imperlata.

Dean non vorrebbe essere in nessun altro luogo, se non accanto a suo fratello. Su quella scomoda sedia, dalle gambe un po’ tarlate.
Sam non vorrebbe nessun altro, su quella sedia. I piedi appoggiati sul letto, le braccia conserte, il capo un po’ reclinato e la bocca semiaperta.
Suo fratello.
Dean, con i suoi chiaroscuri, con i suoi pregi e i suoi difetti, con il suo coraggio e le sue paure…con il suo bianco e il suo nero.

 “Lo so, Dean…ma ogni tanto…è bello sentirselo dire…ricordatelo.”
“Me ne ricorderò Sammy…me ne ricorderò…”

In quel momento il cellulare di Dean vibra. Un sms che legge di fretta, umettandosi nervoso le labbra.
“E’ Benny, vero?” domanda Sam come se non avesse bisogno di una conferma.
Dean alza gli occhi al cielo, sentendosi in trappola. “Sam…” si limita a sussurrare.

Sam non vuole che Dean risponda a quel messaggio.

Sa che Dean attenderà che lui si addormenti. Dopodiché comporrà una frase del tipo “Non cercarmi più, mi dispiace Benny” e, ad occhi chiusi, sospirando, premerà “invio”.
Sam non vuole questo.

Quel “grigio” lui lo ha sempre difeso…e allora perché non continuare a farlo? Per gelosia, per rivalsa? Lui non avrebbe neppure l’“alibi” di essere posseduto dallo spettro vendicativo! Sarebbe una “sua scelta”. Ma ha già collezionato una serie di “scelte” errate. Meglio riflettere bene prima di agire.

“Dean…io non voglio che tu rinunci a Benny, rinnegando cosa ha fatto per te. Ho solo bisogno di tempo, Dean. Per valutare la situazione. E non voglio più bugie. Ho bisogno di tempo per rimettermi in sesto e per tornare a fidarci l’uno dell’altro, senza interferenze. Chiedo troppo?”

Dean lo guarda riconoscente. Stava già pensando a cosa scrivere a Benny. Una frase che suonasse il meno vile possibile ma che gli facesse intendere di cancellare il suo numero. Ma Sam sembra voler dare una possibilità a Benny. Quella che lui non ha dato ad Amy.

“Certo…certo Sammy, serve anche a me, serve anche a me trascorrere un po’ di tempo, insieme. Senza interferenze.” concorda.
Sam annuisce, più sereno. Vuole rendere leggero il confronto che non deve degenerare in “conversazione complicata”, desidera semplicemente che Dean resti con lui, tornando a credere in lui e… in se stesso. Dean ha accumulato ferite che sono andate ad aggiungersi ad altre, mai diventate cicatrici. Sam vuole lenirle. Dean, prima o poi, si lascerà curare. E il "processo di cicatrizzazione" lo affronteranno. Insieme.

 “E poi chi lo sa? Potrei persino scoprire di avere delle cose in comune con quel vampiro…del resto anch’io sono stato un…buon bevitore…” conclude, ammiccante.
Dean risponde con un ironico “Già…ripensandoci…”, stando al gioco.

Poi, tra il serio e lo scherzoso, lo stuzzica “A proposito di lati oscuri e demoniaci…giusto per la cronaca, se rispuntasse quel sacco di merda e zolfo…nessun problema. Ci penso io a ricacciarlo all’Inferno, a calci in culo!”
Sam deve trattenersi dal ridere per evitare che i punti, pazientemente applicati da Garth, saltino!
“Davvero una metafora calzante, Dean! Se dovesse ricomparire lo lascerò a te!” poi anche lui lancia il suo consiglio “in codice”.
“E se a te capitasse di “vedere” scimmie urlatrici…promettimi che me ne parlerai e le cacceremo insieme…così come le altre “solite cose gestibili”, ok Dean?!”

Dean si fa per un attimo più ombroso. Nessuna orda urlante di primati e il “nulla d’ingestibile” che, in realtà, toglie il fiato in modo netto e prepotente. Li conosce bene. Come Sam. Ormai si gioca a carte scoperte.
Freud ha vinto. Dean sa che Sam comprenderà la risposta.

“D’accordo Sammy…sarai il primo a saperlo e le faremo fuori una ad una, quelle maledette stronze saltellanti!”

Sam sente che guarirà in fretta, la trasfusione lo sta rinvigorendo e quella complicità che possono ricostruire, che già stanno riconquistando… è una sorta di “antidolorifico naturale”…di famiglia!

Sorridono entrambi, sotto lo sguardo divertito di Garth.

Il cacciatore, dalla porta socchiusa, osserva quei due testardi che, per riuscire ad esprimere ciò che provano, hanno bisogno di spararsi l’un l’altro!

Torna in soggiorno e, sul suo quaderno di appunti, nella colonna “Cose da fare”, annota:

 “Insegnare ai Winchester il potere di un abbraccio!"

 

Dedicata alle amiche che ho incontrato per caso e che sono rimaste per scelta.
Meravigliose creature che, portandomi il calore del sole e la luce della luna, mi hanno sottratta al buio, insegnandomi il potere di un abbraccio.
Dedicata a tutti quei “personaggi minori che, ogni giorno, “recitano” la propria parte con onestà, impegno e coraggio.
Ma una nota “minore” ha forse meno dignità di una “maggiore”? Entrambi hanno valore, il proprio “posto” sul pentagramma che “compone” la sinfonia della Vita. Il mondo è zeppo di eroi con berretti malconci, appartenuti a chi li ha compresi davvero.  Spesso ci soffermiamo sulla camminata un po’ goffa e lo sguardo trasognato ma se, andiamo “oltre”, scorgiamo le fattezze di chi rende la melodia armoniosa, originale e preziosa.

Grazie a chi è arrivato fin qui e...un abbraccio…perchè scrivere una parola è un po’ come offrirla all’altro e, nell’istante in cui la leggi, l’hai accolta.

E allora, quell’ abbraccio, arriva. Sempre. Comunque.
E quell’abbraccio è rinascita. Sempre. Comunque.

Eclissidiluna
 

 

   
 
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