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Autore: Sae    28/08/2009    1 recensioni
"È più questione d’alchimia. Giuro.
Alchimia. Non è colpa mia se l’amore, se anche questa cosa, è una reazione chimica… è l’unione di due pelli, di due odori…è una cosa strana… Non scherzo, sono seria.
Alchimia. Se fosse un elemento chimico, lui, credo sarebbe il carbonio. Io sarei di più un OH, ecco..."
Seconda classificata al SasuSaku contest indetto dal forum - My Only Desire-
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Okay.

Nemmeno io ci credevo quando la mia Beta mi ha telefonato, dicendomi siamo sul podio XD. Per me è stato davvero liberatorio perché in questa fan fiction ho davvero messo l’anima e non solo ho praticamente esaurito la mia Enza <3, e la mia Best ma ho riversato tutte le mie speranze. La sensazione più bella della scrittura è proprio il senso di liberazione che provi dopo la parola fine.

Quindi: Grazie alle due giudici Ainsel e Annaky non solo per aver indetto finalmente un concorso Sasusaku per riempire un po’ il fandom ma per i giudizi utilissimi per migliorare e per aumentare la mia autostima sempre sotto zero. Inoltre Ainsel si, sono una fan di Nana :D e sono nana anche in senso fisico purtroppo XD

Complimenti anche alla mia Terrastoria, te lo meriti tesora XD, e alle altre partecipanti. È stato un onore.

NdA: ogni sottotitolo è tratto da una canzone Breathe(2Am) di Anna Nalick. Nel primo capitolo la frase in inglese dice: Vorrei tenerlo tra le braccia. Forse semplicemente canterò di questa situazione; Nel 2: perchè non siete capaci di fare il salto; nel 3: E la vita è come una clessidra incollata al tavolo.

Ad Enza,

perchè lei è il mio XML

Breathe

# 1 Wanna hold him. Maybe I'll just sing about it.

“È più questione d’alchimia. Giuro. Alchimia. Non è colpa mia se l’amore, se anche questa cosa, è una reazione chimica.

“…è l’unione di due pelli, di due odori… è una cosa strana… e non guardarmi così: come se fossi la solita secchiona della classe! Non scherzo, sono seria. Alchimia. Se fosse un elemento chimico, lui, credo sarebbe il carbonio. Io sarei di più un OH, ecco. Sì, va bene: ora hai la conferma che sono completamente andata. Ma, che ci posso fare…è colpa tua sai? Da bambina mi hai traviato il cervello, tu e tutti quei maledetti film d’amore!

“…è strano. Quando una persona incomincia piano, piano a entrarti dentro. Quando ti accorgi che il tuo cuore batte troppo forte e che la causa è solo sua. Strano. Come perdere la ragione e tutte le sicurezze che avevi costruito in questi anni su di te. Affidarsi completamente a qualcuno, senza in realtà sapere cosa sei quando stai con lui...è come non smettere mai di danzare… è avere le vertigini e sapere perfettamente che tu hai paura di cadere, delle vertigini, dell’altezza… eccetera, eccetera; che tu davvero, per come sei fatta, non arrischieresti mai a guardare in basso a ritrovarti in una situazione del genere. Ma, non puoi scendere, non ne hai la forza, non ne hai la voglia. Non so se mi spiego. Credo che i miei neuroni siano andati ufficialmente in vacanza….

“Non è questione di io. Qui si parla al plurale. Si coniugano i verbi in un altro modo. Si sogna, ecco, anche al plurale. Il che è impossibile: nella fase rem ci sono solo io e il mio subconscio o quello che è… non sono mai stata un granchè in psicologia. Quindi quando devi riportare un verbo come MENTIRE al singolare, perchè se no, impazzisci e quindi lo riporti al singolare… quando sei improvvisamente costretta a scendere, a cadere giù in picchiata verso il suolo e ti ritrovi tu, di nuovo da sola in compagnia del maledetto verbo… ci si ritrova a fare i conti con la ragione, che avevi zittito perchè il cuore aveva comandato e tu ti eri ritrovata come una stupida ad ubbidire. La mente macina le domande e nel frattempo ti accorgi che non hai le risposte. Perchè il cuore, lui quel subdolo muscolo, rimane in silenzio a curarsi le ferite. Se l'è squagliata.”

“Tutto per una parola. Per sentirsi dire una stupida parola. Che seccatura. Anzi a ben pensarci sono due le parole che ti fottono in pieno e tu lì ad agognarle, a bramarle da quelle labbra al sapor di carbonio. Dovrebbero eliminarle quelle parole. Via la voce dal dizionario! Causa? Sofferenza, illusioni….”

“Due parole, ecco, sarebbero bastate. Basterebbero ancora adesso, forse.”

“Ti amo… e nulla più.”

Perchè se la cavava con i numeri ma, non sapeva nulla sul carbonio.”

“La prima volta che l’ho vista… quella ‘ donna d’ argento ’… credo di aver solo pensato scioccamente, che sarei morta per colpa di qualche lega di metallo male assortita e magari, anche ad opera di un colpo un po’ arrugginito nella canna. Era fredda, quella che lui considerava la sua donna fedele: era mortalmente fredda, sulla mia pancia. Forse era la mia pelle che bruciava. Il che è strano, io, che ho freddo anche in piena estate.”

“Bruciava anche lui però. Giuro, bruciava. Me ne accorsi quando la sua mano sinistra mi strinse il collo, era… furioso. Arrabbiato. Non ne capivo il perchè. Aveva l’autorizzazione in fondo….”

“Era un burattino. Credo di averglielo sibilato con la bella arma in vista sulla mia cute.

“…Aveva la pupilla dilatata e stringeva l’impugnatura in un modo quasi innaturale. Gli occhi erano fin troppo neri, due macchie d’inchiostro che mi trapassavano da parte a parte. Mi avrebbe ucciso, e molto volentieri anche. Glielo lessi senza aver bisogno di parole.

“…eppure non lo fece. Non mi uccise quella notte… credo mi amò come lo amavo io. Forse anche di più…perchè doveva uccidermi e non lo aveva fatto.

“Mi minacciò. Dicendo che ero il suo punto debole. Mi minacciò assumendo il solito sguardo da superiore ancora con le sue mani sul mio collo. Forse per questo era arrabbiato”

“Poi si abbassò rapido. Eppure lento. Verso di me, veniva verso quello che ero. E il cuore batteva e io bruciavo e l’arma d’argento nella notte… lui…la lasciò cadere, scivolare via da me, improvvisamente innocua. Mi tolse il respiro e successivamente le sue labbra che bruciavano,…erano sulle mie.”

“Ricordo che gli graffiai la schiena tentando di scacciarlo via, appena recuperata la ragione. Ma la mia mano, quella con cui di giorno manipolavo forze più grandi di me, numeri e atomi di carbonio, spariva sulla sua schiena. Invisibile. Ed era carne contro carne… e cercavo di difendermi…perché lui mi aveva mentito… ma già la mia anima, il mio cuore, si erano completamente appoggiati a lui… che invece cuore e anima mai li aveva usati. Preso com’era dalla ragione… dai proiettili.

“I proiettili hanno dei numeri incisi sopra, marcature credo si chiamino. Non sono poi molto diversi dalle mie provette di laboratorio. Erano due lavori, due modi di vedere la vita. Io cercavo di ricrearla…lui la levava.”

“Di notte, alcune notti, si svegliava di soprassalto. Il volto leggermente corrucciato e qualche gocciolina che gli decorava la fronte. Controllava che io dormissi, in modo che quella debolezza io non la vedessi. Ma non dormivo. Con lui, non riuscivo mai ad abbandonarmi completamente a Morfeo. Ero sua. Dio, che pensiero da adolescente. E a ogni suo movimento… che sia anche la solita piega sottile delle labbra…io rimanevo come una scema a fissarlo. Mi sarebbe bastata una vita così, fatta anche solo di notte. Il giorno non è poi tutta questa gran cosa. E si può andare avanti a caffè, è fattibile come vita…. È scientificamente provato.”

“Le variabili sono così tante che… non so come sia successo. Poteva accadere di tutto. Potevo dare retta a quell’uomo dai capelli biondi e gli occhi azzurri, come un vero principe delle fiabe. Aveva una vita normale, il sorriso perenne sulle labbra. Naruto. Non gli ho mai dato retta ….”

“Avrei potuto prendere medicina come facoltà. Mi piaceva, mia madre era un medico. Avrei potuto… farmi traviare da Ino, seguirla nel suo percorso da stilista.

“Invece… ho incontrato lui. Mi chiedo se in un altro universo, se io avessi scelto una di queste varianti non l’avrei alla fine incontrato lo stesso. Se eravamo destinati… anime gemelle… come tanto piace pensare alle ragazzine che scrivono il nome nei loro pensieri sui banchi di scuola.

“Mi piace comunque pensarlo. Lui è la mia anima gemella.”

**

L'aria pungente della mattina lo sorprese mentre ammirava quel portone classicheggiante. Gli occhi si alzarono alla ricerca di un punto in particolare, lassù in cima. Ancora si ritrovava a seguire quei raggi perpendicolari un po' spessi, astratti, che ruotavano attorno a un semicerchio. Un bambino di nove anni l'avrebbe disegnata meglio: L'Alba. Di certo avrebbe avuto un maggiore senso di realismo rispetto a quello stemma in stucco che dominava la volta del portale. E poi Alba, era un nome ridicolo per ciò che facevano. Era l'esatto esempio di un intero sistema che si reggeva sulle fantasie di un vecchio psicopatico. La odiava lui l'alba, il sorgere del sole, come odiava il tramonto e... quello stupido portone.

**

Si sarebbe alzata, avrebbe indossato il camice con il cartellino in bella vista e sarebbe andata nel laboratorio, bramando la sua amata abbronzatura da neon e bevendo dalla sua tazza rosa il caffè leggermente bruciato della macchinetta (“insostituibile”). Avrebbe potuto tranquillamente permettersene un'altra di macchinetta più veloce, che faceva un caffè migliore ma, era troppo legata a quella vecchia per cambiarla: era fatta così, un tipo sentimentale il Premio Nobel più giovane della Scienza.

Come ogni giorno se ne sarebbe stata lì, aggiungendo conferme alle sue ricerche (“ è pericoloso però, rischi di farti male giocando con numeri e atomi di carbonio…”) E sorseggiando il suo caffè; avrebbe fatto una pausa chiacchierando con Hinata, la sua assistente, giocando a carte con il dottor Lee “il sopracciglione” privandolo di qualcosa perché quel tizio perdeva sempre (e si rincuorava, blaterando su una certa forza della giovinezza) e poi sarebbe ritornata sul suo lavoro (pericoloso, davvero). Sapeva che quello che faceva, l’avrebbe trascinata in guai che nemmeno s’immaginava. Era andata a toccare un punto scientifico molto suscettibile. La scienza stessa, non voleva riconoscere i suoi studi e a quanto pareva il suo lavoro dava fastidio a qualcuno (che non c'entrava niente con la scienza). Ma studiare il modo di ridare la vita era routine ormai per lei.

In fondo, era una giornata come le altre anche quella.

Aveva gli occhiali da riposo sul naso, i capelli tirati in un buffo chignon all’indietro e se ne stava piegata sul suo microscopio. Quando alzò lo sguardo, però, un signore un po’ malaticcio (quello che finanziava le sue ricerche, il capo diceva purtroppo che dovevano trattarlo bene) gli presentò un uomo con un camice bianco e dall’aria provocante. Lo proclamava come un nastro nascente della fisica e matematica. A lei non importava molto, alzò solo un sopracciglio tentata di ritornare di nuovo con naso all’ingiù esaminare la lente del suo microscopio fino a quando quell’essere, con una voce da brivido, le diceva che quell’uomo lì, sarebbe stato il suo nuovo assistente, che insieme avrebbero fatto faville e che avrebbe trovato subito la soluzione che le mancava (roba di una frazione di gene).

Era una giornata come le altre?

**

Le dita scorrevano nei capelli neri lunghi e lisci. Un sorriso strano pendeva dalle labbra. Gli orecchini decoravano i lobi e si perdevano i pendenti fra i capelli. Gli occhi poi erano dorati ma in senso negativo assomigliava a quello di un serpente. E il serpente stava sorridendo di fronte a due uomini; uno dall'aria annoiata e indifferente, l'altro con degli occhiali un po' pendenti sul naso aquilino e un sorriso cattivo a congiungere le guance.

"La scienza." Le parole provenivano dall'uomo 'serpente' e il suono neanche a farlo a posta pareva sibilato. "La scienza è nemica dell'Alba, pretende lei di essere la guida, di illuminare, di capire." I capelli neri si attorcigliavano lungo le dita scheletriche. "Da sempre combattiamo la scienza perchè luce mentre, l'unica cosa che deve illuminare gli uomini è l'Alba." Una risata metallica perforò l'aria. "C'è molto gusto a eliminare i premi Nobel: sono persone intelligenti ma indifese. Assomigliano a topi in trappola. Devono morire."

"Ti divertirai a eliminare Sakura Haruno, Sasuke."

**

“…Fugaku

“Ah. Piacere… e sei ?”

“Il nuovo assistente di laboratorio.”

“Ah.”

“Ah.”

“Di Sakura Haruno?”

“Già"

**

“…è lei”

Non aveva mosso un muscolo. Lo sguardo leggermente pietrificato, da presuntuoso. Spesso gli dicevano che era quella la prima impressione che dava. Non gli importava nulla comunque di quello che potevano pensare gli altri. Voleva solo finire presto quell’assurda sceneggiata e occuparsi di qualcosa di più decente. Una donna equivaleva a una perdita di tempo.

Ma è pericolosa” Scoccò il palato ricordando le parole di qualcuno un po’ sbiadito nella sua memoria. Aggrottò le sopracciglia, di solito, non gli capitava mai di ripensare a quella parte della sua vita, (“che seccatura”) forse era dovuto all’aria rarefatta che si respirava lì dentro.

Si guardò attorno tra provette e boccette contenenti chissà quali sostanze. E sulle altre scrivanie a regnare era il caos più totale. Fogli scribacchiati ovunque, zeppi di numeri e lettere, spuntava tra le carte poi, il contenitore di una pizza ed erano sicuramente esperimenti chimici anche la muffa sui fondi di qualche bicchiere, mentre pulita e di un rosa shocking, come i capelli della proprietaria, completava una risma l'assurda tazza da caffè….

Matematicamente riportò gli occhi sui capelli di Sakura che avevano lo stesso colore dell’oggetto (“Che idiozia”). Decisamente… sarebbe stata una seccatura. E poi lui odiava il disordine, tra le altre cose, anzi assieme alle tante altre cose che odiava….

“Lavorerete molto bene insieme.”

Un piccolo sorriso abbandonò le sue labbra alla smorfia d’incredibilità che aveva assunto quella strana donna, avvolta in un camice un po’ grande per lei e con i tacchi ai piedi che spiccavano e che facevano rumore in quel posto. Forse, invece, si sarebbe divertito, e già intravedeva il luccichio della sua donna tra le tenebre. Ma c’erano numeri, c’erano lettere, c’erano atomi di carbonio.

In mezzo c’era alchimia.

**

I suoi capelli profumavano di ciliegia. Un profumo così… infantile, no, banale era la parola giusta. A lui poi non piacevano nemmeno le ciliegie, frutti rossi che andavano sempre in coppia. Anzi ne era allergico ma, era costretto a ubriacarsi a sopportare quel profumo quando affondava il viso nei suoi capelli, sul suo collo niveo. E poi si sa, le cose che fanno stare male sono quelle che cerchiamo di più… dal dolore si arriva prima o poi alla felicità, no?

Non che lui credesse nella felicità –quelle erano cose da mocciosi, lui era un uomo….

A ben pensarci, non sapeva perché diavolo finivano sempre sul pavimento. Era scomodo e i neon bianchi finivano per accecargli gli occhi. Quello che di sicuro sapeva era che dopo ogni litigata (tra numeri e atomi di carbonio) era sempre di più un’insopportabile creatura.

Lei… lo prendeva a pugni, ecco. Nessuna, lo aveva mai preso a pugni. Era abituato alle carezze ma no, non ai pugni e invece lei con quei capelli assurdi… aveva perfino il coraggio di schiaffeggiarlo. Assurdo. Non era riverente come le altre donne che aveva conosciuto prima. Era decisamente diversa, perché lo prendeva a pugni e poi lo amava… uhm, scienziata dei miei stivali. E finiva così, sempre per avere mal di testa ogni volta che usciva da quel laboratorio –erano mesi che ci lavorava là dentro.

Mesi.

Chiuso in gabbia con una bestia dai capelli rosa.

Ztè. Insopportabile”

E Fugaku avrebbe volentieri dimenticato il motivo per cui l’aveva baciata la prima volta. Non era stato per merito del dottore con i sopracciglioni che l’aveva sfidato; dichiarando che lui, per loro Fugaku Hachi, sarebbe stato senz’altro sconfitto dal suo fascino giovanile. No.

Era stato costretto a baciarla. Anche se poi non ricordava più i motivi per i quali l’aveva baciata una seconda volta e una terza… e una quarta – senza concludere nulla.

Perché aveva baciato Sakura Haruno, proprietaria di occhi assurdamente verdi e di capelli rosa, ancora più assurdi. Di costituzione magra ed esile. Che a venticinque anni è un genio in chimica, una scienziata. Nata da padre archeologo e madre medico sempre assenti entrambi, che per questo è cresciuta con sua nonna, la vecchia Tsunade, una scienziata anche lei. Che ha una vita semplice, un appartamento in centro e come amica: Ino Yamanaka prima modella, adesso stilista di una nota casa italiana.

E non si chiedeva (cercava solo di dimenticare tutto lui – i volti e gli occhi…di chi aveva visto -) non si chiedeva dunque, il perché sapesse tutte queste cose di una persona in fondo appena conosciuta (è li da tre mesi).

**

Hinata si limitava ad ascoltarla. Era sempre stato così tra loro. Lei ascoltava mentre, l'altra parlava della sua vita così piena ora, che un certo personaggio gironzolava nel laboratorio. Ne era intirimorita in un certo senso, Sakura era tutto quello che lei non era. Bella, intelligente, spigliata lei invece, timida, riservata...un fantasma. Arrossì istantaneamente quando, la porta si spalancò e una figura dai capelli biondi e dal sorriso buono illuminò il laboratorio (e il cuore della piccola Hyuuga). Sakura sorrise alla solita scena: l'amore in tutte le sue sfaccettature è la cosa più bella che una persona si possa augurare di provare. "Hinata, sei la persona più dolce che conosco. Ricorda sempre di combattere per le cose che vuoi." Gli occhi verdi scintillarono in un muto incoraggiamento rivolto allo sguardo particolare dell'assistente.

Il biondo, a passo spedito, venne dritto verso di loro sempre sorridendo e ignaro dei discorsi che lo riguardavano anche se non esplicitamente. Per lui l'universo femminile era sempre stato come un buco nero. "Sakura, scusa il ritardo ma non trovavo più la fondina della pistola... e avevo dei problemi con questo stupido bottone della divisa." Si grattò la nuca scoppiando in una grassa risata. Sakura scosse il capo. "Questa di certo, è la frase più usata da una guardia del corpo, immagino."

"Se..se...vuoi..." Un balbettio appena udibile, eppure era già tanto. "Se vuoi...Naruto-kun..ti aggiusto io, il bottone..che ti dà problemi..." Il biondo si sporse gli occhi azzurri che si perdevano in quelli vacui di Hinata. "Oh, sarebbe fantastico Hinata! Grazie!"

**

Il primo compito di una guardia del corpo era difendere e pensare sempre all'incolumità del protetto. Che genio. Il secondo compito consisteva nel conoscere tutti gli orari e il carattere del protetto, per poterne prevedere ogni azione e reazione. Il terzo compito era di controllare ogni minima cosa dalla macchina alle persone che aveva attorno. E a proposito di questo... sollevò le pozze azzurre fissando un punto ben preciso a pochi metri dal suo naso. Non gli piaceva per niente quel tizio e la cosa era reciproca. Inoltre era evidente il legame che li univa. Sakura era innamorata persa di Fugaku.

Hinata, gli aveva detto che era stato colpo di fulmine per Sakura, anche se all'inizio aveva fatto finta di niente. A quanto pareva gli stessi sentimenti li aveva provati anche Fugaku, però c'era qualcosa di strano. Lui sembrava non lavorare. Stava lì, come in attesa, un po' con lo stesso atteggiamento che aveva lui. La cosa lo irritava e insospettiva. Inoltre la cosa più straordinaria, sempre captata grazie alla grande osservazione e quindi il suggerimento involontario di Hinata, era l’atteggiamento l'uno nei confronti dell'altra. Era come se si proteggessero a vicenda, come se ci fosse stato un segreto fra loro. E non si trattava di scienza.

"Ehi, vuoi smetterla di fissarmi?"

Naruto arricciò il labbro. Sakura diede una spallata evidente a Fugaku che la guardò sdegnato. "Sta solo facendo il suo lavoro" Lo rimproverò, tono tremolante. "Cioè farmi innervosire?" Il biondo sorrise. "No, tenerti d'occhio!" E poi successe.

"Fugaku, che razza di nome è Fugaku Hachi?" Questa domanda fece rizzare la schiena di Sakura che impallidì. La reazione del protetto era stata fin troppo evidente, per poter passare inosservata. Fugaku si limitò a un’alzata di spalle. "Perché, Naruto che nome è?"

"Di certo, non da teeme come il tuo." Sorrise sibillino. "Dobe." Rispose l'altro, atono. Sakura invece rimase immobile come una lastra di ghiaccio. C'era qualcosa sotto ovvio, adesso ne aveva le prove e sapeva da dove iniziare a indagare.

**

Ha i polsi sottili. Non ricordava di aver mai stretto dei polsi simili. Erano sottili e bianchi. Per forza lei sembrava davvero non uscire mai, da quel laboratorio, la mattina era la prima a entrare e l’ultima ad uscire, decisamente, doveva ancora capire a che ora si alzasse e se dormisse.

Ma non aveva voglia di scoprirlo, probabilmente si diceva, va avanti a furia di caffè. Anche se a volte alzando un solo sopracciglio, le faceva notare la tonalità della sua pelle, troppo chiara. Sembrava una bambola che in tutti questi anni, era stata avvolta nella plastica per essere conservata intatta. Fugaku a volte se ne pentiva e si redimeva cercando di stare in silenzio, non amando parlare, fare certe osservazioni che potessero riattivare dei marchingegni arrugginiti in quella testolina rosa (marchingegni, che lui temeva potessero risvegliare dei fili che arrivavano più giù, dritti nel petto, in un muscolo chiamato cuore).

E lei allora si arrabbiava, sbuffava, volavano nell’aria delle assurde minacce incoerenti, come lei, che lo rimproverava perché era troppo paziente (di più utilizzava la parola: indecifrabile) però dopo la sfuriata di solito lo baciava all’improvviso arrossendo e balbettando. Era schizofrenica. Ne era sempre più convinto perché poi ritornava a infuriarsi contro chi sa chi, anche se probabilmente ce l’aveva con lui. E la lasciava fare, aspettando gli altri momenti quelli buoni e sorrideva con quell’aria da superiore che no, proprio Sakura non sopportava. Ma quelle smorfie appartenevano a lui, e decise che dovevano appartenere anche a Fugaku.

Quello che non sapeva era che la rosa aveva capito che quella era solo una maschera per proteggersi da lei. Si scervellava la scienziata, cercava di concentrarsi solo sulle sue provette, sui suoi campioni ma allora, era lui a cercarla. Eppure lui non osava portarla fuori dal laboratorio lì, fuori, dove c’era la vita vera (o la morte?) .

A Sakura questo andava bene, veramente: andava bene. Non aveva mai vissuto lei…

E si vedevano a lavoro e Sakura non sopportando quell’apatia - la sua presenza in realtà che la deconcentrava- lo mandava in giro per la struttura a prendere questo e poi quello… salvo poi, quando non tornava presto, andava lei stessa a cercarlo. Lui era restio e mai l’avrebbe ammesso che si perdeva in quel mostro di cemento e piani, così Sakura andava a cercare Fugaku.

“Dove diavolo, eri finito? Dovevi solo prendere un ascensore.”

E lei arrossiva, sbuffava, per il suo sguardo di disappunto a quell’eterno combattimento che era lo stare con lui. Anche se non stavano insieme…era lì solo da tre mesi e l’Haruno tornava di nuovo a sbraitare contro se stessa –mi sono lasciata abbindolare da un paio di occhi neri male assortiti- e puntava i suoi occhi sullo schermo del computer che però rifletteva lui, che silenzioso le compariva alle spalle.

Sakura arrossiva ancora al pensiero delle sue braccia forti che l’avevano “intrappolata” un giorno in un corridoio asettico del laboratorio. Avevano appena litigato sulla valenza di un atomo di carbonio, su qualche numero, su dove diavolo aveva messo la provetta che le serviva per continuare le sue ricerche.

E lui poi aveva solennemente dichiarato che gli faceva venire mal di testa. E che doveva starsene zitta.

Sakura però aveva insistito, maledicendolo. Lei che era sempre dolce con tutti, con lui non ci riusciva –come se prevedesse che un giorno l’avrebbe fatta soffrire.

“Non è difficile, dovresti solo fare due più due con i neuroni ammuffiti che ti ritrovi e cercare di capire dove diavolo hai potuto poggiare quella provetta!” La voce era stridula e alta, esagitata –dovuta anche alla carenza di caffè.

“Zitta.”

E poi parlava poco, lui parlava troppo poco per i suoi gusti. Allora lei alzava ancora di più la voce oscillando i suoi capelli rosa, lunghi.

Hachi potresti anche solo chiedermi scusa, per tutto il tempo che mi stai facendo perdere… Ah! E non mi azzittire! Sei incredibile… assurdo!!

“Sta zitta.”

E nel momento in cui stava per riprendere a parlare, Fugaku l’aveva spinta contro il muro, l’aveva intrappolata tra le sue braccia, godendo probabilmente alla sua espressione incredula e il silenzio era stato finalmente provocato dalle sue labbra che si erano impadronite delle sue.

Calde labbra che s’incastravano a vicenda l’una con l’altra, irrimediabilmente s’incastravano e così migliaia di persone, come loro, sono costretti con quel gesto a rispecchiarsi in un’altra anima irrazionale, che prima avevano pensato accuratamente di evitare. Ma l’uomo è solo un groviglio di Caos, carne ed emozioni.

End #1

Giudizi

2^ classificata:
Breathe - di Sae



Giudizio di Ainsel:

Correttezza grammaticale: 9/10
Originalità: 9/10
IC dei Personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 36


Sicuramente una fiction originalissima.
L’alchimia è un qualcosa – dovrebbe essere considerata una scienza, ma visto per me non si limita a questo non so mai come definirla – che mi ha sempre affascinato molto.
Ammetto che il nome “Fugaku” all’inizio mi aveva lasciato non poco allibita. Non che volessi privare Sakura del suo diritto di innamorarsi del padre di Sasuke – lungi da me una simile prepotenza – ma ho riletto la pagina in cui lui si presentava come suo assistente almeno dieci volte prima di convincermi che non ero diventata orba.
Come già detto è una storia davvero originale, ma non solo nella trama. E’ evocativa, quasi un po’ surreale in alcune parti, e forse proprio grazie a questo i sentimenti dei personaggi vengono espressi in modo davvero coinvolgente. L’amore di Sakura, così sincero e passionale; e Sasuke, con la sua ambiguità ed i sentimenti mal espressi che solo una persona come lei è capace di comprendere a fondo. Inoltre, anche se di contorno, ho apprezzato molto anche l’amicizia con Ino e Naruto, così come la breve comparsa di Hinata.
Il finale poi è praticamente perfetto; direi che è racchiuso tutto in quel punto interrogativo che immagino tu non abbia inserito per caso. Non c’è nulla di sicuro né tantomeno definitivo, ma gli indizi sono almeno sufficienti per far sperare che le cose possano volgersi al meglio.
Come ultima cosa mi devi togliere una curiosità: per caso sei una fan di Nana? se sì capirai da sola in base a quali particolari te lo chiedo XD


Giudizio di Annaky:

Correttezza grammaticale: 8.5/10
Originalità: 9.5/10
IC dei personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 35.5


Questa fanfiction è stata interessante. All'inizio, non avevo capito che il nuovo apprendista fosse Sasuke, e credevo che Hachi fosse un personaggio aggiunto per smuovere la scena. La stessa ambientazione AU mi ha dato alcuni "problemi di orientamento".
Le descrizioni sono rese bene, ma forse il racconto viene un po' troppo dilungato e rende il tutto un po' "pesante" da leggere.
Non che la fanfiction non desti curiosità...anzi, ho voluto scoprire subito come andassero a finire le cose, ma sarebbe stato meglio "comprimere" il tutto in fasce temporali più brevi, per alleggerire la lettura. Personaggi comunque IC, mi piace molto la caratterizzazione di Sasuke, che calza perfettamente i panni del killer spietato (ma alla fine non del tutto, almeno con colei che dimostra di amare), e anche quella di Sakura, solita inguaribile testarda...
Nel complesso, buona, insomma.

Media: 71.5
Al prossimo capitolo! Commentate! ^^

  
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