Note di introduzione.
Salve! Questa storia è un'AU SoulMates in cui sul polso
compare la prima frase che l'anima gemella sentirà pronunciare dalla sua
anima gemella. La frase compare solo quando nasce l’anima gemella, quindi Ben ha ventotto anni e Rey diciannove. Godetevi la lettura!
Ben si stese sulla sabbia e chiuse gli occhi.
Ti sento vicina.
La nuca a contatto con tanti granelli di sabbia mentre i suoi
capelli sudati erano incollati alle tempie.
La frase incisa sul suo polso che tremava e bruciava e si imprimeva
nelle sue
vene.
Quante volte ti ho sognata e quante volte mi sono svegliato urlando.
Era la consapevolezza del vuoto che mi circondava.
Il suo corpo era stanco, con braccia e gambe molli. I suoi muscoli si
erano lasciati
andare e solo le ossa riuscivano a dare un senso alle sue forme.
Sono steso qui. Nel
solito punto in cui ti sento. La mia anima gemella che
cammina tra queste spiagge e che io non riesco mai a trovare.
Erano immense le spiagge di Jakku. Chilometri di distese dai colori
spenti e
senza emozione. Le acque erano diventate degli acquitrini sporchi con
alghe
nere e vegetazione rossiccia.
Forse è
lì. Forse è diventata un relitto. Forse sono
arrivato troppo tardi.
La frase sul suo polso era incisa sulle sue ossa da diciannove anni - l’età
della sua anima.
Per tanto tempo c’era stato soltanto silenzio e un tepore che
gli riscaldava il petto in ogni ora delle sue insulse giornate. Poi era
iniziato un borbottio
alla base della sua testa. Un mormorio costante che gli aveva colpito
le
ginocchia e chiuso la gola. Era
il grido di aiuto di una bambina sola e
disperata.
Lui l’aveva cercata. Si era affidato alle sue sensazioni e al
bruciore della
sua scritta e alle sillabe sconnesse che sentiva nella sua testa. Ma
non era servito
a nulla.
Ogni notte trascorsa sussurrando parole al vento nel tentativo di
consolarla e
di non lasciarla sola.
Tu non sei sola. Tu non
sei sola. Tu non sei sola. Tu non sei sola. Tu non sei
sola. Tu non sei sola.
Milioni di volte.
Tu non sei sola. Tu non
sei sola. Tu non seisola. Tunon sei sola. Tunonseisola.
Le parole si erano unite e avevano perso significato e valore. Lui era
stato un
fallimento e lei aveva smesso di cercarlo, facendo tornare il silenzio
ed uno strano calore nella sua pancia. Quattro anni di silenzio fino a
quando non c’era stata
una parola nella sua mente. Una semplice combinazione di cinque lettere
che non
aveva pensato e che non aveva mai conosciuto. Jakku.
Giorni per raggiungere la spiaggia. Giorni per attraversarla. Giorni
per
rigirarsi negli stessi angoli ancora
e ancora mentre una disperazione cresceva
a dismisura nel suo cuore e nel suo respiro. Non c’erano
tracce di vita umana
se non le sue impronte mangiate dal vento e dal tempo che continuava a
scorrere.
Brucerò
nell’attesa. Diventerò un granello di sabbia
calpestato dalle sue
scarpe ed in qualche modo l’avrò trovata.
Il suo polso tremò in una maniera incontrollabile ed una
mano gli prese le dita
strette a pugno.
Ti sento talmente tanto
vicina. Sento le parole che si trasformano in croste
sulla mia carne. Si ispessiscono e ci legano in eterno. Vorrei sentirle
dalla
tua voce, almeno una volta. Anche in un delirio di febbre e bugie.
Altre dita gli sfiorarono la fronte e poi il naso e le labbra. I suoi
occhi si
aprirono ed in una sfocata messa a fuoco intuì il suo viso
illuminato dal sole.
Non sembrava reale. Era sicuramente un’immagine creata dal
suo dolore e dalla
sua solitudine. Non c’era nulla di vero.
Gli occhi erano vita. Le
labbra screpolate erano un sogno. Quei capelli legati
in crocchie e le ciocche sulle guance erano pianeti e costellazioni.
Un fischio scorreva nelle sue orecchie e la sabbia si trasformava in
ovatta.
Cercarti mi ha diviso
l’anima in due.
Il suo cuore perse sangue e lei lo disse.
“Tu hai paura.”
Sì. Mi sembra
di essere tornato a casa. Questa forza che ci unisce è
buona.
Giusta.
Sorrise.
E poi tu le hai dette.
Hai pronunciato le tre parole che io mormoro da
diciannove anni come una preghiera.
“Mi hai trovato tu.”
Lo disse con una risata isterica alla base della gola ma vide il suo
mento
tremare e qualcosa adombrarle lo sguardo. Le sue dita si slacciarono di
scatto
e si coprirono il polso magro come a volersi difendere da ogni sillaba
che
aveva pronunciato.
Ben si sedette ed i loro visi si sfiorarono.
“So di averti delusa. Perdonami.”
Lei continuava ad osservare le frasi suoi polsi di entrambi. Seduta
scomposta
vicino alle sue ginocchia e con la sabbia che indossava come calze.
“Non mi hai delusa. Io ti ho deluso?”
Toccarla. Sentirla. Era bellissima ed era talmente tanto vicina. Con
degli
stracci addosso od un vestito bianco immacolato non gli importava.
Scorgeva
soltanto le sue lentiggini e la cicatrice sulla sua mandibola, stelle sulla sabbia,
e sapeva di amarla.
Ti amo senza limiti. Ti
amo e ti amo e ti amo ti amo tiamo tiamo tiamo.
“Come avresti mai potuto? Sono io che ti ho lasciato sola
tutto questo tempo.”
Finalmente sorrise. Lei rise e il cielo scese a bagnargli le ciglia
mentre la bocca della sua anima gemella lo baciava.
Rey. Il suo nome era Rey.
“Ben. Tu non mi hai mai lasciata sola.”
Quella spiaggia era il suo posto nel mondo.
No. Era lì.
Tra le mani e le dita di Rey. Tra le sue ginocchia e i suoi fianchi.
Sulle sue
labbra che continuavano a dirgli che anche lui non era più
solo.
Angolo autrice
Salve a tutti! Buon
Star Wars Day con questa breve storia che ho scritto ieri presa da una
frenesia improvvisa. Non è un momento facile per me, ma ero
troppo triste al pensiero di non pubblicare nulla oggi. Sarà
una storia breve e mal fatta, ma eccomi nuovamente qui con una Reylo.
Spero vi sia piaciuta e abbiate riconosciuto qualche citazione dei film
e dei romanzi. Vi auguro una bellissima giornata. A presto :)