Ed ecco la mia ultima fanfiction, che vi terrà compagnia con i suoi tre capitoli.... Questa storia, collaborazione con Kalu Saeba (Alias Klaudia Grimaldi) nasce da un'idea di Klau, che mi ha fornito le basi narrative su cui costruire la storia vera e propria, e si sviluppa come un what if, partendo dagli eventi dei volumi 30 e 31 edizione Star Comics (I capitoli My Fair Ryo/E Kaori indossò il costume da bagno!/L'affascinante Bersaglio/Il segreto dello spolverino/la grande fuga).
Grazie e buona lettura!
“Una vacanza?”
Kaori sgranò gli occhi, mentre Eriko,
seduta davanti a lei ad uno
dei tavolini del Cat’s Eye, teneva le mani giunte in
preghiera, mettendo sul
bel viso giovane lo stesso broncio che l’aveva
contraddistinta quando era stata
una ragazzina petulante. Sul tavolino, in mezzo alle due donne, alcune
brochure, che decantavano l’Ocean Club, un resort di lusso
delle Bahamas…
mini-appartamenti, villette, camere con vista sul mare oppure sulle
meravigliose piscine, la cui acqua cristallina poteva facilmente
gareggiare con
quella dell’oceano, campi da golf, centri
benessere… c’era davvero tutto quello
che si potesse desiderare, e forse perfino di più.
“Proprio così!” La
giovane stilista fece cenno di sì, occhi che le
brillavano per l’emozione. “Uno degli sponsor della
sfilata era la Shinsato
Cosmetics e…”
“La Shinsato?” Kaori
domandò, entusiasta, mentre prendeva in mano
uno dei volantini e osservava la meravigliosa spiaggia dalla sabbia
bianchissima, il mare di un azzurro tale che sembrava non vi fosse
alcuna
differenza col cielo… si ritrovò a sospirare con
aria sognate: una vacanza, da
quanto non ne faceva una, per bene? Nemmeno più se lo
ricordava- di certo, non
da quando aveva preso a lavorare con Ryo! “Non è
quella ditta che è diventata
famosa per il fondotinta solare arricchito con il Monoi?”
“Sì, esatto! Ma non fanno
solo quello, sono stati i primi a
lanciare in Giappone il Monoi!”
Eriko
continuò, quasi con aria sognante. “Gireranno il
nuovo spot alle Bahamas, ed il
nuovo proprietario della società mi ha invitata a
raggiungerli, perché sarebbe
interessato ad ampliare la nostra partnership, e per convincermi mi ha
gentilmente offerto un soggiorno tutto pagato, extra inclusi, di due
settimane
all’Ocean Club, uno dei resort più belli
dell’intero arcipelago! Dai, Kaori,
vieni con me, ti prego! Non vorrai farmi andare da sola, vero? E poi
tra pochi
giorni sarà il tuo compleanno, sarà come un
doppio regalo!”
Eriko rimise il broncio, mentre Kaori faceva mente
locale,
rattristata dalla nota dolente del suo compleanno…
l’anniversario della
scomparsa dell’adorato fratello. Ma non era solo quello:
l’ultimo di marzo
sarebbe stata un anno più vecchia di quello precedente,
sarebbe stata ancora
single, illibata, sola, bloccata nella stessa ed identica situazione in
cui lei
e Ryo si ritrovavano da tempo ormai immemore.
Forse Eriko aveva ragione, e avrebbe fatto bene a
farsi quel
regalo, se non altro per dare una piccola scrollata alla sua routine
quotidiana, e comunque era quasi del tutto certa che il suo passaporto
fosse
ancora valido - lo aveva rifatto poco dopo aver conosciuto la sorella,
Sayuri,
nel caso avesse mai voluto, o potuto, raggiungerla negli
States… quello che la
preoccupava però era Ryo. Poteva lasciarlo solo per oltre
due settimane, senza
rischiare che combinasse qualche guaio troppo grosso?
Si voltò nella direzione del partner,
occupato, come suo solito,
ad insediare la bella Miki, mentre Umi cercava di difendere la
virtù della
compagna afferrando il pervertito numero uno del Giappone per il collo,
nella
speranza di staccarlo dal corpo della donna.
Kaori sospirò, mentre, giù
di morale, guardava sul dépliant le
immagini di coppiette felici che si abbracciavano al tramonto o a bordo
di una
delle piscine del complesso: era inutile, Ryo nemmeno sapeva che lei
esistesse,
ed intanto la giovane donna si struggeva d’amore non
corrisposto per il suo
socio. Forse era
davvero giunto il
momento di tentare di mettere una pietra sopra almeno a quella folle
infatuazione, specie se voleva continuare ad essere City Hunter al suo
fianco,
perché tanto lui avrebbe certamente perseverato nel vederla
come una virago
mezza uomo senza alcuna classe né qualità
speciali, o particolari doti fisiche.
Eppure, lei sapeva di non essere davvero
così racchia come lui la
descriveva, né pensava davvero, nel profondo,
di sembrare un uomo: Eriko le aveva detto che aveva stile da vendere ed
un
corpo e portamento da modella, Sayuri che era carina, e qualche
spasimante lo
aveva avuto, a volte capitava che gli uomini per strada la
approcciassero o che
alcuni dei loro (pochi) clienti maschi le facessero il filo.
Lei non era da buttare, nonostante quello che lui le
diceva.
“Wow, che meraviglia! Quella vale dieci
punti! Signorina, mi
aspetti, vorrebbe uscire con me? Dove scappa? Non vuole andare a bere
qualcosa
con questo bel ragazzo di vent’anni?” Praticamente
volando, Ryo si precipitò
fuori dal locale, inseguendo una ragazza che senza dargli tempo di
spiegarsi –
non che con quella faccia da maiale in calore ci potessero essere dubbi
al
riguardo delle sue più che palesi intenzioni
predatorie– gli
diede la borsetta in faccia prima,
proseguendo poi con la testa, a seguire con lo stomaco, per poi
terminare con
il gran colpo: una ginocchiata nelle parti basse dello sweeper, che
piagnucolò
per esattamente dieci secondi prima di gettarsi, ancora dolorante e
ferito nel
corpo e nell’orgoglio, sull’ennesima fanciulla che
reagì pressoché nello stesso
modo della precedente, ovvero con botte e borsettate.
Kaori guardò Ryo fuori dal locale, che
perseverava nei suoi atti
predatori, poi guardò le foto dell’hotel. Sole,
mare, spiaggia, divertimento…
magari anche un’avventura estiva, forse era proprio quello di
cui aveva bisogno
per dimostrare a sé stessa in primis che non era solo la
goffa assistente di
Ryo, ma anche una ragazza giovane, carina ed indipendente, e che non
aveva
bisogno di nessuno, specie di un debosciato come il suo socio.
“Però… io non ho
niente da mettermi….” La sweeper
piagnucolò.
Eriko la guardò, soddisfatta, consapevole che ormai il
più era fatto e che
Kaori era a tanto così dall’essere convinta
ad unirsi a lei in quella folle vacanza, il genere di cosa
di cui da
ragazze parlavano sempre ma che, per un motivo o l’altro, non
avevano mai
fatto, limitandosi a sognarla.
“Tutto qui? Ma di questo non devi
preoccuparti! Sei o non sei
amica della miglior stilista emergente di tutto il Paese?”
***
“Ma… ma quanta roba mi hai
portato?” Il salotto di casa
Saeba-Makimura era pieno di borse, borsine e borsette stracolme di ogni
capo
mai concepito per il corpo femminile. Solo a guardare tutta quella
abbondanza,
Kaori avvertì un leggero mancamento… come poteva
Eriko credere che si sarebbero
potute portare dietro tutta quella roba? Ma soprattutto, davvero
l’amica
pensava che lei se la potesse permettere, con il portafogli che
piangeva
perennemente miseria?
“Oh, ma è solo qualche capo
di campionario, nulla di che!” Eriko
minimizzò, con un gesto svogliato della mano, quasi non ci
fossero migliaia e
migliaia di yen in vestiti sparsi tra divano, tavolino e sedie varie.
“Tutta
roba delle vecchie collezioni che non potrei nemmeno più
vendere in saldo,
figurati! Se li prendi mi fai pure un favore, almeno mi si abbassa un
po’ il
valore del magazzino, ed intanto tu con quel tuo bel corpicino mi farai
da
vetrina pubblicitaria… appena quelli della Shinsato vedranno
i miei modelli
addosso ad una donna vera ed in un contesto reale non saranno capaci di
rifiutarmi un contratto!”
Kaori prese in mano un delicato pareo, dal tessuto
impalpabile,
rosato, dalla fantasia di macchie di leopardo. La sweeper
sospirò sconsolata,
quasi incredula che ci fossero persone il cui problema era che
possedevano
troppo di tutto, mentre lei a quanto sembrava doveva accontentarsi
della
carità.
Elemosinava briciole di affetto da lui, i vestiti
dalla sua
migliore amica… il prossimo passo quale sarebbe stato,
chiedere un prestito a
Miki o Saeko?
“Mia dolce Eriko, bella stilista del mio
cuore!” Ryo cinguettò,
irrompendo in boxer – almeno quelli se li era messi, fino a
dieci minuti prima
era stato nudo come un verme – nella camera. “Sei
venuta a sfilare per me ed il
mio mokkori?”
La stilista si limitò a congelarlo
all’istante, freddandolo con
uno sguardo che la diceva tutta su cosa esattamente lei pensasse di
lui, del
suo mokkori e del suo comportamento, ma soprattutto della sua completa
mancanza
di stile. Poteva capire che, sul lavoro, Ryo fosse votato alla
praticità e al
bisogno di essere costantemente all’erta, ma la donna non
avrebbe transatto sui
momenti di libertà, in cui lui non aveva da essere City
Hunter ma solo Ryo
Saeba.
“Scordatelo, Saeba. Te l’ho
già detto, io non esco con chi non ha
stile.” Gli rispose, sprezzante, alzando il naso
all’insù. Poi, quando lo vide
pensieroso, quasi non capisse la presenza di tutti quei capi, decise di
lanciargli un’esca, e vedere se avrebbe abboccato
all’amo. “E comunque, questi
vestiti sono per Kaori, voglio che scelga un po’ di cose da
portarsi per la
nostra vacanza al mare!”
“MARE!?” Ryo prese a sbavare,
perso nella sua immaginazione con
aria sognante e depravata. Mare, sole, spiagge, corpi femminili dalle
sensuali
forme celate da minuscoli pezzetti di stoffa che poco o nulla
lasciavano
all’immaginazione, disinibite signorine in
topless… il paradiso! Cosa avrebbe
potuto chiedere di più dalla vita? Nulla! “Quando
si parte? E dove andiamo?
Esigo una stanza matrimoniale per noi due e una singola per la virago
e…”
…E la frase finì
lì, poiché Kaori lo colpì con tutta la
forza che
aveva con uno dei suoi micidiali martelli, mettendolo al tappeto, la
testa
conficcata nel pavimento.
“Tu non vai da nessuna parte!”
Gli ringhiò contro, tenendo
l’arnese infernale ben premuto contro il cranio dello
sweeper. “La vacanza è
solo per me ed Eriko… anche perché
noi ce
ne andiamo alle Bahamas in aereo, e
vorrei ricordarti che tu hai il terrore del volo, brutto cialtrone! E
comunque
tu domani ha appuntamento con un cliente!”
“Ma… ma non è
giusto!” piagnucolò lui, infantile. “Tu
te ne vai in
vacanza e io per poterti pagare le spese devo lavorare per un
uomo… non voglio!
E poi cosa ci vai a fare alle Bahamas? Neanche stai bene in costume da
bagno!”
“Guarda che lo so benissimo che hai
visto anche tu quanto Kaori
stesse bene in costume, brutto idiota,” Eriko gli
sibilò all’orecchio,
redarguendolo, acida e scontrosa. “E comunque non devi
preoccuparti dei soldi,
dato la vacanza a
me e Kaori l’hanno
regalata!”
La stilista stava iniziando ad averne abbastanza
del comportamento
infantile di Ryo, ma soprattutto del modo in cui lui continuava a
sminuire la
bellezza di Kaori e le sue doti, senza rendersi conto di come, ogni
volta che
lui pronunciava quelle infondate assurdità, la sweeper
soffriva, rattristandosi
nel più profondo del suo cuore. Eriko aveva capito fin dal
primo momento che
quello di Ryo era il tipico atteggiamento da ragazzino infatuato, ma
non
tollerava che un uomo adulto continuasse a comportarsi così,
che non capisse
quali potessero essere le conseguenze delle sue azioni.
Era giunto il momento che qualcuno gli desse una
sonora lezione… e
quale occasione migliore di quella per stuzzicarlo? Chissà,
magari sarebbe
anche servito a fargli aprire gli occhi una volta per tutte su tutta
quella
grazia che aveva sotto gli occhi quasi ventiquattr'ore su ventiquattro!
“Kaori, perché non ti provi
qualcosa? Giusto per vedere che non ti
abbia portato una taglia più
grande…”
Le disse, mentre però continuava a guardare, con una certa
superbia,
sprezzante, lo sweeper, che ancora si massaggiava il capo dolorante.
“Ecco, ad
esempio…. Questo, e questo… magari
quest’altro… questo cosa ne dici? Ti piace?
Ah, e non possiamo certo dimenticare quest’altro…
e magari pure questo, e
questo…oh, gli uomini impazziranno quando ti vedranno
vestita così, farai un
figurone! Pensa quanto sarebbe bello se incontrassi l’uomo
della tua vita
durante questa vacanza… oh, promettimi che se
succederà ti farai fare da me il
vestito da sposa!”
Svolazzando eccitata come una farfalla, quasi
fosse una ballerina
che si lasciava trasportare dai piedi, saltellando leggiadra per la
stanza, la
stilista raccattò una marea di capi di tutte le fogge e di
tutti i colori,
costumi, vestiti, top colorati, di tutto un po’, e se li mise
al braccio; neri,
rossi, bianchi, colorati, fantasia… aveva un po’
di tutto, in un tripudio che
inneggiava all’estate e al divertimento, ma c’era
una sola cosa che, Ryo si
rendeva purtroppo conto, quei deliziosi capi avevano in comune.
Erano tutti capi molto attraenti: corti, scollati,
aderenti, erano
ciò che di solito accendeva la sua depravata fantasia di
indomito ed
insaziabile stallone, ed ora, quei vestiti, Kaori li avrebbe indossati
mentre
prendeva il sole a bordo di una squisita piscina, o mentre camminava al
tramonto lungo spiagge dalla bianca sabbia, i deliziosi piedini
sfiorati dalle
placide onde, mentre ballava nella discoteca del resort, circondata da
uomini
che non desideravano altro che irretirla...
Che Kaori fosse carina ed attraente ormai era da
un bel po’ che
Ryo lo aveva capito, ma l’incarico improvvisato con Eriko gli
aveva fatto
capire che ormai non era più la ragazza semplicemente carina che aveva incontrato anni prima
sulla sua strada; il tempo
con lei era stato più che clemente, e lei ora era divenuta
una donna, la cui
bellezza era sbocciata in modo dirompente, e con indosso i bellissimi e
ricercati capi di Eriko presto se ne sarebbero accorti anche tutti gli
altri
uomini. Era già difficile tollerare che le ronzassero
intorno prima, ma adesso…
adesso sarebbe stata una vera tortura!
Ingoiò a vuoto mentre un leggero senso
di panico si impadroniva
del suo essere, e la sua mente si riempiva di fantasie a luci rosse con
la
donna del suo cuore come interprete femminile e altri
uomini che partecipavano al sollazzamento…
Scosse il capo, risoluto: no, non doveva pensarci.
Kaori era
grande, sapeva quello che faceva, e non aveva certo bisogno di lui. E
comunque
lo aveva sempre saputo: prima o poi avrebbe dovuto lasciarla andare per
la sua
strada, e poi quella vacanza forse avrebbe fatto bene ad entrambi.
Ormai erano
anni che Kaori era l’unica donna con cui Ryo fosse
effettivamente in contatto,
forse la lontananza gli avrebbe fatto capire meglio cosa volesse dal
loro
rapporto, e come affrontarlo.
E poi, sì, c’era un cliente
uomo, d’accordo, ma la città era piena
di belle ragazze… e senza Kaori avrebbe potuto fare quello
che voleva, e
tornare finalmente alle vecchie abitudini…. O no?
Sospirando, mentre sentiva provenire dalla camera
di Kaori il
fitto chiacchiericcio e le risate allegre delle due donne, lo sweeper
lanciò
una rapida occhiata alla scatola aperta sul tavolo, quadrata, semplice:
Eriko
aveva anche portato una collana tribale all’amica, un cerchio
di legno legato a
delle sottili cordicelle di cuoio nero, decorate con nodi e perle di legno. Lo prese in mano,
tenendolo tra le dita,
studiandolo attentamente, poi, scrollando le spalle, lo ripose dove
l’aveva
trovato.
Accanto alla scatolina, però,
trovò qualcos’altro: il dépliant del
resort dove le due donne avrebbero soggiornato per la durata della loro
vacanza. Lo scorse velocemente, trovandoci tutte le informazioni del
caso,
inclusi i recapiti.
Senza farsi vedere, lo sweeper copiò su
un foglietto tutto quello
che gli serviva sapere, poi rimise la brochure a posto e si mise in
tasca il
foglietto scritto a
biro. Magari sapere
quelle cose non gli sarebbe servito a niente, però,
com’era che diceva l’antico
detto? Prevenire era meglio che curare!
***
Kaori si sentiva in imbarazzo.
Seduta su una delle sdraio del resort, tentava di
stringersi nel
proprio abbraccio, ma era tutto inutile: per la prima volta nella sua
vita si
sentiva nuda, esposta… con decisamente troppa pelle in bella
mostra. Il costume
da bagno che Eriko aveva scelto per lei era, in teoria, intero, ma era
il
classico costume da bagno solo nella parte inferiore e nella parte
destra; la
coppa sinistra era invece un minuscolo triangolo di stoffa, tenuto
insieme al
pezzo principale da un anello di metallo dorato. Scollato e sgambato,
era il
tipo di capo che Ryo le diceva sempre la faceva sembrare un travestito,
mentre,
molto probabilmente, Eriko, Miki, Saeko e Reika gli sarebbero parse
divine
creature, novelle dee dei flutti con addosso un capo del genere.
Al
suo fianco, Eriko invece
era in topless, con occhiali da sole ed un cappello di paglia, e,
sicura di sé,
della propria femminilità, sorrideva, mentre ogni tanto si
spruzzava un po’ di
acqua solare profumata al Monoi sul corpo - un altro regalo della
Shinsato-
rendendolo luminoso e brillante.
La sweeper sospirò, arrossendo,
sentendosi osservata. Perché aveva
gli occhi di tutti puntati addosso? Possibile che il costume che Eriko
le aveva
regalato fosse così indecente? Eppure era la sua amica
quella che era mezza
nuda! Perché non guardavano la bella stilista?
“Amica mia, stai pensando
così intensamente che mi stai facendo
venire il mal di testa!” Eriko la schernì;
sollevò gli occhiali da sole e si
girò su un fianco, in modo da poter guardare Kaori negli
occhi. “Cos’è, senti
la mancanza del tuo Ryo?”
“Ma, ma no, cosa dici,
Ryo
ed io non siamo mica così…” Kaori
sbuffò, mettendo il broncio, stufa di dover
perennemente ripetere a tutte le donne che incrociavano la loro strada
quella
frase, mentre le sue gote prendevano la stessa tonalità dei
suoi capelli. E
comunque, con lui era a dir poco arrabbiata: poteva capire che lui non
volesse
andare all’aeroporto per via del suo piccolo
“problema” con gli aerei, ma la
sera prima sarebbe potuto tornare a casa dai suoi giri ad
un’ora decente per
dirle ciao e salutarla. E invece no: quando aveva lasciato il loro
appartamento, lui era ancora in giro a bighellonare con i suoi
amichetti,
chiunque essi fossero. “Solo che, mi guardano
tutti… sto davvero così male con
questo costume?”
“Ma no, sciocchina!” Eriko le
sorrise, la voce aggraziata in cui
permeava la nota di una risata leggera. “Ti guardano
perché sei bella.”
“Io… bella?” La
giovane donna disse, con una voce talmente bassa
che l’amica non comprese se stesse parlando con lei o da
sola. Sembrava
incredula- e dopotutto, la stilista non avrebbe dovuto stupirsene, quei
pochi
giorni passati con il duo di sweeper le aveva mostrato come Ryo si
comportasse
con Kaori, con la chiara intenzione di tenerla a distanza…
scherzi, battute,
insulti e oltraggi vari avevano minato Kaori, che aveva iniziato a
collaborare
con Ryo quando era ancora ragazzina, acerba e suscettibile alle parole
altrui,
specie quelle di un uomo.
“Kaori…. Davvero non te ne
rendi conto?” L’amica le domandò, la
voce quasi rotta dal pianto, mentre copriva la mano dell’ex
compagna di scuola
con la sua. “Gli uomini, ti stanno guardando
tutti… sono tutte persone di un
elevato ceto sociale, e sono interessati a te. Perché non ne
approfitti? Non ti
piacerebbe sposarti con un ricco uomo d’affari?”
“Ma che sciocchezze! Io al matrimonio
non ci penso affatto!” Kaori
si sbrigò a replicare, altezzosa e quasi irritata, anche se
non riusciva a
comprendere pienamente nemmeno lei stessa il perché di quel
sentimento.
“Non ci pensi…” le
si avvicinò, con un ghigno un po’ birichino sul
volto, dispettosa e maliziosa. Aveva una luce negli occhi che sembrava
gridare
che non avrebbe dato pace all’amica fino a che non fosse
stata onesta con
lei... o non avesse ottenuto le risposte che sperava. “Oppure
hai già qualcuno
di preciso in mente come futuro marito?”
“Co… cosa dici?!”
Ormai Kaori era più rossa di un’aragosta cotta
al vapore. Il suo cuore stava battendo a mille, sotto
l’intenso sguardo
indagatore di Eriko. Com’era possibile, si chiese, che una
persona che non
vedeva da anni l’avesse compresa così bene,
sapesse leggerle dentro in quel
modo? Davvero era così trasparente?
“Beh, allora, se non hai qualcuno in
testa…” l’amica sogghignò,
facendole l’occhiolino mentre, in modo fluido ed elegante,
come una pantera, si
alzava dallo sdraio, ed indossava sul seno nudo una camicetta che
chiuse con un
semplice nodo. “Penso che dovresti accettare
l’invito di quel ragazzo che si
sta avvicinando… è tutta la mattina che ti fissa,
e credo che fra tutti sia il
candidato migliore! Non hai mica bisogno di sposartelo… puoi
anche divertirti
un po’ con lui… dopotutto, avere delle avventure
romantiche in vacanza è
normale, non credi?”
Boccheggiando a bocca aperta, Kaori si
voltò verso la direzione
che Eriko, con un quasi impercettibile movimento del capo, le aveva
indicato.
Era vero: un ragazzo la stava guardando. Lui le sorrise, alzando il
colorato
drink con l’ombrellino in cenno di saluto, e la giovane
donna, imbarazzata, si
voltò dall'altra parte in tutta velocità. Il
giovane sorrise di nuovo, quasi
divertito e intenerito da quello spettacolo, e abbandonò gli
amici ed il suo
posto a sedere, incamminandosi verso di lei.
Prima ancora che lui arrivasse, Kaori
avvertì, incombere su di
lei, la sua ombra, e mordendosi il labbro, facendosi coraggio, decise
di
voltarsi e affrontarlo. Arrossì, emozionata: era un
bell’uomo. Alto- non come
Ryo, ma era almeno 1.85 – capelli scuri bagnati, tirati
indietro, ma che davano
l’idea di essere ribelli, e un fisico asciutto, con solo
pochi muscoli, non
come certi palestrati esagerati che stavano nelle file della Yakuza e
con cui
lei e Ryo si scontravano spesso. Le sorrise - tanto con le labbra,
sottili,
quanto con i grandi occhi scuri – e scoppiò a
ridere, mentre si sedette nel
posto lasciato libero da Eriko, e le porse la mano.
“Hi! Sbaglio o ti ho sentito parlare in
Giapponese con la tua amica?
I’m Robert,
nice to meet you!”
Robert le sorrise, parlando con un mix di perfetto
inglese- o
almeno così le sembrava, doveva ammettere di essere un
po’ arrugginita – e di
giapponese. Guardandolo bene notò che i suoi lineamenti
avevano un qualcosa di
orientale: probabile che fosse un mezzo sangue.
“Ehm… sì. Io
sono… sono di Tokyo. Io mi
chiamo Kaori, piacere!”
“Mia madre è di Tokyo,
è una musicista! Ha incontrato mio padre
mentre era in tournée negli US of America con la sua
orchestra!” Mentre Kaori
lo sentiva parlare, le venne quasi da ridere; Robert era carino, ma
soprattutto, a parlare giapponese con quel curioso accento che poteva
solo
definire Yankee, era… era simpatico e divertente,
autoironico.
Un uomo che la faceva divertire e la trattava da
donna, che la
guardava lusinghiero, senza tuttavia quell’aria lasciva che
Ryo tendeva ad
avere quando ci provava con tutte, tranne lei: questo sì che
era un bel
cambiamento! Possibile che il merito fosse tutto di Eriko, che, novella
fata
madrina, aveva operato la sua magia, trasformandola in una moderna
Cenerentola?
O c’era forse qualcosa nel suo animo ad essere cambiato, una
nuova
consapevolezza?
I due risero e scherzarono, e passarono il resto
del pomeriggio
insieme, chiacchierando e sorseggiando deliziosi drink analcolici alla
frutta;
lui trattava Kaori come una regina, senza tuttavia apparire opprimente
o troppo
sdolcinato, era carino e simpatico, in poche parole, un vero cavaliere,
e
quando, a causa dei tacchi alti, a cui forse mai si sarebbe abituata,
Kaori
quasi cadde mentre passeggiavano sulla spiaggia, le palme che facevano
loro
ombra, il giovane la sorresse, le braccia forti intorno al busto
delicato della
fanciulla. Kaori, col cuore che batteva forte senza che lei ne
comprendesse
pienamente il motivo, si ritrovò a guardarlo con grandi
occhi sgranati,
emozionata, e all’improvviso lo vide sotto una nuova
luce…
Avrebbe mai potuto farlo? Innamorarsi di un altro?
Avrebbe passato la vita ad amare in silenzio Ryo,
accettando di
dover subire le sue angherie, i suoi insulti, di vederlo corteggiare
qualsiasi
altra donna sopra i diciotto anni?
Donarsi a qualcun altro... avrebbe significato
tradire se stessa
ed il proprio cuore, accontentarsi… oppure trovare
un’insperata felicità?
Occhi chiusi, che bruciavano con tutte le lacrime
che desiderava
piangere ma che si rifiutava di lasciare uscire, troppo orgogliosa,
Kaori
strinse i denti, e dopo aver posato i palmi sul petto di Robert, lo
allontanò
da sé con delicatezza.
Si sentiva quasi in colpa, verso Robert, che la
guardava,
rattristato e turbato, e verso se stessa, che non osava lasciarsi
andare,
ancorata in un presente da cui difficilmente avrebbe mai cavato
qualcosa.
Perché si ostinava a stare accanto ad un uomo da cui non
faceva altro che
elemosinare qualche briciola di affetto?
“Scusami, io…” col
viso basso, stringendosi nel corpo esile, Kaori
guardò altrove, incapace di incontrare gli occhi del
giovane. “Grazie per
avermi aiutata.”
A passo svelto, Kaori si diresse verso
l’albergo, mentre Robert la
guardava allontanarsi; aveva un braccio alzato nell’aria,
quasi avesse sperato
di poterla sfiorare, di fermarla, ma il suo tentativo era stato vano:
come
un’apparizione, come una fata, lei era scomparsa, lasciandolo
solo e al freddo.
Stava ancora fissando il vuoto lasciato dalla donna davanti a lui,
quando udì
provenire dai cespugli lungo la spiaggia un rumore, come qualcosa che
stesse
strisciando tra i rovi.
Sollevando un sopracciglio con fare interrogativo,
fece un passo
in direzione del rumore, ma quando fu a pochi passi dal suo obiettivo,
un
grosso volatile si levò nel cielo, sbattendo le ali e
gracchiando:
evidentemente, doveva avere il nido nascosto in mezzo a quei rami.
Scosse il capo: aveva pensato che ci fosse stato
qualcuno, in quei
rovi, nascosto a spiarli!
Scoppiando a ridere sonoramente, mentre il mare
gli accarezzava i
piedi, Robert mise le mani in tasca e malinconico si
incamminò verso la sua
suite all’interno del resort. Solo, come sempre: non avrebbe
disdegnato la
compagnia della bella Kaori, se lei gli si fosse voluta concedere, ma
avrebbe
accettato anche solo di passare la notte a parlare, guardare il sole
che
sorgeva sulla spiaggia. Quella donna aveva un qualcosa che lo intrigava
e lo
stregava, aveva un qualcosa di speciale, di magico, gli pareva quasi
che fosse
un’apparizione misticheggiante, tanto era dolce e delicata.
Ma… ma sentiva che c’era
qualcosa che la frenava, che avrebbe
fatto sì che Kaori non sarebbe mai potuta essere sua. Lo
aveva avvertito nel
momento in cui l’aveva stretta, sorreggendola, una ritrosia
non tanto verso l’atto
quanto verso la persona che lo compiva.
No, non qualcosa,
il giovane si
corresse: qualcuno.
Forse per la legge Kaori era ancora
“signorina”, e non apparteneva
ancora a nessuno, ma qualcosa gli diceva che nel cuore lei appartenesse
eccome
già ad un altro uomo.
Un altro rumore provenne dai cespugli, ma stavolta
Robert non si
voltò a vedere cosa fosse, e andò avanti per la
sua strada, convinto che si
trattasse ancora una volta di un animale. Ed in un certo qual senso, lo
era: si
trattava di un super predatore, un alfa, che si trovava alla cima della
catena
alimentare…
Un uomo. Che, celato nell’ombra,
controllava ogni loro più piccola
mossa… ed intanto si lamentava delle spine che gli si erano
piantate nel
fondoschiena.
***
“Allora Ryo, hai sentito
Kaori?” Il tono fin troppo allegro di
Miki mise subito in allerta lo sweeper, che appena varcata la soglia
del Cat’s
Eye guardò con aria stranamente disinteressata la bella
barista. “Sai, ieri
sera mi ha detto una cosuccia molto interessante… a quanto
pare ha un
corteggiatore! ”
Ryo si morse la lingua, trattenendosi da dire cosa
veramente
pensasse, mentre il suo cervello, tarato per criticare Kaori e fare
battutine
onde evitare che il mondo intero si rendesse conto di che genere di
obiettivo
la donna sarebbe potuta essere, iniziava a lavorare nella sua solita
modalità
di “stronzo bastardo cretino”.
“Oh, che bello! Finalmente un uomo che
tenta di infilarsi nel
letto di Kaori! Chissà come sarà contenta che
alla fine ci sia davvero qualcuno
che la vede come una vera donna!” Si mise a ridere,
sguaiatamente, ma di un
tipo di riso esagerato, quasi lui stesso lo stesse esacerbando nel
tentativo-
ormai vano- di far credere agli amici che per lui Kaori fosse giusto la
sua
socia in affari. Non era nemmeno andato ad accompagnarla
all’aeroporto, non
tanto per il suo terrore atavico degli aerei, quanto perché
temeva di
svergognarsi davanti a tutti i presenti, trasformandosi, causa quei
graziosi
abitini, nella belva gelosa che aveva sempre tenuto a bada quando si
trattava
della bella giovane.
Miki, facendo l’offesa, nemmeno fosse
stata lei ad essere
insultata, gli diede un vassoio in testa, poi girò sui
tacchi, e si chiuse con
un pesante colpo la porta alle spalle; Ryo rimase solo con Umibozu
– gli altri
avventori, appena Miki era sparita, era scappati a gambe levate
– che,
appoggiato al bancone del bar, guardava lo sweeper e nemico-amico, con
occhiali
da sole e un sorriso a trentadue denti che avrebbe messo il terrore
addosso a
chiunque. Certe persone non erano fatte per sorride, e il mercenario
era uno di
questi.
“Guarda che io non me la bevo mica, lo
sai?” Si mise a
sghignazzare, a circa due millimetri dalla faccia di Ryo, che
sprezzante
continuò a bersi il suo caffè. “Lo so
che sei geloso marcio. Kaori ti piace e
non lo vuoi ammettere.”
“Stai zitto, scimmione!” Ryo
borbottò, cercando di non guardarlo
negli occhi.
Detestava che i suoi amici li conoscessero
così bene da sapere
cosa passasse loro nella testa... e nel cuore.
“Nel caso avessi bisogno di occhi e
orecchie a Nassau…” Da dietro
le spesse lenti scure, Falcon alzò un sopracciglio, e
guardò con un sorrisetto
lo sweeper mentre gli avvicinava, facendolo scorrere sul bancone, un
semplice
foglietto di carta. Un rettangolo bianco, su cui, a penna nera, erano
scritti
dei nomi e dei numeri di telefono.
Ryo borbottò qualcosa, buttò
una manciata di banconote sul tavolo
ed afferrò il foglietto, guardando altrove e senza degnare
l’amico di una
risposta.
C’erano cose che era meglio il gigante
non sapesse.