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Autore: Marika Grosso    19/05/2021    2 recensioni
È la mia prima #destiel quindi spero di non aver fatto pasticci.
L'ho scritta subito dopo la 6x20 "The Man Who Would Be King", mi è venuta in mente così, dal nulla, e forse sono solo altre seghe mentali.
Si può vedere come un proseguimento di quell'unico episodio, e spero sia la prima di una lunga serie di fanfiction sulla Destiel.
Mi piace molto il personaggio di Castiel e spero che, nel corso del telefilm, venga sempre affrontato con una profondità che continui a farlo risultare così interessante.
Non è niente di eclatante, certamente niente di sessuale, ma insomma, è solo la prima prova, no?
Spero possa piacervi.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
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Guardami negli occhi e dimmi che accidenti ti sta succedendo.
Guardami negli occhi e dimmi che non sei d'accordo con Crowley.
 
Non avrei mai creduto di arrivare a quel punto, soprattutto non avrei mai creduto di sentire quelle parole uscire dalle sue labbra. Ma, più che le parole in sé, quello che mi scosse nel profondo, fu il tono con cui Dean Winchester le pronunciò.
Rabbia. Sì, sicuramente fu la rabbia la prima cosa che percepii, ma non fu quella a spaventarmi.
Disappunto. C’era anche quello, ovviamente. Perché mai un angelo come me avrebbe dovuto collaborare con un demone. Non uno qualsiasi, ma quello che si era proclamato nuovo Re. Il Demone, sì, con la “d” maiuscola. Quello che i cacciatori come i Winchester cercavano ogni giorno di uccidere.
No, non furono né la rabbia, né tantomeno il disappunto, a turbarmi. Sarei potuto passare sopra a cose ben peggiori, avevo sconfitto la morte, ero tornato, avevo una missione…
Fu la delusione che mi distrusse completamente.
La mia anima, se ne avessi avuta una, a quel punto, dopo aver sentito quelle due frasi, sarebbe finita in briciole. Così piccole che neanche il più attento dei costruttori avrebbe saputo rimetterla insieme.
Avevo deluso Dean. Dean, uno dei pochi esseri umani che consideravo un amico, un fratello. Provavo per quel ragazzo qualcosa di così grande che, nonostante fossi talmente vecchio da aver visto la creazione del mondo, arrivato a quel punto non avevo comunque trovato un termine giusto per definirlo.
I comuni mortali avrebbero detto affetto, amore. Ma no, non era così banale. Era fin troppo profondo.
Ero diventato un angelo libero e, con quella libertà che avevo tanto a lungo cercato di spiegare ai miei fratelli immortali, potevo coltivare quel sentimento e cercare di capirlo.
Volevo capire Dean Winchester, chiedergli perché, occultato alla sua vista e a quella di tutto il resto del mondo, spesso mi ritrovavo nella sua camera, o almeno in quella che lo sarebbe stata per poche notti durante l’ennesima caccia, e lo guardavo dormire.
Il tono di quelle sue parole, unito allo sguardo che mi aveva lanciato poco prima di richiudersi la porta alle spalle, mi avevano devastato.
 
Mi guardai intorno, in uno fra i miei paradisi preferiti. Forse era stata la mia angoscia a far scendere la neve in quell’eterno martedì di festa del 1952? Sapevo che avrei dovuto provare freddo, se fossi stato umano sarei congelato, sotto quel continuo fioccare silenzioso. Magari avrei finito per diventare una statua gelida, ma abbastanza resistente da sopravvivere alle scariche di Raffaele.
Sarei potuto rimanere in quel luogo per l’eternità e nel mio caso non era il solito eufemismo da mortale. Avrei visto quell’uomo, l’uomo dell’aquilone, farlo volare in cielo ogni giorno, immobile e immutabile.
Ma non avrei più rivisto Dean.
Sospirai pesantemente a quella nuova considerazione, e il mio spirito di angelo prese a vorticare senza sosta, dentro il suo contenitore di carne e sangue. Mi passai una mano sul volto, poi fra i capelli scompigliati.
Non avrei saputo rinunciare neanche per un attimo alla possibilità di vedere Dean Winchester. Passavo già i miei unici momenti liberi con lui, seduto accanto a lui sul letto, spiandolo durante le sue docce, troppo brevi per essere davvero efficaci, ma abbastanza lunghe per togliergli di dosso l’odore fetido dei demoni e quello delle donne che spesso scopava in un angolo buio.
Lo spiavo, lo seguivo. Ero completamente ossessionato da lui.
Ripensai ancora una volta agli occhi di Dean, alla sua delusione e mi sentii morire dentro. Era possibile per un angelo? Morire perché l’essere umano che considerava il più importante e speciale da millenni, lo aveva guardato con disprezzo?
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare. Fu come cadere all’indietro, ma invece di sentire la neve soffice e fredda sotto di me, atterrai su un letto sfatto, in una notte tranquilla. Nella stanza dell’ennesimo motel lungo una delle fantomatiche interstatali che i fratelli Winchester amavano tanto percorrere.
Lui non poteva vedermi, non poteva sentirmi, ma, quando mi voltai per osservare le sue labbra schiuse e il respiro calmo del sonno, udii distintamente Dean Winchester pronunciare il mio nome.
Lo guardai in silenzio, rimanendo invisibile, avrei voluto avvicinarmi, percepire il suo respiro sulla pelle del mio tramite, il suo calore, invece rimasi completamente immobile e aspettai.
Avevo passato più di una notte in quel modo, disteso accanto al suo corpo abbracciato dal sonno, ero stato con lui fino alla mattina, non me ne andavo mai prima di vedere i suoi occhi scuri aprirsi ancora una volta al nuovo giorno.
Chiusi i miei e allungai una mano, sfiorando con le nocche la sua, sopra le coperte economiche del motel. Dean, ignaro di chi gli era steso accanto, sussurrò ancora il mio nome, più forte.
«Perché, Cas?» chiese nel sonno. «Perché?»
Il mio agire dunque lo aveva toccato a tal punto? Stavo forse sbagliando?
Neanche Dio aveva voluto darmi una risposta, ma, in quella stanza di quell’albergo di quart’ordine, con una brutta carta da parati sui muri, Dean Winchester con la sua domanda aveva risposto alla mia.
Gli angeli non hanno un’anima, non hanno la libertà, e quando la guadagnano non sanno di cosa farsene, ma io, steso accanto a lui quella sera, capii che il mio posto era con Dean, al suo fianco. La sua ombra silenziosa.
 
Me ne andai prima che si svegliasse, prima che i suoi occhi si aprissero. Ruppi una routine che da anni ormai avevo fatta mia. Ma solo per quella volta, promisi a me stesso e a Dean Winchester ancora addormentato.
«Solo per questa volta, Dean, ti sveglierai e non sarò al tuo fianco. Ma tornerò e risponderò alla tua domanda.»
Mi abbassai e gli baciai il petto, nell’esatto punto in cui avevo impresso il marchio sulle sue costole. «Saprò risponderti e rimarrò al tuo fianco.»
Per l’eternità.
Ma quello non lo dissi, no, non ne avevo il diritto, non ancora.
 
   
 
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