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Autore: arashinosora5927    25/05/2021    0 recensioni
[Dear Evan Hansen]
Evan ha raccontato la sua storia ora il palco è di Connor, okay e anche di Evan che si ritroverà a convivere con una strana presenza.
Riporto parte delle cose così come sono state scritte nel libro limitandomi solo a tradurle, ma per il resto l'idea è mia e nei prossimi capitoli sarà apprezzabile la differenza.
TW: suicidio, Ghost!Connor, disturbi mentali, autolesionismo
Spero possiate apprezzare
[Treebros]
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questa è la mia uscita di scena, ho scelto di non svegliarmi domani.
Meglio bruciare che spegnersi lentamente? Lo ha detto Kurt Cobain nella sua lettera.
Ho visto un video dei più famosi: Ernest Hemingway, Robin Williams, Virginia Woolf, Hunter S. Thompson, Sylvia Plath, David Foster Wallace, Van Gogh... non mi sto paragonando, credetemi, quelle persone hanno effettivamente avuto un impatto, io non ho fatto niente, non sono nemmeno riuscito a scrivere una spiegazione. 
"Bruciare" è il modo giusto per dipingerla. 
Senti che stai diventando sempre più incandescente, giorno dopo giorno, più caldo e ancora più caldo. Diventa troppo anche per le stelle. Arriva il momento in cui svaniscono o esplodono. Smettono di esistere, ma se guardate il cielo non vi sembra così: pensate che tutte quelle stelle siano ancora lì. Alcune non lo sono. Alcune sono già morte da tempo.
Immagino che ora lo sono anche io.
Non ho scritto un lettera di addio, l'ultimo segno del mio passaggio sulla terra l'ho lasciato impresso sul gesso di un ragazzo.
Un arto rotto per conservare il nome di una persona rotta, se ci pensate è poetico e pensare attualmente è tutto ciò che posso fare.

La giornata è iniziata come tutte le altre l'intera felice famiglia Murphy seduta al tavolo della cucina per fare colazione se non fosse che io non stavo mangiando e nemmeno Larry, troppo impegnato col suo telefono, né Cynthia, troppo occupata a servirci. I miei genitori adorano quando li chiamo per nome.
Zoe, l'unica a mettere davvero qualcosa sotto i denti e di certo neanche lei era felice.

"È il tuo ultimo anno Connor, non mancherai al primo giorno" la voce di Cynthia è più fastidiosa che mai specialmente perché ne abbiano già parlato.

"Ho già detto che ci vado domani!" la mia protesta.

Mia madre non è disposta a contrattare è convinta che la scuola mi possa fare bene e dopo avermi guardato a dormire per tutta l'estate sta disperatamente cercando di farmi uscire di casa.

Quale è il punto di andare a scuola? Non hanno mai saputo che farsene di me: se non rientri in una delle loro scatole vieni buttato da parte e dimenticato. Posso imparare molto di più a casa, leggere i miei libri, guardare programmi che fanno informazione, non mi serve la scuola, specialmente non quella che frequento adesso. Almeno quando ero ad Hannover potevo menzionare Nietzsche senza che un insegnante mi fissasse con lo guardò perso nel vuoto. Sfortunatamente tutto l'esperimento della scuola privata è stato un fallimento. A quanto pare imbottirsi Adderall per superare gli esami è okay, ma un po' di erba nel tuo armadietto è imperdonabile. Ipocriti! 
Forse ora capiranno come funziona.
Hey, geni, nessuno muore con la marijuana.
Le pillole? Quelle sì che uccidono.

Poi Cynthia ha cercato di coinvolgere Larry è sempre l'ideale per farsi quattro risate.

"Andrai a scuola, Connor" è tutto ciò che è riuscito a mettere insieme. Mia madre è esausta, ciò che la sfinisce di più è constatare mio padre ormai si è arreso al punto tale che non ha più reazioni al mio comportamento.

"Davvero questo è tutto ciò che sai dire?" ha domandato Cynthia.

Larry ha chiuso il cellulare solo per aprire il giornale.

"Non ascolta. Guardalo, probabilmente è fatto" ha detto.

"È decisamente fatto" è intervenuta Zoe, poi i miei consaguinei hanno continuato a parlare per un po' come se non fossi lì a tavola con loro a riempirmi una tazza di latte per darmi una parvenza di normalità.

Benvenuti nella famiglia Murphy: se sei Zoe allaccia pure le cinture per la corsa della tua vita, se invece ti capita di essere Connor, beh, vorrai rimanere in silenzio e desiderare di non sentire più nulla.

"Vaffanculo!" ho urlato a mia sorella.

"Vaffanculo tu!" mi ha risposto.

"Moderiamo i toni" è intervenuta Cynthia.

"Non voglio che tu vada a scuola sotto stupefacenti, Connor."

"Perfetto, allora non ci vado. Grazie mamma!" ho detto prima di andarmene dalla cucina.

Per la cronaca sì, ero fatto, ma mi dà fastidio che lo diano per scontato, che mi vedano solo come un drogato che non ha niente di meglio da fare che fumare erba piuttosto che chiedermi perché preferisca esistere in uno stato alterato di coscienza.

Sono salito in camera mia e ho guardato il mio riflesso allo specchio, la cosa interessante è che adesso ricordo a tutti gli effetti un ragazzino emo, cosa che non posso negare di essere, con questo ciuffo di capelli che copre solo il mio occhio eterocromatico. L'unica cosa etero in me!

Sul mobiletto del bagno ci sono tutta una serie di scatoline tonde arancioni per la mia terapia, ci sono medicine per l'ansia, per la depressione, per il disturbo paranoide e onestamente non so più quale dovrei prendere, dovrei fare un cocktail. Questo valrebbe se servissero a qualcosa, dal momento che l'erba invece è l'unico conforto reale che ho trovato non ho preso niente e sono uscito di casa.

Alcuni combattimenti non valgono lo sforzo.


Ho ricevuto un passaggio da Zoe, un altro dei numerosi vantaggi di essere me. La tua sorellina ti porta in giro e tutto perché la Subaru Luxury che Larry ti ha consegnato come se fosse la cosa più preziosa al mondo è in una discarica da qualche parte.

Non c'erano cervi per strada quella notte, posso dirlo con certezza, mi sono schiantato contro quell'albero perché ne avevo voglia. Le mie decisioni più folli sono sempre così, prese in una frazione di secondo. Nove volte su dieci mi sono ferito, poi alla decima...

Comunque avevo ragione a voler saltare la scuola perché sono stato messo in punizione nonostante non fossi l'unico a usare il telefono in classe, in mensa poi mi hanno provocato e pensare che stavo solo cercando di farmi i cazzi miei. Neanche più questo è concesso al terribile Connor Murphy?

"Hey Connor, adoro la nuova lunghezza dei tuoi capelli, fa molto sparatoria a scuola" Jared fottuto Kleinman ha osato dire ricordandomi due cose: che ho passato l'estate a vegetare sperando che bastasse a farmi morire e che esistono esemplari di homo sapiens che sono stati classificati in maniera errata.

"Hey rilassati, era solo una battuta" ha detto Jared, dall'espressione sul suo viso ho concluso di averlo intimidito il che deve essere stato un effetto immediato del fastidio che ho percepito sotto ogni centimetro della mia pelle.

"Sì infatti era divertente. Sto ridendo, non vedi?" ho detto sfoderando tutto il sarcasmo che è cresciuto in me in questi anni.

A giudicare dal rumore dei miei stivali che si infrangono contro il pavimento devo aver fatto un passo in avanti, di quelli minacciosi, anche perché Jared ne ha fatto uno indietro.

"Non sto ridendo abbastanza per te?!" credo di aver urlato stavolta.

Jared mi ha guardato per un istante solo per dire "sei fuori di testa" e poi si è dileguato.

Vorrei urlargli contro molte più cattiverie fosse anche solo per fargli provare il brivido di essere paragonato a un criminale e poi a un malato mentale il tutto nella frazione di un minuto, ma la mia voce si blocca perché parla la rabbia. Sebbene io non sia un assassino di sicuro non posso dire di stare bene con la testa ed è quando dicono qualcosa di vero che resti in silenzio. Comunque suppongo che il mio gesto abbia fatto di me anche un assassino.

Accanto a Jared c'era Evan, a stento lo avevo notato. Quel ragazzo ha la capacità di mimetizzarsi neanche fosse un camaleonte, ma non come se sapesse adattarsi più come se volesse sparire e da questo punto di vista io e Hansen siamo uguali. Per questo volevo ricominciare, ricominciare con lui, presentandomi di nuovo anche se ci conosciamo dalla prima elementare. C'è qualcosa in lui che mi ha attirato quando quest'estate l'ho intravisto di tanto in tanto vicino a Ellison Park, forse perché sono andato oltre un'anonima maglietta a righe blu.
Io ed Evan siamo uguali, pezzi di un puzzle senza forma che non trovano il loro posto forse perché semplicemente non ne hanno uno e non c'è spazio per loro in quel disegno.

Evan fottuto Hansen ha riso, riso di me. Un ragazzo che cammina sotto i muri come se volesse farsi assorbire si è permesso di ridere di me.

"Che cazzo ti ridi?" gli ho domandato, suppongo che la mia voce mi abbia tradito stavolta e non abbia fatto mistero della mia sofferenza.

"Cosa?" ha detto Evan, sembrava confuso, ma non me la sono bevuta.

"Smettila di deridermi!"

"No, io non-"

"Pensi che io sia fuori di testa?! Io non sono pazzo!"

"Non lo pe-"

"Tu sei il fottuto pazzo!"

Prima che me ne possa davvero rendermene conto Hansen è a terra esattamente come la mia speranza di poter ricominciare. Pensare che per un attimo mi ero davvero convinto di poterlo approcciare e chissà magari col tempo instaurare un'amicizia, invece era proprio come tutti gli altri.

Buono a sapersi che ho ancora un po' di forza in queste braccia, potrebbe tornare utile se a qualcuno saltasse in mente di aggredirmi giusto per migliorarmi la giornata.

Stavo quasi per dimenticarmi che non avrò più giornate e mi sento quasi in colpa per provare sollievo, ma proseguiamo.

Durante le altre ore di lezione mi sono reso conto che come al solito ho lasciato che i miei demoni mi convincessero della loro versione dei fatti quando Hansen normalmente è talmente assente che quando un insegnante si rivolge a lui lo deve chiamare più volte. Quanto egocentrismo da parte mia, pensare che stesse ridendo proprio di me.

Più tardi nel laboratorio di informatica per qualche ragione c'eravamo solo io ed Evan e mi è sembrato come se il mio dannato destino mi stesse dando una seconda occasione.

"E allora che è successo al tuo braccio?" gli ho chiesto. Appena mi sono avvicinato ha tremato come una foglia. Faccio davvero così paura?

Voglio risparmiarvi i miei sensi di colpa per avere intenzionalmente fatto cadere qualcuno con un braccio rotto, ma se ve lo stavate domandando sì, ce li ho.

"Stavo lavorando come apprendista a Ellison Park... una mattina stavo facendo il mio giro e-e  ho visto questa incredibile quercia alta quaranta piedi e ho iniziato a scalarla e sono semplicemente ... caduto. Ma in realtà è una storia divertente, perché sono passati dieci minuti buoni da quando sono caduto a quando ero sdraiato a terra, in attesa che qualcuno venisse a prendermi. 'Da un momento all'altro', continuavo a pensare.  'Da un momento all'altro.' Ma non è venuto nessuno, quindi..." mi ha risposto.

La prima cosa che mi sono chiesto è se qualcuno abbia mai insegnato ad Hansen a respirare perché ha detto questa frase lunghissima con un solo fiato, la seconda invece è 'Quanto devi essere distrutto per reputare questa una storia divertente?!'. Ma dopotutto se è questo che vuole mi mostrerò divertito e con questa idea nella mente ho iniziato a ridere sguaiatamente. Voglio piacergli, voglio parlare con lui, voglio fare amicizia, non ho idea di come cazzo si faccia perché ho mandato a puttane l'unico vero rapporto della mia vita, ma suppongo che dando alle persone ciò che vogliono le metti nell'ottica di costruire qualcosa con te.

"Sei caduto da un albero? Questa è la cosa più fottutamente triste che io abbia mai sentito" gli ho detto.

Non sono un esperto in materia, ma penso di aver sbagliato e avere appena annullato ogni possibilità di essere sulla lista delle persone con cui Hansen vorrebbe interfacciarsi, non che ne abbia davvero una.

Evan emana uno strano odore tipo bagnoschiuma, quelli per bambini, è tutto il suo aspetto a essere sinceri a ricordare più un bambino che un ragazzo, eppure è decisamente più in carne e sembra anche più in salute di me. Magari ha una routine un attimo più sistemata, non lo so dire, non che ci voglia molto. Sembra conoscer la sofferenza sì, ma al contempo è attaccato al mondo delle favole e se ne racconta continuamente per non guardare in faccia al lieto fine che non c'è.

"Segui il mio consiglio, dovresti inventare una storia migliore" gli ho detto e questo onestamente suona di più come qualcosa che un amico, qualcuno che tiene a te e vuole il tuo bene, direbbe.

"Sì, probabilmente" ha ammesso Hansen, almeno è d'accordo.

"Dì soltanto che stavi picchiando un razzista, che lo hai inseguito nel buio oltre la siepe."

Hansen era confuso dalle mie parole, poi è sembrato che gli si fosse accesa una lampadina.

"Oh intendi il libro?" mi ha domandato.

"Alla fine, ricordi? Jem e Scout stanno scappando da quel tizio rosso e lui rompe il braccio di Jem. È come una ferita in battaglia" gli ho detto e mi è bastato guadarlo in faccia per sentire i suoi pensieri, probabilmente anche lui non ha idea del fatto che sono uno che fa i compiti e anche più di quanto assegnato.

Evan non ha parlato, come se stesse elaborando ancora le troppe informazioni, se non altro non sembrava più terrorizzato dalla mia mera esistenza il che deponeva a mio favore.

"Nessuno ha firmato il tuo gesso... lo faccio io!" ho detto rendendomi conto che questa è la mia occasione, che ora che ho rotto il ghiaccio posso instaurare qualcosa, mettere la prima pietra di normalità e guarigione.

"Non devi..." sono stato sordo alle sue proteste.

"Ce l'hai un pennarello?" ho chiesto.

Sì, Hansen aveva un pennarello e lo aveva nella tasca esterna della cartella come se non aspettasse altro che qualcuno che gli chiedesse di usarlo.

Dopo aver tolto il tappo con i denti probabilmente perché non sono capace di fare le cose come una persona normale mi sono reso conto di aver preso il braccio di Hansen con troppa forza visto che ha emesso un lamento.

Ho scritto il mio nome a caratteri cubitali, il che testimonia ancora una volta il mio egocentrismo, ma giuro che non l'ho fatto per dispetto, volevo anzi dimostrargli che ci tenevo davvero a firmare il gesso e volevo che mi notasse e non come il mostro che tutti conoscono, ma come Connor che non conosce nessuno, nemmeno io stesso probabilmente.

"Adesso entrambi potremo fingere di avere degli amici" gli ho detto restituendogli il pennarello. Ero stupito, non ricordavo l'ultima volta in cui il mio tono era stato così calmo e pacato, quasi dolce, avrei usato questo termine se non fosse che lo trovo inappropriato per parlare di me.

"Hai ragione" ha detto Hansen e ora lo vedevo chiaramente, c'era qualcosa tra di noi, si era creata una connessione e non avevo alcuna intenzione di disattivare il Wi-Fi.

Ho mentito, sapevo già del braccio, le persone nel mio quartiere parlano e ho sentito il proprietario del parco lamentarsi del ragazzo che era caduto dall'albero perché diversamente da come crede Cynthia non ho passato proprio ogni secondo della mia estate confinato in camera.
Tuttavia nessuno sa la vera storia meglio del protagonista e anche se sono ancora poco convinto -perché andiamo, quanto devi essere impacciato per cadere da un albero e quanto sprovveduto per arrampicarti anche se sei consapevole che inciampi sui tuoi stessi piedi?!- ho deciso di credergli almeno per ora.

"A proposito" ho detto prendendo il foglio che avevo sotto al braccio.

"È tuo?  L'ho trovato sulla stampante.  'Caro Evan Hansen.' Sei tu, vero?"

Evan sembrava sul punto di urlare o qualcosa del genere quando con tono ansioso mi ha risposto "Oh, quello?  Non è niente.  È solo una cosa che ho scritto."

La mia curiosità è stata stuzzicata come non ricordavo da tempo.

"Sei uno scrittore?" gli ho chiesto con entusiasmo, questo stesso è morto non appena i miei occhi curiosi hanno incontrato un nome.

"Perché c'è Zoe? Si tratta di mia sorella?"

Ero fuori di me, ho visto le mie mani che impugnavano le forbici per tagliare il filo sottile che aveva unito me ed Evan Hansen.

"Tua sorella? Chi è tua sorella? No, non si tratta di lei" ha fatto il finto tonto Hansen.

Con un passo minaccioso ho ingoiato spazio tra di noi. 

"Non sono fottutamente stupido" ho mormorato, la mia voce si è spezzata così come la mia speranza di trovare in Evan un amico.

"Non ho mai detto che lo fossi." 

"Ma lo hai pensato..."

"No."

"Non mentire, cazzo. So cos'è questo. Hai scritto questa merda perché sapevi che l'avrei trovata."

"Che cosa?" 

"Hai visto che ero l'unico nel laboratorio di informatica, quindi hai scritto questa merda e l'hai stampata in modo che io la trovassi."

"Perchè dovrei farlo?"

"Così che leggendo queste schifezze inquietanti che hai scritto su mia sorella sarei andato fuori di testa, no?"

"No! Aspetta! Che cosa?" 

"E così potrai dire a tutti che sono pazzo, vero?"

"No. Non ho ... "

"Vaffanculo." 

Per fortuna sono veloce al punto tale che Hansen farebbe meglio ad allenare quelle gambe se vuole raggiungermi. Ho stretto la sua lettera in un pugno mentre ho lasciato andare le lacrime, stavolta mi ero messo in gioco davvero.

"Connor!" Evan è sgolato, ha perso la voce perché è a corto di fiato, io invece sono a corto di pazienza.

E quello era solo il primo giorno. E il resto dell'anno?  Mancano solo centosettantaqualcosa giorni. Come si suppone io possa farcela? Non ho potuto, infatti. Ho saltato le ultime due lezioni e sono uscito dall'edificio.

Non riuscivo a scrollarmi di dosso la sensazione di essere in caduta libera come se non ci fosse niente a cui aggrapparsi, come se non avessi niente a cui aggrapparmi, nessuno a cui aggrapparmi.

Evan, il mio futuro mi aveva chiuso le porte in faccia.

Magari, però il mio passato...

ho contattato l'unica persona che pensavo potesse aiutarmi e ciò che ne ho guadagnato sono state le spunte blu... e poi... mi sono svegliato in ospedale. La mia famiglia era lì. Tutti loro. Guardandavano il pavimento, i loro cellulari, persino l'interno delle palpebre, ovunque, tranne che gli occhi di un altro o me.

Sapevo cosa stava per succedere, la solita ramanzina, come se il mio gesto potesse essere sminuito con così poco.

Sì Larry, sono un bastardo, lo so. Risparmiami.

Mi sono alzato dal letto prima che qualcuno potesse dire anche solo una parola una parola e ho lasciato la stanza. Nessuno si è preso la briga di seguirmi. 

Alla reception c'erano due infermiere. Una ha detto "...nella stanza 124...che tragedia. Ha la stessa età di Evan."
"Lo so" ha detto l'altra. sospirando.

La prima infermiera ha fatto una chiamata, ha lasciato un messaggio: Ehi, tesoro, volevo sapere come è andato il resto della tua giornata. Hai ottenuto delle le firme sul tuo gesso? Probabilmente starai dormendo quando sarò tornata a casa, ma ci vediamo domani. Ti amo tanto, voglio solo che tu lo sappia. 

Ha messo giù il telefono. Mani sulla fronte per  lenire le sue tempie. Non ci potevo credere, so chi è questa donna. 

"Penso di conoscere tuo figlio, ho firmato il suo gesso oggi" ho detto.

Non ha risposto, si è semplicemente allontanata. Un altra mia fan insomma.
Suppongo che Evan le abbia detto cosa è successo tra noi e probabilmente l'ha raccontata come se lui fosse un santo e io il cattivo della situazione perché ecco che arriva il terribile Connor Murphy che ha sempre torto, non importa la circostanza e non importa nemmeno cosa provi a raccontare, è solo un ragazzo violento che non ragiona.

Non volevo davvero spingere Hansen, è stata un'altra di quelle decisioni in frazioni di secondo. Onestamente, sono più simili a reazioni istintive o qualcosa di più profondo parte della mia natura. È proprio questo che faccio io: rovino le cose, sempre, che lo voglia o no. Ciò che sto rovinando può essere la cosa più bella della mia vita e io ne avrò coscienza e non smetterò di rovinarla ugualmente e forse sarò incapace di fermarmi e o troppo spaventato.
Ho rovinato tante cose, ma quella in cui sono riuscito meglio è la mia vita.

Sono tornato indietro nel corridoio, giurando di essere più paziente con la mia famiglia, ho raggiunto la mia stanza, la 124. Cosa?! Son entrato e allora l'ho visto: il ragazzo nel letto sono io.
La mia pelle è ingrigita, la mia bocca è aperta.
Immagino che ho ottenuto quello che volevo, sono libero ora. Nessuno sulla mia strada, nessuno in attesa dietro l'angolo per tendermi una trappola, nessuno che controlla il rossore nei miei occhi chiedendo dove sono stato tutta la notte, nessuna promessa che non so mantenere. Sono qui all'ospedale, ci sono riuscito. 

Ora sono tutti come me, tutti distrutti, dalla mia famiglia al personale medico specialmente la mamma di Evan.

Sembra una brava infermiera, ma soprattutto sembra una mamma decente. Durante la pausa pranzo ha a malapena toccato il suo panino per trovare informazioni per il college di Evan. Non riesco a immaginare Cynthia fare la stessa cosa anche se in teoria dovevo essere il lavoro della sua vita. Mia madre ha preferito delegare, mi ha trattato come uno dei suoi progetti di ristrutturazione della casa.

"Assumerò i migliori specialisti, facciamo sistemare questo ragazzo!"

Fai quello che devi fare, tienitelo per la notte o per settimane intere. Riempilo di medicine.  Terapia individuale, terapia di gruppo. Abbiamo i soldi, quanti ne servono. Non badare a spese.  Risolvi solo questo nostro problema. E sbrigati, mio marito sta diventando impaziente.

Mi chiedo perché abbiano continuato a buttare soldi per aggiustarmi. Finora non ha funzionato, dopo tutti questi anni.

Forse è meglio abbandonare il progetto.

Ferma il lavoro. Almeno per il momento. Aspettiamo, vediamo cosa succede.
Ecco cosa è successo, mamma.

Pensavo fosse un sogno. Come avrei potuto saperlo? Non è che qualcuno ti dia un avvertimento: hey, giusto perché tu lo sappia sei morto.

Quanto più le ore passano tanto più mi rendo conto che è reale, che non posso tornare indietro, ma evidentemente non riesco neanche ad andare avanti, oppure la morte fa schifo esattamente come la vita con la piccola differenza che adesso non posso nemmeno più alleviare la mia sofferenza con l'erba perché no, non ho più il senso del tatto e le mie mani attraversano ogni materiale così come il mio corpo, il che è figo se mi concentro per un attimo solo su quante leggi della fisica sto contraddicendo e non sul fatto che sono morto.

Cynthia è rossa in viso sembra aver perso tutto, Larry è più nervoso del solito e sembra mandare mail di lavoro per togliere dalla testa qualunque pensiero lo stia attraversando, Zoe resta in silenzio.

Non so come sentirmi onestamente, mi sembra quasi che non sia cambiato niente. Nessuno poteva sentirmi prima e nessuno mi sente adesso, nessuno mi vedeva prima e nessuno mi vede adesso.

Ho proprio un brutto aspetto, la sofferenza è dipinta sul mio viso, mi domando se anche io abbia questo aspetto adesso e con l'intento di scoprirlo mi avvicino allo specchio del bagno della stanza. Ovviamente non ho più un riflesso, dimenticavo la base delle basi.

Un'altra infermiera prende da parte i miei genitori, le sento dire che è meglio che vadano a casa, che è il caso di organizzare il funerale e che hanno fatto tutto il possibile lei e i suoi colleghi per salvarmi, ma è stato inutile, un caso disperato, come al solito.

Cynthia è a terra, un po' come Hansen il giorno che l'ho spinto, Larry la regge a malapena e Zoe è paralizzata.

"Sono sicura che..." prova a dire l'infermiera.

I miei la guardano chiedendosi di cosa possa essere tanto sicura in un momento simile.

L'infermiera fa un passo indietro e un inchino, esce senza mormorare le parole che voleva dire.

"Sono sicura che adesso sia in un posto migliore" rivela solo a se stessa, come se fosse un segreto mentre stringe il proprio petto.

Vorrei urlarle che sono proprio qui, che la sto guardando camminare mentre entra nella stanza accanto a quella dove giace il mio cadavere, ma ovviamente non serve a niente perché la solitudine è il mio destino e lo è sempre stato.

Sono stupito all'idea di avere avuto un impatto: il personale trema solo a sentire il mio nome, i miei finalmente si rendono conto che non stavo facendo i capricci e Zoe forse è infastidita dal fatto che per una volta l'attenzione è su di me o non mi spiego quello sguardo carico di astio.

Non so che fare, la vita da fantasma è terribilmente noiosa. Non ho voglia di tornare nel posto dove mi sono sentito morto per la prima volta, né di rimanere qui dove di gente ne muore ogni giorno per i motivi più disparati.

Per questo forse mi sono ritrovato a seguire Heidi, la mamma di Evan, stanca morta dopo il suo ultimo turno.

L'ho osservata e lo seguita fino a casa per scoprire che Hansen abita in un posticino piuttosto umile e che probabilmente la sua famiglia ha problemi economici.

Evan è nella sua stanza, sta fingendo di dormire o qualcosa del genere, posso dirlo perché sono davanti alla sua finestra. I suoi occhi si spostano verso di me e Hansen si alza dal letto per avvicinarsi lì proprio dove sono io.

Si stropiccia gli occhi, sembra in qualche modo turbato, ritorna vicino al comodino, accende la luce e tira un sospiro di sollievo guardando verso la finestra.

Si rimette a letto, spegne la luce, rilassa le spalle e si sistema comodamente con la testa sul cuscino.

Mi avvicino furtivo, forse è stata solo una mia impressione, ma è meglio verificare.

"Hansen?"

Evan spalanca gli occhi, lo vedo sbiancare e poi perdere i sensi.

Non so se mi abbia anche visto o solo sentito, quello che è certo è che farlo svenire non è esattamente il modo migliore per avvicinarmi a lui, ma al contempo non nego che se è questa la reazione che hanno i vivi a vedermi potrei prendermi un paio di rivincite niente male.
   
 
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