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Autore: Evil Daughter    26/05/2021    8 recensioni
Cell è già un brutto ricordo. Ma Kakaroth è morto. Vegeta torna alla Capsule Corporation inutile e sconfitto.
Titolo e brano di accompagnamento dei CCCP.
Buona lettura.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'ARANCE MARCE: Bulma e Vegeta, sbagliati e quindi veri.'
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LA MORTE È INSOPPORTABILE PER CHI NON DEVE VIVERE*
 
 
 
Amarti m'affatica
Mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia
A ridere nel pianto
 
 
 
Guardò la vasca piena di acqua bollente come una fossa in cui immergersi e cancellare la propria identità.
O una fossa in cui annegare, senza aggiungere altro.
Faticò ad entrarvi, perché i danni c’erano e l’aiuto da parte del muso verde lui non se lo era fatto dare. 
Ma nulla di grave, niente di cui andare fieri. La morte gloriosa se l’era portata via qualcun altro.
Completamente in ammollo, Vegeta sentì suo figlio rientrare alla Capsule Corporation. Non si era nemmeno preso il disturbo di raccoglierne il corpo privo di vita.
Lo aveva lasciato fare ai terrestri. Scivolò sott’acqua.
Ci teneva a lui; questo lo aveva portato a compiere un’azione inutile.
Riemerse affamato d’aria e immeritevole di esistere.


Quando uscì dal bagno, Vegeta trovò Bulma intenta a cambiare le lenzuola del letto. Il loro letto. Lui le aveva sporcate di fango e sangue: appena tornato, si era sdraiato lì, sconfitto. E solo dopo un paio d’ore, aveva deciso di lavarsi nonostante non ci fosse dignità da recuperare. 
Sapeva quanto a lei lo sporco desse fastidio.
La vide dedicargli un’occhiata veloce, non di più. 
Ma a differenza del silenzio che Vegeta s’aspettava di ricevere: «Sei intero?» gli domandò lei, intanto che continuava a sprimacciare i cuscini dentro federe bianche di percalle. 
«Ancora cammino.»
La sentì sospirare alle sue spalle. Evitò di girarsi a guardarla. Non gli interessava quella premura.

Sempre nudo, Vegeta aprì il cassetto del comodino presente dalla sua parte del letto e scelse un paio di mutande nere tra le altre accuratamente ripiegate. 
«Tra poco sarà pronta la cena.», lo invitò Bulma. Era ovviamente un invito quello, a stare tutti insieme come una famiglia unita e felice. Come se nulla fosse stato e lui non fosse chi in realtà continuava ad essere, per disgrazia ricevuta. A festeggiare una vittoria che lo vedeva perdente.
«Non mangio.»
«Posso portartela in camera.»
«Non mangio da nessuna parte.»
Bulma gli andò vicino e raccolse la divisa blu da combattimento che lui aveva precedentemente abbandonato sulla moquette;  che si era sfilato via fingendo di cambiar pelle.
Principe dei saiyan con l'onore divelto. 
La osservò raccattare anche guanti e stivali. D’altronde, era questo quello che faceva sua moglie: mondare lo spazio ovunque lui passasse. E mondare anche lui. Tentava.

«È da buttare... » disse lei. E dopo aver analizzato il corpetto pneumatico danneggiato, raccolse pure quello.
«Spero avrai voglia di salutare tuo figlio, domani tornerà nella sua epoca.»
Ecco cosa voleva dirgli sin dall’inizio. 
Vegeta non le rispose. La vide andarsene con in braccio le lenzuola e la battle suit che lui non voleva più indossare – ma questo, per il momento, restava un segreto – ciò che il saiyan non aveva ancora né visto né sentito dal suo ritorno era quella cosetta che sua moglie, da circa sei mesi, prendeva perennemente fra le braccia. Cosetta anche sua. Nel giro di qualche anno i nodi sarebbero giunti al pettine. 


Una volta solo, si infilò sotto le lenzuola fresche e pulite, spense la luce e chiuse gli occhi, pregando di non riaprirli per almeno due giorni. Anche tre. Funzionò fino alle due e trenta, poi, sentì chiudere la porta, le lenzuola frusciare, ed avvertì un corpo nudo e caldo venire ad abbracciarlo. 
Era lei, tornata, che si muoveva nel buio senza dire nulla.
 
«Piange...», ce l’aveva col pigolio lento e querulo che proveniva dalla stanza accanto.
«Ha già succhiato il suo latte», rispose Bulma distrattamente, mentre lo accarezzava dove sapeva avrebbe ottenuto. 
Il pianto si intensificò insieme alle movenze di sua moglie che gli strofinava addosso la fessura segreta e lo invitava ad esplorarla.
Moglie e figlio erano entrambi insopportabili. 
«Il moccioso sta piangendo!»
«Sono solo capricci», ma quelle di lei non erano unicamente carezze.
«No», cercò di divincolarsi dalle gambe, dalle braccia, da sua moglie che in quel momento sembrava una tarantola, «Non preoccuparti, finiamo in fretta, tra poco tornerai a russare», che continuava a pretendere di essere amata dalla persona sbagliata.
Iniziò una lotta priva di forza, se lui avesse usato la propria, quella vera, l’avrebbe resa spezzatino per gatti. 
E tanto non ne aveva, aveva giurato che non avrebbe più combattuto. 
Le cinse i polsi. Lei gli morse la mano intenzionata a non arrendersi e fece una cosa che sapeva lui detestasse: lo cavalcò senza permesso.
«Bulma, sta' ferma!», lei insisteva e non lo ascoltava.
Vegeta provò a sfilarla stando attento a non farle del male.
«Perché, perché no?», proteste.
Era evidente: perché non aveva voglia di lei. Perché aveva bisogno di accogliere il dolore, la sconfitta, di lasciare il posto solo a quest’ultima.  
Bulma prese a muoversi sfrenata. Al baratro della disperazione. 
«Fa' l'amore con me! Prendimi, adesso!», non continuare ad ignorarmi.
Impossibile. Vegeta esplose: «È morto! Lo capisci che è morto!», e tanto valeva ad allontanarla. Con uno scatto poco gentile, la bloccò.
«Che… Che c'entra lui con te? 
– si corresse – Con noi... »
«C’entra che mi ha salvato la vita di nuovo! – latrò, cercando nel buio gli occhi di lei, sperando potesse comprenderlo – Non doveva finire in questo modo.»
La sentì singhiozzare e la lasciò ferita facendola arrendere come lui si era arreso.
 
«Però... tu sei vivo.», noi siamo vivi. E non mi vergogno di essere felice. Io voglio solo celebrarti.
 
Era con questo che Bulma aveva combattuto da quando lo aveva visto tornare a casa sano e salvo: sentirsi sbagliata nei confronti degli altri giustamente rammaricati per la morte di Goku. Dovevano darle almeno un attimo. Avrebbe pensato l’indomani al dolore, lo avrebbe conservato per dopo. 
Ora, aveva solo incontenibile e umano bisogno di sfogare l'ansia patita e la gioia di riaverlo. Era un suo diritto; che proprio suo marito le stava negando.

«Vivo... Sarebbe stato meglio morire.», inutile, completamente superato da quei due.

Bulma si ritirò sul suo lato del letto. Pure lei sconfitta.
 
La schiena nuda di sua moglie così rannicchiata suggeriva una triste impressione, stava piangendo e lui non poteva farci nulla. Lui era nulla. E loro, insieme, erano entrambi vittime.



Quando riaprì gli occhi, il sole era alto da suggerirgli che le dieci del mattino erano passate. Aveva dormito parecchio e molto pesantemente. Suo figlio non era partito, la sua aura di mezzosangue era ancora presente. 
Gli faceva male la testa. Bulma non era al suo fianco, ovviamente.
Però, sul bordo del letto, Vegeta trovò diversi indumenti: una giacca scura, da cui sbucava il gancio di una stampella, dei pantaloni abbinati, una camicia bianca e una cinta di pelle arrotolata posta sopra i pantaloni. 
E su ques’ultima, una cravatta blu notte.
Era un dispetto di sua moglie, accompagnato da un retorico ed aleggiante “te li lascio qui, indossali”.
L’orologio sul comodino segnava elettronicamente le undici meno un quarto, la vita sulla Terra lo invitava a rimanere.
Aveva bisogno di sciacquarsi il viso. 
 
Bulma entrò in camera circa una ventina di minuti dopo il suo risveglio. Si era vestito.
«Non hai ancora imparato a fare il nodo alla cravatta?»
No, non aveva imparato Vegeta, a che gli serviva una cravatta quando lui era un saiyan? Continuava a fare nodi su nodi sgualcendola e rovinandone il tessuto.
«Sarebbe più facile da usare per impiccarsi.», le rispose sgarbato, rivolgendo smorfie cagnesche allo specchio che rifletteva la sua immagine scarmigliata. 
«Da’ a me, te la metto io», gli si avvicinò con in faccia la consapevolezza della vittoria, carina come un chiodo sotto un piede.
Mentre lei acchiappava entrambe le estremità della cravatta e le annodava quasi fosse un gioco di prestigio, Vegeta notò la fascia nera attorno al braccio sinistro di sua moglie. Rovinava il bel vestito bianco a righe bordeaux da lei indossato. Ce n’era anche un’altra identica a quella. Bulma l’aveva posata sul letto prima di sistemargli la cravatta. 
«Fatto!», la vide muoversi e andarla a prendere; gliela porse un attimo dopo.
«Che cos’è?»
«Indossala.»
«Mi pare di essere sufficientemente vestito, dimmi che cos'è.»  
«Come tu hai perduto il tuo rivale, io ho perso il mio migliore amico, Vegeta. È il simbolo di un legame, di una perdita, o quello che vuoi. Credo tu sappia come infilarla, non hai bisogno di me.»   
Gliela lasciò in mano.
«Bulma…  
Vegeta la chiamò fermandola sulla soglia della porta    Kakaroth è morto in battaglia… come un vero saiyan.»  
Che lui non era stato.
Per un brevissimo attimo, la scienziata scorse negli occhi di suo marito vera commozione. Ma Vegeta la seppellì all’istante, dentro di sé.
 
Lasciò la fascia nera sul letto, scegliendo di non indossarla e di non dispiacersi davanti agli altri. Poi, uscì.
Doveva almeno salutare suo figlio.
 
 
Amarti mi consola
Le notti bianche
Qualcosa che riempie
Vecchie storie fumanti
 
 
NOTE: non un missing moment originale, ma alla mia raccolta ARANCE MARCE (link diretto per visitare qui cliccate) questo pezzo mancava, ed io tratto solo missing moment, sono monotona.
Il titolo proviene dal testo MORIRE dei CCCP. E la canzone, no, non è della Nannini, che ne ha fatto cover, ma è l’originale sempre dei CCCP cantata proprio da Giovanni Lindo Ferretti. La potete ascoltare qui, vi avverto, con la sua voce ha un altro significato e sta bene con questo Vegeta che qui vi racconto.
Per la fascia nera, fateci caso, nel volume 35, lui è l’unico che non la indossa. Ed io me lo sono spiegato così.
Spero possa esservi piaciuta, nonostante sia breve e io via abbia abituati a cose più lunghe.
Qui vi aggiorno sugli ultimi capitoli usciti della Long Standby, dedicata all’inizio della relazione tra Bulma e Vegeta e tutta illustrata con miei disegnini. ^^

Capitolo XIV – Tre teste immerse nell’acido formico. È certamente capitato.

Capitolo XV – Remissione, iato. Coito. Si tratta di vendetta.

Un abbraccio a tutti.
 
 
   
 
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