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Autore: MadMary    03/06/2021    0 recensioni
Heerin lo conosceva quello sguardo, era certa di averlo incontrato la sera prima... ma allora come mai era incatenata a un muro, chiusa in una stanza così buia e umida?
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Heerin aprì con fatica le proprie pesanti palpebre, ancora impastate dal sonno. Provò a muoversi, ma un dolore acuto alle parti intime la costrinse a rimanere immobile nella sua posizione seduta. Tentò quindi di spostare le braccia e solo allora si rese conto di essere incatenata, con gli arti superiori posizionati sopra alla sua testa, probabilmente costretti a un muro.
Aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo un sussurro stanco. Voltò la testa ai suoi lati, per studiare l’ambiente oscuro circostante: si trovava in una grande sala buia, illuminata unicamente da una lampadina che pendeva con un filo dal soffitto, colorando la stanza con la sua luce fioca, tendente a un verde acido. Al suo lato destro vi era una piccola porta e subito accanto erano situate tre docce, prive di tende o altre protezioni. I suoi occhi gonfi e spaventati incontrarono quelli scuri di una donna nuda, intenta ad osservare la parte centrale della sala.

Era una ragazza dai capelli corvini, ormai privi di una forma ben definita. Gli occhi erano sottili, del medesimo colore, e guardavano con acuta concentrazione un qualcosa di fronte a loro e, solo in quell’istante, Heerin notò il ventre gonfio della donna misteriosa: era incinta e anche in uno stadio avanzato.

Un forte gemito femminile catturò le sue orecchie attente, così da farla voltare bruscamente verso il centro della stanza, gelida e buia. Davanti a lei si palesò un grande letto matrimoniale, di dimensioni maggiori rispetto ai canonici letti per coppie, dove un giovane uomo ed una ragazzina erano intenti a intrattenere un rapporto. Un sussulto di stupore e disgusto sfuggì dalle sue labbra schiuse, attirando di conseguenza l’attenzione dell’uomo, che alzò il capo verso di lei, fissandola negli occhi per qualche istante, prima di rivolgerle un sorriso tirato.

Heerin riconobbe quello sguardo.

Erano ormai le undici di sera.

Heerin e il suo gruppo di amiche erano sedute a un tavolo in un locale intente a sorseggiare del soju. Sospirò annoiata dalla conversazione che le altre donne stavano intrattenendo fra loro, mentre il frastuono del bar le riempiva le orecchie.

-E così gli ho detto di levarsi dal cazzo!- disse una di loro, facendo ridere sguaiatamente tutte le altre, commentando sull'aneddoto, in realtà poco stimolante, appena raccontato.

Heerin si guardò attorno infastidita dalla monotonia della serata, alla folle ricerca di qualche viso sconosciuto con cui iniziare una conversazione interessante; tutto pur di smettere di sentire quelle voci acute e seccanti. I suoi occhi corvini vennero catturati da due iride azzurre, rivolte spavaldamente verso di lei.

“Lenti”, pensò, iniziando a sorridere verso quello sguardo magnetico.

Quel ragazzo dai lisci capelli castani, lasciati leggermente lunghi alla base del collo, si avvicinò verso di lei, sfoggiando un particolare sorriso, di forma quasi rettangolare, mostrando una serie di denti perfettamente dritti e bianchi, come d’avorio.

-E’ sola?- domandò con un tono sostenuto, per lasciare che la ragazza sentisse la sua voce profonda nonostante il frastuono della musica che riempiva l’afosa sala.

Ella rimase qualche secondo incantata dal viso di porcellana di quest’ultimo, che quasi le parve finto, così candido e adornato particolari nei, posti in luoghi così inusuali sulla sua pelle fatta di cera.

-Sarei con delle mie amiche teoricamente, ma diciamo di sì.- rispose lei, ricambiando il sorriso, avvicinandosi a sua volta verso il corpo del ragazzo.

L’uomo ridacchiò, spostandosi una ciocca di capelli castani dal volto.

-Piacere allora, io mi chiamo Taehyung.- disse.

-Piacere mio, sono Heerin.-

-Che nome magnifico, quasi quanto lei.-

La ragazza arrossì stupita, coprendosi con una mano le labbra carnose, mentre ridacchiava imbarazzata: chi dava del lei a una ragazza che sembrava persino più giovane della sua età?

-Mi dia pure del tu, Taehyung.- propose, sistemandosi una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio, ancora rosea in viso.

-Allora lo stesso vale per te, Heerin.-

La serata proseguì piacevolmente fra i due, che non smisero nemmeno per un istante di parlare, accomodati sui divanetti del locale, accompagnati da qualche drink gentilmente offerto dall’uomo, che le parve essere finanziariamente benestante. La ragazza nemmeno si rese conto del fatto che il ragazzo, distraendola con la sua profonda voce e i suoi modi di fare così eleganti e sofisticati, l’aveva lentamente separata dal gruppo di amiche con cui era venuta alla festa; non che loro si fossero rese effettivamente conto della sua assenza.

Heerin aprì lo schermo del cellulare, notando come l’orologio segnasse ormai le due del mattino.

-Oh, devo andare a casa! Mi spiace, Taehyung, ma domani ho l’università ed è già tardi.- disse, rivolgendogli uno sguardo dispiaciuto -E’ stato davvero piacevole passare la serata con te.- e sorrise dolcemente.

-Posso almeno accompagnarti a casa?- rispose lui, avvicinandosi a lei e ricambiando lo sguardo delicato.

-Non ce ne è bisogno, non preoccuparti, davvero.- provò a obiettare, non volendo usufruire ancora della sua gentilezza, non dopo la splendida serata che le aveva regalato con la sua presenza e i numerosi drink offerti.

-Insisto.- il suo sorriso si allargò, costringendo le sue palpebre a socchiudersi lievemente.

La ragazza trattenne un sospiro, arrendendosi alla sua volontà: non la facevano impazzire i ragazzi così insistenti, ma per quell’uomo così pacato poteva fare un’eccezione.

Fuori dal locale, Taehyung la portò verso la sua auto ed Heerin quasi rimase senza parole vedendo una Lamborghini Huracan, di un blu splendente, davanti ai suoi occhi. Le chiacchiere rilassate ripresero immediatamente entrati nel veicolo e la ragazza gli disse gentilmente l’indirizzo di casa, non facendogli notare la strana scelta di strade fatta per portarla a destinazione. Era stato così gentile con lei, non voleva infastidirlo facendogli notare i suoi errori.
L’auto, tuttavia, si arrestò davanti a un’abitazione sconosciuta ed ella si voltò verso l’uomo per rivolgergli uno sguardo perplesso.

-Eccoci arrivati.- disse Taehyung, rovistando in una tasca dei suoi pantaloni a quadri, di marca Gucci, alla ricerca di un qualcosa a lei sconosciuto.

-Ma… questa non è casa mia.- rispose, notando come l’uomo le stesse rivolgendo il suo classico sorriso, che questa volta risultò quasi storto lungo il viso, come uno squarcio in mezzo alle carni.

Lo sentì ridacchiare, sinceramente divertito.

-Oh tesoro…- disse, grattandosi una tempia, alzando nuovamente lo sguardo verso di lei, facendola arretrare sul suo sedile, lasciando che la sua schiena si comprimesse sulla portiera interna, mentre una mano disperata cercava di trovare la maniglia per fuggire da quella inquietante e pericolosa situazione -Da adesso sì.- si avventò su di lei, coprendole la bocca con un panno intriso da un odore dolciastro, facendole perdere rapidamente i sensi.

Heerin ruppe disgustata il contatto visivo con l’uomo, voltando il suo sguardo verso la donna incinta, nella speranza di trovare un terrore analogo dipinto anche su quel volto volto. Tuttavia negli occhi di lei trovò solo un’aria di quasi ammirazione davanti a quella scena grottesca e umiliante.

Dopo un ennesimo sonoro schiocco delle loro pelli, si udì l’eco di un gemito particolarmente profondo da parte di Taehyung, che qualche istante dopo si alzò svogliatamente dal letto, passando le proprie lunghe dita tra i chiari capelli crespi, lievemente umidi di sudore.

-Vatti a fare una doccia.- comandò lui, con voce severa e quasi disgustata alla ragazza ansimante ancora stesa sulle coperte stropicciate, come se si stesse rivolgendo a un bambino disubbidiente.

Ella, sentendo l’ordine, scattò in piedi e quasi corse verso una delle docce, accendendo l’acqua gelida e iniziando subito dopo a insaponarsi corpo e capelli, sfregando la propria pelle vigorosamente. L’uomo annuì soddisfatto, fissandola per qualche istante, per poi rivolgere i suoi occhi gelidi verso Heerin, sorridendole a trentadue denti.

-Vedo che finalmente ti sei svegliata.- disse, chinandosi verso di lei per annusarle il collo, solleticandole la pelle bollente con la punta rigida del naso. Ella rabbrividì al contatto e si ritrasse il più possibile da lui, rivolgendogli uno sguardo colmo di disgusto e dissenso.

-Nonostante tu sia sudicia hai comunque un ottimo profumo, sai?- le sorrise, con fare viscido, lasciando che una risata gutturale gli sfuggisse dalla gola. Tentò di passarle una mano fra i capelli lisci e corvini, sciolti lungo il viso pallido, ma la ragazza spostò bruscamente il capo, provando disperatamente di mordergli le dita, in un ultimo scoraggiato tentativo di allontanarlo da sé.

-Ferma, ferma…- ridacchiò ancora –Non voglio mica farti del male.- constatò, con voce calma, rivolgendole nuovamente quel sorriso smielato e nauseabondo.

-E allora perché mi hai portata qua?!- parlò lei, finalmente.

Per risposta, egli passò semplicemente le sue grandi e magri mani sui fianchi carnosi della ragazza, non rompendo mai il proprio sorriso. Poi, voltò con un gesto veloce il capo verso le altre due donne e domandò loro:

-Non è perfetta?-

Per risposta, loro annuirono freneticamente, assecondandolo.

-Ma di cosa stai parlando…?- sussurrò Heerin, guardando con un misto di terrore e confusione prima le ragazze e dopo l’uomo, che imperterrito continuava a massaggiarle delicatamente la pelle del bacino, facendola rabbrividire a quel tocco così languido e lascivo.

-Lo scoprirai presto.- le bisbigliò all’orecchio, avvicinandosi ancora una volta al suo lungo e umido collo, lasciando una scia di leggeri baci, facendo paralizzare la ragazza sul posto. Prima che ella potesse obiettare o provare a ribellarsi, sentì finalmente le gelide dita di quel mostro abbandonare i suoi fianchi, per spostarsi sopra il suo capo, slegando con fare delicato i suoi polsi lividi da quelle catene ormai bollenti che l’avevano imprigionata. Uscì dalla stanza ancora nudo senza proferire parola, salendo a grandi falcate le lunghe scale traballanti situate sul muro opposto a quello delle docce.

Ella si massaggiò i polsi per qualche minuto, osservando spaesata l’ambiente circostante. Decise, in seguito, di avvicinarsi alle due compagne di prigionia, probabilmente disperate e confuse quanto lei… giusto?.

-Qualcuna di voi saprebbe spiegarmi cosa sta succedendo?- la voce uscì quasi come un sussurro, rotto dalla disperazione che quasi la soffocava, rendendo faticosa un’azione tanto facile quanto prendere il respiro.

La donna incinta si massaggiò il ventre con fare materno, sorridendo lievemente a Heerin.

-Sei stata scelta.- rispose la ragazza più giovane, dai capelli corti tinti di un biondo canarino ormai rovinato dalla forte ricrescita corvina alle radici.

-Scelta? Si può sapere per cosa parli?!- urlò, infuriata dal loro comportamento così anomalo in una situazione simile.

-Per essere la madre dei figli di Taehyung!- gridò lei di rimando, sorridendo eccitata, come in estasi.

Percepì le proprie gambe abbandonarla e fu costretta a sedersi rapidamente sul grande letto dietro di lei, sentendo come il cuore provasse disperatamente a uscirle dal petto, per scappare da quel luogo, da quell’inferno.
Posò gli occhi stanchi sulle lenzuola disordinate sotto il suo corpo, mentre ne stringeva spasmodicamente un lembo fra le dita d'una mano. Alla sensazione di un qualcosa di umido e caldo sul tessuto, si alzò con uno scatto, lasciando che una smorfia disgustata le dipingesse il volto, mentre un lamento di ribrezzo riempiva la stanza.

-Mio Dio, mio Dio, mio Dio…- ripeté, mettendosi le mani fra i capelli e girando con lo sguardo per l’immensa sala -Devo riuscire a chiamare la polizia.- farfugliò, cercando con gli occhi sgranati la propria borsetta in pelle nera, non riuscendo a trovarla in nessun angolo.

“Dov’è finita?!” pensò, voltandosi verso le donne accanto a lei, che confuse la guardavano, come se fosse un animale smarrito.

-Chiamare la polizia? E perché?- domandò la donna incinta, sinceramente perplessa.

-Perché?! Perché siamo state rapite da uno psicopatico che vuole metterci incinta! Ecco perché!- sbottò, aprendo le braccia in un gesto teatrale, nella speranza di renderle partecipi alla situazione aberrante che stavano comunemente vivendo.

Le due donne si rivolsero uno sguardo complice, prima di rivolgere lei i loro occhi apprensivi e materni.

-Anche noi la pensavamo così la prima volta che ci siamo svegliate in questo posto, sai? Devi solo capire quanto effettivamente fortunata tua sia stata nel venir scelta da Taehyung.- rispose sempre la giovane signora incinta, continuando a sorriderle con quel fare comprensivo.

“Non è possibile… sono impazzite.” pensò, mettendosi nuovamente le mani fra i capelli, per poi espirare rumorosamente “Sono indubbiamente impazzite.”

-Da quanto tempo siete qua?-

-Io da quasi un anno, credo.- disse ancora lei, con voce incerta: doveva aver perso la concezione del tempo.

-Io qualche mese.- aggiunse invece la ragazzina più bassa.

-Ci sono state altre donne? Prima di voi, intendo.-

-Che io sappia no. Siamo state le prime ad avere questo onore.- e le vide sorridere contente.

-Morirò qui… morirò in questo luogo…- sussurrò Heerin, accasciandosi al suolo e trattenendo le lacrime, mentre portava le ginocchia livide al petto.

-Dovresti farti una doccia, sai? Taehyung ci vuole sempre fresche e pulite.- annunciò una di loro, dandole una leggera pacca sulla spalla.

-Credi che a me importi di cosa vuole quello psicopatico?- sputò lei acidamente, alzando lo sguardo stanco verso quella donna.

-Non dire così, tra poco ne sarai contenta, vedrai.- e si diresse verso una delle docce.

Passarono minuti di silenzio, riempiti unicamente dal forte rumore statico dell’acqua che colpiva il pavimento. Arresa, sospirò avvicinandosi alla doccia libera.
Le due donne si stavano già lavando e non parevano affatto imbarazzate dalla loro nudità, dai loro fragili corpi esposti, così vulnerabili e crudi.
Heerin arrossì leggermente, mentre si toglieva il corto e aderente abito da cocktail nero, che aveva accuratamente scelto per quell’infausta serata e solo in quel momento si accorse della mancanza dei suoi slip in pizzo, del completo intimo abbinato che aveva indossato.

“Ma… dove sono finite?” rabbrividì quando il pensiero fulminante di quello che quel mostro le avrebbe effettivamente potuto fare quando priva di sensi la colpì. Decise di ignorare quelle immagini ed entrò nella doccia, aprendo poi l’acqua e iniziando a lavare il proprio corpo e i suoi capelli, togliendo finalmente il sudore che si era formato sul suo scalpo. Dopo essersi sciacquata vigorosamente, afferrò uno degli asciugamani appoggiati al suolo, avvolgendolo attorno al suo corpo livido e dolorante.

 

Passarono circa sei, sette giorni forse e le giornate si ripetevano, sempre uguali: la notte arrivava quel mostro e subito dopo tornava ai piani superiori, lasciandole da sole, coi loro pensieri. Non poteva lamentarsi però del cibo e delle cure che prestava loro: i pasti erano sempre abbondanti, salutari e soprattutto puntuali e dava loro tutte le cure igieniche possibili, medicando tutte le più piccole ferite che potevano procurarsi, consciamente o no. Heerin dovette, suo malgrado, osservare tutti gli atti consumati fra lui e la ragazza dai capelli corti durante quelle nottate, siccome per ordine dell’uomo, non potevano andare nella sala apposita del bagno, durante quei momenti e anzi, dovevano mantenere lo sguardo fisso su di loro, per osservarli durante tutto l’atto.

-Allora, cosa dice il test?- chiese Taehyung con tono spazientito, rivolgendosi alla ragazza giovane.

-Ancora negativo…- rispose lei, quasi sussurrando e passandogli il tester con lo sguardo basso, per poi allontanarsi di qualche passo da lui.

-Di nuovo?!- gridò, lanciandolo contro di lei e colpendola nel petto.

-Scusami… scusa, davvero!- iniziò a singhiozzare spaventata, arretrando ancora.

-Scusami, scusa davvero!- le fece il verso, imitando la sua voce stridula e lamentosa –Sei in questo posto da tre mesi, cazzo! Ti alimento sempre nel modo corretto, ti do tutto quello di cui hai bisogno, ho persino dedicato delle intere settimane unicamente per te e ancora non rimani incinta!- urlò con voce roca, dandole uno schiaffo in viso, facendola cadere al suolo con un tonfo pesante.

Heerin rimase impietrita davanti a quella scena, così cruda e violenta, incapace di reagire e difenderla.

“Povera ragazza, avrà solo sedici anni.” pensò, inorridita dalla brutalità di quell’uomo. La donna più grande, invece, continuava a osservare la scena con quel suo solito sguardo malato di ammirazione nei confronti di quel mostro, il loro rapitore, colui che stava brutalizzando una povera ragazza per una cosa che non poteva controllare.

-Perdonami, ti prego! La prossima volta sarò più…- Taehyung le afferrò una manciata di capelli, affondando le proprie unghie nel suo scalpo e facendola urlare, mentre con uno strattone violento la costringeva ad alzare il busto, per guardarlo negli occhi.

-Più cosa? Più cosa?!- gridò, scuotendola freneticamente -La verità è che non vuoi avere figli da me! Siete tutte uguali! Siete tutte uguali, voi puttane!- continuando a inveire contro di lei, iniziò improvvisamente a sbattere il cranio fragile della ragazza contro un angolo in ceramica della doccia, riempiendo presto il pavimento e sé stesso di sangue color cremisi, accompagnato dai rumori ritmici e nauseabondi prodotti dalla collisione delle ossa della giovane contro la superficie, fusi alle sue urla strozzate, che presto andarono scemando, fino a svanire completamente.

Dopo alcuni minuti, quando ormai quel volto pareva un ammasso informe di carni e ossa macellate, il ragazzo si alzò, con il respiro leggermente affannato ed irregolare. Si passò una mano sporca fra i capelli, imbrattandoli col sangue grumoso del cadavere accanto ai suoi piedi.

-Ovviamente non mi riferivo a te, tesoro.- disse, sorridendo alla donna incinta mentre le si avvicinava. Ella ricambiò il gesto, come se non avesse appena assistito a una delle scene più brutali che si potessero immaginare in quello scenario, così assurdo e malato.

Heerin rimase seduta in un angolo, con le ginocchia al petto e la schiena premuta il più possibile contro il muro, nella speranza di venirne assorbita per sparire, mentre guardava il suolo con uno sguardo fisso e vuoto, non osando muovere le proprie pupille, terrorizzata dall’idea di incontrare quelle deformare del cadavere riverso al suolo, ricoperto da un fiume di sangue.

“Perché non ho fatto nulla?” si domandò, trattenendo il respiro “Perché non ho fermato quel pazzo?”

-Be’, ora mi toccherà pulire questo disastro…- sospirò lui, con fare annoiato, osservando infastidito il corpo privo di vita e forma davanti ai suoi piedi. –Ma prima…- e si avvicinò a passo lento ma minaccioso verso la figura piegata di Heerin, accucciandosi poi davanti a lei, prendendole con fermezza le braccia e costringendola a sollevarsi in piedi dal pavimento freddo dove riposava.

-Lasciami!- urlò, tentando di divincolandosi dalla sua morsa.

-Sono già di cattivo umore, vuoi peggiorare ancora la situazione?- chiese freddamente, fermando i suoi movimenti con uno schiaffo in pieno volto, che la fece paralizzare all’istante.

La ragazza fece cenno di no col capo, percependo la propria pelle nuda sporcarsi col sangue della compagna, mentre il liquido scarlatto iniziava a colare lungo le sue braccia tremanti e indebolite.

-Brava ragazza.- sorrise, scaraventandola con poca gentilezza sul grande letto al centro della sala e la raggiunse subito dopo, salendo sul materasso e spostando le lenzuola grigie nel mentre, per farsi strada verso di lei in maniera più comoda.

Una volta raggiunta, le si mise sopra a cavalcioni per bloccarle le gambe, prendendole in seguito una mano, poggiandola sulla sua evidente erezione, che tendeva il tessuto dei suoi pantaloni di marca, sporchi a loro volta di quel liquido bollente e rosso, continuando ad avere dipinto in viso un sorriso rassicurante. Heerin, provò a ritrarsi al contatto col suo membro, disgustata e impaurita, ma il suo rapitore le strinse con più forza i polsi lividi.

-Slacciala.- ordinò, facendo cenno con gli occhi verso la costosa cintura che gli cingeva i fianchi magri.

La ragazza, ancora tremando, fece come comandato, non osando guardarlo negli occhi e lentamente, con solo l’aiuto della punta delle dita, slacciò la cinta dell’uomo, lasciando che i suoi pantaloni grigi pendessero leggermente sulle sue anche, permettendo ancora a più tessuto di essere tirato dalla sua erezione.
Egli la guardò soddisfatto: si stava comportando così bene per lui.

-Ora toglili.-

Espirando pesantemente, ubbidì nuovamente, facendo scendere il caro indumento lungo le cosce muscolose e toniche del ragazzo, lasciandolo unicamente nei boxer.
A quel punto ella rimase immobile, non volendo continuare a spogliarlo, ma incerta sulla sua decisione. Dopotutto aveva visto coi suoi stessi occhi che cosa aveva appena fatto a una povera ragazzina non fertile, cosa gli impediva di ucciderla perché troppo lenta?

-Sbrigati, non abbiamo tempo da perdere.- la rimproverò con voce dura, schioccando infastidito la lingua.

Serrando le proprie palpebre stanche, la ragazza rimosse anche il suo indumento intimo, liberando finalmente il pene dell’uomo, che sospirò piacevolmente. Taehyung le afferrò il volto con le sue grandi e fredde mani, macchiandole il volto con dei resti di quel sangue quasi raggrumato, per poi spingerla con violenza contro il materasso, iniziando a urlare in pieno viso, furioso.

-Non vuoi guardare il padre dei tuoi figli?!-

istintivamente, alla minaccia, la ragazza aprì gli occhi neri e lo fissò in volto: quel ragazzo era così diverso dal carismatico e gentile Taehyung che aveva quella sera, alla festa… era una persona totalmente differente: un folle, un mostro. Un essere ignobile, guidato dalle peggiori perversioni.
Un animale.

Un mostro.

Un posseduto.

Il diavolo.

I suo occhi malati, quasi febbrili, avevano una strana luce in loro, una cattiveria e una malvagità che Heerin non aveva mai visto in nessuno.
Le sue labbra carnose erano tese in quel suo solito raccapricciante sorriso e la sua lunga lingua continuava a inumidire le sue fauci, come si stesse preparando a un delizioso pasto.

Taehyung alzò il volto quasi cadaverico della ragazza, costringendola ad avvicinarsi a lui, lasciando che i loro nasi si sfiorassero delicatamente.
Ella, paralizzata dal terrore che quella bestia potesse farle del male rimase immobile a fissarlo negli occhi, incantata dalle sue profonde iridi nere, sino a quando non sentì le sue labbra secche incontrare quelle morbide e umide dell’uomo, che socchiuse le palpebre non appena le loro bocche si unirono, come in un atto romantico scambiato fra due dolci amanti, stesi nel loro letto.
Heerin rimase ancora una volta impietrita e un brivido di angoscia la pervase quando sentì la lingua del rapitore insinuarsi nella sua bocca, passando viscidamente fra le sue labbra. I suoi occhi si spalancarono maggiormente percependo l’erezione dell’uomo premere in maniera insistente contro la sua coscia, iniziando a emanare il suo calore contro il suo corpo frigido.
Con gesti lenti e delicati, la ragazza venne fatta sdraiare completamente, costretta ancora in quel disgustoso bacio, e il rapitore si insinuò agilmente tra le sue carnose gambe, facendo scivolare le proprie grandi mani sui fianchi della ragazza. Ella sobbalzò sorpresa, riuscendo finalmente a staccarsi da lui, per riprendere fiato.

-Sai, è grazie a questi che sei stata scelta…- sorrise maliziosamente, tenendola ferma il bacino, accarezzandolo lentamente con i pollici, in movimenti circolari, guardandola negli occhi con fare complice e intimo -Dovresti esserne fiera.- sussurrò ancora, per poi abbassare il proprio capo sui fianchi morbidi della donna, iniziando a lasciare dei lievi e umidi baci sulla sua pelle liscia e candida, cominciando a scendere lungo la sua intimità.

Heerin rabbrividì al contatto e tentò invana a bloccare le viscide azioni dell’uomo, provando a muovere le proprie gambe, che vennero bloccate dalla presa sua ferrea e severa. Egli continuò a baciarla per qualche altro secondo, ignorando i mugolii di protesta della ragazza sotto di lui, che continuava a contorcersi ai suoi tocchi indesiderati.
Finalmente alzò il capo e avvicinò le labbra lucide e rosate all’orecchio della ragazza, spingendo la propria erezione contro la sua apertura, facendola sobbalzare ancora una volta. Il suo volto venne pervaso da un’espressione dettata unicamente dal terrore, avendo realizzato concretamente in che situazione si trovasse. Iniziò a ribellarsi con più forza, cercando di divincolarsi da quella presa ferrea, colpendo persino il petto del molestatore più volte con i palmi delle mani, provando ad allontanare i loro due corpi.
Il ragazzo sorrise.

-Non sei contenta?- ella alzò confusa i propri occhi verso quelli amanti dell’uomo -Anche tu diventerai madre! Dobbiamo pensare assolutamente a dei nomi.- non appena smise di parlare, posò le labbra umide contro il collo teso e rigido della ragazza.

I colpi verso il torace dell’assalitore iniziarono a scemare, finché non cessarono completamente e le braccia della ragazza non scesero definitivamente lungo i suoi fianchi, avendo capito di non poterlo fermare: era tutto inutile oramai.
L’uomo continuò a baciarle la pelle, mentre immetteva a propria erezione fra le bollenti e leggermente umide labbra della ragazza, che rassegnata stringeva spasmodicamente le lenzuola sotto il suo corpo immobile. Dopo averla completamente penetrata, Taehyung l’afferrò violentemente per i fianchi, spingendo dentro di lei per un tempo breve, prima di costringerla a voltarsi, posizionata a quattro zampe, per poterla prendere da dietro.

-Come ti piacerebbe chiamarli?- domandò, ricominciando a spingere con forza –Che ne dici di Taeyong se maschio e invece Sanghee se nasce femmina?- il suo tono di voce venne deformato dal costante sorriso stampato sul suo volto.

Heerin non rispose, continuando a tenere i propri gli occhi chiusi, esattamente come la bocca, nel tentativo di non lasciar trapelare alcun suono dalle sue labbra strette.
Il ragazzo le afferrò i capelli e le tirò brutalmente il capo.

-Rispondi quando ti parlo di cose importanti!- urlò, stringendo ancora di più la presa ferrea al suo scalpo, facendola urlare di dolore.

-Sono… sono perfetti!- balbettò fra un singhiozzo e l’altro, ricevendo in compenso una gentile carezza sul capo.

-Lo so...-

Lasciò finalmente che la mano scendesse lungo il suo corpo, arrivando a stringere i fianchi di lei, sentendo le sue carni morbide modellarsi sotto le sue lunghe falangi.
Lei lo sentì ridacchiare ariosamente, soddisfatto.

-Certo che non c’è molta differenza con te da cosciente o no, in situazioni come queste.-

Heerin poté percepire il proprio sangue raggelare nelle vene: le sue supposizioni erano corrette. L’aveva violentata in precedenza, forse persino in quella stessa auto.
Gli occhi scuri della ragazza iniziarono a riempirsi di lacrime che le annebbiarono la vista scossa dalle spinte e come un fiume d’acqua il suo volto arrossato venne inondato da una cascata salata.
Non riuscendo più a trattenere i propri rumorosi singhiozzi, affondò il viso sul materasso, nel vano tentativo di non farsi sentire da quel pazzo, che non parve apprezzare il gesto.

-Stai piangendo?- la sua voce parve preoccupata, mentre il ritmo e l’intensità dei movimenti del suo bacino cessavano, rallentando sempre di più, lasciandole la forza di parlare.

Ma lei non rispose e continuò a piangere, tentando sempre di più di non farsi sentire da quella bestie, impaurita dalla sua possibile reazione.

-Stai piangendo?!- urlò, accompagnando il grido con una spinta particolarmente dolorosa, facendola guaire.

-N…no.- sussurrò appena, con voce rotta, nascondendo ancora il proprio volto fra le pieghe del materasso.

Lo sentì schioccare la lingua, chiaramente adirato e infastidito.

-Credi che io sia stupido, non è così?!- domandò con voce dura e gutturale, afferrandola nuovamente per i capelli, per costringerla ad alzare il busto in modo che il viso di lui fosse nell’incavo del suo collo.
La morse con violenza, facendola urlare alla sensazione dei suoi denti penetrare nelle sue carni.

Iniziò dopo a succhiare quel lembo di pelle lacerata, causandole altra sofferenza e lasciandole un segno violaceo e gonfio sul collo, che iniziò a macchiarsi di rosso.
Fece scivolare languidamente la mano non occupata verso il suo ventre, macchiandola del sangue, ravvivato dai loro sudori, del cadavere, ancora intento a fissarli coi suoi occhi senza vita.
Heerin sentì le budella contorcersi a quella vista e un conato di vomito le si bloccò in gola quando la mano ossuta di Taehyung raggiunse il suo clitoride, iniziando a massaggiarlo con foga. Non riuscì a trattenere un gemito, che le sfuggì dalle labbra schiuse e con la coda dell’occhio vide il ragazzo sorride soddisfatto. Si maledisse per essere stata così debole, per aver lasciato che il suo corpo la tradisse in quella maniera, umiliandola davanti a una tale bestia. La mano dell’assalitore le lasciò i capelli, per dirigersi prontamente verso il seno sinistro della ragazza ansimante, iniziando a massaggiarlo avidamente, stringendo fra le dita il capezzolo turgido, stuzzicandolo con fare giocoso.
Taehyung leccò la scia sangue fresco dal collo di Heerin, facendola rabbrividire e lasciando che la sua figura venisse scossa dai tremiti di terrore. Iniziò a lasciarle una serie di delicati baci su tutta la ferita che le aveva procurato, sussurrandole delle parole d’amore all'orecchio, lodandola per la sua bellezza, la sua bravura, per quanto bene lo stava facendo sentire e per come sarebbe diventata così un’ottima madre.

-Ammettilo che non ti dispiace così tanto, dai…- ridacchiò con voce ariosa, leccandole l’orecchio.

Ella fece lo stesso errore precedente: non rispose e voltò amareggiata il capo dall’altra parte, per non vedere più quel suo disgustoso sorriso raccapricciante.
Taehyung non parve apprezzare quel gesto e, per punizione, dopo aver alzato il proprio busto, sbattè con forza la sua mano sul gluteo carnoso di lei, facendola guaire in risposta.

-Rispondimi quando ti parlo!-

-Scusa…!- espirò lei, trattenendo il fiato.

-Tranquilla, non devi scusarti.- disse con tono delicato e comprensivo, accarezzandole la zona lesa con fare amorevole.

La ragazza si ritrovò senza parole: davvero non capiva come funzionasse la mente di quel malato. Un momento prima era furioso, violento, pronto a uccidere chiunque non si comportasse desiderato.

Dopo quello che parve essere troppo tempo, sentì finalmente i gemiti del ragazzo farsi più forti e profondi, accompagnati dal divenire sempre più pesante del suo respiro umido e bollente. Con una spinta particolarmente profonda e violenta, l’uomo venne dentro di lei, lasciando che un grugnito sfuggisse dai suoi denti serrati.
Rimase alcuni istanti immobile, dentro di lei, nel tentativo di riprendere fiato il prima possibile.
Sospirando, la fece girare supina e le afferrò le gambe, alzandole verso il soffitto e, con una spinta vigorosa del braccio, se sollevò il bacino dal materasso.

-Cosa stai facendo?- domandò lei, con una voce che fece intendere tutta la confusione mentale e tutta la stanchezza che le annebbiavano la mente, mentre osservava i propri piedi tesi verso l’alto.

-Non possiamo permettere che venga sprecato, non credi? In questo modo sono sicuro che tutto rimanga lì.- rispose semplicemente, continuando a reggerla in quella maniera scomoda e bizzarra, rivolgendole un grande sorriso, così gentile e pacato.

-Hai delle gambe davvero belle sai?- osservò lui dopo alcuni momenti di totale silenzio, accarezzandole poi una con una mano, che parve gelida al contatto con la pelle cocente della donna –Così lisce e morbide, ma allo stesso tempo allenate e sode…- sorrise ancora, facendo scivolare le dita verso l’interno della coscia della ragazza.

Heerin iniziò a contorcersi su se stessa, lamentandosi e rivoltandosi sul posto il più possibile, nel tentativo di divincolarsi da quella presa viscida e disgustosa, mentre chiudeva gli occhi inorridita e gli afferrava la mano, tentando di bloccarla nel suo perverso percorso.

-Fermo, basta…!- piagnucolò, allontanando con uno scatto del corpo il proprio bacino verso l’interno, lontano da quei tocchi languidi.

Taehyung ringhiò, proprio come un animale infastidito, come una bestia adirata.

-Ti ho detto di guardarmi in faccia quando mi parli, troia!- inveì, aprendole con uno scatto le gambe e dandole un forte schiaffo all’intimità, colpendola violentemente sulle labbra doloranti.

La ragazza spalancò le palpebre umide, rivelando i suoi occhi lucidi e carichi di lacrime, mentre la stanza si riempiva del suo urlo di dolore.
L’uomo la lasciò stesa sul letto, dopo essersi alzato e aver passato una mano fra i propri capelli umidi di sudore, ormai, incrostati di sangue. Si diresse in seguito con passo sicuro verso la donna incinta, ancora seduta immobile in un angolo della stanza ed ella subito gli sorrise con quel suo solito fare ammirato.

-Ti sei divertita, tesoro?- domandò lui, ricevendo come risposta un segno affermativo del suo capo, accompagnato da un piccolo verso di approvazione.

-Sei sempre così bravo, Taehyung.- aggiunse, guardandolo dal basso verso l’alto, con quelli che parevano gli occhi di un bambino. Egli le accarezzò il capo, con fare paterno.

-Grazie tesoro. Non preoccuparti, la prossima settimana mi occuperò anche di te, contenta?- ella annuì nuovamente con fare energico, emozionata per la promessa fatta, ricevendo in cambio un leggero sorriso amorevole da parte del ragazzo.

Voltandosi verso Heerin, egli osservò il suo corpo paralizzato steso sulle lenzuola, sporche quanto lei, lucida di sudore, adornata da chiazze di sangue.
Osservò compiaciuto il suo ventre alzarsi e comprimersi col suo respiro: presto sarebbe stata la culla per suo figlio. Il sorriso si allargò sul suo volto a quel pensiero e non poté fare a meno di pensare quanto fosse bella la sua donna, distesa immobile su quei veli, col viso adornato dai suoi capelli corvini, umidi e disordinati.

-Vatti a fare una doccia, cara.- le comandò, dirigendosi verso il cadavere sfatto di quella creatura, circondato dal sangue ormai denso che riempiva l’enorme stanza di un fetore nauseabondo. Con uno schiocco infastidito della lingua, prese quei resti malformi tra le sue braccia e uscì con passo lento dalla sala, salendo per quelle pericolanti scale in legno, che ogni giorno parevano più usurate, lasciando le due donne sole, coi loro pensieri, un’altra volta.

 

Heerin perse il conto dei minuti passati intenta a fissare il vuoto davanti a sé, stesa su quelle coperte appiccicose che la abbracciavano in modo quasi soffocante, stringendola come in una morsa oppressiva e asfissiante.
Lasciandosi sfuggire un urlo frustrato, si liberò da quella gabbia fatta di stoffa e si diresse traballante verso una delle due docce pulite, completamente ignorando il lago rosso presente sul pavimento accanto a lei.

Stava diventando come loro, ne era certa.
Quella situazione aberrante stava alienando persino lei: sarebbe diventata presto come quella donna di cui ancora ignorava il nome, sarebbe diventata un burattino proprio come lei.

Aprendo il getto d’acqua gelido, si sentì quasi purificata quando quello strato di sporco venne lavato via dal suo corpo livido e tremante. Tuttavia, passandosi una mano sul collo e sentendo un brivido di dolore a contatto con quella ferita, il ricordo di ciò che era appena accaduto le pervase la mente e dovette sorreggersi con entrambe le mane al muro davanti a sé per non cadere, quando le gambe cedettero esauste e le budella si contorsero ululando disperate.
Le sue lacrime si mischiarono all’acqua della doccia che le solcava aspramente il viso, ma i singhiozzi non vennero coperti dal rumore del soffione.

 

Quella che parve essere un’ennesima settimana passò, non troppo velocemente, accompagnata dalle visite notturne regolari dell’uomo, che si dedicò unicamente a lei, per più volte di fila.
Heerin fece fatica a mettere a fuoco quello che le si stava palesando davanti, talmente stanca da non riuscire nemmeno più a provare sentimenti di paura. Il tester le tremò lievemente fra le dita esauste e la risposta presente le fece trattenere il respiro: positivo.

-Allora? Esci o no?- domandò Taehyung, con voce severa, battendo ritmicamente la suola del piede contro il pavimento cavo della stanza, riempiendola con quell’eco ticchettante.

-Arrivo…- sussurrò la ragazza, cercando il più possibile di trattenere le proprie lacrime, mentre apriva la porta del bagno ed usciva con passo incerto dalla stanzetta fredda, mantenendo lo sguardo basso.

-Quindi? Cosa dice?- la sua voce parve instabile per l’emozione.

-Positivo: sono incinta.- pronunciando tali parole, sentì la sua lingua andare in fiamme, come se volesse rifiutarsi di dire una tale assurdità, mentre il suo stomaco si contorceva disperatamente al pensiero di una presenza estranea in quel corpo.

Gli occhi di Taehyung si riempirono di luce e un enorme sorriso gli deformò il volto pallido. Corse verso la ragazza, abbracciandola con forza e sollevandola dal pavimento. Affondò il proprio viso nell’incavo del suo collo, inspirando il suo profumo da nuova madre, che gli parve così dolce e invitante, mentre roteava su sé stesso, facendo danzare entrambi per la sala.

-Sarò padre. Sarò padre!- cantò con gioia prima di fermarsi, alzando il capo per guardarla, rivelandole le sue iridi lucide per la commozione e la felicità -Sono così contento cara, così contento! Sarà maschio o femmina? Spero femmina, mi piacerebbe molto avere una piccola bambina da trattare come una bambolina!- la lasciò andare al suolo delicatamente, come se fosse fatta in vetro e continuò a parlare a se stesso, girovagando per la stanza, mantenendo quel sorriso troppo tirato fisso sul suo volto.

Heerin si lasciò cadere sul letto dietro di lei, soffermandosi sul nulla presente nella stanza, cercando un punto fermo in quel mare di caos in cui era finita, mentre Taehyung non la smetteva di farfugliare follie, seguito dai versi di approvazione dell’altra donna, tanto instabile quando lui.
Il suo sguardo apatico vagò per la noia e la disperazione verso gli angoli della stanza, alla ricerca di un qualcosa con cui fuggire anche solo mentalmente e fu allora che notò quelle scale rampicanti e, percorrendole coi suoi occhi stanchi, arrivò a un particolare mai visto, inaspettato: la porta spalancata.

Com’era possibile una tale dimenticanza da parte di Taehyung? Davvero si era scordato un gesto così essenziale, che avrebbe potuto mandare a monte tutti i suoi mesi, anni di lavoro!
Sarà stata una dimenticanza portata dalla troppa emozione per la scoperta di una gravidanza, oppure era una trappola creata apposta per testare la sua fedeltà nei suoi confronti?

Heerin scosse la testa: non le importava quale fosse la reale motivazione di tale casualità, era conscia del fatto che una tale fortuna non sarebbe capitata una seconda volta. Doveva cogliere quell’occasione.

Osservò attentamente i due folli con la coda dell’occhio, notando come fossero troppo distratti dal festeggiare e come si fossero inconsciamente spostati dal lato opposto della stanza, lasciando correre parecchi metri di distanza fra loro e la scalinata lignea.
Finalmente aveva un’occasione di fuga, una vera occasione di fuga.
Aveva già pensato in passato ad altre strade da seguire, alcune molto più drastiche, ma l’uomo sembrava aver già previsto tutto: nei bagni infatti, non erano presenti alcune lame, ma unicamente cerette per la cura del corpo.

Si alzò cautamente, cercando di non attirare la loro attenzione, evitando il più possibile di produrre alcun rumore e si diresse silenziosamente verso le scale malandate, che dirigevano verso l’uscita, verso la salvezza.
Dopo essersi assicurata, per l’ennesima volta, che i loro sguardi fossero rivolti altrove, distratti dai loro stessi deliri malati, con uno scatto rapido iniziò a correre il più velocemente possibile su per quei gradini, che indubbiamente la tradirono, urlando sotto i suoi passi pesanti.

-Ferma! Dove stai andando?!- gridò Taehyung, spingendo via la donna accanto a lui, rovesciandola al suolo e iniziando ad inseguire la ragazza.

Ella riuscì a spalancare del tutto la pesante porta e la attraversò, ritrovandosi per qualche istante paralizzata alla vista della sala che l’aveva appena accolta: la luce che filtrava dalle enormi e colorate vetrate le sembrò un elemento mai visto, come sconosciuto, e sentì gli occhi bruciare a quello splendore così caldo e naturale. Il lampadario in cristallo che pendeva dall’alto soffitto color crema rifletteva coi suoi gioielli tutte le luci catturate, proiettando sulle pareti un’armonia di colori che quasi la fece rimanere senza fiato.
Le urla graffianti dell’uomo la fecero destare da quel sogno e si voltò terrorizzata quando sentì dei passi pesanti farsi sempre più vicini, quasi a raggiungerla.

-Fermati!- gridò ancora quando quel fragile corpo riprese la sua inutile fuga nella villa.

Heerin si ritrovò come in un labirinto, circondata da porte e corridoi di cui ignorava il risultato, ritrovandosi ancora una volta proiettata in una realtà sconosciuta, che non le apparteneva. I suoi passi, rapidi e sfrenati, e le grida mostruose dell’uomo riempivano l’abitazione silenziosa, mentre l’aria gelida colpiva il corpo nudo della ragazza, come dei coltelli che penetravano nella sua pelle martoriata.
Si ritrovò a passare per la sala da pranzo, la sala da tè, la biblioteca e persino le cucine, ma una scelta infausta la condannò: si ritrovò bloccata in una camera da letto, senza altre vie d’uscita.

Sentì le gambe cedere e le forze abbandonarla quando il respiro frenetico e ansimante dell’uomo comparse dietro di lei, costringendola a voltarsi per incontrare quel sorriso malato. Il volto di Taehyung pareva del tutto deformato, come se fosse posseduto da uno spirito: gli occhi iniettati di sangue, la pelle rossa lucida di sudore, le vene pulsanti che salivano per la fronte, i capelli umidi attaccati al viso, la bocca tirata in una smorfia compiaciuta.

Sembrava un predatore pronto a divorare la propria preda.

Heerin provò a indietreggiare, ma fallì miseramente, incontrando una gamba del letto e cadendo goffamente su di esso, afferrando disperatamente le lenzuola dorate sotto il suo corpo, nella speranza di trovare ancora un minimo di realtà in quella situazione infernale.

Espirando pesantemente, quel mostro la approcciò minacciosamente, leccandosi le labbra e dilatando le narici alla vista di quel corpo nudo e tremante steso sul suo letto, nella sua stanza, fra le sue mura di casa: l’aveva finalmente presa, era finalmente sua.

Guardandola negli occhi, le si avvicinò ancora.

-Sei in trappola.-

   
 
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