-il passato, ovvero il primo volume di City Hunter, con Kaori che, alla morte del fratello, diviene socia di Ryo; in questa storia, oltre all'anello, Ryo riceva da Maki anche una lettera, con cui cheide all'amico..beh, lo leggerete voi!
-il presente, ambientato nel capitolo "Due strani tipi", dove troviamo Kaori sfidare Mick per proteggere Ryo. In quel volume, Ryo cercava di dichairarsi a Kaori, ma si mangiava (letteralmente) le parole, con sommo disappunto del suo ex socio. Ma qui le cose sono leggermente diverse..
quindi.... grazie da me e Klau in anticipo e buona lettura!
Era confuso, ma d’altronde, non che
questa fosse una
grande novità; erano anni che Ryo Saeba si chiedeva cosa fare di e
con Kaori Makimura, e cosa diavolo fosse passato per la mente
del suo
migliore amico il giorno in cui, morente, gliel’aveva
affidata.
Maki era sempre stato un uomo buono - troppo buono
per il
lavoro che si era scelto, quello di poliziotto in un ambiente altamente
corrotto prima e di sweeper a contatto con il peggio del peggio poi - e
tendeva
a vedere un lato positivo anche dove non c’era, uno spiraglio
d’anima anche in
chi non ce l’aveva.
In questo, lui e Kaori erano proprio uguali - era
evidente che fossero stati cresciuti amorevolmente da qualcuno che
aveva
insegnato loro il senso di sacrificio,
e
la bellezza della vita da trovarsi anche nelle piccole cose.
Coricato nel suo letto completamente vestito,
caviglie
incrociate e braccia dietro alla testa a mo’ di cuscino, Ryo
sorrise pensando
alla sua socia, mentre gettava fugaci occhiate alla pistola del suo
defunto
migliore amico, poggiata sul materasso accanto a sé, e ripensava agli avvenimenti
degli ultimi
giorni: ormai tutti avevano capito cosa lui realmente provasse per la
giovane
donna; solo Kaori, colma di dubbi ed insicurezze a causa di tutte le
bugie e le
cattiverie che Ryo nel corso degli anni le aveva propinato ne era
ancora
all’oscuro, anche se lo sweeper aveva più volte,
nel corso degli anni, visto
una strana luce negli occhi color nocciola di lei. Kaori non sapeva
cosa
pensare, perché Ryo tendeva la corda, dava e poi riprendeva,
e lei non riusciva
a capire quale fosse il suo posto nell’esistenza del partner.
Che lei si fosse innamorata di lui….
Beh, lo avevano
capito anche i muri ormai. Per questo la sera in cui erano usciti
insieme - lui
come se stesso, lei come una moderna Cenerentola dai lunghi capelli che
fingeva
di voler tenere nascosto il suo nome - era stata così triste
e chiusa, col
cuore spezzato perché pensava che Ryo avrebbe baciato l’altra e non lei, e forse
proprio per questo alla fine Ryo stesso
le aveva rifiutato quel bacio, tanto agognato quanto temuto.
Makimura,
che devo fare con tua sorella? Ryo sospirò, guardando il soffitto.
Forse Mick aveva
ragione, e lui non era null’altro che un uomo che non sapeva
davvero cosa
voleva: non era tanto sapere cosa provava,
ma l’accettarlo e condividerlo apertamente, veramente. Fino a
quel momento Ryo
si era trincerato dietro un muro di scuse-
è la sorella del mio migliore amico, è giovane,
è innocente, devo proteggerla –
ma non aveva potuto fare a meno, a volte, di mostrare un lato
più tenero e
dolce, innamorato quasi, donandole piccoli gesti pregni di significato.
Quel modo di fare la stava facendo,
però, soffrire,
condannandola a vivere in un limbo dove era trascinata dai mutevoli
umori del
socio.
E adesso… adesso un uomo affascinante,
che sapeva come
conquistare le donne, la stava corteggiando, e per quanto Ryo
detestasse
ammetterlo, aveva notato che Kaori non sembrava rimanere del tutto
indifferente, sembrava quasi che una parte di lei volesse cedere a
quella
avances, che per una volta erano vere, e non un mero strumento di Mick
per
portare via la donna alla sua vittima predestinata.
Eh
Maki, ma che avevi per la testa, quel giorno? Si chiese per l’ennesima volta,
ripensando al momento in cui, sotto ad una pioggia battente, aveva
tenuto tra
le braccia l’amico morente, martoriato da colpi di arma da
fuoco e da calci e
pugni.
Ryo aggrottò la fronte quando
avvertì un leggerissimo
movimento sussultorio, ed il palazzo prese a vibrare, assecondando il
naturale
movimento tettonico, una delle oltre millecinquecento scosse che ogni
anno
flagellavano la sola città di Tokyo, tra scosse piccole e
grandi. Bicchieri e
bottiglie tintinnarono per un frazione di secondo, ma Ryo non si prese
nemmeno
la briga di lasciare il letto, consapevole che tempo un attimo le cose
sarebbero tornate come prima.
Durò forse tre, quattro secondi,
infatti, e poi
borbottando, lo sweeper si tirò a sedere di scatto; nel
farlo, dette un colpo
con la nuca alla tastiera del letto, da cui gli cadde addosso un
portafoto.
“Accidenti, ma si può sapere
cosa diavolo stai
combinando, Maki? Hai proprio deciso di farmi venire il mal di testa
oggi? Non
so chi sia peggio tra te e tua sorella!” Ryo
sghignazzò, massaggiandosi il
punto su cui era caduta la cornice, che conteneva una foto sua e di
Hideyuki,
scattata pochi giorni prima che l’ex poliziotto perisse.
Ryo si lasciò ricadere sul letto, e
riprese a guardare
quella foto, vittima dei ricordi, per una volta sia belli che brutti,
prima di
notare qualcosa che faceva capolino dal fondo in compensato leggero;
aprì la
chiusura, sollevando un sopracciglio, e quando vide il foglio giallo,
ormai
quasi sbiancato dal passare del tempo, spiegazzato, smosso forse da
quella
leggera scossa, rimase stupito.
Aveva scordato di averla nascosta lì,
quella lettera,
risalente a tanti anni prima… a prima che
lei entrasse in pianta stabile nella sua vita. Eppure, ora
che aveva quel
foglio sgualcito tra le mani, ricordava il giorno che l’aveva
ricevuta, come se
fosse accaduto quella stessa settimana.
Con
la valigia in mano, piena del denaro rubato all’Unione, Ryo,
gli abiti sporchi
di sangue, a brandelli, spalancò con forza la porta
dell’appartamento occupato
da Kaori e
Makimura; la sorella di
quest’ultimo si alzò in piedi di scatto, e, dal
tavolo da pranzo, apparecchiato
con cura per tre, con tanto di candela, lo guardò, il
sorriso che in un attimo
andò perduto, lasciando spazio ad un’espressione
di incredulità prima e rassegnato
dolore poi, quasi come se lei avesse compreso cosa fosse accaduto.
Ryo
lasciò cadere la valigia a terra, e si recò nella
stanza dell’amico; raggiunto
il piccolo scrittoio, cercò il cassetto segreto e lo
aprì, trovandovi cosa egli
gli aveva indicato poche ore prima, mentre spirava tra le sue braccia.
“L’anello… per
favore…” Ryo prese dalle mani dell’amico
il dono della sorella, che Makimura aveva avuto intenzione di darle
quella sera
stessa, e dirle la verità sulle sue origini.
Ryo strinse, con sguardo freddo e quasi assente,
l’amico tra le braccia.
Ormai quasi esanime, Makimura era freddo come il ghiaccio: ma Ryo
sapeva che
presto avrebbe smesso di avere freddo:
all’inferno, con i suoi carnefici, avrebbe avuto
di che passare il tempo
e scaldarsi.
“Scrivania… cerca…
lettera…” Riuscì ancora a dire, prima
di dare un ultimo colpo di tosse, e, mentre il sangue gli usciva a
fiotti dalla
bocca, perdeva i sensi, spirando tra le braccia dell’amico.
Ryo
prese il foglio in mano, e chiuse la porta a chiave, sentendo il
bisogno, quasi
patologico, di non essere disturbato mentre leggeva quella missiva, che
ora
sapeva essere indirizzata a lui; Maki doveva averla scritta sulla prima
cosa
che aveva trovato a portata di mano, perché, quel foglio
giallo, decorato con
dei piccoli panda, doveva essere della sorella, forse vecchia carta da
lettera
di quando era ragazzina ed andava ancora a scuola.
Con
un leggero sorriso sulle labbra, si sedette sul pavimento, a gambe
incrociate,
e scorse il testo, talmente tante volte che si impresse quelle parole
nella
memoria a fuoco…
Ryo,
quando ho lasciato
la polizia per venire a lavorare con te sapevo i rischi che stavo
correndo. Il
nostro è un lavoro che si svolge nell’ombra e fare
giustizia in questa città
porta ad avere dei nemici, tuttavia non mi sono mai pentito di aver
fatto questa
scelta... forse è la decisione migliore che io abbia preso
in vita mia. Poter
aiutare davvero le persone bisognose ripaga di tutti i sacrifici fatti,
tuttavia rischiamo la vita continuamente, ogni giorno potrebbe essere
l’ultimo
e la mia preoccupazione più grande è proteggere
Kaori.
Non sono solo, ho
lei nella mia vita e il mio pensiero costante va alla mia sorellina, se
dovesse
succedermi qualcosa vorrei saperla al sicuro e in buone mani, per
questo ti
scrivo questa lettera: dopo mia sorella sei la persona a cui tengo di
più e se
mai la leggerai significa che probabilmente io avrò
già lasciato questo mondo.
Ho sempre vegliato
su di lei, ho sempre cercato di proteggerla e di starle accanto come se
fosse
davvero mia sorella, le voglio troppo bene e il pensiero di lasciarla
mi
attanaglia il cuore.
Ti prego Ryo,
prenditi cura di lei. Ti affido Kaori, proteggila, non lasciarla
sola... lo so
che è testarda e che si caccia spesso nei guai, ma
è la persona più buona,
generosa e altruista che conosco e merita di stare con qualcuno che si
prenda
cura di lei.
Vorrei fossi tu
quel qualcuno Ryo. So che probabilmente penserai di non essere in grado
di
poterlo fare, ma io so che puoi: sei un uomo migliore di quanto tu
creda di
essere, in questi anni in cui abbiamo lavorato insieme ho imparato a
conoscerti
e sei diventato come un fratello per me; so che anche se ti nascondi
dietro
quell’aria da farfallone sei un uomo buono, che ama la
giustizia, che difende
le persone. Hai un grande cuore, e, col lavoro che facciamo, anche tu
meriti
qualcuno di cui prenderti cura e che sappia starti accanto. Ma
soprattutto,
meriti qualcuno che si prenda cura di te, meglio di quanto tu faccia.
Vorrei vedere Kaori
felice, saperla con qualcuno che possa asciugare le sue lacrime di
dolore per
avermi perso... mia sorella è una ragazza forte, ma ha
già sofferto così tanto,
e sono certo che se tu le stessi accanto forse col tempo potrebbe
ritrovare il
sorriso, quella gioia di vivere che la contraddistingue e che tanto amo
di lei.
Se potessi portare
un po’ di luce nel suo mondo lo farei, ma non posso
più farlo, quindi vorrei
che lo facessi tu, amico mio. Potresti essere la persona che
farà diventare le
sue lacrime di dolore lacrime di sogni realizzati, perché io
so che questo è il
sogno di mia sorella, avere accanto qualcuno che l’ami, avere
una famiglia, e
so che quel qualcuno puoi essere tu, Ryo. So che tu, se vorrai, potrai
farla
felice.
Tu sai bene cosa
significa essere soli al mondo, non avere nessun legame, nessuno da cui
tornare
e io non voglio questo per Kaori, e nemmeno per te.
Sei stato un ottimo
partner, seppur fuori dagli schemi e ti ringrazio per essere stato il
migliore
amico che io abbia mai avuto.
Promettimi che
starai vicino a Kaori e abbracciala da parte mia. Ti
Voglio bene,
H. Makimura
Dal
momento in cui Maki era morto tra le su braccia, Ryo aveva fatto sua la
decisione di lasciar andare Kaori - le avrebbe fatto dono di quel
denaro
rubato, che avrebbe potuto usare per poter iniziare lontano da quella
fogna una
nuova vita. Adesso, però, le cose si facevano più
complicate: dopo aver letto
quelle righe, i propositi dello sweeper stavano iniziando a venire
meno. Maki
gli affidava la sorella: come, perché? Con che diritto? Come
avrebbe potuto
fare, affezionarsi a qualcuno, prendersene cura, quando nessuno con lui
aveva
fatto lo stesso?
Ma
Maki aveva ragione: lui e Kaori avevano una cosa in comune, non avevano
più
nessuno al mondo. Ryo aveva avuto partner, conoscenti, amanti, ma
Kaori? Se
l’avesse forzata a lasciare Tokyo, avrebbe perso anche le
conoscenze che
aveva, sarebbe
rimasta del tutto sola e
lui avrebbe fatto accadere l’unica cosa che l’amico
non voleva – ma questa
decisione non poteva essere sola sua e di Maki, Kaori era ormai una
giovane
donna, e toccava a lei decidere cosa fare della sua vita, nonostante
tutto..
Con
passo pesante, Ryo lasciò la camera, e raggiunse Kaori; era
ancora nella sala,
in piedi, e lo guardava, colma di aspettative, ma come rassegnata, come
se nel
suo intimo sapesse cosa fosse accaduto. Le mise la piccola scatolina di
gioielleria nel palmo, richiudendolo intorno, e cercò i suoi
occhi.
“Questo
anello è un ricordo di tuo
fratello…l’Union Teope, una banda che sta cercando
di mettere le mani sul mercato della droga, lo ha ucciso, ma quello che
ha dato
l’ordine l’ho già sistemato.”
Mordendosi
il labbro, Kaori ricacciò indietro le lacrime: non
c’era tempo per piangere, e
comunque, sapeva cosa facesse suo fratello, e che sarebbe potuto venire
a
mancare da un giorno all’altro a causa del suo lavoro, si
limitò a portarsi la
mano al cuore, stringendo al petto quel monile.
“Io…
cosa ne sarà di me adesso?” Ryo la
guardò, quasi tenero, spiazzato quasi dal
tono di lei, che non capiva a chi stesse parlando- a sé
stessa, oppure a
lui - poi le mise la mano sulla spalla, e
la strinse. Sorpresa, Kaori alzò lo sguardo, incontrando gli
occhi scuri di
lui.
“Maki
ti ha affidato a me prima di morire, ma la decisione su cosa fare della
tua
vita spetta a te, Kaori…” le disse, malinconico.
Le parole di Maki gli
risuonavano nella testa, quelle sue ultime volontà, ma non
poteva imporre
quella decisione ad una giovane donna, quando non era certo di poter
mantenere
quella promessa strappatagli a forza: cosa ne sapeva, lui, di come si
condivideva la propria esistenza?
“Avrai
bisogno di una nuova assistente ora che
mio fratello non c’è più,”
gli rispose, tirando su col naso e strofinandosi gli
occhi con la manica della felpa; si macchiò il viso di
trucco, sembrando quasi
un panda, e la cosa intenerì Ryo a dismisura, aprendogli uno spiraglio
in quel
cuore che da tempo credeva essere divenuto di pietra. “E poi,
è qui che c’è da
fare!”
“Al
piano di sotto al mio appartamento ce ne
sono finché vuoi di camere, se avrai bisogno di un posto
dove stare…” Ryo le
rispose, improvvisamente dolce, quasi paterno, strofinandole i rossi
capelli
ricci. “Piangi, Kaori, se vuoi… non hai bisogno di
essere forte adesso, non con
me.”
Kaori
si limito ad acconsentire, e si lasciò andare.
Colmi di lacrime, gli occhi scintillarono però
di gratitudine mentre
abbracciava Ryo, nascondendo il capo nell’incavo del collo
dell’uomo, e
finalmente, si prendeva il lusso di piangere… piangere
perché aveva perso
l’amato fratello, e perché lui aveva saputo
trovarle una famiglia prima di
andarsene…
Nel suo letto, Ryo ripiegò con cura la
lettera, pronto a
nasconderla nuovamente; non aveva bisogno di leggerla, negli anni, ogni
volta
che era stato tentato di far evolvere in qualche modo - qualunque
modo- il rapporto con la giovane donna era andato a
rileggersi quelle righe, cercando di capire cosa Maki avesse voluto
dirgli…
cosa desiderava? Vederlo sposato con Kaori? O parlava forse di amore
fraterno?
Non lo aveva mai capito, ma adesso iniziava a chiedersi se non fosse
stato
proprio quello il fulcro della cosa: Maki aveva voluto che Ryo lo
scoprisse da
solo, cosa voleva, e che vivesse quel sentimento, qualunque esso fosse
destinato a divenire, con i suoi tempi e forse sì, anche a
modo suo.
Si alzò in piedi, pronto a raggiungere
Kaori sul tetto
dell’edificio dove aveva deciso di sfidare Mick, la pistola,
ora funzionante,
di Makimura in una tasca e la lettera ripiegata
nell’altra….
Sul
tetto di quell’edificio ormai quasi distrutto, Ryo
poggiò la mano sulla rete
che delimitava il terrazzo, guardando d’abbasso, le strade
ricolme di vita di
Shinjuku. Tentennante, Kaori si stava avvicinando a lui… per
sfidare Mick aveva
indossato la tuta rossa, aderente, che mostrava ogni curva del suo
meraviglioso
corpo, ed una sua camicia dal colore giallo chiaro: bellissima, pareva
una dea
della guerra, che era uscita vincitrice da quello scontro.
Ryo si voltò verso di lei, ed i loro
occhi si incontrarono,
e le parole, scacciate per anni, fluirono dalla sua bocca come se fosse
stata
la cosa più naturale del mondo.
“Sai, Kaori, è da tanto tempo
che ci penso, e dalla morte
di Makimura, questo pensiero non mi ha mai lasciato… se,
nonostante lui ti
avesse affidata a me, fosse meglio farti stare al mio fianco oppure
lasciarti
andare, e darti la possibilità di vivere una vita normale,
come tutte le altre
ragazze. Non sono mai riuscito a prendere una decisione definitiva, a
volte
pensavo di andare avanti così e ti facevo anche capire che
tenevo molto a te,
però poi cambiavo subito idea, perché pensavo che
se avessi davvero voluto la
tua felicità avrei dovuto lasciarti andare.
Mi sono trovato prigioniero di questo circolo vizioso,
mentre il tempo
passava irrimediabilmente…. Per questo ti ho fatto soffrire
così tanto….mi
dispiace… per questo ho capito che devo prendere una
decisione qui, ora,
adesso, senza altri rinvii!”
Dalla tasca, estrasse i due oggetti, la lettera e
la
pistola, e li porse entrambi alla giovane, che con il viso rispendente
di speranza
camminava lentamente verso di lui, quasi fosse stata un giovane
cerbiatto che
compiva i primi passi su zampe traballanti.
“Ho rimesso a posto la pistola,
Kaori… e vorrei che tu la
prendessi. Che accettassi di rimanere accanto a me per
sempre… di essere la mia
partner e la mia
famiglia!” Kaori prese
la pistola del fratello e la lettera, e le strinse a sé;
piangeva, ma il sorriso
non voleva sapere di andarsene dalle sue soffici labbra rosee.
“Quella lettera
me la scrisse Maki nel caso gli fosse successo qualcosa. Mi diceva di
prendermi
cura di te. Ma se ti ho tenuta tutti questi anni accanto a me non
è solo perché
volevo mantenere quella promessa, ma perché…
perché…”
L’uomo ingoiò a vuoto, e
lottò contro tutte le sue solite
brutte abitudini per dire cosa pensava realmente invece che comportarsi
come
suo solito… doveva lasciar parlare il suo cuore
anziché il suo cervello.
“Perché col
tempo
io… io mi sono innamorato di te…”
Disse, timido ed impacciato come non era mai
stato prima di allora, guardando ovunque ma non nella direzione di
Kaori. La
sentì singhiozzare, e quando si guardarono, Ryo
capì che la donna stava sì
piangendo, ma di felicità: tutto di lei urlava gioia, una
gioia che presto lo
contagiò. Sorridendo, praticamente
urlò
le ultime parole che gli erano rimaste da dire. “IO TI AMO,
KAORI!”
Con
le lacrime
agli occhi, lei gli si gettò tra le braccia, e lo strinse
forte. Ryo ricambiò
quell’abbraccio, perdendosi per un attimo nel profumo caldo e
accogliente di
lei, che sapeva di casa e amore…
Alzò gli occhi al cielo
un’ultima volta, ringraziando il
suo amico per avergli affidato la sorella.
Era stata la decisione più giusta, la
cosa migliore che
avesse mai fatto.
Adesso, grazie a lui, nessuno dei due sarebbe mai
stato
più solo… perché sarebbero stati una
famiglia. Nel vero senso della parola.