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Autore: Vega_95    30/06/2021    2 recensioni
Gli era toccato un compito ingrato. Adrien ancora non si capacitava della stupidità, dell'egoismo e dell'impulsività che l'avevano portato a dover compiere quell'ingrata missione. Da una parte era contento, ma dall'altra sentiva di aver fatto un gravissimo errore, non avrebbe mai dovuto fare il suo nome alla nuova Guardiana che, ingenuamente, si era fidata delle sue parole. Non era mai stato compito di Chat Noir consegnare i Miraculous, ma ormai non poteva più tirarsi indietro, la scelta era stata fatta. Lui aveva scelto, aveva segnato il destino di quella ragazza con quella scelta impulsiva. Il suo cuore gioiva, ma la sua mente si rifiutava categoricamente di accettarlo....
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli era toccato un compito ingrato. Adrien ancora non si capacitava della stupidità, dell'egoismo e dell'impulsività che l'avevano portato a dover compiere quell'ingrata missione. Da una parte era contento, ma dall'altra sentiva di aver fatto un gravissimo errore, non avrebbe mai dovuto fare il suo nome alla nuova Guardiana che, ingenuamente, si era fidata delle sue parole. Non era mai stato compito di Chat Noir consegnare i Miraculous, ma ormai non poteva più tirarsi indietro, la scelta era stata fatta. Lui aveva scelto, aveva segnato il destino di quella ragazza con quella scelta impulsiva. Il suo cuore gioiva, ma la sua mente si rifiutava categoricamente di accettarlo.

Era appollaiato su quel tetto ormai da ore, scrutando la città avvolta nel buio della notte, le luci soffuse che la rendevano viva, i mezzi che sfrecciavano per le strade deserte, le persone che uscivano dai locali e correvano verso i taxi in attesa sul ciglio della strada. Parigi era sempre viva, i suoi abitanti si sentivano al sicuro, perché ancora non sapevano. Ignari, vivevano le loro vite in assoluta tranquillità.

Il giorno in cui aveva indossato l'anello di Chat Noir, Adrien non avrebbe mai potuto immaginare il peso che quel gioiello avrebbe gravato su di lui. Aveva combattuto nemici agguerriti, amici, parenti, conoscenti e sconosciuti. Aveva sempre messo il bene superiore davanti a tutto e tutti ed era stato proprio quell'istinto a spingerlo a fare il nome di Marinette Dupain-Cheng alla Guardiana dei Miraculous.

Il mondo aveva bisogno di Ladybug e chi meglio dell'originale avrebbe potuto rivestire quel ruolo? Lei era nata per essere Ladybug, era il suo destino, il suo stesso istinto l'aveva resa l'eroina simbolo di Parigi, idolo di tutti i cittadini. Con la maschera o senza, Marinette era sempre stata un'eroina, incredibile, geniale e straordinaria. Erano quelle le cose che avevano fatto di lei un'eroina e che avevano fatto innamorare perdutamente di lei, Adrien. Per quello il suo cuore gli aveva suggerito il suo nome, perché lui desiderava ardentemente tornare a combattere al suo fianco, perché lei era l'unica e perché nessun altro avrebbe potuto fronteggiare quella nuova minaccia meglio di Marinette. Eppure, una parte di lui sentiva che non era giusto.

Chat Noir chiuse gli occhi per un momento, prese un profondo respiro e poi li posò sulla scatolina esagonale contenente gli orecchini che erano sempre appartenuti a lei, liberando Tikki.

«Non so cosa fare» cercò conforto nella kwami, ma a giudicare dal suo sguardo anche lei condivideva il suo turbamento. Tikki desiderava disperatamente rivedere Marinette, ma allo stesso tempo temeva di sconvolgere di nuovo la sua vita.

Quante volte la sua amica si era ritrovata in crisi a causa della sua doppia vita e ancora di più da quando era diventata la Guardiana?

Aveva rinunciato alla sua vita, al suo amore, per quella missione e ributtarla in quel mondo di scontri, battaglie e perenne allerta fece sentire male entrambi.

Tutto per colpa di uno scherzo del destino, un minuto di troppo che era costato caro a tutti loro.

Adrien aveva cercato con tutte le sue forze di rimuovere quel momento dalla sua memoria, non ne aveva mai più voluto parlare con nessuno. Nulla di tutto ciò che era accaduto quel giorno sarebbe potuto essere minimamente immaginabile. Sapevano che prima o poi lo scontro finale contro il loro nemico giurato sarebbe arrivato, ma Adrien si era ormai abituato all'idea che Papillon non potesse essere suo padre e aveva accantonato il sospetto che sotto alla maschera di Ladybug ci fosse la sua compagna di classe Marinette e non aveva mai pensato al giorno in cui la sua amata Guardiana avrebbe dovuto passare il testimone. In un solo momento, invece, tutto quello era accaduto, tutto insieme, tutto in una volta.

Adrien, che ancora rinnegava l'idea di poter amare due ragazze contemporaneamente, aveva scoperto nel peggior modo possibile che esse erano in realtà una sola.

Era arrivato tardi, appena in tempo per vedere quel muro invisibile e inesistente che li aveva sempre tenuti divisi, infrangersi. Aveva visto gli occhi umidi di lacrime di Ladybug, liberarsi dalla maschera e lei, che stava per perdere conoscenza, sorridergli.

Non sarebbe mai, in nessun modo, riuscito a dimenticare quelle parole, rivolte a lui e lui soltanto.

«Ti amo, Adrien».

Adrien aveva sentito il respiro venirgli a mancare, sentendosi chiamare in quel modo. Lei lo sapeva e lo amava. Il suo corpo si mosse d'istinto, sorpassò Papillon, rimasto paralizzato di fronte al suo ennesimo fallimento, e prese al volo la ragazza avvolta dall'alone rosa della trasformazione. Sentì il suo intero essere svuotarsi quando trovò Marinette tra le sue braccia, là dove si aspettava di trovare una ragazza mai vista e mai incontrata, c'era invece la seconda persona più cara della sua vita, quella che gli era stata accanto per tutto il tempo. Se in un primo momento gioì per aver scoperto l'altro lato della medaglia, quello successivo il suo cuore andò in pezzi, perché sapeva che al suo risveglio, lei non avrebbe ricordato più nulla.

La formula era stata pronunciata, Marinette, messa alle strette, pur di non consegnare i gioielli magici a Papillon, aveva affidato al destino la custodia dei Miraculous, dando l'incarico a colui o colei che ne sarebbe stato più degno.

La Miracle Box si era sigillata e Tikki si era nascosta a malincuore con gli orecchini stretti tra le zampette, consapevole del fatto che non avrebbe mai più rivisto la sua cara Marinette.

Quel giorno Papillon era caduto.

La furia di Chat Noir era stata implacabile, il solare ragazzino dai capelli biondi era cresciuto tutto in un colpo oltrepassando quel confine che limitava i suoi poteri e se la maschera di Papillon non fosse caduta, avrebbe finito per sconfiggerlo e non avrebbe mai scoperto la verità.

Era stato un duro colpo per lui, nel giro di poche ore aveva perso la ragazza che amava, trovato il corpo di sua madre in una teca di vetro, nascosto proprio sotto casa sua, e scoperto che l'uomo che li aveva condotti a quel punto, non era altri che suo padre.

Quel giorno le identità erano state rivelate, le speranze si erano trasformate in una polvere fine e sottile, portata via dal vento, verso un nuovo futuro, verso nuove prospettive.

C'era voluto del tempo, ma lentamente Adrien aveva capito che nulla era perduto, così come Marinette avrebbe ricominciato da capo, anche lui e suo padre sarebbero ripartiti da zero. Avrebbero trovato un altro modo per salvare Emilie, che non implicasse un prezzo così alto, come quello che avrebbe richiesto l'unione dei Miraculous.

Nessuno a Parigi seppe mai con certezza cosa accadde, semplicemente, un giorno, eroi e cattivi sparirono facendo tornare la città alla sua vecchia e consueta routine. Ogni tanto qualcuno segnalava la presenza di Chat Noir che si aggirava tra i tetti, ma mai nessuno era più riuscito a incontrare lui, Ladybug e tutti gli altri eroi. Così come erano apparsi, i supereroi erano scomparsi e con loro i mostri.

Adrien aveva impiegato una settimana, prima di decidersi a tornare a scuola. Temeva il confronto con Marinette e di essere visto come un completo estraneo.

Con il cuore in gola, si era fatto accompagnare in auto fino all'ingresso della scuola, come se niente fosse e il primo che era corso ad accogliere calorosamente il suo ritorno era stato Nino.

«Amico, che fine avevi fatto? Ci hai fatto preoccupare»
«Scusa, ma avevo l'influenza» si era giustificato salendo le scale dell'ingresso insieme al suo migliore amico, dirigendosi verso gli armadietti per lasciare le loro cose.

Tutto era estremamente tranquillo, le persone attorno a lui ignoravano del tutto ciò che era accaduto, nessuno aveva ancora capito che la battaglia contro Papillon era conclusa, avevano continuato tutti a vivere la loro routine.

Adrien non si era ancora abituato all'idea che, per lui, le cose sarebbero cambiate, che avrebbe visto suo padre sotto un'altra luce, che avrebbe contribuito a mantenere il suo segreto riguardo a sua madre, che si sarebbe dovuto mettere d'impegno per studiare il Grimorio e cercare una cura per Emilie, che non ci sarebbero più state battaglie, akuma, Miraculous da recuperare e non ci sarebbe più stata lei, la sua amata Ladybug.

Da quel giorno, si era ripromesso che avrebbe guardato Marinette da lontano, uscendo per sempre dalla sua vita, restando per lei un semplice compagno di classe.

Aveva ancora al dito il suo Miraculous e avrebbe continuato a tenerlo, finché il nuovo guardiano non avesse deciso di privarlo.

I Miraculous avevano complicato la vita di Marinette e Adrien non l'avrebbe ributtata in quell'oblio. Per questa ragione aveva deciso di allontanarsi definitivamente da lei, nonostante continuasse a esserne innamorato perso.

Era stato il suo proposito per quei giorni di assenza e fino a quel momento, ma, mentre uscivano dagli spogliatoi, Marinette e Alya erano entrate scontrandosi con loro.

«Bentornato!» si era sorpresa Alya, lanciando immediatamente uno sguardo complice a Nino che l'aveva affiancata subito eclissandosi con lei, permettendo ai loro amici di restare soli. «Gli hai parlato?» si era premurata di chiedergli, lei.

«Sì...» aveva risposto Nino, ma aveva trovato strana la reazione del suo amico riguardo a quello che era successo a Marinette.

Come giustificare la perdita di memoria della ragazza? Semplicemente con un incidente. Chat Noir non era sceso nei dettagli quando aveva portato Marinette dagli agenti di polizia, aveva fatto semplicemente intendere che, in qualche modo, la ragazza avrebbe potuto riportare dei danni in seguito alla collisione con una forza magica. Aveva usato paroloni, alcuni addirittura inesistenti, al fine di confondere gli agenti, ma lasciare intendere che riguardava qualcosa di importante.

«Ciao», l'aveva salutata Adrien grattandosi nervosamente la nuca.
«Ciao...» era stata la risposta un po' dubbiosa di Marinette, sentendosi stranamente emozionata da quell'incontro, ma senza comprenderne il motivo. «Scusa, ci conosciamo?» le era venuto naturale domandargli, vista la sua situazione.
«No... cioè sì... insomma, ci conoscevamo, prima...» si era ritrovato a balbettare lui, non sapendo bene come comportarsi con lei. «Mi chiamo Adrien. Adrien Agreste» aveva deciso, infine, di presentarsi. In fondo frequentavano la stessa classe, almeno di nome avrebbero dovuto conoscersi, si era concesso.

«Quell'Agreste?» si era sorpresa Marinette, trovando immediatamente una risposta affermativa che l'aveva fatta sorridere ed emozionare. Era una grandissima fan dei lavori di suo padre e probabilmente quel nodo allo stomaco che aveva provato alla sua vista, doveva essere stato causato dal suo inconscio che l'aveva riconosciuto a prima vista. Questa era la spiegazione che aveva finito per darsi la ragazza e che l'aveva tranquillizzata di colpo. «Io sono Marinette Dupain-Cheng» si era subito presentata, porgendogli la mano, sentendosi incredibilmente stupida, un attimo dopo. «Ma questo tu lo sai...» si ricordò, imbarazzata, ritraendo la mano.

Intenerito e contento di vedere la solita Marinette di sempre, Adrien si lasciò andare e le prese quella mano che lei gli aveva offerto, inchinandosi e baciandola.

«È un vero piacere, Milady» aveva detto, facendo avvampare subito la ragazza che era schizzata indietro, come scottata.

«Ehi!» si era lamentata subito, credendo poi che quello fosse un loro normale rituale in passato. «Ma tu... sei sempre così espansivo?»

«Dipende» aveva ammiccato Adrien, sentendosi libero di scherzare con lei.

In fondo, dovevano andare a scuola insieme, non poteva creare un baratro tra loro, non voleva farsi disprezzare da lei, come era successo il primo giorno.

Concessione su concessione, Adrien e Marinette avevano finito per diventare inseparabili, compagni di classe, amici e poi, finalmente, era successo: si erano innamorati di nuovo.

«Ho la sensazione di aver aspettato questo momento per tutta la vita» gli aveva confidato Marinette, dopo il loro primo bacio, in un giorno di pioggia, proprio davanti a scuola, sotto all'ombrello di Adrien che, trasportato dal momento, l'aveva lasciato cadere.

Una fitta al petto l'aveva fatto esitare, ma poi Adrien aveva sorriso. In qualche modo, il cuore di Marinette ricordava ancora quei sentimenti e ciò l'aveva fatto gioire e riprendere da dove le parole avevano interrotto il loro bacio.

Purtroppo quella quiete non era durata a lungo.

A un anno dalla scomparsa di eroi e cattivi, una nuova minaccia aveva investito Parigi, una nuova forza oscura aveva fatto la sua comparsa e con essa era apparso il nuovo Guardiano. Una ragazza poco più grande di Adrien, proveniente dal tempio tibetano ricomparso dopo la sconfitta di Feast, lo stesso in cui era cresciuto ed era stato addestrato il Guardiano che aveva nominato Adrien e Marinette, portatori di Miraculous. Il suo nome era Ting Fu, nientemeno che la sorella minore del vecchio maestro Fu.

Con una nuova minaccia in circolazione, la Guardiana si era rivolta all'eroe con più esperienza in città e ancora in possesso del suo Miraculous. Parigi aveva bisogno di una nuova Ladybug e prima ancora che la mente di Adrien avesse potuto ragionare sulla scelta migliore, il suo cuore l'aveva spinto a proporre Marinette.

Dopo aver tentennato tanto e averla osservata tutta la sera dalla fessura tra le tende della sua finestra, Adrien si convinse che quella era la scelta giusta. In quei mesi aveva condiviso molto con Marinette, erano fidanzati, passavano molto tempo insieme, parlavano e si divertivano, erano felici insieme, eppure, ogni volta che lui la guardava negli occhi, vedeva una piccola ombra a oscurarle lo sguardo; le mancava qualcosa. Mancava quella luce viva che le dava l'essere Ladybug, una parte di lei sentiva il vuoto che aveva lasciato la sua rinuncia a quei ricordi ed era stata quella consapevolezza ad averlo convinto a restituirle il Miraculous. Lei era l'unica in grado di tenere testa a quella nuova minaccia, nessuna ragazza avrebbe interpretato quel ruolo meglio di lei, perché Marinette era Ladybug, sia con una maschera, sia nella vita di tutti i giorni. Lei era la sua Lady, la sua Buginette.

Marinette trovò la scatolina esagonale, sul letto e quando la aprì trovò, con sua somma sorpresa, una creaturina rossa svolazzante dall'aria insolita e molto tenera, ma che la terrorizzò in un primo momento.

Per Tikki fu un piacevole déjà-vu e proprio come la prima volta le spiegò per filo e per segno ogni cosa, spingendola subito a trasformarsi per poter avere un migliore apprendimento sul campo.

Adrien la osservò testare il suo yo-yo e lanciarsi nel cielo notturno di Parigi atterrando malamente su un cornicione da cui rotolando giù. Il supereroe non si mosse, sapeva bene che quella ragazza era piena di risorse e infatti la vide tornare in aria atterrando sullo stesso tetto da cui l'aveva osservata per ore e ore.

«Buonasera, collega» la salutò galantemente, inchinandosi di fronte a lei. L'emozione che provò nel rivederla indossare quella tuta fu indescrivibile e gli provocò un nodo alla gola così forte che gli gonfiò gli occhi di lacrime.

«Tu devi essere l'altro supereroe di cui mi ha parlato la mia kwami. Chat noir, giusto?»

«Al tuo servizio, Milady» continuò a restare inchinato, perché lei non vedesse i suoi occhi lucidi per l'emozione e le prese la mano per baciarla.

«Sì, mi ha anche avvertita di quanto tu sia cascamorto» si ritrasse lei, prima che potesse baciarla, avvisandolo che avrebbe messo subito dei paletti.

«Sicuramente ti avrà anche riferito del mio charm felino, non è così Buginette?». Quanto gli erano mancati quegli scambi di battute.

«Bugicosa?!» arretrò scandalizzata, la ragazza. «Te lo dico subito, caro il mio collega: sono già impegnata, per cui vacci piano» mise subito in chiaro la nuova eroina

«Rilassati, sto scherzando. Non mi permetterei mai» ridacchiò avvicinandosi a lei. «Signorina coccinella, è un vero onore poterla avere come collega in questa avventura».

«Ladybug, chiamami Ladybug» si tranquillizzò e presentò lei guardandolo negli occhi. Quel nome le frullava nella testa fin da quando aveva visto Tikki comparirle davanti e non si sarebbe voluta chiamare in altro modo, nei panni della nuova supereroina di Parigi.

Rimase ferma un istante a osservare il suo collega, notando qualcosa di strano che insinuò immediatamente il dubbio in lei. Quel modo di porsi, quegli occhi, quei capelli e quel sorriso. Marinette mise velocemente insieme tutti i pezzi del puzzle avvertendo una piacevole sensazione di calore nel petto; il suo cuore l'aveva capito subito.

«Ma...» bisbigliò, colta di sorpresa, ma tacque quando si ricordò della raccomandazione di Tikki, di tenere segreta la sua identità.

«Qualcosa non va?» si preoccupò Adrien, tornando serio, ma ricevette in risposta solo dolce sorriso da parte della sua amata coccinella che lo oltrepassò e si lanciò dal tetto con il suo yo-yo, sicura che lui l'avrebbe seguita sempre e ovunque.

Gli eroi di Parigi erano tornati.

   
 
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