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Autore: NightSilence    03/07/2021    0 recensioni
Ilae e Naev sono le uniche due figlie del sovrano del Regno del Buio. Essendo sorelle gemelle, hanno sempre condiviso tutto, anche il dolore della perdita della madre. Al compiere dei loro vent'anni arriveranno alla prestigiosissima Accademia di magia, per uscirne poi preparate ad ereditare il regno del padre come future regine e sposare i loro promessi sposi, i principi Azriel e Rhysand. Scopriranno che le due sezioni nelle quali la scuola smista i suoi studenti, nascondono molti segreti, a cominciare dal fatto che gli studenti appartenenti a sezioni diverse non si sarebbero mai potuti sposare o avere relazioni, a causa di una potente maledizione che si scaglia su chi trasgredisce la regola. Quando Azriel e Rhysand spariscono inspiegabilmente rapiti da una misteriosa organizzazione di ribelli, le due ragazze cominceranno a capire di star sviluppando degli strani poteri, che non c'entrano proprio nulla con quelli del padre che avrebbero dovuto ereditare insieme al regno a seguito dell'assegnazione della loro pietra magica. Attraverso sogni e incubi potrebbero riuscire a comprendere cose mai svelate del loro mondo, e forse non solo di quello.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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•Quem metuunt, oderunt•

•••

Il forte odore di chiuso e umidità fece storcere il naso a Naev.
Per quanto fosse grande la stanza, nell'aula del professor Selcouth, era quasi impossibile respirare, e il freddo penetrava fin dentro le ossa fino quasi a far male. In quel momento avrebbe tanto voluto indossare una delle sue calde mantelle invernali, di quelle con il bordo in pelliccia bianca che sua madre era solita indossare quando fuori nevicava, e che a lei facevano sempre starnutire quando ci infilava il naso facendosi prendere in braccio. Anche gli altri sembravano star patendo il freddo tanto quanto lei: le ragazze cercavano di scaldarsi stringendosi accanto alle amiche mentre i maschi stringevano i denti per non mostrarsi deboli. Solo una di loro se ne stava in disparte totalmente incurante del gelo che camminava sulla pelle nuda delle braccia dei suoi compagni. Aveva un fastidioso sorriso tanto appuntito quanto il suo naso rivolto ostinatamente all'insù.

Non ebbe il tempo di soffermarsi a guardarla, perchè il professore richiamò l'attenzione del gruppetto che si era formato battendo il bastone sul pavimento in pietra.

A dire il vero l'intera stanza era ricoperta di pietra fino al soffitto, l'unico elemento che staccava un po' da quella monotonia grigia era il portale in legno scuro dal quale erano entrati. Non c'era nemmeno una finestra a rompere il ritmo serrato dei blocchi che rivestivano la parete, e l'unica fonte di luce proveniva da un massiccio candelabro che pendeva dal centro della stanza, e altri più piccoli appesi alle pareti perfettamente speculari e simmetrici.

L'uomo sulla cinquantina se ne stava seduto su di una scrivania in mogano col ripiano in quella che, da dove erano sedute le ragazze, sembrava essere in marmo nero, le gambe magre accavallate e il bastone appoggiato di traverso sulle ginocchia. Non sapeva a cosa gli servisse, ma Naev sperò che non l'avrebbe usato contro di loro per correggerli.

Quando da piccole studiavano nella biblioteca di palazzo il loro insegnante era solito colpirle sulle mani con una sottile canna di lago quando sbagliavano una risposta o versavano l'inchiostro sui fogli di pergamena. Spesso si ritrovavano la sera con tutte le nocche rosse e brucianti, ma loro padre non aveva mai detto nulla sui metodi poco usuali del loro insegnante.

Il professore si alzò con un unico movimento facendosi girare tra le dita abbronzate il bastone di un nero lucido, perfettamente abbinato alle scarpe. Indossava una camicia nera con le maniche arrotolate fino ai gomiti, i primi bottoni aperti che lasciavano in bella mostra le clavicole. Sopra a questa, un gilet nero con piccoli dettagli blu e argento gli fasciava la vita snella, un paio di pantaloni anche quelli neri si stringevano sulle caviglie.

-Molto bene.- sorrise l'uomo squadrandoli dal primo all'ultimo soffermandosi su ognuno di loro con particolare attenzione, quasi li stesse analizzando. -Sono felice di vedervi così numerosi anche quest'anno al mio corso.
Vi avverto fin da subito, il mio non sarà affatto un corso facile e da prendere alla leggera. Manipolazione delle ombre.
Interessante, non è così?- sorrise l'uomo, enigmatico. Ogni parola pronunciata da lui aveva il potere di catturare l'interesse di ogni studente, nonostante il professore ancora non avesse cominciato a spiegare un bel niente.

Lui inizió a camminare avanti e indietro tra i lunghi banchi in legno, soffermandosi proprio davanti alla fila di Ilae e Naev.

-Quello che faremo quest'anno è imparare le basi, ma non sará una passeggiata. Le ombre sono creature mutevoli e viventi, che cambiano aspetto a loro piacimento. Non sono semplicemente riflessi di persone o oggetti, nonostante non abbiano la capacità di intendere e volere. Potete passare tutto il tempo che volete a cercare di controllare un'ombra, ma non lo farete mai se lei non vi darà il permesso.
La manipolazione, infatti, non è semplicemente il prendere possesso di qualcosa, quanto il convincere voi stessi che sarà quel qualcosa ad essere controllato da voi.
La prima cosa che impareremo, sarà quindi riuscire a comunicare con esse, senza secondi fini.
Dovranno fidarsi di voi ovviamente. Non sono intelligenti, ma riconoscono quasi sempre le bugie.- spiegó il professore, rivolgendo uno sguardo di ammonizione ai ragazzi.

Tutti i presenti si cominciarono a guardare intorno cercando quindi la propria ombra, ma dopo averle trovate, con notevole disappunto, le videro tutti scivolare via lungo il pavimento dirette verso il muro.

L'uomo, ancora in piedi, emise una calda risata.
-Credevate che fosse così semplice? Non potete semplicemente rivolgervi alla vostra ombra e cominciare a parlarci del più e del meno. Dovrete stabilirci un contatto.
Avete mai provato l'arte della meditazione?- sussurri di consenso e diniego si sollevarono per la classe, spingendo il professore a parlare nuovamente.
-La meditazione è riflessione con sè stessi. È prendere la piena consapevolezza della propria esistenza, e di ciò che ci sta intorno. Ora dovrete fare una cosa leggermente simile. Dovrete chiudere gli occhi, stare immobili, e dividere tutti i pensieri negativi che avete, da quelli positivi. Dopo aver fatto un po' di ordine nella vostra mente, potete provare a riaprire gli occhi. Se avrete svolto tutto correttamente, allora la vostra ombra sarà ritornata al suo posto. Badate bene, non scoraggiatevi se non ci riuscite. L'ordine mentale non è una pratica semplice. Ovviamente dovrete esercitarvi da soli, e non solamente in classe, se no non potrete mai comunicare con le ombre come da programma.
Ora potete provare. Cercate di fare il meno rumore possibile, per evitare di sconcentrarvi.-

Le due sorelle si guardarono per un momento. Il professor Selcouth sembrava veramente preparato, e riusciva a trasmettere una sicurezza che le ragazze non avevano mai provato prima. Tutto quello che usciva dalla bocca dell'uomo era così interessante che Ilae si ritrovó il cuore che batteva velocemente alla prospettiva di poter seguire quelle lezioni.

Nonostante l'emozione, chiuse gli occhi e respiró piano, cercando di rilassarsi. Tutto ciò che era successo negli ultimi giorni riaffioró come bellissimi ricordi, confondendo la sua mente e annebbiandola. La ragazza si ritrovò a sorridere. Subito dopo però, senza nessun filo logico, il ricordo pungente e doloroso della morte di sua madre spazzó via tutto il resto, per poi essere sostituito dalle perfide sgridate dell'insegnante il quale aveva cresciuto lei e sua sorella. Quell'uomo era stato veramente tremendo con loro per tutti quegli anni, e Ilae sperava di non doverlo vedere mai più. Cercó di ricomporsi, e di mettere ordine tra tutti quei pensieri, con molta difficoltà. Non era affatto semplice, ma rilassandosi e ascoltando il suono del silenzio che governava l'intera stanza, riuscì in qualche modo a dividere i ricordi come aveva spiegato il professore. Aprì lentamente gli occhi, uno alla volta. Scoprì che le sue dita bianche come il servizio di porcellana dei genitori di Azriel e Rhysand che avevano rotto lei e sua sorella da bambine, avevano stritolato per tutto il tempo la gonna del suo bel vestito, stropicciandone la stoffa viola.

Lisciò le grinze e si sistemò sulla sedia cercando di non fare qualche rumore che avrebbe potuto distrarre i suoi compagni.
Si guardò intorno per vedere se anche qualcun'altro fosse riuscito a svolgere l'esercizio, ovviamente la prima verso cui si girò fu la sorella seduta al banco a fianco a lei. Per poco non fece cadere la sedia sul pavimento quando scattò in piedi: Naev era di un pallore cadaverico, quasi livido, le unghie infilate nei palmi, e il suo corpo era scosso da leggeri tremiti. Fece per prenderle una spalla per risvegliarla dalla sua trance, ma prima che potesse anche solo sfiorarla con un dito si ritrovò il legno nero del bastone del professore a dividerle.
L'uomo scosse leggermente la testa costringendola a fare qualche passo indietro.

-Deve riuscire ad uscirne da sola. Ognuno di noi deve imparare a combattere le proprie ombre per conto proprio.- disse serio fissandola dritta negli occhi con i suoi penetranti occhi scuri.

Non la stava rimproverando, stava semplicemente spiegando.
A Ilae non andava molto giù il non poter aiutare la gemella, c'erano sempre state l'una per l'altra da sempre, soprattutto da quando la mamma se ne era andata, ma il professor Selcouth purtroppo l'aveva costretta a farsi da parte e sedersi, in attesa che la sorella si svegliasse. Anche altri ragazzi erano nella stessa situazione di Naev, anzi, Ilae si sorprese di vedere che lei era stata una tra i primi che avevano aperto gli occhi.

Il professore girava tra i banchi a passi lenti e misurati, ogni tanto si fermava davanti ad un banco, controllava l'orologio da polso e poi passava oltre.

Dopo quella che a Ilae parve un'eternità Naev finalmente aprì gli occhi ed entrambe ripresero finalmente a respirare. La maggiore si voltò verso l'altra ragazza, aveva gli occhi umidi e pareva davvero scossa da qualche cosa che aveva visto.
D'istinto Ilae le prese la mano e le sorrise per tranquillizzarla.

I minuti passarono, e uno ad uno anche il resto della classe riuscì ad uscire dal loro stato di trance, chi pallido come uno straccio e chi non aveva battuto ciglio neanche per un secondo.
Una ragazza era addirittura scoppiata a piangere tra le braccia di quello che Ilae suppose fosse il suo futuro sposo.

-Beh, è stata una prima lezione molto interessante, non è vero?-
Il professore rimarcó la parola "interessante" con un tono un po' sadico. -Come avete potuto vedere voi stessi, avere a che fare con le ombre non è affatto una cosa facile, ma con un po' di allenamento ed esperienza vi assicuro che diventerà più facile e potrete fare molte cose un giorno. Le ombre non saranno certo intelligenti, ma sanno essere molto utili.- Sul suo viso comparve un ghigno che andó ad increspare la pelle non più giovane intorno alle labbra. -La lezione per oggi è finita, potete pure andare.-

Gli studenti si alzarono compostamente strisciando le sedie sul pavimento in pietra nuda e salutarono l'insegnante.
Le gemelle si tennero in fondo alla fila e quando ebbero superato il portale in legno, Ilae prese per un polso la sorella, fermandola.

-Naev,-

-Ma come diavolo hai fatto?!- chiese quasi seccata la ragazza, bloccandosi alla stretta della gemella. -Tu non hai visto niente?- chiese poi in modo più calmo, respirando lentamente, cercando di calmare il respiro.

-Non credo di capire a cosa ti riferisci, davvero...- sussurró Ilae, guardandola dispiaciuta.

-Quelle dannate ombre...è stato spaventoso...non ho nemmeno capito che cosa ho visto...-

-In che senso?- chiese leggermente inquietata la sorella, tenendole una mano mentre si spostava a destra per lasciar passare gli ultimi studenti che uscivano dalla classe.

-Nel senso che non ho visto niente, ho sentito solo come se qualcuno mi bloccasse sul posto, sentivo come se avessi avuto le braccia incatenate al petto, quasi come se qualcuno mi stesse stritolando e non mi voleva lasciare andare per nessuna ragione al mondo. Come le paralisi del sonno che ha nostro padre. E sentivo...
sentivo come se qualcosa di gelido si attorgigliasse attorno alla mia gola. Avevo la sensazione di soffocare, il cuore mi era arrivato in gola.-

Ilae si incupì. Non capiva il motivo per il quale lei era riuscita subito a svolgere l'esercizio, mentre Naev invece no. Sentiva come se l'avesse lasciata sola, ed era la prima volta che non riusciva a capire completamente la sorella.
Era una bruttissima sensazione.
Avevano sempre condiviso tutto, compresi i sogni. Ogni volta che una faceva un incubo, anche l'altra lo faceva nello stesso momento.

-Andiamo in giardino.- propose lei, cercando di far calmare Naev, che era ancora pallidissima. -Azriel e Rhysand ci staranno aspettando sicuramente.
Magari se ti distrai, ti passa.
Ne sono sicura.- e al cenno di consenso della ragazza, le due si allontanarono dalla classe percorrendo il lungo corridoio che portava al cortile.

Presero il sentiero che circondava la scuola e passarono attraverso una sorta di galleria di rampicanti piena di fiori di ogni tipo, fino ad arrivare all'enorme spiazzo di verde che confinava con il bosco.
Il giardino dell'accademia era veramente immenso. Era così grande che non si vedeva nemmeno la recinzione della scuola, ma solamente siepi e fiori unici in quantità spropositate.

Ilae aveva deciso che quello sarebbe stato di gran lunga il suo posto preferito, e si era avvicinata ad un cespuglio curato alla perfezione con piccoli boccioli di rose bianche. Allungó un dito verso una delle tante roselline candide per sfiorarne i giovani petali non ancora sbocciati, ma sbarró gli occhi quando, al suo tocco delicato, il fiore si aprì all'improvviso, cambiando subito colore e scurendosi fino a diventare di un blu cobalto decisamente elegante.

La ragazza sorrise, incantata da quella magia mai vista, e sfioró con l'indice tutti i boccioli che erano ancora chiusi, i quali fiorirono subito e cambiarono colore, seguendo l'esempio del primo.

-Guarda Naev...- esclamó rivolgendosi alla sorella.

La ragazza se ne stava poco più in lá, a parlare animatamente con Rhysand e Azriel, i quali stavano ridendo di gusto per qualcosa che Naev aveva detto.

I tre si voltarono verso Ilae, per poi subito avvicinarsi al cespuglio.

-L'hai fatto tu?- chiese ammirato Rhysand, inclinando di poco il capo riccioluto verso destra e fissando le rose con gli occhi scuri sgranati. Ilae annuì.

-Le ho solo toccate.-

I tre ragazzi stavano per provarci a loro volta, quando sentirono dei passi spediti risalire il sentiero di pietra. Naev e la sorella si voltarono, vedendo una ragazza venire verso di loro.

Aveva il portamento perfetto, mento sollevato, naso all'insù, collo lungo e magro dritto e posto sulla stessa linea della schiena, come se fosse stata legata ad un manico di scopa. I capelli erano di un biondo miele, che erano raccolti in uno chignon basso e molto elegante. Non un capello era fuori posto, solo una ciocca morbida e ondulata le ricadeva lungo la guancia sinistra, rosea e dalla pelle liscia come quella di una bambina. Indossava un vestito da giorno che le arrivava ai piedi. Era di tessuto celeste, e del tulle le scendeva dalla vita come una cascata d'acqua limpida. Il corpetto era molto semplice, nonostante alcune piccole file di intarsi di minuscoli diamanti come decorazione, mentre le spalline erano sempre in tulle, corte, le quali le avvolgevano solamente le spalle, nonostante l'aria gelida che cominciava a pungere la pelle. Il girocollo che portava era argentato, come quello delle due sorelle e dei due ragazzi, e la pietra sembrava essere stata staccata da un ghiacciaio. In effetti, sembrava letteralmente un pezzo di ghiaccio trasformato in un cristallo, e Ilae si ritrovó a chiedersi se al tatto fosse stato veramente gelido come sembrava essere.

Quando la ragazza si ritrovó davanti a loro sorrise enigmatica, rompendo quella smorfia apatica che aveva avuto fino a quel momento, e si rivolse principalmente alle due gemelle.

-Scusate l'interruzione, ragazzi, ma volevo assolutamente presentarmi.- disse con quello strano sorrisetto e le sopracciglia inarcate e completamente rifatte.
-Io sono la principessa Meira, figlia di re Hanniel, sovrano del regno di Ghiaccio. Credo mi abbiate visto poco fa nella classe del professor Selcouth.
Voi dovete essere Ilae e Naev, se non sbaglio. Le principesse del regno del buio che hanno stravolto la cerimonia dell'assegnazione delle pietre.
A proposito, sono stupende, davvero.-

Naev raddrizzó le spalle, sorridendo educatamente.
Si ricordava della ragazza che se ne stava seduta da sola in classe, con quel cipiglio determinato.

-Sì, siamo noi. Mentre loro invece sono il principe Azriel e il principe Rhysand, figli di- non fece in tempo a finire la frase, che Meira si rivolse verso i due ragazzi interrompendola bruscamente.

-Figli di re Aldrich, lo so già.
Loro erediteranno molto poco, peró. Beh, ovviamente non tutti possono possedere un regno di notevoli dimensioni...e poi il vostro non sta cadendo a pezzi? Oh, ma questo non importa. Ero venuta qui per invitarvi ad una piccola festa per gli studenti del primo anno, l'ho organizzata io stessa con il permesso della preside Chryseis, mio padre ha finanziato il progetto, e voi siete i benvenuti, ovviamente. Sarà stasera subito dopo la cena, nella serra. La vedrete subito, ho fatto mettere moltissime luci.-

Azriel stava per intervenire e rispondere male alla ragazza, Ilae lo sapeva molto bene, e forse era meglio evitare di litigare il primo giorno. Lo prese delicatamente per un braccio, e fece un gran sorriso a Meira, annuendo.

-Ci saremo sicuramente, grazie mille per l'invito.- disse, prima che il ragazzo potesse dire qualsiasi cosa.

Anche Naev e Rhysand erano abbastanza infastiditi, ma non dissero nulla, lasciando fare a Ilae.

Meira si sistemó la ciocca bionda dietro l'orecchio, soddisfatta, e salutó il piccolo gruppetto facendo dietrofront e ripercorrendo il viale verso il portone dell'accademia.

Il resto del pomeriggio i quattro ragazzi lo passarono seduti su una panchina a chiedersi chi diavolo fosse quella Meira, dato che nessuno di loro ne aveva mai sentito parlare.

•••

   
 
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