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Autore: Clementine84    22/08/2021    1 recensioni
“Come hanno potuto?” chiese lei, guardandomi con gli occhi colmi di lacrime.
Sospirai.
“Sì, sono degli idioti. Ma hanno ragione. Io e te dobbiamo parlare” dissi.
“Di cosa?” mi domandò, incerta.
Presi un respiro profondo e parlai di getto, certo che, se non l’avessi fatto in quel momento, non l’avrei fatto mai più.
“Del fatto che ti amo. Ti ho sempre amata e probabilmente ti amerò per sempre”.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti. Due parole su di me. Niente di personale, solo per contestualizzare. Sono una persona comune che, per distrarsi, scrive. Sempre fatto e sempre lo farò. Quando sono particolarmente stressata o giù di corda, scivo fanfic. Sui Westlife. Perché, dopo più di vent'anni? Perché mi piacciono, perché mi stanno simpatici, perché adoro l'Irlanda e Sligo è il mio posto del cuore, dove sto bene e dimentico tutti i miei problemi. Non ho mai pubblicato niente, di solito scrivere mi serve da valvola di sfogo e nessuno - o poche persone - leggono i miei scritti. Come mai, questa volta, ho deciso di buttarmi? Perché una cara amica ha letto questa storia e mi ha convinta, sostenendo che era ben scritta ed era un peccato lasciarla in un cassetto. Dato che di lei mi fido, perché so che non è il tipo da fare complimenti che non pensa, mi sono detta perché no?
Parto con il primo capitolo. Ce ne sono parecchi altri. Se vedo che interessa a qualcuno - se là fuori c'è ancora qualche fan dei Westlife che si diverte a leggere queste cose - pubblicherò gli altri, magari a cadenza settimanale. Altrimenti pace, continuerò a scrivere per me.
Il titolo è quello di una canzone tratta dall'ultimo album dei Westlife, Spectrum. Più avanti, verrà ulteriormente citata nel racconto.
Nulla di quanto narrato è reale o ha la pretesa di esserlo. Questo scritto è frutto della mia fantasia e non vuole, in nessun modo, offendere le persone rappresentate, specialmente per quanto riguarda la sfera sentimentale e della sessualità. I personaggi originali, invece, appartengono alla sottoscritta e ogni riferimento a persone reali è da considerarsi puramente casuale.

~ 1998 ~

 

Ero sdraiato sul letto con le cuffie nelle orecchie, quando sentii il cellulare vibrare. Lo presi e lessi il messaggio appena ricevuto.

Sono arrivata!

Tolsi subito le cuffie e mi precipitai fuori dalla mia stanza e poi giù per le scale.

“Dove corri?” chiese mia madre, stupita da tanto entusiasmo.

“È arrivata” le dissi solo, certo che sapesse esattamente a chi mi riferivo.

In un attimo fui fuori di casa, percorsi il vialetto ed entrai nel giardino della casa di fianco. Senza nemmeno realizzare cosa stesse succedendo, me la ritrovai tra le braccia, con le gambe strette intorno alla vita.

“Dio, quanto mi sei mancato” sussurrò, nascondendo il viso nel mio collo.

“Anche tu” ammisi “Non te ne andare mai più, promettilo”.

“Mai più. Giuro” promise lei.

Quando la rimisi a terra, ci guardammo negli occhi, tenendoci per mano. Sorridemmo entrambi. Finalmente eravamo di nuovo uniti e niente e nessuno avrebbe più potuto separarci.

Io ed Ele ci conoscevamo da quando eravamo nati. I nostri padri erano migliori amici e le nostre mamme compagne di scuola. Io e lei eravamo nati a poche settimane di distanza ed eravamo cresciuti insieme. Io sapevo tutto di lei e lei sapeva tutto di me. Eravamo anime gemelle, inseparabili. Purtroppo, però, eravamo stati costretti a separarci per un lungo periodo. Il padre di Ele, che lavorava per una grande catena di alberghi, era stato promosso a direttore di una nuova struttura in Scozia, quindi avevano dovuto trasferirsi. Avevamo 13 anni e sapevamo che non sarebbe stato per sempre, ma quei quattro anni di lontananza ci erano sembrati eterni. Ci sentivamo tutti i momenti al telefono, in chat e via messaggio ma non era la stessa cosa. Mi mancava aspettarla fuori da scuola e bighellonare per il paese, andare a Strandhill a passeggiare sulla spiaggia mangiando un gelato o semplicemente stare sdraiati sul letto ad ascoltare musica, consigliandoci i brani che più ci facevano emozionare.
Quando si è adolescenti, quattro anni sembrano una vita ed eravamo entrambi cambiati. Senza smettere di stringerle le mani, la allontanai da me per guardarla meglio. Aveva i capelli un po’ più lunghi di quanto ricordassi e si era fatta dei colpi di sole più chiari. Era cresciuta di qualche centimetro ma restavo comunque più alto di lei. Mi accorsi anche che aveva il seno più pronunciato, ma distolsi immediatamente lo sguardo, arrossendo. Non potevo notare certe cose nella mia migliore amica. Non c’era un contratto scritto a regolare i rapporti tra migliori amici, ma ero certo che avere certi pensieri fosse considerata una violazione dell’ipotetico regolamento. Eppure, più la guardavo e meno riuscivo a smettere di pensare a quanto fosse diventata bella. Era sempre stata carina, con gli occhi grigi e i capelli castani che creavano un curioso contrasto con la pelle candida ma, ora che era cresciuta, la trovavo irresistibile.

Notai che anche lei mi stava scrutando e mi ritrovai a sperare di piacerle.

“Hai tagliato i capelli” mi disse, passandomi una mano sulla testa.

Annuii “Sì. Non te l’ho detto per farti una sorpresa. Ti piace?”.

Lei sorrise e annuì “Stai benissimo”.

“Vieni da me?” le chiesi “Tanto dopo siete tutti a cena da noi”.

Annuì di nuovo.
“Certo. Devi raccontarmi tutto della scuola. Non ti nascondo che sono un po’ agitata per domani” confessò.

Le strinsi la mano, rivolgendole un sorriso rassicurante “Stai tranquilla, andrà tutto bene. Ritroverai un sacco di gente che già conosci”.

“Non è proprio il massimo tornare proprio all’ultimo anno” si lamentò lei, facendo una smorfia.

“Avresti preferito finire le superiori in Scozia?” domandai, scettico.

Ele alzò le spalle “Almeno non avrei dovuto riadattarmi a una nuova scuola proprio all’ultimo, con gli esami in vista”.

“Non ci pensare proprio!” la rimproverai “Non avrei sopportato l’ultimo anno di scuola senza di te” le dissi, serio.

Lei distolse lo sguardo, quasi fosse imbarazzata, e mi stupiii di quella reazione. Non c’erano mai stati imbarazzi tra di noi.

“Sai cosa facciamo?” proposi “Dopo cena andiamo a prenderci un gelato, così ti distrai e ti tranquillizzi un po’”.

Inaspettatamente, Ele mi abbracciò.
“Grazie, Marky” sussurrò “Adesso che sono con te, mi sento già meno nervosa. So che andrà tutto bene, se ci sei tu”.

Mentre la tenevo stretta, mi accorsi che il cuore aveva iniziato a battermi più veloce e sapevo che era a causa di quell’improvvisa manifestazione d’affetto da parte sua. Ele era solita esternare i suoi sentimenti in modo molto spontaneo, lo sapevo. Io ero molto più riservato di carattere ma, dato che la conoscevo da sempre, mi ero abituato al suo modo di fare. Evidentemente, quei quattro anni di lontananza mi avevano fatto dimenticare com’era essere abbracciato da lei e sentirsi dire frasi affettuose. O, più probabilmente, era dovuto al fatto che, per quanto fosse la mia migliore amica, Ele era comunque una bella ragazza e io, diciassettenne imbranato, non ero abituato ad avere contatti così ravvicinati con l’altro sesso. In ogni caso, Ele ormai era tornata e non ci saremmo separati mai più. Tutto sarebbe tornato esattamente come prima della sua partenza.

O, almeno, questo era ciò che pensavo quella sera. In realtà, non avevo considerato che non eravamo più due tredicenni e che le cose, tra noi, si sarebbero inevitabilmente complicate.

 

“Quando mi presenti i tuoi nuovi amici?” mi chiese, il mattino dopo, mentre stavamo andando a scuola a piedi.

Essendo cresciuti insieme, la maggior parte dei miei amici erano anche amici di Ele, e viceversa, quindi li conosceva praticamente tutti. Durante la sua assenza, però, avevo preso a frequentare un gruppo di ragazzi con cui cantavo. Facevamo per lo più cover di gruppi pop o rock tipo Backtreet Boys, Boyzone, Bon Jovi, ma avevamo iniziato anche a scrivere qualche pezzo nostro. Mi era sempre piaciuto cantare ed Ele mi incoraggiava, sostenendo che avessi la voce più bella del mondo. Sapevo che esagerava perché era la mia migliore amica, ma speravo che avesse almeno un po’ di ragione.

“Quando vuoi” risposi “Anche oggi. Ci vediamo da Graham dopo la scuola per provare un po’. Puoi venire anche tu” proposi.

Lei annuì, felice.
“Molto volentieri” accettò.

Ci salutammo nel cortile di scuola, dandoci appuntamento al termine delle lezioni. Poi lei si diresse verso l’ingresso dell’Ursuline, la scuola femminile, mentre io proseguii verso il Summerhill, quella maschile, che stavano una accanto all’altra.

 


Prima di entrare in classe, passai dall’ufficio del preside, come mi era stato detto di fare. Scambiammo due parole sul mio curriculum scolastico e notammo che non avevo praticamente nulla da recuperare. L’unico problema era che, in Scozia, frequentavo il corso di scrittura creativa, come materia opzionale, che all’Ursuline non c’era, ma concordammo che, per rimanere in ambito artistico, il corso di teatro poteva essere un ottimo sostituto.

Dopo aver salutato il preside, fui mandata in classe per la lezione di letteratura inglese, con una nota per il professore che spiegava chi fossi e cosa fare di me.
Arrivai davanti alla porta dell’aula, presi un respiro profondo e bussai.

“Avanti” disse una voce maschile, dall’interno.

Aprii la porta ed entrai, sorridendo.
“Buongiorno, Signor Boyle” salutai e gli porsi il biglietto.

Mentre leggeva, lo osservai. Sulla cinquantina, capelli brizzolati, abbigliamento casual, faccia simpatica.

Alzò lo sguardo dal messaggio che gli avevo consegnato e mi sorrise.
“Benvenuta” mi disse “O, forse, farei meglio a dire bentornata?”.

“Grazie in entrambi i casi” risposi, abbassando lo sguardo.

Il professore si rivolse alla classe “Ragazze, lei è Elena Connolly, la vostra nuova compagna. È di Sligo, ma ha vissuto per qualche anno in Scozia e ora è tornata” spiegò “Non c’è bisogno che vi dica di essere gentili con lei e aiutarla a riambientarsi nel miglior modo possibile” aggiunse.
Poi, guardandosi intorno con aria attenta, ispezionò i banchi, per trovare un posto dove farmi sedere. Dopo un attimo di indecisione, indicò una ragazza bionda in ultima fila.
“Signorina Walsh, faccia un po’ di posto alla nuova arrivata”.
La ragazza annuì e, sorridendo, si spostò per farmi spazio.
Non appena mi fui seduta, mi tese la mano “Piacere, io sono Gillian ma gli amici mi chiamano Gill”.
“Piacere mio, Gill” risposi, stringendole la mano e pensando che aveva un sorriso molto sincero.

 

Gillian mi fece da accompagnatrice per tutta la giornata, scortandomi da una classe all’altra e spiegandomi tutto quello che c’era da sapere. Avevamo scoperto di seguire gli stessi corsi, il che rendeva tutto molto più semplice. Ero contenta di averla conosciuta. Era una ragazza divertente, sveglia e gentile e andammo molto d’accordo fin da subito. A pranzo mi presentò alcune sue amiche, ma poi ci ritrovammo da sole a raccontarci tutto il possibile l’una sull’altra, in modo da conoscerci meglio.

“Quindi conosci già qualcuno, qui a Sligo” mi chiese, addentando una mela.

Annuii “Certo. Ho vissuto qui fino ai 13 anni, quindi ho le mie conoscenze”.

“Con chi esci, di solito?” domandò “Così capisco che tipo sei”.

Sorrisi.
“In realtà, fino a quando sono stata qui, non mi era permesso uscire molto” spiegai “Quindi le mie frequentazioni si limitavano alle compagne di scuola e al mio migliore amico, che abita accanto a me”.

“E chi sarebbe? Magari lo conosco” si informò.

“Mark Feehily” risposi “Va al Summerhill”.

“Come tutti i ragazzi di Sligo” commentò lei.

“Lo conosci?” chiesi, interessata.

Gill alzò le spalle.
“Di vista. Dev’essere amico di mio cugino” spiegò.
Poi, con un sorriso furbo, aggiunse “Sembra un tipo piuttosto tranquillo, ma è carino”.

Non seppi dire perché, ma mi sentii in imbarazzo a parlare così di Mark. Ovviamente non ero cieca e sapevo benissimo quanto fosse carino, con i capelli scuri, le labbra carnose e due occhioni blu che sembravano finti, ma non avevo mai considerato l’ipotesi che qualche altra ragazza potesse interessarsi a lui.

Guardai Gill e mi accorsi che si aspettava una risposta.
“Suppongo di sì” farfugliai.

“Supponi?” ripeté lei, alzando un sopracciglio.

Scoppiai a ridere.
“Sì, è carino, ovviamente. Ma è il mio migliore amico, lo conosco da sempre” obiettai.

“Beh? Che vuol dire? Si inizia sempre da un’amicizia” sentenziò lei, sicura.

“Sarà,” concessi “ma non credo che tra me e Mark possa cambiare qualcosa. Ci conosciamo troppo bene”.

 

Alla fine delle lezioni, salutai Gillian, dandole appuntamento per il giorno seguente, e uscii, guardandomi intorno alla ricerca di Mark. Non appena lo vidi, istintivamente accelerai il passo, fino a mettermi a correre. Quando gli fui vicina, gli saltai letteralmente in braccio, com’ero solita fare da piccola e come avevo fatto anche la sera prima.
“Ciao” lo salutai.
“Ehi, ciao” ricambiò lui, sorridendo e rimettendomi a terra “Com’è andato il primo giorno?”
“Non male” risposi, distrattamente “Ho conosciuto una ragazza simpatica”.

“Ah sì?” disse lui, interessato “E come si chiama?”

“Gillian Walsh. La conosci?” mi informai.

Mark annuì “È la cugina di Kian”.

“Kian…” ripetei.

“Kian Egan, uno dei miei amici del gruppo” spiegò “Oggi te lo presento”.

 

Nel frattempo, Gillian aveva incontrato suo cugino all’uscita da scuola. I due si erano salutati, poi lei si era accorta che Kian era intento a fissare un punto in fondo al cortile. Guardando nella stessa direzione, vide la sua nuova amica Elena, abbracciata a un ragazzo moro che riconobbe essere Mark Feehily. Istintivamente sorrise, ricordando la conversazione che lei e l’amica avevano avuto a pranzo.

“Cosa guardi?” chiese al cugino, curiosa.

“Chi è la tipa con Feehily?” domandò lui, senza toglierle gli occhi di dosso.

“Si chiama Elena Connolly” rispose “È appena arrivata dalla Scozia”.

“Come fa a conoscere Feehily, se è appena arrivata?” insistette lui.

“In realtà è di qui,” spiegò “ma suo padre è stato trasferito per lavoro e sono stati via quattro anni”.

“Siete amiche?” si informò Kian.

Gillian annuì “Spero di sì. L’ho conosciuta oggi. È simpatica”.

Il ragazzo restò un attimo in silenzio, poi chiese ancora “Lei e Feehily stanno insieme?”.

“No, è tipo il suo migliore amico” ribatté Gill.

Kian annuì, soddisfatto.

“Come mai tanto interesse?” gli domandò la ragazza.

“È carina” confessò lui.

“Non ci pensare neanche” lo freddò la cugina.

Kian si voltò a guardarla “Perché?”

“Scusa, non canti con Feehily?” chiese lei.

“Sì, e allora?” replicò lui, senza capire.

“E allora, fossi in te, non ci proverei. Non so come la prenderebbe lui” disse, con un cenno del capo rivolto a Mark.

“Hai detto che non stanno insieme” obiettò il cugino.

“Vero. Ma, da quello che ho capito, sono molto uniti e temo che potrebbe diventare un problema con il gruppo” spiegò Gillian.

Kian sospirò. Peccato. Quella ragazza era veramente carina.

 

Io ed Ele uscimmo dal cortile della scuola e ci mettemmo ad aspettare i miei amici seduti sul muretto. Dopo poco, il primo a raggiungerci fu Shane.

“Ehi” salutò, sedendosi accanto a me.

“Ciao Filan” ribattei io. Poi, guardando Ele, aggiunsi “Lei è Ele, la mia amica di cui ti ho parlato”.

Shane si voltò verso di lei e le sorrise.
“Quindi tu sei la famosa Ele” sentenziò.

Lei ricambiò il sorriso.
“Addirittura famosa?” chiese.

Shane annuì.
“Mark non fa che parlare di te” spiegò “E, prima di farci leggere ogni testo che scrive, deve aver avuto la tua approvazione”.

Ele scoppiò a ridere e io arrossii.
“Adesso non esagerare, Filan” lo rimproverai.

“Non sto esagerando, dico la verità” replicò lui, serio. Poi porse una mano a Ele “Piacere di conoscerti, io sono Shane” si presentò.

“Piacere mio, Shane” rispose lei, stringendogli la mano “I tuoi hanno il ristorante in centro, vero?” gli chiese.

Shane sorrise.
“Il Carlton Café. Sì” confermò.

“I migliori pancake di Sligo, da che ricordi” commentò Ele.

Il mio amico annuì.
“Posso confermarti che sono ancora sul podio” disse, orgoglioso.

In quel momento fummo raggiunti da Michael e Derek.

“Ciao ragazzi” li salutammo io e Shane.

“Feehily. Filan” ricambiarono loro. Poi, notando la presenza di Ele, Derek chiese “Chi è la signorina?”

“Ele di Mark” rispose Shane, prima che io riuscissi ad aprire bocca.

Sia io che Ele arrossimmo.

“Ah, Ele di Mark” disse Derek “Capisco”.

“Piacere, Ele di Mark. Io sono Michael e lui è Derek” si intromise l’altro ragazzo.

Ele strinse la mano a entrambi.

“Graham ci aspetta a casa sua” ci informò Michael.

Tutti noi annuimmo. Vedendo lo sguardo confuso di Ele, mi avvicinai al suo orecchio e le spiegai “Graham è più grande di noi e ha già finito la scuola”.

Lei annuì, poi guardò Shane e chiese “Tu perché non hai la divisa?”

“Anch’io non vengo più a scuola, ho finito lo scorso anno. Ma do una mano ad allestire gli spettacoli del corso di teatro” rispose lui, sorridendo.

“Lo frequento anch’io” annunciò lei.

“Molto bene! Allora ci vedremo spesso” osservò Shane, facendole l’occhiolino.

“Ehi, ciao” disse una voce alle mie spalle.

Mancava solo Kian, quindi non poteva trattarsi che di lui.

“Ehi, Egan” lo salutammo.

“Kian, lei è Ele” presentai, prima che qualcuno dei miei amici potesse farlo al mio posto.

“Ele di Mark” precisò Derek, sghignazzando.

“Piantala” lo freddai, lanciandogli un’occhiataccia.

Kian si voltò verso Ele e lei alzò lo sguardo. Si guardarono senza dire niente per qualche secondo. Poi Ele arrossì e gli porse la mano.
“Piacere” sussurrò, distogliendo lo sguardo.

“Piacere mio” ricambiò Kian, sorridendole.

Notai che Ele aveva di nuovo alzato lo sguardo su di lui e, trovandolo che le sorrideva, era arrossita nuovamente.

Era chiaro anche a un imbranato come me che ci fosse della chimica tra i due.

Mi dette fastidio e provai un vago senso di nausea, pur senza sapere perché.

Istintivamente, allungai una mano sul muretto e strinsi quella di Ele. Lei si voltò a guardarmi, stupita. Poi però sorrise e ricambiò la stretta. Era un comportamento insolito, da parte mia, ma mi resi subito conto di cosa stavo facendo. Stavo marcando il territorio.

 

Dopo le prove con il gruppo, io ed Ele tornammo a casa insieme, chiacchierando.

“Allora?” chiesi “Che te ne pare della band?”

Lei mi guardò e sorrise.
“Siete forti. Non dico più nulla sulla tua voce perché sai già come la penso” commentò “ma devo ammettere che anche Shane non è niente male”.

“Shane è bravo” concordai.

Ele annuì.
“Mai quanto te, ma se la cava molto bene” sentenziò.

“E, voce a parte, dei miei amici cosa ne pensi?” domandai, curioso.

“Simpatici” rispose lei “Oddio, forse Graham è un po’ troppo spaccone per i miei gusti, ma Michael e Derek mi fanno ridere e Shane è così gentile!”

“E Kian?” indagai.

“Beh…” fece lei.

“Beh?” ripetei io.

“Sì, simpatico anche lui” tagliò corto.

Restai un attimo in silenzio, poi tornai alla carica “Ele?”

Lei mi guardò.
“Cosa c’è?” chiese.

“Simpatico?” domandai.

Ele sospirò. Sapeva che non poteva avere segreti con me.

“Okay, è carino” ammise.

Le rivolsi un’occhiata scettica.

“Che hai da guardarmi così?” sbottò lei “Adesso non posso dire che uno dei tuoi amici è carino?”

Annuii.
“Certo che puoi” concessi “Solo...fai attenzione. Non voglio che tu stia male”.

Lei si fermò e mi prese una mano.

“Non sono più una bambina, Marky. So cavarmela” mi rassicurò “Però mi piace un sacco quando ti preoccupi per me” aggiunse, dandomi un bacio sulla guancia.

Le sorrisi, benevolo, ma in realtà, nel profondo del mio cuore, sapevo benissimo che non mi stavo preoccupando tanto per lei, quanto per me.

  
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