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Autore: Tati Saetre    26/09/2021    5 recensioni
Ricordati che le i taxi a Londra sono neri, Bells. Non gialli. Neri. La raccomandazione di Charlie fa scattare una lampadina nel mio cervello, mentre porto una mano alla mia bocca.
Non ci posso credere.
Sono entrata in macchina di uno sconosciuto.
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Se potete, vi consiglio di dare una rilettura ai capitoli precedenti.

Note a fine capitolo.


Nono capitolo - Foresta amazzonica


Bella


“E i regali?” Vorrei così tanto rispondere alla domanda della piccola bambina davanti a me, ma quello che riesco a sentire è solo un grandissimo dolore che parte dalla mia gamba ed arriva al cervello. “Papà, i regali?” Ripete di nuovo, quasi arrabbiata.

Luna…” Lo sguardo di Edward è impenetrabile, mentre passa da sua figlia a me: semi sdraiata su cinque cuscini e sporca di cenere. Lo shock dura veramente poco, perché sposta la bambina sul divano, si toglie il giaccone che indossa e si avvicina velocemente.

“Dimmi che devo fare…” Biascico, provando a tirarmi su. Ma il male è talmente lancinante che neanche le braccia riescono a darmi la forza.

“Come ti è venuto in mente?”

“Di certo non mi hai fermata.”

“Non pensavo che lo facessi davvero!”

No? La tua bambina era chiusa dentro una casa, da sola. Cos’altro avrei potuto fare?”

“Potevamo trovare un altro modo!”

“Se tu la controllassi di più, ti saresti reso conto che è in grado di aprire una cazzo di porta!”

Parolaccia!” Ci interrompiamo grazie all’esclamazione della piccola, che ci guarda incuriositi dal divano. Vorrei tanto ridere anche io, perché non voglio nemmeno immaginare la scena che ha davanti agli occhi. Suo padre e Bella che battibeccano. Mentre io sono dentro al camino.

“Vieni qui.” Si abbassa, e cerca di issarmi sulle sue braccia. Non ci riesce subito, perché digrigno i denti e mi lamento. “Fa male?” Davanti alla mia non risposta, si abbassa di più per guardarmi dritto negli occhi.

“Cazzo, Bella. Stai piangendo.” Me ne rendo conto solo quando me lo dice. Sento il viso bagnato e il naso che cola. Che scena raccapricciante. “Dobbiamo andare all’ospedale.” Rabbrividisco al pensiero.

N-no.”

“No?” Allarga gli occhi. “Non esiste un no. Dobbiamo andare in ospedale!”

“Con tutta la neve?” E’ Luna che ci interrompe di nuovo, e lo fa sempre nel migliore dei modi.

Cazzo!” Stavolta è Edward a dire la parolaccia.

Parolaccia!” Ed è di nuovo sua figlia a precisarlo.

“Tesoro, ora devi fare una cosa.” Dice Edward, puntando i suoi occhi in quelli di sua figlia. “Devi andare al piano di sopra e prendere tutti i cuscini che trovi in camera. Non portarli giù tutti insieme.” Non se lo fa ripetere due volte, perché come una scheggia corre di sopra, senza nemmeno sentire il “Fai piano!” Urlato da suo padre.

“Tu invece ora devi stringere forte i denti, perché ti tiro fuori di qui.” Annuisco soltanto. “Al tre.” Ma non fa in tempo ad arrivare al due, perché mi ha già spostata sul divano alla velocità della luce. Passa velocemente una mano sul mio viso per ripulirmi dalla cenere, e cerca di mettere la gamba nel miglior modo possibile.

“Ma la amputeranno, vero? Dio, la riabilitazione. Poi una protesi. Non sarò mai più in grado di camminare come prima. Perché sono così stupida? Perché?”

Stai zitta.” Sussurra ai miei piedi, mentre cerca di sfilarmi una scarpa.

“Zitta? Sto per perdere una gamba e devo stare zitta?”

“Non perderai la tua gamba.”

“No? E chi te lo dice? Tu sei un dottore? Non mi sembra. Tu sei un avvocato. Solo un cazzo di avvocato!”

“Te la stai forse prendendo con me?”

“Si!” Sbotto sofferente. “O forse no. Perché ti ho portato quella cena? Non potevo mangiarla io e starmene a casa mia?”

“I guai non sono iniziati ieri.” Sussurra lui, mentre mi tasta il ginocchio.

“Stai forse dicendo che io sono un guaio?” Ora alza la testa per puntare i suoi occhi nei miei.

“Sì, Isabella Swan. Lo sei.” Lo dice così seriamente che quasi potrei scoppiare a piangere di nuovo, ma stavolta non per il dolore. “E forse sei il miglior guaio capitato nella mia vita.” Annuncia con serietà, avvicinando una mano al mio viso. La posa lì, all’inizio dolcemente, ma poi la sua presa si fa più forte. Lo sento.

“Ora chiamo un dottore che può raggiungerci subito. Non muoverti di un millimetro.” Dice prima di alzarsi di scatto, e subito dopo strilla il nome di sua figlia, che scende piano piano dalle scale con due cuscini di Masha e Orso sotto le rispettive braccia.

“Eccoli papà!” Dice fiera, mettendoli prima sul divano e poi sedendocisi sopra. “Ora ho i miei cuscini per vedere il carrrtone!” Esordisce fiera, ed entrambi non possiamo fare a meno di soffocare una risata.



“Sei stata molto fortunata.” Dice l’uomo davanti a me, mentre finisce di steccare il mio ginocchio. Non ne ho capito un granché, tranne la cosa più importante: cioè che l’ho rotto. Ha cercato di fasciarlo al meglio, e quando il tempo migliorerà dovrò andare all’ospedale per mettere il gesso.

“Sarà per tanto tempo?”

“Un mese sicuramente.” Sbuffo così forte che trattiene un mezzo sorriso. “Potevi farti veramente male, Bella. Te la sei cavata con poco.”

“Con poco? Come posso andare a lavoro, ora? Carlisle, lei lo sa che è da appena una settimana che mi sono trasferita a Londra? Si rende conto?

“Per primo, non darmi del lei.”

“Giusto. Porta così bene i suoi anni che possiamo sembrare coetanei. O forse io porto male i miei.” Stavolta ride senza trattenersi.

“Ti ringrazio, Bella. Ma tu porti benissimo i tuoi pochi anni. E direi che dalle idee che ti vengono in mente, potresti dimostrarne molti di meno.”

“Tipo quelli di una ragazzina?”

“Sì, ma quelli di una ragazzina abbastanza matura. Non so chi avrebbe avuto il coraggio di calarsi da un camino. Forse nemmeno io.”

“Certo che l’avresti fatto. Per tua nipote, sicuramente.” Carlisle ripulisce le ultime cose intorno a lui con estrema calma.

“Farei di tutto per Luna, Bella. Ma non so se mi calerei mai da un camino alla cieca. Avrei provato altri modi, prima.” A sentirla così, soprattutto da un uomo più grande di me e vedendo il suo volto compassionevole so di aver fatto una grande cazzata.

“Per quanto riderete di me?” Mi lamento, alzando gli occhi al cielo.

“Non ce ne dimenticheremo facilmente, lo sai vero?” Gli occhi gli sorridono, e so che si sta sforzando molto per non scoppiarmi a ridere in faccia. Ma non facciamo in tempo in tempo a continuare, perché la porta della stanza si apre di scatto.

“Allora? Come sta?” Edward nemmeno si rivolge a me, perché il suo sguardo è dritto verso gli occhi di suo padre.

“Dovrà tenere la fasciatura finché il tempo non si sarà calmato. Poi vi aspetto in ospedale. Il gesso per un mesetto all’incirca.” Spiega a poche linee Carlisle, prima di prendere la valigetta con tutta la sua attrezzatura. “Riposo assoluto, Bella.” Lo dice con tranquillità, ma so benissimo che è un ordine.

“Promesso.” Sussurro appena, salutandolo con un cenno della mano. Idiota. Non l’hai nemmeno ringraziato.

“Devo andare a casa mia.” Dico, appena la porta si chiude dietro a Carlisle.

“Non hai sentito cosa ha appena detto mio padre?”

“Sì. Ma riposerò a casa mia.”

“Non esiste.” Sembra quasi che mi stia incendiando con il suo sguardo.

“Cosa dovrei fare?”

“Come pensi di occuparti di te stessa a casa tua? Da sola?”

“Ce la farò!” Edward si trattiene dall’alzare gli occhi al cielo, mentre apre un cassetto e mi avvicina quello che ha tra le mani. E’ uno specchio. Esito nel guardarmi, e mi rendo subito conto che facevo bene ad esitare. I miei capelli sono completamente arruffati, e la faccia… Dio, mi sono presentata davvero così davanti a Carlisle? Sono completamente nera. Il mio viso è ricoperto di cenere, e nelle poche parti in cui non c’è, è perché le mie mani l’hanno trascinata in altre parti. Butto lo specchio sul letto, e mi accascio completamente.

“Puoi ammettere che hai bisogno di aiuto?”

“E anche di una bella doccia.” Aggiungo, costringendomi a non aprire gli occhi.

“Vado a prepararti un bagno caldo. Ah, Bella?”

“Sì?”

“Sei anche consapevole che avrai bisogno del mio aiuto per lavarti, vero?” Lo dice come se non fosse niente di che, mentre cerco di abituarmi all’idea. Ti farai aiutare a metterti nella vasca, e poi ci penserai da sola. Entrerai in mutande e reggiseno, e poi lui uscirà. Lo chiamerai quando hai fatto. Ma è solo uno il pensiero che attanaglia la mia mente. Uno e uno soltanto. La foresta amazzonica.

“Edward?” Non apro gli occhi, perché non ho il coraggio.

“Sì?”

“Ho bisogno di una cosa.” Deglutisco, prima di sparlarla tutta insieme. “Unalamettahoipelinonsocomefare

“Cosa?”

“Una rasoio.” Scandisco infine, aprendo un solo occhio nella sua direzione.

“Un rasoio per cosa?”

“Per cosa, Edward? Per cosa?!”

“E’ questa la tua preoccupazione?” Domanda incredulo, ancora sull’uscio della porta.

“Sì.”

“Bella, come vuoi usare un rasoio? Lo sai che fare un bagno sarà già complicato?”

“Io non vado in giro così!” Sbotto, come se ne valesse la mia vita. Stavolta lo guardo bene in viso.

“E quindi?”

“E quindi, mi aiuterai tu! Visto che ti stai preoccupando così tanto, preoccupati anche per questa cosa, no?”

“Che significa?”

“Significa che se mi serve aiuto, raderai tu al suolo la mia foresta amazzonica!” Non so per quale motivo io lo abbia detto davvero e soprattutto ad alta voce, ma so che nessuno mi ripagherà mai da questa immagine: le sue gote arrossate, mentre non dice nulla ed esce in fretta e furia dalla stanza.

E’ Edward Cullen, Bella.

E’ il tuo capo.

E tu gli hai appena chiesto di radere al suolo la tua foresta amazzonica.

Nel vero senso della parola.




Note finali:

La vita non è facile e questo lo sappiamo tutti. Compresa io, che nel corso dell’ultimo anno sono stata messa veramente alla prova. La voglia di tornare a scrivere c’era, ma mai troppa. Forse perché troppo presa dai pensieri, che purtroppo non sono sempre belli. Ma l’altra sera, per puro caso, ho riletto Taxi. In un momento no, chiusa nella mia camera. E mi sono ritrovata a ridere. Ridere di gusto. Mi sono chiesta: ma l’hai davvero scritta tu? Non perché sia un bestseller, ma perché non ho trovato nei capitoli precedenti la persona che sono ora. Mi sono chiesta anche se sarei stata in grado di continuarla, perché una volta arrivata all’ottavo capitolo, anche io volevo sapere come andava a finire. Non sono una di quelle persone che usa schemi precisi. Scrivo di getto, e le parole per me sono un po’ come la fame: se quest ultima vien mangiando, le parole vengono scrivendo. E così, di getto, ad un girono dall’anniversario della morte della persona a me più cara in vita, ho ricominciato a scrivere.

Non so dirvi come sarà, se continuerà sulla lunghezza d’onda delle risate o se prenderà una piega un po’ più seria. Non lo so nemmeno io. Ma forse questo oblio un po’ mi piace. Ho ricominciato a scrivere Taxi perché è una FF più leggera, non so dirvi quando e come ricomincerò a rivedere APTS, l’altra mia storia in corso. L’unica cosa che mi sento di dirvi è di entrare in punta di piedi, perché è proprio quello che sto facendo io stasera. Piano, in punta di piedi cerco di riprendere pezzetto per pezzetto.

Non vi ho mai risposto, ma ho sempre letto tutte le parole che avete speso per me. E nemmeno un infinito Grazie basterebbe, ma se è l’unica cosa che posso darvi, prendetela da parte mia con tutto il cuore.

Grazie, grazie davvero.

Siete la mia famiglia online, e vi voglio tanto bene.

   
 
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