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Autore: guimug    01/10/2021    2 recensioni
Natale può essere gioia ma può anche portare momenti drammatici e non sempre gli angeli arrivano per alleviare il dolore. Ma l'amore può far mutare il corso degli eventi, anche se questi sono stati decisi dall'alto-
Genere: Poesia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony Brown, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Candy saga'
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A Candy's carol



Cap.1

Candy lasciò scorrere lo sguardo sulla sala per valutare l’effetto della sua opera, il grande albero addobbato era accanto al camino mentre festoni e ghirlande di agrifoglio decoravano il locale impreziosendone ogni angolo. La grande tavola era già parzialmente apparecchiata per gli ospiti che sarebbero arrivati in serata, una nota di malinconia la pervase pensando che quest’anno ci sarebbe stato un posto in meno. Purtroppo la zia Elroy era mancata serenamente in primavera. Ma non era certo tempo di lasciarsi affliggere, un altro Natale era arrivato e sebbene le cronache riportassero notizie di guerra dal fronte europeo e da quello del Pacifico, quel 1942 non voleva rinunciare alle sue ricorrenze più tradizionali. Uomini vestiti da Santa Claus per le strade raccoglievano offerte, piccoli cori cantavano i canti tradizionali e i vari enti di beneficenza si prodigavano affinché tutti potessero godere della loro fetta di solidarietà per un momento di festa.

Le uniche persone ad essere guardate male erano i portalettere ed i messi militari, i quali anche se era la vigilia di Natale non potevano fare a meno di svolgere il proprio lavoro che spesso in quei giorni era foriero di dolore. Ma Candy non aveva fortunatamente parenti al fronte, la sua unica figlia era una vivace sedicenne di nome Angie che, come una valanga, scese allegramente le scale della villa di Lakewood catapultandosi fra le braccia della madre.

“Ciao mamma! Buon Natale!” esclamò ridendo.

“Non ti sembra un po’ presto? La festa sarà solo stasera e adesso non sono ancora le due del pomeriggio!”

“E allora? È comunque la vigilia di Natale, quindi gli auguri non vanno sprecati! Senti mamma, va bene se vado con Julie a pattinare sul laghetto? Prometto che sarò di ritorno prima che faccia buio.”

Julie era la migliore amica di Angie, si poteva dire che fosse la sua compagna di malefatte da quando era tornata dalla Royal St. Paul School. Assieme le due ragazze trascorrevano giornate in giro per i boschi e spesso si cacciavano anche in qualche guaio come quando rubacchiavano la frutta nelle fattorie. Ma la loro solarità ed allegria non lasciava molto spazio alla rabbia e le due monelle erano benvolute da tutti nei dintorni… anche dai figli dei vari abitanti, che non disdegnavano di seguirle sperando in qualche sguardo d’apprezzamento. Candy lo sapeva e dopotutto era contenta per la sua piccola, che ormai tanto piccola non era più e stava cominciando a sbocciare.

“Va bene Angie, vai pure. Copriti bene però e cerca di tornare presto. Tuo padre è andato in città per incontrare un impresario ma ha promesso che sarebbe stato di ritorno per le cinque quindi cerca di non arrivare dopo di lui!”

“Va bene mamma, non preoccuparti!”

La ragazzina salutò la madre con un bacio, indossò un cappotto ed un cappello di pelo e, dopo aver afferrato i suoi pattini, fuggì fuori nella campagna innevata. Correndo a perdifiato arrivò sulle sponde del laghetto dove Julie assieme a due ragazzi la stavano aspettando.

“Ciao Julie!” salutò la ragazza ansando “Non mi avevi detto che ci sarebbero stati anche loro!”

Loro erano John e Mark, i figli di due fattori del circondario che spesso accompagnavano le due ragazze.

“Alla fattoria non c’è molto da fare in inverno” disse Mark “Ed abbiamo pensato che sarebbe stato bello stare un po’ insieme la vigilia di Natale!”

“Spero non ti dispiaccia, Angie” disse John con una sfumatura di timidezza nella voce, cosa che gli capitava spesso quando incontrava i profondi occhi nocciola della ragazza.

Angie sorrise e disse “Per niente! Sai bene che più siamo e più ci divertiamo, avanti infiliamoci i pattini e cominciamo a volare!”


Cap.2

Fra salti ed evoluzioni sul ghiaccio il pomeriggio trascorreva velocemente, Angie e Julie intrecciavano sulla liscia superficie gelata figure di danza mentre i due ragazzi facevano il possibile per tenere il passo. Ma quando si accorgevano di averli lasciati troppo indietro le due ragazze, fra risolini ed ammiccamenti, fingevano un errore o un’insicurezza e si facevano raggiungere; era un bel gioco delle parti che divertiva tutti.

Preso dall’entusiasmo il quartetto quasi non si accorse dell’ora ma ad un certo punto John disse: “Ragazze, noi dobbiamo scappare. Prima della festa di stasera dobbiamo aiutare i nostri genitori a mungere le vacche. Ci possiamo vedere domani?”

Julie ed Angie dovettero a malincuore salutare i loro cavalieri, li guardarono allontanarsi nella neve verso le loro fattorie.

“Ehi Angie, mi sembra che oggi non ti reggessi molto bene in equilibrio! Non facevi che rischiare di cadere e John ha dovuto prenderti al volo più di una volta…”

La giovane sottolineò la frase con una maliziosa strizzatina d’occhio che scatenò la scherzosa reazione dell’amica.

“Senti chi parla! «Per favore Mark, insegnami la piroetta ma tienimi la mano!» e lui non si faceva certo pregare!”

Le due amiche risero a crepapelle abbracciandosi sul ghiaccio, ad un certo punto una folata di vento gelido le interruppe. Alzando gli occhi si accorsero che, col passare del tempo, il cielo si era fatto sempre più nuvoloso ed ora cominciava a scendere qualche fiocco di neve.

“Sarà meglio tornare a casa Angie, il tempo si mette al brutto!”

“Sì Julie, andiamo!”

Ma mentre stavano riguadagnando la riva del lago un’altra folata di vento più forte portò via il cappello di Julie facendolo scivolare sul ghiaccio. Angie sapeva che l’amica teneva molto a quel cappello, era stato l’ultimo regalo della nonna materna prima che la sua famiglia, originaria dell’Oregon, dovesse lasciare la casa dov’era nata per trasferirsi in Illinois a causa del lavoro del padre. Senza perdere tempo si lanciò all’inseguimento.

“Te lo riporto io, Julie!” urlò Angie

“No, lascia stare” le rispose l’amica “È pericoloso! Torna indietro!”

Ma Angie non la sentiva, correva dietro a quel cappello che finalmente si era fermato ad una certa distanza dalla sponda. Aveva dimenticato ogni regola di prudenza e presa com’era dalla foga di raggiungere l’indumento fuggiasco non aveva fatto caso al fatto che si stava dirigendo verso una zona dove il ghiaccio non era particolarmente robusto. Ormai aveva quasi raggiunto il cappello quando sentì un sinistro scricchiolio, non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che stava succedendo che il ghiaccio si spezzò e lei finì a mollo nell’acqua gelida.

Vedendo l’amica scomparire e sentendo la sua disperata invocazione d’aiuto Julie si precipitò sul luogo dell’incidente senza pensare che la medesima sorte poteva toccare anche a lei: “Angie! Angie! Resisti, vengo ad aiutarti!”

La paura di Julie era che l’amica fosse scivolata del tutto sotto la superficie ghiacciata, ma fortunatamente Angie era riuscita ad aggrapparsi al lastrone spaccato e ad issarsi a metà fuori dall’acqua ma, impacciata dai pattini e dai vestiti inzuppati, non riusciva a risalire.

“Resisti Angie, ora ti tiro fuori!”

Tossendo e sputando acqua gelida, Angie rispose “Julie non avvicinarti! Il ghiaccio potrebbe rompersi di più e finiresti anche tu a mollo!”

“Devo tirarti subito fuori di lì, altrimenti congelerai!”, ma effettivamente avvicinarsi senza rischiare di cadere in acqua a sua volta non era facile ma poi le venne un’idea. Sdraiandosi sulla superficie gelata ed allungandosi più che poteva riuscì ad afferrare le mani dell’amica e facendo ricorso a tutta la sua forza la estrasse da quella trappola mortale.

Con fatica Julie portò Angie sulla riva, la povera ragazza era bagnata fradicia ed il vento stava rinforzando trasportando fiocchi di neve sempre più fitti. Non avevano tempo da perdere, dovevano tornare a casa al più presto; Julie aiutò l’amica a togliersi i pattini e ad indossare gli scarponcini poi, tenendola sottobraccio, cominciarono a camminare. Angie era scossa dai brividi, sul capelli bagnati si cominciavano a formare dei piccoli cristalli di ghiaccio. Julie le offrì il proprio cappotto ma lei rifiutò.

“Non dire sciocchezze” disse con voce tremante “Vuoi congelare anche tu? Io resisterò, casa mia non è lontana.”

Ma mentre parlava sentiva che le forze cominciavano a venirle meno e qualche colpo di tosse ogni tanto faceva la sua comparsa, nondimeno quando arrivarono al bivio che separava la strada per la villa di Lakewood da quella per casa di Julie Angie disse: “Tu vai a casa, la neve scende sempre più fitta ed il vento sta preannunciando una bufera. Io sono quasi arrivata…”

“Ma non puoi andare sola, Angie!”

“Non ti preoccupare, ce la farò! Tu vai da tua madre che sarà in pensiero per te, se mi accompagni fino a casa rischi poi di rimanere bloccata lì. Lo sai che i tuoi parenti sono venuti apposta dall’Oregon per passare con voi la vigilia di Natale, non puoi mancare. I tuoi genitori non me lo perdonerebbero!” Angie abbozzò un sorriso che però le fu spento da un nuovo accesso di tosse.

“Sei sicura Angie?” chiese l’altra con voce angosciata.

“Vai testona… e saluta i tuoi genitori da parte mia.”

Julie era riluttante a lasciare l’amica ma di fronte alle sue insistenze prese la strada di casa, Angie pur sentendosi male cominciò ad affrontare il sentiero coperto di neve. Ad ogni passo sentiva il freddo penetrarle nelle ossa, le gambe che si facevano pesanti e la tosse che le squassava il petto. Nonostante non fosse ancora molto tardi le sembrava anche che intorno si facesse più buio del normale, ma quello che vedeva adesso era il cancello di casa sua. Oltrepassò i battenti e risalì faticosamente il vialetto ma, giunta ormai quasi sulla soglia, le gambe le cedettero. Riuscì solo a mormorare “Mamma…” e cadde davanti ai gradini con il vento impetuoso che le faceva mulinare la neve intorno.

Cap.3

Candy stava parlando al telefono con suo marito.

“Quindi mi stai dicendo che non sai se riesci a tornare?”

All’altro capo del filo Terence rispose: “Si sta scatenando una bufera di neve! Non posso certo mettermi in macchina con un tempo simile, spero che il vento si calmi e poi vedrò se riesco a trovare un mezzo per tornare. Magari una slitta a cavalli.”

“Sì, così arrivi come Santa Claus!” nonostante il contrattempo Candy trovava lo stesso un motivo per scherzare.

“Candy” aggiunse Terence “Passami Angie, così la saluto e le faccio gli auguri di Natale, casomai non potessi essere lì stasera.”

Candy rimase un momento perplessa, Angie era uscita ormai da parecchio tempo ed avrebbe già dovuto essere di ritorno ma lei, presa com’era dai preparativi per la serata, aveva perso la nozione del tempo; ora però le parole di suo marito l’avevano riportata bruscamente alla realtà.

“Terry, Angie era uscita per andare a pattinare con Julie e non è ancora rientrata!”

“Come non è ancora rientrata? Con questa bufera?” urlò Terence nel telefono, di colpo l’ansia lo stava investendo come un fiume in piena.

“Ora vado a cercarla! Ti richiamo dopo!”

Riappese il ricevitore ed in fretta si vestì, la paura stava cominciando ad invaderla… come aveva potuto non accorgersi del tempo che stava passando? E adesso dov’era la sua piccola? Guardò fuori dalla finestra e vide il turbinio dei fiocchi bianchi che si abbattevano sulla casa. Non aveva tempo da perdere, ormai cominciava ad essere buio ed avrebbe fatto ancora più freddo, aprì la porta di casa e fu investita dal vento che quasi la sbatté indietro.

Provò a chiamare “Angie!! Angie rispondi!” ma le fece eco solo il sibilo sinistro della bufera, si incamminò giù per i gradini della veranda e fu allora che vide qualcosa che la pietrificò.: semicoperta dalla neve una figura si muoveva debolmente. Candy si precipitò vicino e riconobbe la figlia rannicchiata e tremante con gli occhi chiusi.

“Angie!! Mio Dio Angie, cosa ti è successo!! Piccola mia parlami, ti prego dimmi qualcosa!”

Con la forza della disperazione raccolse il corpo di Angie e lo portò dentro casa, la povera ragazza era pallidissima e gelata. Grossi cristalli di ghiaccio le ricoprivano i capelli, aveva le labbra viola ed un tremito convulso agitava il suo corpo. Candy la strinse a sé ed il contatto col corpo tiepido della madre ebbe il potere di risvegliarla, a fatica aprì gli occhi e mormorò qualche parola.

“Scusa mamma” disse con un filo di voce “Sono caduta nel lago… il ghiaccio si è rotto… io non volevo…” ma poi un accesso di tosse la interruppe.

“Non parlare piccola” le rispose Candy sgomenta “Non parlare, c’è qui la tua mamma!”

Di corsa salì le scale portando la figlia in camera dove era acceso il camino, l’adagiò sul letto e cominciò trafficare per levarle i vestiti bagnati ed ormai congelati. Una volta spogliatala la ricoprì con due calde coperte. La povera ragazza oltre alla tosse aveva anche una febbre altissima, il suo volto pallido era segnato da due pomelli rossi sulle guance ed il respiro era affannoso.

Da brava infermiera Candy aveva riconosciuto subito i sintomi di una polmonite incipiente ma in casa non aveva certo gli strumenti per poterla curare.

“Angie, per l’amor di Dio rispondimi! Oh piccola, cosa ti è successo? Perché non mi sono accorta prima?”

Candy si disperava sentendosi responsabile per la tragedia ma poi il suo spirito pratico prese il sopravvento, doveva assolutamente chiamare aiuto. Si precipitò al telefono posto nel corridoio e chiamò Terence presso l’hotel dove aveva preso alloggio per il suo appuntamento.

“Terence” esplose quando sentì la voce del marito “Angie è caduta nel lago ghiacciato, ora ha la febbre altissima… credo che stia degenerando in polmonite! Devi venire subito col dottor Stewart, ma dovete fare presto!”

Mentre parlava l’angoscia le stringeva il petto e le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi di smeraldo, ma la risposta di Terence la lasciò se possibile ancora più atterrita.

“Candy, qui siamo bloccati! Se non si calma la bufera nessuno potrà muoversi!”

“Come non potete muovervi? Ed io cosa posso fare?”

Terence capì che la moglie stava per avere un crollo nervoso, in quei casi era necessaria una scossa.

“Candy!” urlò con voce dura e stentorea “Non essere sciocca! Come cosa puoi fare? Devo ricordarti che sei un’infermiera specializzata? Vuoi dirmi che non sai più come si assiste un paziente in quelle condizioni? Io arriverò il prima possibile col dottor Stewart ma ora devi occuparti tu di Angie, lei ha bisogno due volte di te: come mamma e come infermiera, e so che non la deluderai! Vai da lei e stalle vicino!”

Di fronte alla decisa presa di posizione del marito, Candy recuperò il coraggio, doveva occuparsi lei di tutto e l’avrebbe fatto nella duplice veste di madre e di professionista. Attaccò il ricevitore e rientrò nella camera della figlia.

Cap. 4

Che assurda vigilia di Natale era quella, invece di essere nel soggiorno assieme agli invitati, ora Candy era in camera di sua figlia a praticarle impacchi freddi per far scendere la febbre che ormai aveva raggiunto i quarantun gradi. Con uno stetoscopio, regalo di un medico dell’ospedale S.ta Johanna, aveva auscultato i polmoni di Angie ed era rimasta sconvolta nel sentire quanto roco ed affannoso era il suo respiro. In casa ovviamente non c’erano medicine, o per lo meno non c’erano quelle specifiche per la polmonite, per cui quel che lei poteva fare era ben poco. Non di meno continuava ad adoperarsi al meglio, aveva frizionato il corpo della ragazza con un balsamo e le aveva somministrato un antipiretico, continuava ad applicarle pezzuole bagnate sulla fronte per abbassare la temperatura ma sembrava che tutto ciò che faceva non portasse a nulla di concreto.

Il tempo passava ed ormai la ragazzina non parlava più, era sprofondata in un pesante torpore ed ogni tanto era scossa da violenti accessi di tosse.

“Angie, stai tranquilla” le diceva Candy cercando di tenere a bada il pianto “C’è qui la tua mamma, andrà tutto bene. Fra poco arriverà papà col dottore e tu starai di nuovo bene. Dobbiamo passare il Natale assieme, io e papà dobbiamo darti… dobbiamo… dobbiamo darti il tuo regalo…” ma non riuscì proseguire. Il pianto troppo a lungo represso esplose come una bomba e Candy si abbandonò sul letto singhiozzando disperatamente.

Alzò gli occhi un momento verso la finestra buia da cui si intravedeva ancora il mulinare della neve ed urlò: “Non c’è nessuno che la possa aiutare? Dio, possibile che nessuno la possa aiutare!”

Candy invocava disperatamente il cielo perché aiutasse sua figlia e la notte tempestosa, quasi avesse capito la sua accorata richiesta, rispose.

Mentre si abbandonava ancora sulla coperta dalla finestra cominciò ad entrare un tenue raggio di luce, quasi una nebbiolina luminosa che pian piano prendeva sempre più corpo. Candy alzò lo sguardo e si asciugò gli occhi, lo stupore nel vedere quello strano fenomeno ebbe il potere di arrestare il pianto. Non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo, possibile che l’angoscia la stesse facendo sragionare? La nebbia lentamente si addensava, sembrava che stesse assumendo una forma umana. Si arricciava, si modellava fino a che non prese l’aspetto di un giovane ragazzo dai capelli biondi che Candy conosceva benissimo ma che non poteva assolutamente credere fosse lì.

La figura la salutò: “Ciao Candy!”

Candy era senza parole, davanti a lei c’era qualcuno che sapeva benissimo essere morto da tantissimo tempo, eppure ora l’aveva salutata e la voce era proprio la sua. Una persona appartenente al suo passato, qualcuno a cui lei aveva voluto bene e che un crudele destino aveva strappato al mondo quando ancora era ragazzo. Nella mente di Candy ripassarono in un attimo i tanti momenti vissuti con quella persona nella medesima casa dove ora abitava: un ballo, una cena, una passeggiata nel giardino pieno di rose fino ad una maledetta caccia alla volpe. A fatica Candy recuperò un po’ di fiato e disse

“An… Anthony? Com’è possibile? Sei davvero Anthony?”

“Sì Candy, sono proprio io. Tu hai chiesto aiuto ed io sono venuto.”

Candy si alzò e si slanciò verso quell’amico che veniva da un altro tempo ma, quando provò a prendergli le mani, afferrò solo l’aria. Piena di stupore alzò gli occhi verso quelli di Anthony che le sorrise dolcemente.

“No Candy, non puoi toccarmi. Da dove vengo non abbiamo bisogno di corpi materiali, io sono solo spirito.”

“Anthony!” urlò Candy “Non ci posso credere! Sei davvero tu! Sei venuto per aiutare la mia piccola vero?”

“Sì Candy, sono stato mandato per questo. La piccola Angie è davvero bella sai, è il tuo ritratto. Ma ora sta male ed io sono qui per far sì che non soffra più.”

“Anthony, puoi fare qualcosa per lei? Ti prego, se sei davvero uno spirito o un angelo fai qualcosa, io non sono capace di aiutarla!”

“Te l’ho detto, sono stato mandato per questo. Per liberarla dalla sua sofferenza, ora lascia che mi avvicini a lei”

La figura di Anthony si portò al capezzale della ragazza che ora aveva cominciato a gemere sommessamente, allungò una mano ponendogliela sul petto e dal torace di Angie cominciò a fluire un sottile nastro luminoso, quasi istantaneamente anche gli spasmi e la tosse della ragazza cominciarono a calmarsi ed il suo corpo si rilassò. Ma a Candy non pareva che la figlia stesse migliorando, improvvisamente un terribile sospetto le attraversò la mente.

“Anthony che fai?” chiese allarmata Candy, le sembrava che man mano che quel lucore usciva dal petto della figlia anche la sua vita stesse abbandonandola.

“Te l’ho detto Candy, la libero dalla sofferenza.”

“Ma la stai guarendo vero? Sei venuto per questo, per aiutarla! Non vorrai farle del male?” chiese con voce rotta dal pianto

“Candy, chi mi ha mandato mi ha dato l’incarico di portare quest’anima pura là da dove vengo. Finora ho svolto per lei la mia opera di custode ma ora sono stato incaricato di essere per lei un tramite, un traghettatore. Devo eseguire gli ordini di un volere superiore e per lei è giunto il momento di unirsi al popolo celeste, come era giunto per me tanti anni fa”

“No… non è possibile! Non puoi portarmela via! Non tu Anthony… non tu!”

“Candy, non sono io a decidere!”

“Non sei tu a decidere?” urlò Candy fra i singhiozzi “Ma potrai pur parlare con colui che ti manda! Potrai intercedere per una madre disperata! Hai detto che sei il suo angelo custode, e allora come puoi pensare di portarla via? Parla con Lui, fai quello che tutti dicono voi angeli sappiate fare meglio!”

Anthony la guardò con i suoi occhi dolci e scosse lentamente il capo. La mano destra ancora poggiata sul petto di Angie che ormai stava abbandonandosi al sonno eterno.

Candy ebbe un moto convulso, portò la mano al petto e strinse con tutte le sue forze la Croce della Felicità, quel piccolo oggetto che le aveva donato Suor Maria. Se Anthony non poteva o non voleva far nulla allora… cominciò ad urlare, urlava e piangeva disperatamente stringendo quel piccolo simbolo sacro ma stavolta non si rivolgeva al suo vecchio amico bensì a qualcuno più in alto, qualcuno che le avevano insegnato fosse l’essere più buono dell’universo ma che, in quella notte che avrebbe dovuto essere di festa, si stava rivelando crudele e meschino. La sua preghiera accorata salì alta fra i singhiozzi, una preghiera molto diversa dalle sterili formule che si ripetevano in chiesa, una preghiera dura che sembrava quasi una bestemmia.

“No! Non puoi portarmela via! Se veramente sei quell’essere misericordioso di cui tutti parlano come puoi fare una cosa simile? Non stanotte! Non nella notte in cui nasce tuo figlio! Che padre sei tu se non hai pietà di una madre? Dio! Non puoi ucciderla proprio mentre fai nascere tuo figlio, come potrebbe lui portarti rispetto? Ma se proprio devi, se davvero deve essere fatta la tua volontà allora… porta via tutte e due! Anthony… porta anche me con voi!”

Ormai i nervi di Candy avevano ceduto del tutto, la disperazione aveva annullato ogni sua residua energia ed era prossima al collasso ma, prima di crollare svenuta, vide qualcosa… possibile? Eppure gli spiriti o gli angeli non dovrebbero… ma sembrava proprio una lacrima quella che brillava negli occhi del ragazzo. Poi le sembrò che quel nastro luminoso che usciva dal petto di Angie andasse a ritroso e che un soffio caldo avvolgesse lei e la figlia, ma fu solo un momento prima del buio.

Cap.5

“Candy! Candy svegliati!”

Candy aprì faticosamente gli occhi cercando di mettere a fuoco ciò che la circondava, si sentiva spossata e disorientata, sbatté le palpebre tre o quattro volte e finalmente capì dove si trovava. Era nel suo letto e dalle finestre entrava la luce del giorno, doveva essere circa mezzogiorno e la bufera era passata lasciando il posto ad un pallido sole che faceva risplendere il paesaggio bianco di neve. Accanto a lei era Terence che le teneva la mano e la chiamava dolcemente.

Di colpo però il ricordo di ciò che era successo la investì, si alzò di scatto gridando: “Angie! Dov’è Angie?! Perché non sono con lei?”
E cercava di divincolarsi dalle coperte per lanciarsi in camera della figlia.

“Calma Candy, calma!” esclamò Terence “Calmati! Angie è di là in camera sua col dottor Stewart, e sta molto meglio. La febbre è scesa e anche la tosse si è calmata. Il dottore le ha fatto un’iniezione di penicillina, sai quel farmaco nuovo che sembra fare miracoli. Ed in effetti Angie sta reagendo bene, ma il dottore dice che il merito è tuo per come l’hai assistita”

“Mio? Il dottor Stewart? Ma quando siete arrivati… non ricordo.”

“Quando la bufera si è calmata verso le due di stanotte siamo riusciti a prendere una slitta a cavalli e, nonostante il buio e la neve alta, siamo arrivati qui verso le cinque. Ti abbiamo trovata in camera di Angie svenuta, il dottore si è subito sincerato delle condizioni della piccola che sembrava aver superato la crisi. Ti ho portata quindi a letto e poi siamo rimasti assieme lei fino ad ora.”

“Voglio vedere Angie! Portami da lei!”

“Va bene Candy, vedrai che è tutto a posto”

Candy si precipitò nella stanza della figlia ma venne bloccata sulla soglia da un signore di mezza età a cui chiese affannosamente: “Dottor Stewart, come sta Angie?”

“Si calmi Candy, come può vedere la ragazza sta dormendo tranquilla. La crisi è superata ed ora ha solo bisogno di riposo e quiete. Lei è stata bravissima ad assisterla coi pochi mezzi a disposizione, si vede che la sua formazione professionale è eccellente. Eh, la vorrei io un’infermiera come lei!”

Candy si era avvicinata al letto di Angie che ora riposava, il respiro era regolare e la febbre era scomparsa quasi del tutto. Terence la raggiunse e cingendole le spalle le sussurrò: “È tutto a posto adesso!”

Ma Candy non lo sentiva, continuava a pensare a quella visione che aveva avuto, possibile che fosse reale? Anthony era davvero venuto da lei quella notte? O era stato solo un incubo generato dalla paura? Sfiorò la Croce della Felicità che le pendeva dal collo cercando in quella figurina una risposta.

“Ehi Candy!” la scosse il marito “Adesso lascia qui il dottore con Angie e vieni giù in cucina, credo che tu abbia bisogno di mangiare qualcosa dopo questa notte.”

“Si Terry” rispose con aria leggermente assente Candy “Come vuoi tu”

Scendendo le scale passarono dal salotto ancora addobbato, che strano Natale era stato! Alla fine nessuno era venuto a cena, non c’erano stati canti di Natale ed aperture di pacchetti. L’albero in un angolo sembrava improvvisamente invecchiato nella sua lucentezza, ma di sicuro era stato un Natale che ben difficilmente Candy avrebbe potuto scordare.

Mentre attraversava la stanza a Candy cadde lo sguardo su una grande finestra a bow window che dava sul giardino e sui cespugli di rose che ora erano ovviamente spogli e coperti di neve, ma uno aveva qualcosa di strano. Aguzzò la vista, possibile che quel che vedeva fosse vero? Di corsa si precipitò alla porta, la aprì e corse nel giardino innevato seguita da Terence che non capiva a cosa fosse dovuta tutta quell’agitazione. Quando finalmente la raggiunse vide che la moglie era inginocchiata accanto ad un cespuglio di “Dolce Candy” su cui, assurdamente vista la stagione, spiccava un grosso fiore bianco appena sbocciato.

Non era stato un sogno, la sua disperata richiesta d’aiuto seppur così fuori dai canoni era stata ascoltata. La rosa spargeva intorno un delicato profumo e sembrava infondere nell’anima della giovane una dolce sensazione di pace e serenità. Candy carezzò delicatamente quei petali mentre una lacrima le scendeva, mormorò appena “Grazie Anthony”

Terence era sempre più perplesso, Candy aveva nominato Anthony? E cosa c’entrava quel biondino morto tanto tempo fa? Di sicuro qualcosa di strano era successo quella notte. Quella rosa sbocciata in pieno inverno non era una cosa logica ma, per quanto si lambiccasse il cervello, non riusciva a darsi una sola spiegazione plausibile. Si abbassò quindi anche lui a guardare da vicino il fiore e chiese alla moglie

“Cosa vuoi dire, Candy? Cosa c’entra Anthony?”

Candy si voltò verso il marito e vide i suoi meravigliosi occhi blu pieni di dubbi, si alzò quindi traendolo in piedi ed abbracciandolo stretto gli disse: “Oggi voglio raccontarti la più stupefacente storia di Natale che tu abbia mai sentito!”



 
  
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