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Autore: ChiiCat92    01/10/2021    1 recensioni
Questa non è una vera e propria storia, quanto un flusso di coscienza, un contenitore di ricordi.
Mi sembrava giusto dedicarlo a chi non c'è più.
Questa storia partecipa al Writober organizzato da Fanwriter, pumpWORD list, prompt "Mnestic" (pertinente alla memoria).
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maria

24/09/2021



 

C’è silenzio, imbevuto di imbarazzo. Lo zampirone brucia e riempie l’aria con il suo odore pungente; di tanto in tanto qualche insetto va a morire con un ftzzz contro la lampada al neon. La tavola è ancora apparecchiata, la brace scoppietta nel barbecue. Fa caldo. L’ombra scura della casa taglia il cielo, lasciando solo un quadrato nero al suo posto.

Ci sforziamo, sorridiamo, cerchiamo lo sguardo l’una dell’altra per continuare la conversazione. Ma tra un inutile discorso e un altro si poggia il silenzio, come uno spesso strato di polvere.

Non vorrei essere qui, e neanche le mie sorelle, ma siamo costrette dall'inevitabilità dell’essere ad occupare questo spazio in questo tempo.

È sbagliato.

Il nonno siede a capotavola, chino, curvo, cupo, la riservatezza gentile che l’ha sempre contraddistinto è diventata tristezza pesante. 

Niente può essere detto a questa tavola, eppure si cerca di dire tutto.

Molte parole sono diventate tabù, ma per quanto cerchiamo di evitarle quelle trovano comunque il modo di scivolare fuori, a tradimento. 

“Moglie”, “suocera”, “nonna”, “malattia”, “ospedale”, “morte”. Ma anche “vacanze”, “natale”, “famiglia”, “insieme”. “Felicità”. 

Continuiamo a sorridere.

La carne alla brace si è insaporita con lacrime e amarezza, diciamo comunque che è buonissima, ma non come… 

Tabù, non si parla del cibo, di com’è preparato, o di come veniva preparato prima.

Oggi sono seduta al suo posto, accanto al nonno, un’invisibile gerarchia si è stabilita tra me e le mie sorelle, e il posto è andato a me, come se avessi seguito luci sul pavimento, presenti ancora prima della mia nascita, che si sono accese solo adesso.

« Sparecchiamo? » 

Non so quale delle mie sorelle abbia parlato, ma schizzo in piedi fingendo entusiasmo, sorridendo, sorridendo finché il viso non mi fa male.

Raccolgo i piatti, il vociare scomposto delle sorelle a coprire il magone che mi stringe la gola.

Sarà un sollievo, penso, togliermi da lì e andare in cucina. 

Mi sbagliavo.

Quando scatta la luce e mi ritrovo al lavello lo scroscio dell’acqua copre appena i miei singhiozzi.

La sua cucina.

Ci sono sempre entrata in punta di piedi, con reverenza, da bambina come adesso da adulta.

Ora che non c’è lei mi sembra sbagliato essere lì.

I suoi piatti, il suo lavello, la sua acqua, la sua aria. La sua vita, la sua morte.

“Nonna posso prendere un bicchiere d’acqua?” 

“Nonna posso prendere un fazzoletto?”

“Perché me lo chiedi!” 

“Se ti rispondo di ‘no’ che fai, non bevi?” 

“Lo sai dove trovarlo!”

Tutto sbagliato.

Mi sembra di non ricordare più la sua voce, di non vedere più le sue impronte, la sua presenza, in questa casa.

Lavo i piatti, cerco di annegare i pensieri, di inghiottire il dolore insieme con i ricordi.

Sono solo piatti, è solo una cucina. Eppure la sua assenza rende tutto intollerabile.

Fai in fretta, sento dire a me stessa. Così potrò tornare fuori e guardare il giardino, le ortensie che amava, il punto dove sono caduta con la bici, l’albero sotto cui mangiavamo il gelato, i suoi svolazzanti abiti estivi contro la calura. 

Non voglio più tornare fuori, ma non voglio rimanere dentro. L’acqua è fredda, mi intorpidisce le dita sono come i pensieri, aggrovigliati e immobili.

Ho otto anni, ne ho dodici, ne ho diciotto, ne ho ventidue, entro in casa salutando a gran voce, prima felice, poi triste, poi eccitata. Vengo a trovarla sempre meno. Invento scuse. La vita mi porta via. 

E poi la morte porta via lei.

Adesso sono nella (sua) cucina, senza di lei, a fare compagnia al nonno che ha perso molto più di quanto abbia perso io. Non ci sono più i suoi abiti, i suoi oggetti, le scarpe, la giacca all’attaccapanni. Solo una foto, una bella foto.

“Questa mettetemela sulla lapide!” 

“Nonna che dici!” 

“Bisogna pensarci a queste cose!” 

Nessuno vorrebbe pensarci mai. Nessuno dovrebbe. 

Ora quella foto la odio, non riesco a guardarla, ne ho una copia sulla scrivania ma non permetto mai ai miei occhi di soffermarvisi. È una prova definitiva. 

Poso l’ultimo piatto, asciugo le mani, torno fuori.

La stessa aria, lo stesso cielo, ma non le stesse persone.

« Fatto. »

« Volete il caffè? »

« No, nonno, poi non dormo stanotte, mi sono fatta vecchia. » 

Tabù, non si parla della vecchiaia, porta alla malattia, porta alla morte.

Scherziamo sul fatto che non è vero che sono vecchia. Sento di avere mille anni.

Io e mia sorella corriamo scalze in giardino, la nonna ci rincorre strillando perché è tardi e dobbiamo fare la doccia prima che nostra madre venga a prenderci.

« Allora andiamo. » 

Abbracciamo il nonno a turno, come fosse una processione. Potrebbe essere l’ultimo abbraccio.

Lo stringo.

Ho sei anni, mi accompagna a fare pattinaggio, cado dalla bici e mi disinfetta il ginocchio sbucciato, costruisce per me una spada di legno così posso combattere visibili solo ai miei occhi.

« Ci vediamo presto, nonno. » 

Cerco di guardarlo bene mentre vado alla macchina, è un ricordo anche lui? 

Ci sbracciamo come sempre, fino all’ultimo ondeggiamo fuori dal finestrino finché non prendiamo la prima curva e la casa, e il nonno, spariscono. 

Poi c’è solo silenzio.  


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The Corner 

Ormai lo dico tutti gli anni che se non fosse per il Writober non scriverei più nulla. Mi dà la motivazione per scrivere, che posso dire? 
Questa storia, questi ricordi frammentati, sono un omaggio a mia nonna. Lei è stata sempre paziente con il mio lato di scrittrice, ha letto e incoraggiato le mie cavolate, ha provato ad esserci fino all'ultimo, fin quando la vista le consentiva di leggere i faldoni di fogli che le portavo.
Porta il suo nome e tutta la tristezza che provo da quando se n'è andata.
Per stavolta, questa è per te, nonna.


 
   
 
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