Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: SonounaCattivaStella    02/10/2021    0 recensioni
Un'altra normale giornata di ottobre stava per iniziare presso la scuola dell'infanzia "Le ali della Libertà", istituito in cui si stava dirigendo, proprio in quel momento, il collaboratore scolastico più temuto da ogni singolo bambino: Levi Ackerman. Non gli importava se avesse davanti ragazzini con un'età compresa tra i tre e i cinque anni, pretendeva da ognuno di loro un comportamento civile e che sporcassero il meno possibile. Arrivato a scuola, ebbe appena il tempo di cambiarsi e di sistemare la sua usuale attrezzatura prima di sentire urla e schiamazzi provenire dalla classe dei bambini di cinque anni.
{Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it}
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: AU, Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it

» Prompt: Kidfic
» Lista: pumpBLANK
» Fandom: Shingeki no Kyojin/Attack on Titan
» Rating: Verde

 

 

Un’altra normale giornata di ottobre stava per iniziare presso la scuola dell’infanzia “Le ali della Libertà”, istituito in cui si stava dirigendo, proprio in quel momento, il collaboratore scolastico più temuto da ogni singolo bambino: Levi Ackerman. Austero, ligio al dovere e con una fissazione maniacale per il pulito, non gli importava se avesse davanti ragazzini con un’età compresa tra i tre e i cinque anni, pretendeva da ognuno di loro un comportamento civile e che sporcassero il meno possibile – cosa pressoché impossibile, soprattutto quando i maestri proponevano attività ludiche con pongo, carta da tagliare e colla –, specialmente dalla classe dei più grandi. E proprio da quella provenivano le maggiori seccature, per lui: alunni indisciplinati e rumorosi, capaci di sporcare gli ambienti e renderli simili a un porcile, con insegnanti che, a parer suo, facevano prima a ritirarsi dall’incarico dato che non riuscivano a gestirli.

Una volta arrivato a scuola, Levi ebbe appena il tempo di cambiarsi e di sistemare la sua usuale attrezzatura – fatta di secchiello, mocio, strofinacci, scopa, paletta e un’infinità diversa di detersivi – prima di sentire urla e schiamazzi provenire proprio dalla classe dei bambini di cinque anni. Armato di pazienza e brandendo la scopa come fosse la miglior arma distruttiva del mondo, si diresse verso la stanza con l’intento di mettere a tacere quei mocciosi chiassosi. Convinto che i maestri non fossero ancora arrivati, spalancò la porta con decisione per poi restare interdetto di fronte a ciò che stava accadendo lì dentro. Contro ogni previsione, i due insegnanti Hanji ed Erwin si trovavano effettivamente in classe, ma erano alle prese con quella che sembrava una situazione disperata, avente come protagonisti i due alunni più problematici dell’intero istituto: Eren Jaeger e Jean Kirshtein.

«Chiedi immediatamente scusa ad Armin!» Urlò Eren con i pugni stretti lungo i fianchi.

«Non è colpa mia se non riesce a stare attento alle sue cose.» Rispose a tono Jean con un sorrisino quasi provocatorio sulle labbra.

Il ragazzino di cui stavano parlando i due coetanei si trovava in braccio ad Erwin, intento a piangere disperatamente tutte le sue lacrime, le urla udibili fin dall’altra parte della scuola. In una mano stringeva il corpo di un orsacchiotto al quale, evidentemente, era stata strappata via la testa dato che non ve n’era traccia e dal collo usciva l’ovatta interna. Vani i tentativi dal grande e grosso maestro biondo di tranquillizzarlo: più provava a parlargli con dolcezza, più lui aumentava i decibel delle sue grida.

«Guarda cos’ha qui per te la maestra Hanji: una bella scimmietta!» Disse Hanji muovendo un pupazzetto davanti agli occhi azzurri e lacrimosi del bimbo.

«Non la voglioo! Io rivoglio il mio Mister Teddy!» Urlò Armin in risposta.

«Ooh, andiamo! Non sono poi così diversi.» Tentò ancora Hanji scuotendo la scimmia di stoffa, mentre con l’altra mano aveva acciuffato Eren per il colletto della maglia per evitare che si lanciasse dritto contro Jean con l’evidente intento di tirargli un pugno sul naso.

Levi continuava a guardare quel teatrino, non sapendo bene se intervenire in aiuto dei due maestri o se restare in silenzio a fissarli mentre si davano da fare per calmare gli animi di quei bambini. Mentre se ne stava lì a ponderare una decisione, venne distratto da una delle mocciose – per come le chiamava lui – che gli si mise davanti e gli tirò il bordo del camice che indossava.

«Scusi, signor bidello. Ha portato da mangiare? Ho voglia di patatine fritte.» Disse con la bavetta alla bocca.

«Sasha, lascia stare il signor Ackerman.» La richiamò Erwin mentre continuava a tenere in braccio Armin, lievemente più calmo di prima e con il naso schifosamente gocciolante.

«Oh, Levi! Sei arrivato al momento giusto. Potresti controllare cosa fanno le bambine in bagno? È da un po’ che sono lì dentro e, come vedi, siamo un po’ impegnati per andare a verificare di persona.» Disse Hanji che aveva abbandonato definitivamente l’idea di far piacere la scimmietta ad Armin per dedicarsi a tenere separati Eren e Jean che continuavano a litigare, lanciandosi addosso pennarelli e insulti vari e fantasiosi.

Levi non rispose e si limitò a guardare male la donna che gli aveva assegnato quell’incarico. Era convinto con tutto sé stesso che non fosse adatta al ruolo di maestra. Si prendeva troppe libertà – come quella di chiamarlo per nome o di prenderlo in giro perché più basso di un normale uomo della sua età – e non riusciva a farsi ascoltare da quei marmocchi. Solo quando perdeva davvero le staffe e alzava la voce, o minacciava i suoi alunni di chiamare l’uomo nero per farli portare via e far sparire tutte le loro merendine preferite, riusciva a incutere in loro un certo timore.

Con fare annoiato, Levi si diresse verso il bagno delle bambine dal quale sentì arrivare delle risatine e dei bisbigli. Giunto lì, aprì la porta e per poco non gli venne un collasso nel vedere ciò che stavano facendo: una mocciosa bionda e una mora – che ricordava avere il suo stesso cognome – si guardavano letteralmente in cagnesco, zuppe da capo a piedi e ricoperte di carta, mentre dal lavandino evidentemente otturato scendeva una cascata d’acqua che si infrangeva sul pavimento. Altre due bimbe si trovavano lì; quella dai capelli castani le guardava e rideva a crepapelle, l’altra bionda, invece, cercava di calmarle e di fermare in qualche modo quel disastro.

«Oi, mocciose! Cosa diamine state combinando?!» Proruppe Levi con i nervi a fior di pelle. Non osava nemmeno immaginare quanto tempo avrebbe perso per ripulire quella palude e riportare il bagno al suo originario splendore.

«È stata Mikasa.» Disse la bionda con tono inespressivo.

«Bugiarda! Sei stata tu a iniziare per prima, buttando la carta nel lavandino per il semplice gusto di farlo. E me l’hai tirata addosso quando ti ho detto di smetterla.» Rispose la mora, arrabbiata.

«Ha ragione, Annie. Sei stata tu a iniziare. Io e Ymir ti abbiamo vista mentre eravamo lì, in un angolo.» Affermò l’altra biondina con voce flebile.

«Historia, fatti gli affari tuoi. O dico a tutti cosa stavate facendo tu e Ymir qua dentro.» Controbatté con un sibilo Annie.

«Non è mica un segreto che le faccio vedere cos’ho dentro le mutande. È la stessa cosa che avete anche voi, non c’è niente di cui vergognarsi.» Ymir disse quelle parole con assoluta naturalezza.

Levi le guardava come se avesse davanti degli alieni, nascondendo a malapena il nervoso che continuava a crescere in lui. Come facevano, Erwin e Hanji, a sopportare quei mocciosi scapestrati per nove ore al giorno, tutta la settimana? C’era da uscirne pazzi, sul serio.

«Uscite immediatamente fuori da qui! Giuro che chiudo a chiave il bagno e vi faccio pisciare nel cestino dei rifiuti che avete in classe!» Proruppe, alla fine, non riuscendo più a contenersi e facendo scappare a gambe levate le quattro ragazzine.

E così Levi passò il resto della giornata a raccogliere acqua dal pavimento, a sturare lavandini e gabinetti – quella bionda apatica si era divertita a intasare anche quelli – e a maledire quei marmocchi che, da quando aveva accettato l’incarico in quella scuola, gli avevano fatto rimpiangere di aver chiesto il trasferimento. Si prospettava un anno scolastico lungo e faticoso, ma lui aveva tutte le carte in regola per mettere in riga quei ragazzini e ci sarebbe riuscito. Ne andava del suo buon nome di Ackerman e della sua lunga carriera da “spaventoso educatore di mocciosi”.
 

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