Dopo qualche mese
in cui è rimasta a riposare placidamente nel pc, posto questa shot divisa in due
parti, che fa parte del mio filone più “umoristico”.
Nata per caso da
uno dei mille deliri collettivi tra me e la 1, alias Miss K2, alias Minako_86 e
che non avrebbe visto la luce se non ci fosse stata lei a ricordarmi della sua
esistenza xD
Dedicata a lei e
ai tutti i bei momenti passati, presenti e futuri, perché le cose cambiano ma
l’amicizia resta sempre *lovva*
Hope
you’ll like it!
(Come sempre i Jonas Brothers non mi appartengono e questo scritto non vuole rappresentare in alcun modo la loro vera vita né è scritto a scopo di lucro).
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SECRETS
"E questo era l'ultimo" disse
Kevin con soddisfazione, depositando a terra l'ultimo contenitore.
Era arrivata la primavera e
Denise, come tutte le madri del mondo, era stata presa dalla frenesia del
famigerato "cambio di stagione". Fin qui non c'era niente di male, anzi Joe e
Nick, che erano i più calorosi in casa Jonas, erano ben lieti di riavere a
portata di mano canottiere e pantaloncini da poter indossare. Quello che non
avevano previsto, era che la madre li arruolasse per essere aiutata in quel
compito.
Così, era dalla mattina che i tre
famosi "fratellini d'America" stavano sgobbando, mettendo via i loro indumenti
nelle scatole plastificate.
Per non confondere i rispettivi
abiti, la madre aveva attribuito un colore a ciascuno di loro.
Kevin si era aggiudicato il verde,
un po' per il colore dei suoi occhi e un po' per la sua indole pacifica. I
contenitori di Joe erano rossi, come il suo carattere esuberante e come il
colore che avvertiva di un pericolo, Danger appunto. Nick si era visto assegnare
il giallo, tonalità non legata strettamente a lui ma scelta dalla madre perchè,
parole testuali “ci voleva un tocco di luce tra il verde il rosso”.
All'ultimo arrivato in casa Jonas, Frankie, era toccato il blu perchè "non
poteva mancare il colore maschile per eccellenza".
Denise era una madre amorevole e
adorava i suoi figli, che erano la cosa più preziosa della sua vita, ma riteneva
giusto che imparassero ad aiutare in casa anche se erano delle rockstar famose.
Quella mattina aveva aspettato che
tutti fossero seduti a tavola e, dopo aver servito la colazione, aveva spiegato
loro cos'avrebbero fatto.
"Ma mamma!" avevano ribattuto i
figli, quasi in coro.
Lei aveva scosso la testa
fissandoli.
Joe, cercando di correre ai
ripari, aveva sfoderato subito la sua espressione "da cucciolo bisognoso" e si
era posato una mano sullo stomaco.
"Io non mi sento tanto bene, ho un
dolore qui al fianco" disse in tono esageratamente
drammatico.
Amorevolmente, Denise si avvicinò
al figlio, passandogli una mano tra i capelli arricciati e
spettinati.
"Se non stai bene puoi andare a
risposare. Ci penserò io ad avvertire Liz che non andrai all'appuntamento
stasera" concluse in tono dolce ma che non ammetteva
repliche.
Per una volta, il cervello di Joe
ragionò in maniera sorprendentemente rapida e capì che sua madre era stata più
furba di lui, battendolo al suo stesso gioco: o l'aiutava o poteva scordarsi di
passare qualche ora in compagnia della sua ragazza.
Con un grosso sospiro, prese la
sua tazza tra le mani.
"Forse, facendo colazione, mi
passerà" dichiarò sconfitto.
Denise, sempre con il sorriso
sulle labbra, fissò il suo secondogenito, depositando un bacio sulla sua testa.
"Bravo il mio Joseph, sono sicura
che tornerai come nuovo fra poco"
Sedendosi anche lei a tavola, fece
scorrere lo sguardo sugli altri figli.
"Qualcun altro non si sente
bene?"
Sbarrando gli occhi, Nick e Kevin
scossero il capo in modo deciso, dedicandosi alla colazione. Erano appena
tornati a casa dopo un mese in giro per alcuni concerti promozionali e non
vedevano l'ora di una tranquilla serata con le loro ragazze.
Così avevano trascorso la
mattinata insieme alla madre, che aveva supervisionato il loro lavoro e si era
occupata degli altri vestiti. Dopo il pranzo era uscita per accompagnare Frankie
alla festa di compleanno di un suo amichetto.
"Mi raccomando, tutte le scatole
vanno portate in soffitta e rimesse al loro posto. Posso fidarmi di
voi?"
Joe aveva annuito vigorosamente,
preoccupato che qualcosa facesse saltare il suo tanto atteso
appuntamento.
"Non preoccuparti mamma" le
rispose Kevin, subito spalleggiato da Nick, che si era messo in mezzo tra i suoi
fratelli, appoggiando le mani sulle spalle di entrambi.
"Troverai tutto in ordine al tuo
ritorno" promise sfoderando un'espressione seria.
Denise li fissò per un momento,
orgogliosa dei suoi ragazzi e anche divertita perchè sapeva bene che, sotto
sotto, avevano paura che lei potesse boicottare i loro appuntamenti. A quel
pensiero, si voltò verso la porta per nascondere il sorriso che le era spuntato
in viso. Adorava le loro ragazze e non avrebbe mai fatto niente per mettersi in
mezzo, erano serie e rispettavano i loro figli ma non si facevano mettere i
piedi in testa, qualità assolutamente indispensabile per far parte del Team
Jonas. Ma ai suoi pargoli non avrebbe mai rivelato tutto questo, meglio tenersi
questo piccolo segreto e sfruttarlo in caso di bisogno.
"A più tardi ragazzi" li
salutò.
Una volta chiusa la porta, Kevin
sospirò e giunse ai piedi della scala che portava al piano superiore. Appoggiò
una mano alla balaustra e si voltò verso i fratelli.
"Forza, prima cominciamo, prima
finiamo" disse in tono incoraggiante.
Gli altri due lo raggiunsero.
"E' da un sacco che non vado in
soffitta" commentò Nick.
"Ci credo, avevi paura che ci
fossero i vampiri" gli rispose Joe, che stava salendo davanti a
lui.
Il minore si bloccò, un piede
appoggiato sul gradino e la gamba piegata.
"Che cosa?"
"Ti eri messo in testa che Dracula
voleva succhiarti tutto il sangue e che ti aspettava in
soffitta"
Sbattendo gli occhi, a Nicholas
tornò in mente quel periodo.
"E' vero! Ogni volta che dovevo
passare sotto alla botola correvo come un matto, per paura che mi afferrasse e
mi portasse di sopra" raccontò con una piccola smorfia.
Kevin, arrivato al piano di sopra,
si voltò a guardarlo, lasciandosi scappare un sorrisetto.
"Secondo te, chi è stato a
metterti in testa quelle idee?"
"Quanto sei stronzo... Era proprio
il caso di ricordarglielo?" commentò Joe, affrettando il passo e allontanandosi
dal fratello minore per sicurezza, il quale era ancora fermo, scavando nella
memoria per ricordare la sua infanzia.
Corrugò la
fronte.
"Joe! - esclamò battendo il palmo
sul corrimano - quella sera eri andato al cinema e quando sei tornato io ero già
a letto. Ti sei sdraiato vicino a me e mi hai raccontato il film sui vampiri che
avevi visto”.
Danger si strinse nelle spalle,
facendo un passo indietro.
"Non è colpa mia, sei stato tu a
chiedermi di parlartene"
"Sì, ma non c'era bisogno di
esagerare dicendo che Dracula viveva in casa nostra, in
soffitta"
Joe scoppiò a ridere, ricordando
quella sera.
"Sono stato un genio
però"
Nick lo raggiunse e gli diede una
botta in testa, spettinandolo.
"No, sei un idiota" dichiarò
sorpassandolo per raggiungere le camere.
"E un cretino" aggiunse Kev
dandogli un'altra botta in testa.
"Ehi!" protestò
quest'ultimo.
Il maggiore si strinse nelle
spalle.
"Scusa, solidarietà tra fratelli"
disse per giustificare il suo gesto.
"Ma anch'io sono tuo
fratello!"
Kevin si portò l'indice della mano
destra sul mento, come se volesse riflettere.
"Ah già, è vero!" concluse in tono
serio, prima di allontanarsi e ridere alle spalle di Joe.
*
Mettendosi d'impegno riuscirono a
portare in soffitta tutte le scatole e ad impilarle in modo ordinato lungo una
parete. Nick aveva osservato il risultato e annuito soddisfatto.
"Abbiamo finito" concluse con una
nota di trionfo nella voce.
Joe si lasciò cadere all'indietro,
platealmente, atterrando su una vecchia poltrona che si afflosciò quasi fino al
pavimento.
Kevin, intanto, si era messo a
curiosare nel grosso baule, appoggiato al muro, vicino alla
finestra.
"Joe, ti ricordi le nostre
spedizioni in soffitta per combattere i nemici dello
spazio?"
"Certo che sì. E' merito nostro se
la Terra non è stata invasa dai marziani - disse orgoglioso mentre tentava di
rialzarsi dalla poltrona senza riuscirci - aiuto... mi sono incastrato" affermò
dimenandosi.
Nick e Kevin ridacchiarono,
guardando i suoi tentativi di tirarsi su.
"E' proprio per quel motivo che
mamma l'ha portata di sopra, ti sei dimenticato di quando la vicina, la signora
Freenkle, è rimasta bloccata?" gli ricordò il minore.
“E poi c’è voluta tutta la forza
di papà, mia e tua perché tornasse in piedi” concluse Kev, rivolto verso
Joe.
"Mi date una mano? - cominciò a
piagnucolare lui, sporgendo il labbro inferiore ma vedendo che i fratelli si
stavano limitando a guardarlo, continuò - non potete fare i concerti senza di
me"
Kevin lo guardò, mentre un lampo
malizioso passava nei suoi occhi verdi.
"Qualcuno che suoni il tamburello
al tuo posto lo troviamo di sicuro e Nick può cantare da
solo"
Intuendo che da lui non avrebbe
ricevuto aiuto, Joe rivolse altrove la sua attenzione.
“Nicky, tu sei il mio fratellino
preferito e sei tanto buono. Mi aiuti?”
Sentendosi chiamato in causa, si
avvicinò a Danger e allungò una mano per aiutarlo. Joe,colpito da un flash, gli
afferrò il braccio e si portò il polso del fratello alla
bocca.
“Finalmente posso succhiarti il
sangue dopo tutti questi anni!” scimmiottò con voce cavernosa, appoggiando i
denti sulla pelle di Nick.
Il quale scattò all’indietro,
liberandosi e toccandosi il polso con l’altra mano.
“Ma quanto sei scemo! Hai pure
sbavato, che schifo” dichiarò sfregando il braccio sulla stoffa dei pantaloncini
che indossava.
“Eddai! Non te l’aspettavi però”
gli rispose allegro per la riuscita di quello scherzo improvvisato.
Nicholas era buono e sempre
disponibile verso gli altri ma non tollerava di essere preso in giro. Per questo
voltò le spalle al fratello, ancora incastrato nella poltrona e si avvicinò a
Kevin, per frugare nei vecchi scatoloni.
Accorgendosi di essere stato
ignorato, Joe provò a chiamarli.
“Ragazzi…”
Nessuna
risposta.
“Io sono sempre
qui…”
Nessun
movimento.
“Non è
divertente!”
I fratelli continuarono ad
ignorarlo tirando fuori degli oggetti dal baule.
“Non ci posso credere!” esclamò ad
un certo punto Kevin.
Si alzò in piedi e andò verso la
finestra, scuotendo il pezzo di stoffa che teneva fra le mani, poi lo stese
davanti a sé per guardarlo.
“Cos’è?” chiese Joe, ormai
rassegnato a vivere i suoi ultimi giorni incastrato in
soffitta.
Kevin stava per rispondergli
quando si accorse di quanto era comico suo fratello: nonostante fosse semi
sdraiato e pericolosamente fagocitato dalla poltrona, chiaramente in difficoltà,
sfoderava la solita espressione e sembrava quasi pronto ad un servizio
fotografico. Pensò che non sarebbe stato male divertirsi ancora un po’ a sue
spese. Ignorò la sua domanda, come se non esistesse e guardò Nick. Non sapeva se
il Presidente avesse capito le sue intenzioni, ma spontaneamente fece la stessa
domanda.
“Cos’hai
trovato?”
Lui mostrò loro il foulard
colorato che teneva fra le mani.
C’erano raffigurati Topolino,
Pippo e Pluto.
“Passi che hai la passione per le
kefiah, ma spero non vorrai indossarla durante i concerti!” commentò Joe, che
poteva essere immobilizzato fisicamente ma la sua bocca e la sua mente erano
libere di sfogarsi.
Kevin gli lanciò un’occhiataccia
prima di sorridere e assumere un’espressione sognante.
“La indossavo al mio primo
appuntamento. La festa di compleanno di Megan. A tutti noi era stato regalato
questo foulard perché il tema erano i personaggi di Walt
Disney”
Nick sorrise nell’immaginarsi il
suo fratellone con i pantaloncini corti, quella bandana al collo e lo sguardo
perso verso Megan. Oh sì, non faceva fatica a raffigurarsi la
scena.
“Vi siete baciati?” domandò
ridacchiando.
Kevin inclinò il capo un po’
deluso.
“No. Ma ci siamo tenuti per mano e
lei mi ha schioccato un bacio sulla guancia dicendo che ero il più dolce di
tutti”
Ci fu un attimo di silenzio, rotto
dalla voce di Joe, che ormai si era adattato, riuscendo ad incrociare le
caviglie e assumendo un atteggiamento quasi disinvolto.
“Ma che appuntamento era se non vi
siete baciati?”
“Cosa ne vuoi sapere tu? A quel
tempo te la facevi ancora nei pantaloni, me lo ricordo” lo rimbeccò Kevin,
contrariato da come voleva sminuire i suoi ricordi.
Con una smorfia indirizzata al
fratello, Joe rimase zitto facendo l’offeso. Non gli piaceva che venissero
rievocati certi episodi che rovinavano la sua immagine.
Fu Nick a spezzare la
tensione.
“Fossi in te non la farei vedere a
Martha. Sai che è tanto dolce ma diventa molto possessiva se solo sente nominare
qualche tua vecchia fiamma”
“Ma è successo
tanto…”
Kevin si interruppe, soppesando
quanto detto dal fratello.
Ripiegò con cura l’indumento e si
avvicinò al baule per rimetterlo dove l’aveva trovato. Ad un’occhiata
interrogativa di Nick, gli rispose.
“E’ meglio che resti qui” dichiarò
solenne, ripromettendosi di comprare dei fiori alla sua ragazza, quasi a volersi
scusare per aver rievocato il passato.
Spostando alcuni maglioncini, per
seppellire in profondità la piccola bandana ed essere sicuro che non finisse
nelle mani sbagliate, trovò qualcosa che lo rese molto, ma molto
felice.
“Joe?” disse per attirare
l’attenzione del fratello, che sembrava fosse sprofondato ancora di più nella
poltrona maledetta.
“Oh, finalmente qualcuno si è
ricordato di me! - dichiarò ironico, sollevando la testa – se mi aiutassi anche
ad uscire da questa trappola infernale sarebbe ancora meglio. Io vi ho sempre
trattato bene e non capisco perché mi avete lasciato qui,
ignorandomi”
Kevin attese con pazienza che
finisse la sua sceneggiata. Joe amava fare la primadonna e, il segreto, era non
dargli corda.
“Cosa ne dici di cantare lo
jodel?”
Entrambi i suoi fratelli minori lo
guardarono stupiti e lui, che voleva proprio attirare l’attenzione, sollevò
quello che aveva trovato, in modo che lo vedessero. La minuscola salopette, che
teneva tra le mani, suscitò due reazioni ben diverse.
Nick scoppiò in una risata e si
sbilanciò, cadendo dallo scatolone su cui era seduto, sbattendo il sedere per
terra ma continuando a ridere sguaiatamente. Joe, al contrario, sbarrò gli occhi
e, in pochi secondi, il suo viso divenne di un bel rosso pomodoro, come
ciliegina sulla torta, aprì la bocca senza emettere alcun suono. Infine,
istintivamente, senza accorgersene, con un colpo di reni degno di un ginnasta
olimpionico, si sollevò dalla poltrona liberandosi.