Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: Ulissae    02/09/2009    6 recensioni
Vincitrice del contest "Potere alle Donne" indetto da Sammy Cullen
Ma lo sapevo pure io che questa coperta pesante spariva ogni volta che lui si degnava di ricordarsi di me, di farmi notare che era al corrente della mia esistenza e, soprattutto, del fatto che, volente o nolente, lo amavo.
Riuscivo a convincermi che non ero un semplice oggetto, un trofeo; ero qualcosa di più, un'amante, io, Sulpicia, ero la sua amante. L'amante dell'illusione.

[One shot Sulpicia X Aro]
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sapori Italiani' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Illusion's Lover


[Guida alla lettura: La storia ha come personaggio principale Sulpicia, la moglie di Aro. Sono dell'idea che lui non la ami e che lei, dopo aver passato anni e anni nell'illusione che fosse il contrario, alla fine si sia decisa ad arrendersi e prendere parte alla recita infinita che è Volterra.
Secondo questa storia Sulpicia era una nobile e Aro un servo. Quindi lui l'ha sposata per il puro piacere di vincere, di poter testimoniare a tutti che era abbastanza potente per farlo.
E' anche vero, però, che Sulpicia è una donna, e spera sempre in un lieto fine e quindi, pur di non vivere nella verità, cioè quella di essere solo un oggetto, decide di abbandonarsi all'illusione; dove un regalo è un segno di amore sincero. Per lei. Perciò tutto il testo si divide tra la rabbia della verità e la malinconia del ricordo e dell'illusione.
E' complicata, molto. Mi scuso. Buona lettura, per quanto possibile]


Ma sì, me la dedico.
Me la dedico perché sono prorpio come Sulpicia.
Idiota, cinica e innamorata.



L'amore è l'illusione che ha creato l'uomo per credere, in quel minuscolo attimo che è la sua esistenza, misera ed infima, che a qualcuno, chiunque lui abbia scelto, importi di lui.
Hanno continuato a parlarne, dell'amore. Ne hanno scritto, discusso, c'è chi è morto per amore; ma io so bene che l'unico motivo per cui si sono fatte queste cose è semplicemente per non scordare, per non dimenticare questa nebbia di cui l'uomo si droga.
Perché è così sottile e leggera che vederla sparire è facile, e doloroso.
Io porto le ferite di questo baluardo dalla fragile stoffa, ho combattuto sotto di esso, sono vissuta, morta e rinata per amore; eppure, ormai dovrei aver capito, dopo tutte le ferite che mi ha procurato, che non è nient'altro che una grandissima ed immensa stupidaggine.

Il giorno che vi sto per raccontare è un giorno come tanti, niente di speciale, l'ennesima pagina di questo libro infinito che è la mia esistenza; senza disegni, senza una trama, costituito da delle semplici parole ripetitive e noiose.
Non amo passare il mio tempo tra i corridoi della mia dimora, né passarlo con quegli scarti di vita che sono i suoi abitanti. Niente è eccitante, niente è degno di nota qui.
Si respira per abitudine; si vive per inerzia; ci si nutre per noia.
 Mi chiedo come mio marito possa trovare divertente e necessario tutto questo. Né come possano farlo i suoi subordinati, perché dovrebbero saperlo tutti meglio di me, qui, in questi angusti corridoi,  siamo tutti pedine di una scacchiera costruita con immensa cura e minuzia.
In questo spicchio di esistenza grigia io non sono altro che l'ennesimo pedone da spostare a piacimento, sempre che lui, con me, la sua mossa non l'abbia già fatta.
Passeggiavo da sola accanto alla corte centrale, c'era  il sole quella mattina, brillava incessantemente su tutto; sugli alberi verdi, sulla statua di quella donna aggraziata che versava acqua nella fontana di bianco marmo, sui fiori curati. Tutto era luce in quel momento, e luce era anche la pelle di mia cugina, Athenodora, che, seduta su una graziosa panchina di preziosa roccia, accarezzava dolcemente i capelli candidi del marito.
Non stavano parlando, si fissavano, semplicemente. Era come se sapessero assaporare la vera essenza della felicità e, per fare questo, non c'era bisogno di parole.
Avevo imparato da tempo che i discorsi sono gli scudi dell'uomo, le frasi pensate le lance con le quali vogliono combattere.
Mi nascosi dietro una colonna, non volevo assolutamente farmi vedere; già era imbarazzante trovarsi da sola con Caius, pensare in questa situazione! Dovevo andarmene, dovevo fare in modo che, almeno qualcuno, potesse mantenere vivo quel sentimento che nel mio cuore era ormai deceduto e gelato.
Amore, ti ho abbandonato, vero?
Percorsi velocemente il porticato, lasciando scivolare la mia tunica sul pavimento senza produrre altri rumori all'infuori di quello; poi, un attimo prima di scomparire di nuovo, li guardai.
 Un bacio.
Assaporato con la calma di chi sa di essere solo e di essere amato; notai il viso dell'uomo distendersi, una volta tanto, lasciarsi andare in balia di quei fluttui gentili e amorevoli, accarezzarli a sua volta, leggero e dolce, come non credevo potesse essere.
Mi fermai, boccheggiando. Sembrava come se stessi affogando in un mare opprimente e scuro; lava che mi bruciava e soffocava allo stesso tempo, riempendomi i polmoni di fuoco e dolore.
Scappai, senza curarmi di quanto avrei potuto attirare l'attenzione, una volta tanto ignorando ciò che gli altri avrebbero potuto pensare di me.
Mi sentivo morire, come non mi succedeva da tanto tempo; avvertivo delle dita affilate e sottili, come le zampe di un ragno velenoso, risalire la ragnatela che si era venuta a creare intorno al mio cuore; tessuta con seta nera e indistruttibile.
Io non ero amata e non amavo.
Questa era una convinzione che avevo maturato dopo troppe sconfitte, dopo troppe perdite in quel campo di battaglia che è l'amore.
Ripresi a respirare -quell'inutile azione che continuavo a ripetere senza motivo- solo quando sentii la porta chiudersi dietro di me e la mia schiena poggiarsi sfinita su di essa.
Lasciai scivolare la mia mano dietro la stoffa nera che mi ricopriva il corpo e la tolsi, singhiozzando; la scagliai sul letto, freddo da troppo tempo, privo di significato o scopo, se non quello di abbellire una stanza, di testimoniarne la ricchezza, degnandola della sua bellezza. Proprio come me: io, in fin dei conti, non ero nient'altro che un oggetto, un piacevole tesoro da mostrare, da possedere.
Ma gli oggetti, per quanto piacevoli e ammirati non verranno mai amati, sono e sempre saranno oggetti.
Presi tra le mani la pietra rude e mal tagliata che adornava il mio collo e chiusi gli occhi.
Tutte le persone, perfino quelle come me, hanno un ricordo felice; un lembo di gioia a cui aggrapparsi e tirare per salvarsi da tutta la disperazione che ci circonda.
Riportai alla mente il ragazzo dai lunghi e sporchi capelli corvini, la sua pelle rovinata dal sole, gli occhi eccitati e brillanti di gioia, le dita rudi e poco abili nell'allacciare una collana intorno ad un collo così candido e delicato come il mio. Mi ritrovai accanto a lui, seduta sulle rive di un ruscello gorgogliante, ascoltando le sue parole balbettate, mentre un indice insicuro passava sopra il foglio ruvido del libro che gli avevo portato.
Assaporai nuovamente la brezza del proibito: un servo non dovrebbe leggere, la sua padrona, allo stesso modo, non dovrebbe insegnarglielo.
Vidi, proprio come quel giorno lontano e avvolto nel vapore di un passato remoto, la sua testa alzarsi e le sue dita cercare qualcosa dentro la sacchetta di cuoio che teneva affianco a lui. Sospirai sorpresa, di nuovo, come ogni volta in cui rievocavo questa memoria, quando si avvicinò con il ciondolo grezzo a me, pronto a regalarmelo.
Mi passai la lingua sulle labbra, credendo, sperando, volendo che fosse la sua, come quella volta.
Ma così non era, le trovai fredde e secche, prive di amore da troppo tempo.
Singhiozzai, scivolando lungo la porta e sedendomi per terra.
Non ero amata e mi chiesi se mai lo ero stata.
Alzai la testa dal basso solo dopo qualche ora, il vivere così a lungo ci rende insensibili al tempo; e lo vidi.
Notai la piccola scatola di legno posata sul tavolo di mogano, la candela che la illuminava flebilmente, sostituendo quella luce da cui ero scappata -il sole, la vita- e mi alzai, prendendola tra le mani tremanti.
La aprii e la collana di oro puro che era racchiusa là dentro mi fece rabbrividire, la chiusi veloce e smisi nuovamente di respirare.
Mi aveva fatto un regalo. Perché? Cosa lo aveva spinto a farlo? Valevo qualcosa per lui?
Forse mi amava?
Forse era solo la mia mente cinica e stanca di tutto a crearsi problemi invisibili e inesistenti?
Forse la vera insensibile ero io?
Indossai il regalo meccanicamente, le domande che mi ero posta erano stupide ed inutili.
Sapevo bene che era un gesto come un altro da parte sua, niente di speciale, un'abitudine che aveva tanto con me quanto con le altre donne che abitavano in queste mura.
Eppure la gioia che mi percorreva il corpo ogni volta che, proprio come in quel momento, trovavo qualche suo regalo era troppo preziosa per essere ignorata. Una perla troppo rara per essere lasciata giacere dentro una conchiglia, nel fondo di un oceano scuro, dove nessuno può raccoglierla e godere, anche per poco, del suo splendore.
Potevo credere che il suo sorriso fosse rivolto solo a me, che le sue parole dolci fossero ispirate da me, da sua moglie; potevo illudermi che mi amasse e che io, di conseguenza, potessi amare.
Che potessi provare un sentimento tanto umano quanto complicato; che credevo di aver lasciato morire sotto strati e strati di insoddisfazione.
Ma lo sapevo pure io che questa coperta pesante spariva ogni volta che lui si degnava di ricordarsi di me, di farmi notare che era al corrente della mia esistenza e, soprattutto, del fatto che, volente o nolente, lo amavo.
Riuscivo a convincermi che non ero un semplice oggetto, un trofeo; ero qualcosa di più, un'amante, io, Sulpicia, ero la sua amante. L'amante dell'illusione.



Si infrange, si spezza contro lo scoglio.
Non conosce perdono, non conosce ricordo.
Ritornerà ogni volta, come sole dorato;
ed io, l'Amore, ospite ingrato,
farò dormire nella mia casa.
Raccoglierò gli oggetti da lui distrutti,
osserverò la mia dimora bruciare sotto il fuoco da lui provocato;
ma senza fiatare ti stringerò nuovamente tra le mie braccia,
baciando le tue labbra, scordando quanto male questo mi faccia.


Angolo autrice:
YEA! Primo posto *O* con una storia che ho profondamente odiato, yep, oggi giornata di risultati XD *da il cinque a Sulpicia* Oh, sì, una volta vediamo pure l'Aro OMMMO bastardo, che fa tanto fiQuo.
E anche Caius, se si sarà sposato un motivo ci sarà, no? Un po' umano anche lui lo sarà ; ma lo vedo tanto pussolo con la moglie <3
Invidio Sulpicia, molto, quindi questo è un rapporto amore odio che non so come andrà a finire in futuro. Spero di riscriverci su, perché è stato -in fondo in fondo- quasi divertente.
Ah, il contest a cui ha partecipato è questo: Potere alle Donne
Ora vi lascio ai giudizi (per ora parziali):
Prima classificata:
Princess of vegeta6 con "Illusion's lover"
Correttezza grammaticale e sintattica, ortografia: 4, 5 punti
Stile, forma e lettura scorrevole: 5 punti
Originalità: 8 punti
Caratterizzazione dei personaggi: 4, 5 punti
Giudizio personale: 9 punti
Per un totale di: 31/35
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Ulissae