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Autore: laisaxrem    06/11/2021    0 recensioni
Kakashi ha appuntamento con gli Anziani e si prepara a qualunque cosa quei due vogliano da lui. Le cose andranno peggio di quanto pronosticato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kakashi Hatake, Orochimaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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Ho deciso di introdurre finalmente una cosa su cui sto lavorando da tempo.
In questa storia ci sono tre dei personaggi che più odio dell’intera saga di Naruto, quindi capite bene che scriverla è stata una sofferenza. Ma. Innanzitutto mi serve per ciò che succederà mooooolto più avanti. E due non potevo perdere l’occasione di far tirare fuori a Kakashi il suo lato da “adesso vi uccido tutti” (che è tremendamente sexy).

DATA: Giovedì 20 Aprile 1683
TITOLO: What About Us? - Pink

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Kakashi aveva un’emicrania terrificante.

Gli Anziani avevano cercato di parlare con lui per settimane ma era sempre riuscito ad evitarli, in un modo o nell’altro (doveva ricordarsi di dare un aumento a Shikamaru per l’aiuto). Ma alla fine i due barbagianni avevano fatto valere i loro diritti di membri del Consiglio e Kakashi era stato costretto a dare loro appuntamento per quel pomeriggio. Perciò erano almeno sei ore che l’Hokage aveva mal di testa alla prospettiva di dover ascoltare qualunque rimostranza avessero questa volta.

Aveva considerato di mandare un SOS all’ospedale ma era sicuro che Sakura l’avrebbe ucciso; la sua seconda opzione era stata quella di mandare un messaggio a Gai e sfidarlo, magari ad una corsa in carrozzella o comunque qualcosa che lo costringesse ad uscire dall’ufficio e starvi lontano per molto tempo, ma sapeva che il suo amico era di corvè all’Accademia e che mai avrebbe lasciato la sua lezione a metà. Perciò Kakashi era in trappola.

Puntuali come un orologio, alle 16 qualcuno bussò alla porta e l’Hokage l’invitò a malincuore ad entrare.

Gli Anziani non erano cambiati di una virgola in quegli anni, forse era comparsa qualche ruga in più sui loro visi, ma per Kakashi erano ancora gli stessi vecchi barbagianni che ricordava da quando Minato-sensei era Hokage. Nemmeno la Guerra li aveva scalfiti… il che era un qualcosa che non aveva alcun bisogno di commenti.

Con l’intento di iniziare quell’incontro nel modo meno doloroso possibile, Kakashi si alzò in piedi ed andò loro incontro. Aveva fatto portare due sedie che aveva posizionato davanti alla scrivania e lì li condusse. Decise anche di rispolverare un po’ degli insegnamenti del suo vecchio sensei ed iniziò l’incontro con qualche chiacchiera inutile ed informandosi della loro salute.

«Smettiamola con i convenevoli», l’interruppe dopo qualche secondo Koharu, la fronte corrugata e gli occhi che lanciavano lampi. «Nessuno di noi tre ha tempo da perdere con questo e non ci illudiamo certo che tutto d’un tratto tu tenga alla nostra salute, Kakashi».

«Maa, maa, mi sembra una constatazione un po’ dura questa, Utatane-san», ribatté lui, ma dentro di sé tirò un sospiro di sollievo: quei due erano in grado di tirar fuori il peggio di lui ed era un sollievo poter smettere di fingere. «Ma se è questo ciò che volete… Posso sapere dunque qual è l’argomento di questo incontro?»

«Devi richiamare immediatamente Uchiha Sasuke al Villaggio, Kakashi, e fare in modo che resti», ordinò Homura senza troppi preamboli.

Il gelo gli scese improvviso nelle ossa.

«Cos’è successo?» chiese Kakashi, i muscoli che si tendevano automaticamente, pronti a scattare, e una parte di lui percepì Tenzō nell’ombra fare altrettanto.

«È ora che il ragazzo faccia il proprio dovere per il Villaggio», continuò Homura, candidamente ignaro di ciò che aveva appena scatenato.

Aspetta, cosa?

«Dovere…» ripeté piano mentre la sua mente cercava di trovare il senso di quelle parole. «È quello che sta facendo, se non sbaglio».

Quando, dopo la Guerra e la prigionia, Sasuke era tornato ad essere un uomo libero e Kakashi gli aveva concesso di lasciare il Villaggio in varie missioni di controllo sul territorio del Paese del Fuoco, alcuni nel Consiglio avevano protestato. Gli Anziani erano tra quelli. Ma sicuramente non erano così idioti da riprendere quell’argomento dopo anni, giusto? Anche perché durante quel tempo l’intervento di Sasuke si era dimostrato essenziale in una manciata di situazioni piuttosto delicate ed ormai persino Hyūga Hiashi concordava che era stata un’ottima idea lasciarlo libero.

«È l’ultimo membro rimasto del clan Uchiha e l’ultimo depositario di uno dei dōjutsu più potenti non solo di Konoha ma di tutto il mondo ninja», s’inserì Koharu.

«Ne sono ben consapevole», ribatté Kakashi con calma, una sensazione che gli si faceva strada nella mente… ma nemmeno quei due potevano essere così folli da fare una richiesta del genere.

«Il ragazzo ha compiuto vent’anni l’estate scorsa, è suo dovere produrre degli eredi dello sharingan».

Bene, si sbagliava a quanto pare. Dopotutto erano così folli da fare una richiesta del genere.

Cercando di sopprimere la rabbia che iniziava a ribollirgli in petto, Kakashi sospirò profondamente.

«Sasuke non è una bestia da monta».

«Non essere melodrammatico, Kakashi».

«E cosa volete fare, legarlo ad un letto e farlo montare a turno finché non metterà incinta una donna?»

Ok, forse la rabbia stava fluendo più di quanto volesse. Doveva calmarsi o avrebbe finito per uccidere qualcuno e poi Shikamaru si sarebbe arrabbiato.

«È un giovane uomo in salute. Sicuramente non gli dispiacerà avere rapporti intimi con venti donne molto attraenti», continuò Homura, sventolando una mano in aria come per sottolineare l’insensatezza delle sue rimostranze.

E Kakashi vide rosso.

«Venti…» Iniziò piano, la mente che lavorava febbrile. Aveva bisogno di trattenersi, di imbrigliare i suoi sentimenti per poter capire cosa quei due avevano in mente. Perché era evidente che c’era già un piano in movimento e doveva capire quanto avanti fossero, quante persone fossero invischiate… e su chi doveva far piovere la sua ira. «Avete già pianificato tutto, eh».

«Sì, abbiamo già una lista di quaranta candidate», confermò l’Anziano, un’espressione soddisfatta sul volto rugoso mentre si sistemava gli occhiali. «Le abbiamo scelte di ogni tipologia e di vari clan di Konoha, ma sempre tutte in buona salute e di aspetto piacevole, e naturalmente con dei geni che possano adattarsi bene allo sharingan».

«Ma non siamo crudeli, non ci aspettiamo che si intrattenga con tutte e quaranta ma dovrà sceglierne almeno venti. Ovviamente se ne sceglierà di più sarebbe ideale, ma venti è il minimo», intervenne Koharu, la stessa espressione soddisfatta.

«Ma certo, per avere più probabilità che lo sharingan si manifesti», intuì Kakashi, la nausea che gli montava nel petto sempre più prepotente e si scontrava con la rabbia. Distrattamente sentì nell’aria un breve sfavillio di chakra. Tenzō. Lo conosceva abbastanza da sapere che l’uomo era profondamente disgustato e l’idea che fosse così turbato da perdere il controllo del proprio chakra per qualche secondo fece capire a Kakashi che non era l’unico ad essere nauseato da quei due. Stringendo appena gli occhi e lottando per non far trasparire nella voce ciò che provava, continuò il suo interrogatorio. «E poi come prevedete di ottenere la seconda generazione? Facendo accoppiare tra loro quelli della precedente?»

«Certo che no. Geneticamente sarebbe un disastro», chiarì ancora Koharu. «No, ovviamente cercheremo per ognuno di loro dei partner adatti».

«Dei partner adatti…» sussurrò l’Hokage. E quest’ultimo suggerimento lo fece esplodere. «Siete disgustosi».

«Come, scusa?»

«Parlate di usare Sasuke, di usare dei bambini come cavie», iniziò mentre lottava per non balzare dall’altra parte della scrivania. «Ma vi sentite quando parlate? Vi rendete conto di quanto siete disgustosi?»

«Modera il linguaggio, ragazzo», ammonì Homura. «Siamo membri del Consiglio e occupiamo questo posto da prima che tu venissi al mondo».

«E io sono l’Hokage!» esclamò, per la prima volta contento di fregiarsi di quel titolo, se ciò voleva dire rimettere al loro posto quei due mentecatti. «E dovrete passare sul mio cadavere, prima di arrivare a Sasuke».

«Sono già stati presi degli accordi –»

«Non è un mio problema», l’interruppe subito Kakashi, la voce che si alzava di un altro tono senza il suo permesso mentre lottava per contenere la rabbia… senza riuscirci molto bene, peraltro. «Qualunque meccanismo abbiate messo in moto sarà meglio per voi che lo fermiate immediatamente».

«Non puoi –»

«Immediatamente! Sono stato chiaro?» tuonò mentre balzava in piedi, ormai incapace di trattenere l’ira e il disgusto. «E non voglio mai più sentire nemmeno un accenno a questo argomento o vi accuserò di tradimento e vi farò incarcerare finché non esalerete il vostro ultimo respiro».

«E per cosa? Per volere il bene del Villaggio?»

«Sei proprio come tuo padre», sputò fuori Koharu, gli occhi scuri che mandavano lampi cattivi nella sua direzione. E Kakashi se ne sarebbe preoccupato, davvero, se non fosse che era ad un passo dall’ucciderli con le sue stesse mani. «Voi Hatake abbaiate ma non sapete mordere. Non avete il coraggio di fare ciò che è giusto per il Villaggio».

«Avvicinatevi anche solo di un millimetro a Uchiha Sasuke e vedrete come so mordere», sibilò, le mani strette al bordo della scrivania in una presa talmente ferrea da causare delle crepe nel legno. Ok, doveva farli uscire da lì al più presto prima di fare o dire qualcosa di irreparabile. «Fuori», ringhiò senza troppe cerimonie.

«Non puoi cacciarci dall’ufficio», protestò Homura, indignato. «Devi –»

«Tenzō», chiamò, incapace di costringersi ad usare il nome in codice, e il capitano delle sue guardie personali comparve all’istante. «Portateli via di qui prima che cambi idea e li faccia chiudere in un buco per sempre».

«Te ne pentirai», lo sfidò l’Anziano mentre si alzava dalla sedia insieme a Koharu e scrollava il braccio per allontanare la mano di Tenzō.

«Non un altra parola o sarete voi a pentirvene», ribatté Kakashi, tornando a sedersi, le mani che gli tremavano per lo sforzo di trattenersi. «E adesso fuori».


«Allora», chiese l’uomo davanti a loro, la voce leggera quasi sibilante. «Presumo che l’Hokage abbia detto di no».

Entrambi annuirono.

Koharu aveva davvero sperato di non doversi rivolgere a lui, aveva presunto che Kakashi avrebbe accettato, che avrebbe visto l’utilità del loro piano. Ma così non era andata, proprio come aveva detto Homura, ed alla fine si erano ritrovati a dover ripiegare sul piano B. Koharu non ne era affatto contenta ma a quanto pareva non avevano altra scelta. Conosceva Kakashi da quando era solo un bambino e sapeva che aveva ereditato da Jiraiya e Minato la testardaggine.

«Allora volete che proceda con il mio, di piano?» chiese ancora l’uomo mentre scrutava attentamente una provetta colma di un liquido scuro e granuloso.

Koharu lanciò un’occhiata a Homura e vide qualcosa passare nei suoi occhi, qualcosa che le disse che proprio come lei anche lui sapeva che se avessero detto di sì non avrebbero più potuto tornare indietro. Ma era per il bene del Villaggio, per assicurargli protezione per le future guerre, per essere un gradino sopra agli altri Villaggi. Entrambi sapevano che non avevano altra scelta, che Kakashi non aveva lasciato loro altra scelta.

«Fallo», rispose Koharu.

E Orochimaru sorrise.


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Lo vedete, vero? Il disastro che si avvicina galoppando a dorso di serpente?
Onestamente, una delle tante cose che non mi piacciono di Boruto è il fatto che a Orochimaru sia permesso ancora di fare esperimenti. Ok, così abbiamo Mitsuki che è un pasticcino, ma visti i precedenti non mi sembra il caso di lasciargli in mano ancora un laboratorio. Sono sicura al cento percento che gli avranno fatto giurare di non fare esperimenti umani ma dai. È una cosa che esplorerò prima o poi, il come siamo arrivati ad avere Orochimaru ancora con un laboratorio a sua disposizione, ma non oggi.
  
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