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Autore: laisaxrem    06/11/2021    0 recensioni
[KakaSaku] Kakashi si sta occupando dei figli e Sakura porta a casa un regalo per tutti loro: pigiami coordinati.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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DATA: Venerdì 16 Maggio 1696
TITOLO: I Have Nothing - Whitney Houston

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«Tōsan, tōsan!»

Kakashi, che era sdraiato sul legno tiepido dell’engawa con i gemelli addormentati sul suo petto, voltò la testa per guardare sua figlia che correva verso di lui e le fece segno di abbassare la voce.

«Che c’è, piccola?» sussurrò mentre accarezzava piano la schiena di Tomomi che si era agitato un po’ al suono dei passi di Megumi.

«Sono riuscita ad arrampicarmi fino alla cima dell’albero!» disse lei in un bisbiglio eccitato mostrandogli il kunai verniciato di giallo che teneva in mano.

Ah dannazione. Adesso avrebbe dovuto inventarsi qualcosa di nuovo per tenerla occupata.

Megumi aveva appena compiuto otto anni ed era piccola per la sua età, eppure aveva imparato subito a farsi rispettare in Accademia mettendo in mostra le sue abilità (e anche le sua cocciutaggine). Secondo Sakura Megumi aveva preso il suo essere una bambina prodigio da lui; per Gai era il “Picco dell’Espressione della tua Giovinezza”; Tsunade aveva chiuso il cerchio dicendo che era solo questione di genetica. Ma per Kakashi era la maledizione degli Hatake che si risvegliava.

Per anni, dopo il suicidio di suo padre, Kakashi aveva rifiutato di vestire con i simboli del clan. Sapeva di essere l’ultimo Hatake e il suo istinto ed il senso del dovere gli imponeva di portare il simbolo con orgoglio, ma non era riuscito a perdonare Sakumo. Non per essere caduto in disgrazia, no. Sapeva da quando Obito era morto (o non-morto) che lui avrebbe fatto la stessa scelta ed una parte di lui era orgogliosa che suo padre avesse infranto le regole per proteggere i suoi compagni. No, ciò che non poteva perdonargli era l’averlo lasciato solo, l’aver scelto la morte abbandonando suo figlio di cinque anni. Proprio lui, che aveva sempre definito la loro famiglia come un branco, aveva deciso di lasciarlo solo, lasciarlo senza un branco.

Branco.

Quella parola ancora lo tormentava dopo tanti anni. Sua madre era morta quando lui non aveva ancora compiuto quattro anni e Kakashi la ricordava a stento. Ciò che ricordava era il dolore profondo di aver perso un membro del suo branco… almeno così glielo aveva spiegato suo padre quando l’aveva trovato urlante e con il viso bagnato di lacrime, una notte qualche settimana dopo la sua morte. E poi anche Sakumo era morto.

Era rimasto solo così a lungo, pur non essendo davvero solo, che col tempo quella parola aveva finito per perdere di significato. Ma quando poi era arrivata Sakura si era riscoperto a crogiolarsi nel pensiero che sì, ora non era più solo, ora aveva di nuovo un branco. E con la nascita dei loro figli quel sentimento si era intensificato in maniera quasi dolorosa e quando aveva stretto tra le braccia Momoko e Tomomi aveva capito che sì, ora aveva davvero un branco tutto suo, come suo padre gli aveva detto che avrebbe avuto, come ogni Hatake aveva avuto per generazioni.

Perché gli Hatake erano un clan antico e nel corso delle generazioni si erano tramandate tante leggende riguardo ai primi membri ma tutte parlavano di come gli Hatake avessero un legame speciale con i lupi. E per secoli gli Hatake avevano onorato questo legame avendo i lupi come animale da richiamo. Suo padre aveva spezzato la tradizione, con lui, regalandogli la possibilità di avere i ninken quando gli aveva presentato Pakkun un mese dopo il suo quinto compleanno… e tre mesi prima di togliersi la vita.

Nella sua rabbia aveva preso il contratto con i lupi che Sakumo teneva con cura in una delle stanze della loro casa e l’aveva chiuso in un armadio. L’aveva visto solo un’altra volta, anni dopo, quando aveva spostato i suoi averi nel deposito nel Monte degli Hokage, dopo essere diventato jōnin. Da quando era nata Megumi, e poi ancora con Aki ed i gemelli, Kakashi aveva iniziato a domandarsi se uno dei suoi figli avrebbe voluto stringere un legame con loro. Ma c’era tempo per quello e non aveva alcuna intenzione di imporlo a nessuno di loro. Sapeva cosa significava portare il peso di un lascito altrui e mai e poi mai avrebbe posto lo stesso peso sulle spalle dei suoi bambini.

Ricordava ancora gli sguardi degli ultimi due Hatake rimasti oltre a lui e suo padre. Ricordava i sussurri della coppia di anziani ogni volta che passava, come lo guardassero aspettando qualcosa. Ovviamente sapeva bene ciò che aspettavano, glielo avevano detto loro stessi dopo la morte di Sakumo. Aspettavano che impazzisse o qualcosa del genere. Perché secondo loro era un bambino maledetto, un bambino che non avrebbe dovuto nascere.

Perché anche sua madre era una Hatake e la cosa aveva scatenato tutta una serie di problemi quando aveva iniziato una relazione con suo padre.

Perché gli Hatake non si accoppiavano tra loro.

Non era una regola scritta ma nel corso delle generazioni si era visto che coppie di Hatake risultavano sterili o, peggio, generavano figli con gravi problemi di salute, aggressivi e lunatici. Contro ogni pronostico Kakashi non solo era nato ma non aveva mostrato segni di squilibrio. Però qualcosa doveva essere successo nel suo DNA perché non solo i suoi canini erano un po’ più lunghi del normale, molto simili a quelli degli Inuzuka, ma fin da bambino aveva dimostrato di avere sensi molto sviluppati (il suo olfatto superava quello di buona parte degli Inuzuka ed anche il suo udito era più sensibile della media) e, cosa che aveva preoccupato suo padre, alcuni istinti da lupo.

Tra i suoi primi ricordi c’erano le lunghe sessioni di allenamento con suo padre proprio per insegnargli a dominare quegli istinti… ed anche di aver sentito i suoi genitori litigare, una sera, sua madre evidentemente contraria a quegli allenamenti. Ma poi sua madre era morta in missione e Kakashi aveva comunque imparato a dominarsi. Eppure i due anziani aspettavano ancora che lui mostrasse di essere un pericolo, di essere la conferma di ciò che il clan aveva sempre pensato. Non era mai successo e loro erano morti lasciando Kakashi come ultimo membro del clan.

Perciò sì, guardare la sua bambina che ad otto anni si arrampicava sugli alberi come se fossero adagiati sul terreno invece che solidamente piantati in verticale un po’ lo spaventava. Gli riportava alla mente i due anziani e le loro parole. Ma aveva scelto di credere che le abilità di Megumi fossero dovute alle straordinarie capacità di Sakura nel controllo del chakra e forse anche un po’ alle sue, di capacità da ninja, e non a qualche strano mistero del clan.

«Sei stata bravissima, cucciola», si complimentò, spostando delicatamente il braccio fino a sfiorarle la guancia.

Il sorriso di Megumi era così luminoso da scaldargli il cuore.

«Posso leggere un libro, adesso?»

Kakashi ridacchiò.

Come suo fratello anche Megumi era un’avida lettrice ma al contrario di Aki, che anche prima di saper leggere sfogliava continuamente libri sulle armi ed i jutsu, Megumi preferiva leggere romanzi. E visto che aveva la capacità di perdersi talmente in un libro da dimenticare qualunque altra cosa, compreso lo studio e gli allenamenti, Sakura e Kakashi avevano dovuto metterle un limite. Limite che aveva già superato per quella settimana… ed era solo venerdì.

«Va bene», acconsentì e Megumi saltò leggera sul legno dell’engawa e si sporse per dargli un bacio di ringraziamento e poi si precipitò in casa.

Kakashi la guardò andare via sorridendo.

«La mamma non sarà contenta», giunse la vocina di Aki e Kakashi si mosse appena per sbirciare suo figlio.

Aki era seduto a pochi metri da lui, in mano un libro sul Suiton, gli occhi verdi che lo scrutavano da sopra le pagine. Adorava suo figlio, ma a sei anni gli ricordava decisamente troppo sé stesso. Oh, la sua adolescenza sarebbe stata un incubo, Tsunade aveva ragione.

«Maa, Aki-chan, se tu fossi disposto a posare il tuo libro e a giocare un po’ con tua sorella io non dovrei rischiare le ire della tua okāsan», lo punzecchiò lui.

Il bambino aprì la bocca per rispondere ma venne interrotto dal rumore leggero di passi e dalla voce di Sakura.

«Cosa avete combinato, questa volta, per meritare la mia ira?» chiese sua moglie con un sorriso, uscendo sull’engawa con in mano una borsa di carta decisamente piena. «Tadaima!»

«Kāsan, kāsan, okaeri!» la salutò Megumi, arrivando di corsa con un libro stretto al petto.

«Okaeri, okāsan», aggiunse Aki, avvicinandosi.

«Ciao piccoli miei», ricambiò lei, chinandosi per baciarli sulla fronte per poi inginocchiarsi accanto a Kakashi e accarezzare dolcemente i gemelli che ancora dormivano beati. «Com’è andato il pomeriggio?»

«Sono riuscita a prendere il kunai che tōsan aveva messo sull’albero», esclamò Megumi, sventolando l’oggetto per farlo vedere a sua madre.

«Sei stata bravissima», si complimentò Sakura, gli occhi scintillanti mentre scompigliava i capelli rosa della loro figlia. «E tu, Aki-chan? Ti piace il libro?»

«Sì. È interessante», confermò lui. Si trattava di un regalo di Tenzō che era tremendamente affascinato dal kekkei genkai del bambino. «Ho segnato i kanji che non capisco», aggiunse, e Sakura e Kakashi promisero che più tardi l’avrebbero aiutato.

A quasi sei anni Aki aveva un vocabolario ben più vasto dei suoi coetanei ed anche le sue abilità di lettore erano davvero avanzate, ma capitava spesso che trovasse dei kanji che non era in grado di leggere e Shikamaru gli aveva consigliato di scriverli tutti e chiedere aiuto agli adulti. Il bambino aveva preso seriamente il consiglio e teneva sempre con sé un quadernino in cui segnava i termini che non conosceva, come una specie di dizionario personale.

«Ho preso una cosa», annunciò Sakura ad un tratto, mostrando loro la borsa di carta ed ottenendo immediatamente l’attenzione di tutti loro.

Facendosi aiutare da Megumi, Kakashi si alzò a sedere e posò delicatamente Momoko e Tomomi sulla coperta che avevano steso sul legno dell’engawa (Kakashi avrebbe dovuto posarli lì appena si erano addormentati, ma la sensazione dei loro corpicini adagiati sul suo petto gli scaldava il cuore e non aveva osato).

Sorridendo, Sakura rovesciò il contenuto della borsa. Ne rotolarono fuori una gran quantità di quelle che sembravano magliette con le maniche colorate ben piegate e quando Aki ne aprì una si rivelarono essere proprio magliette. Anche Kakashi ne prese una per vedere perché gli occhi verdi di suo figlio brillavano eccitati.

Sul davanti della maglia c’era un disegno piuttosto semplice: un lupo stilizzato che ululava al cielo. Ma ciò che fece sgranare gli occhi di Kakashi fu la scritta in rōmaji “WOLF PACK” a grandi lettere arrotondate.

«Queste sono…»

«Magliette coordinate!» esclamò Aki, un sorriso a trentadue denti sul viso.

«Pigiami coordinati», lo corresse Sakura scompigliandogli i capelli. «Da qualche parte, qui in mezzo, ci sono anche i pantaloncini. Ti piace, Aki-chan?»

Il bambino annuì, evidentemente entusiasta, ma poi aggrottò un poco la piccola fronte.

«Qual è la mia?» chiese, perché evidentemente quella che stringeva in mano non lo era (probabilmente gli sarebbe arrivata fino alle caviglie, se avesse provato ad indossarla).

«Ho scelto, per ognuno di noi, il colore preferito», disse Sakura, rubando a Kakashi la maglietta che stringeva in mano, che aveva maniche e scritte di un bel rosso fuoco. Kakashi non lasciò subito la presa, ancora intento a contemplare la scritta. «Però a quanto pare vostro padre vuole essere “mommy”», lo stuzzicò con un sorriso.

E mentre i bambini ridevano Kakashi si rese conto che sulla pancia del lupo, in lettere bianche, c’era proprio la scritta “mommy”. E si unì alle risate, accettando la maglia che gli veniva porta che aveva scritte e maniche rosa salmone e la parola “daddy”. Nel frattempo i bambini avevano frugato nel mucchio e preso ognuno il proprio pigiama: giallo per Megumi e verde per Aki. Entrambi avevano gli occhi che brillavano e Megumi aveva già indossato il suo per poi balzare davanti a Kakashi con una cantilena di «tōsan, tōsan guarda» indicando la scritta “puppy”.

Kakashi sentì la gola stringersi e il suo cuore batté più veloce quando Aki raccolse due tutine da neonato con lo stesso disegno, una lilla e l’altra viola scuro.

Senza dire nulla, mentre i bambini si avvicinavano ai gemelli discutendo se sarebbero riusciti a cambiarli senza svegliarli, Sakura si inginocchiò dietro di lui e lo strinse in un abbraccio, baciandolo lievemente sul capo.

E Kakashi sorrise, cacciando via il nodo che gli chiudeva la gola, crogiolandosi nel calore del suo branco.

  
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