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Autore: Lady Stark    23/11/2021    0 recensioni
Will Gardner lo fissò, incapace di distogliere lo sguardo. D’improvviso si accorse di avere un peso in corrispondenza della bocca dello stomaco, un macigno che si manifestava solo in occasioni spietatamente specifiche.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come di consueto, Will Gardner emerse dal torpore della notte alle sei e trenta del mattino. L’uomo, ancora intontito, scostò le coperte e appoggiò le piante dei piedi a terra, avvertendo la scossa del freddo risalirgli i nervi. Simile a una scintilla di vita, l’avvocato si alzò e fece qualche passo in direzione della finestra per aprire le tende. La luce incerta del mattino scivolò nella stanza, mettendo in risalto i dettagli della notte appena passata. Il disordine era dominante: coperte, cuscini e vestiti sgualciti occuparono lo spazio visivo di Will, dandogli i brividi. Si massaggiò la base del naso scartabellando gli impegni della mattinata. Non avrebbe mai avuto il tempo necessario di sistemare prima di uscire per...andare dove? In ufficio? No.

Will Gardner era stato sospeso per sei mesi dall’esercizio della sua professione. Quella mattina nessuno avrebbe atteso il suo arrivo; nessuno avrebbe richiesto una sua consulenza per sciogliere un dubbio su una causa. L’avvocato sarebbe rimasto a casa, solo, con nulla da fare di meglio che guardare le repliche delle partite di basket. L’immensità della giornata si spalancò di fronte ai piedi di Will, pronta a fagocitarlo e a farlo precipitare in un baratro di noia. Avendo lavorato freneticamente per una vita, l’uomo non ricordava quale fosse il gusto del tempo libero ma, per quanto potesse tentare d’ingannarsi, non ne aveva sentito la mancanza. Will Gardner aveva sviluppato una sorta di dipendenza dal suo lavoro e dall’adrenalina creatagli da ogni confronto in tribunale.

Passare sei mesi lontano dallo studio sarebbe stato un massacro. Tuttavia, cercando di non pensare alle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare, l’avvocato raggiunse la sponda del letto e si infilò sotto le coperte tiepide. In quei sei mesi era del tutto intenzionato a recuperare le tonnellate di sonno perso negli ultimi anni, dedicandosi interamente a ciò che amava di più. I suoi hobby sarebbero stati gli unici protagonisti delle prossime giornate. Will chiuse gli occhi, avvolgendosi quella coperta di consapevolezza attorno alle spalle nude.

Peccato che quella trapunta cominciò a opprimerlo solo dopo pochi istanti di immobilità.
Chi voleva prendere in giro? Da tempo, Will Gardner non poteva più considerarsi un uomo adatto al tempo libero o agli hobby. Lui aveva il disperato bisogno del tribunale, di tutti i suoi problemi e della sensazione di onnipotenza che provava a ogni causa vinta. Si girò nel letto un paio di volte cercando di scacciare la prurigine dell’accidia; tentò con stizza di rilassarsi espirando e inspirando a fondo ma nulla gli fu d’aiuto. Alla fine, stremato e irritato, raggiunse il bagno per farsi una doccia. Neanche l’acqua bollente riuscì a portargli via dal corpo quella sensazione spiacevole di inadeguatezza.

La giornata cominciava davvero con il piede sbagliato. Will si diresse in cucina e si preparò una tazza di caffè, questa volta più forte del normale. Non aveva molta voglia di mangiare ma, pur d’impiegare il suo tempo in modo meno noioso, l’avvocato sfogliò qualche ricetta online per verificare la presenza degli ingredienti. Inutile dire che nei suoi scaffali mancava praticamente tutto, fatta eccezione per un mezzo pacchetto di farina, due uova – la cui scadenza era ignota – e un po’ di latte in frigorifero. Per questo, rimboccandosi le maniche, Will Gardner si mise all’opera per impastare la sua colazione: pancake e marmellata, unica nota dolce nella sua credenza.

Non appena l’uomo aprì il pacchetto di farina, la goffaggine lo investì come una cannonata. Tuttavia, senza darsi per vinto, quattro ciotole dopo, Will sedette al tavolo con i suoi pancake sghembi. Per supplire la mancanza di zucchero nell’impasto, l’uomo aveva letteralmente inondato le frittelle con la marmellata e, tutto sommato, per essere il primo pasto cucinato dopo anni, l’avvocato si poteva ritenere soddisfatto. Alla fine, tra la colazione e il passaggio successivo della sgrassatura dei piatti, Will riuscì a occupare un’oretta del suo tempo ma, rimessa al suo posto l’ultima scodella, si ritrovò a fissare il vuoto con la stizza addosso.
Che cosa poteva fare? Will trotterellò in direzione della libreria per verificare se ci fosse qualche libro in grado di stuzzicarlo ma si rese conto che aveva letto quei titoli almeno tre volte.

Non poteva credere che la sua vita fosse così piatta e monotona senza la sua carriera professionale. Grandi classici stavano gomito a gomito con testi altamente specifici, dedicati al diritto privato e civile. Nessuna delle attività che gli venivano in mente sembravano adeguate a placare la bestia che gli rosicchiava i muscoli. Non potendo più sopportare l’abbraccio delle mura domestiche, l’avvocato indossò gli abiti sportivi e uscì di casa deciso ad attraversare l’intera città sulle sue scarpe da ginnastica.

Era davvero una vita che Will Gardner non faceva una passeggiata per osservare la metropoli e i suoi abitanti. C’era davvero tanta gente ad affollare le strade e ciascuna di quelle persone era impegnata in un’attività differente. A pochi passi da Will Gardner una famigliola stava acquistando dei gelati presso un carrettino ambulante. Il soffice vortice color fragola accese di entusiasmo gli occhi della bambina che, sporgendo le mani verso l’alto, mise pressione al padre. Ancora, a un metro di distanza, un ragazzo con un grembiule scuro allacciato in vita sedeva su una panchina con una sigaretta stretta tra le labbra e il cellulare tra le dita. Sulla porta, il titolare lo stava richiamando per fronteggiare l’orda di clienti all’interno del locale. Poco dopo, una mamma gli passò di fronte stringendo al seno un bambino di poco più di due anni. Era un adorabile bambolotto con i ricci biondi e le guance paffute: il tipico cherubino che tanto spesso si vede raffigurato nelle decorazioni.

Will Gardner lo fissò, incapace di distogliere lo sguardo. D’improvviso si accorse di avere un peso in corrispondenza della bocca dello stomaco, un macigno che si manifestava solo in occasioni spietatamente specifiche. Pur essendo del tutto soddisfatto delle sue scelte di vita, l’avvocato sentiva di aver immolato qualcosa di prezioso alla dea fama. Malgrado la carriera non escludesse a priori l’idea di formare una famiglia, nel gettarsi tra le braccia della giustizia l’avvocato aveva implicitamente accettato l’idea di costruire la propria vita in tribunale. Aveva sposato il brivido della vittoria e l’adrenalina, dimenticandosi del tempo libero e di tutto ciò che fosse superfluo o non direttamente funzionale all’ascensione professionale.

Era soddisfatto, non poteva negarlo. D’altra parte però, in quella calotta di convincimento che lo rivestiva, c’era una fessura da cui trapelavano emozioni dolorose. Dopotutto, se non avesse così alacremente seguito il richiamo della carriera, forse in quel momento anche lui avrebbe potuto stringere tra le braccia una versione di sé miniaturizzata che – prima o poi – l’avrebbe chiamato “papà”. Invece era lì, seduto da solo su una panchina senza un reale obiettivo da perseguire, specialmente adesso che l’ufficio non richiedeva i suoi servizi.

Will Gardner si alzò per sfuggire allo sciame di pensieri che gli ronzavano nelle tempie. Ce n’era uno in particolare che lo pedinava: Alicia. Il sorriso di lei, il suo profumo, il modo in cui si aggiustava i capelli mentre studiava i documenti utili a preparare una causa: inutile ingannarsi, gli mancava ogni aspetto di lei. Era qualche mese che alzarsi la mattina per recarsi in ufficio era arricchito dal pensiero di vederla, salutarla e, in qualche caso, poterla toccare. Si fermò di colpo, afflitto da un’angoscia così stringente da togliergli il fiato e, solo in quel momento, si accorse d’essersi fermato di fronte a una vetrina.

L’uomo riflesso nello specchio lo guardò senza neanche tentare di nascondere la pietà che provava nell’osservarlo, solo e perso in mezzo al marciapiede. Will Gardner serrò gli occhi e, di riflesso, si passò una mano alla base della nuca come se avesse appena ricevuto una bastonata sul collo. Rimase così per un paio di secondi attirando così l’attenzione di un’anziana coppia di signori in procinto d’entrare nel negozio. La donna fece per chiedergli se si sentiva male ma il marito la tirò dentro prima che il suono potesse abbandonare le sue labbra.

Will Gardner trovò il coraggio di smettere di compiangersi e tornò a guardare il suo sosia nella vetrina. Nel momento in cui i suoi occhi misero a fuoco lo specchio, quasi gli venne un colpo. Accanto a lui, con la borsa stretta nella mano destra, c’era Alicia. Per un paio di secondi Will credette di star avendo un’allucinazione e, con disinvoltura, si massaggiò gli occhi. Eppure, nel riaprirli, il riflesso della donna non era ancora svanito; al contrario, sul suo volto era apparsa una smorfia preoccupata.

«Will, ti senti bene?»

Ora sì. Ecco cosa avrebbe voluto rispondere l’uomo. Invece, mordendosi la lingua, sorrise.

«Certo, tutto bene. Credo d’aver avuto un calo di zuccheri»

Alicia annullò la distanza che li separava e gli appoggiò una mano sulla spalla.

«Andiamo a prenderci un caffè. Ti offro una ciambella»

Will sentì il cuore sciogliersi ma tentò di rifiutare l’invito,conscio del fatto che Alicia aveva moltissimo lavoro da fare in ufficio. Tuttavia, sospingendolo lungo la via, la donna non volle sentire ragioni.

«Le pratiche possono attendere. Ora ho voglia di prendere un caffè con il mio collega»

La donna sorrise e cominciò a descrivergli il piccolo locale in cui l’avrebbe portato. Tuttavia, non appena il loro passo si sincronizzò, la voce di Alicia divenne lontana e ovattata. Will Gardner non riuscì a concentrarsi sulla voce, stordito dalla felicità d’averla così vicina. Facendo un balzo nel passato, l’uomo si avvolse in quel cappotto di benessere che solo Alicia riusciva a regalargli. Celando gelosamente quel pensiero, Will finse che il tempo non fosse mai passato. C’erano soltanto lui e lei: un uomo e una donna fatti per stare insieme, proprio come le tessere di un puzzle.
   
 
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