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Autore: MaryFangirl    25/11/2021    2 recensioni
Nessuno dei due vuole incolpare l’altro. (Ambientata dopo la sfida tra Shohoku e Kainan).
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction tradotta dall’inglese, potete trovare i dettagli dell’originale qui sotto.
 
Titolo originale: Just be here (for me)
Link storia originale: https://archiveofourown.org/works/34967881

Link autore: https://archiveofourown.org/users/9slfiles/pseuds/9slfiles
 
Ciao ^^ una one shot semplice e carina per una coppia che merita sempre. Il momento è stato sicuramente trattato molte volte (d’altronde Inoue ce l’ha messo lì bello perché si potesse sclerare un po’), quindi...buona lettura.
 

 
Hanamichi Sakuragi non sarebbe dovuto andare negli spogliatoi.
Kaede Rukawa non avrebbe dovuto fare allenamento extra.
Si imbatterono l’uno nell’altro. Kaede era un po’ – in realtà, parecchio – incazzato dopo aver visto l’altro, che non aveva partecipato agli allenamenti dopo la sconfitta contro il Kainan, dentro lo spogliatoio con una palla in mano.
Hanamichi avvertì un dolore al petto, provando il senso di colpa nel vedere la faccia del suo compagno di squadra che aveva evitato di proposito. Si vergognava ancora per l’incidente accaduto durante la partita.
Non avrebbero dovuto vedersi. Almeno, non ora.
Perché portò solo a un pugno su una mascella, un calcio su uno stomaco e una fronte abbronzata che colpì una dalla carnagione lattiginosa.
 
“È colpa mia! Smettila di dire il contrario!” gridò un Hanamichi coperto di lividi, spingendo l’altro per le spalle, facendolo inciampare all’indietro, anche se riuscì comunque a rimanere in piedi.
 
“No, è colpa mia” replicò Kaede ostinato ma tranquillo, tirando un pugno allo zigomo di Hanamichi. I suoi attacchi si stavano indebolendo.
 
Un paio di scarpe di gomma scricchiolavano sul pavimento scivoloso coperto di sudore, mentre i piedi nudi scivolavano di tanto in tanto. I due stavano litigando dentro la palestra, nel cuore della notte.
 
Il sopracciglio di Hanamichi si contrasse infastidito. Se quell’idiota stava cercando di farlo sentire meglio a proposito della sconfitta, non stava funzionando affatto.
“Se non fossi stato così stupido da passare alla squadra avversaria, avremmo potuto vincere!” urlò, dando una testata alla volpe.
 
E lì Kaede si arrese, cadendo a terra, sulla schiena. La sua resistenza era al colmo. Allenarsi per ore, poi una rissa con il teppista, era troppo faticoso. Si arrese, ansimando sul pavimento, guardando le stelle – oh, erano le luci. O no?
 
D’altra parte, anche Hanamichi stava ansimando parecchio, le spalle piegate in avanti. Era davvero stancante. Era da quasi un’ora che andavano avanti, la parola ‘basta’ attraversò finalmente la sua testa dura.
 
Fissando la volpe, notò che i suoi occhi erano più piccoli di prima. Kaede era assonnato, quasi addormentato sul pavimento, e Hanamichi non poteva biasimarlo. Dopotutto aveva fatto un allenamento straordinario.
 
Senza pensarci troppo, anche Hanamichi cadde in avanti sul pavimento, su una spalla, e accanto al suo rivale. I loro respiri si intonavano, veloci e pesanti. Esausto, Hanamichi fissò Kaede, la mente annebbiata e gli occhi un po’ sfocati.
 
Hanamichi fissò in silenzio la guancia ferita di Kaede. Era insolito per lui starsene seduto così, accanto a Kaede, tra tutte le persone, senza creare un putiferio. Beh, lo aveva fatto, ma Hanamichi non si sarebbe mai permesso di sdraiarsi accanto a Kaede in quel modo, semplicemente fissandolo senza alcun accenno di rabbia dentro il petto e insulti schifosi nella mente. Forse tutta la rabbia per lui era appena stata spremuta fuori dal suo corpo e ora ne era privo. Era troppo stanco per pensare o per sentire qualcosa. Tutto il suo corpo stava diventando insensibile.
 
Poi, all’improvviso, un accenno di senso di colpa toccò il suo cuore ancora una volta, facendolo rabbrividire. L’incubo di qualche giorno prima gli riempiva la mente, facendolo sentire nuovamente inferiore. Era come un pensiero invadente, al punto che Hanamichi desiderò prenderlo a pugni con tanta forza da estirparlo dalla sua mente. Avevano perso contro il Kainan a causa del suo errore. Era colpa sua. Se non fosse stato così stupido, allora forse il risultato sarebbe stato diverso. Se solo lui fosse stato un giocatore migliore.
 
E il fatto che Kaede si addossasse il fardello, dicendo che era colpa sua, faceva sì che Hanamichi si sentisse ancora più in colpa, persino arrabbiato, ecco perché lo aveva preso a pugni. Non gli piaceva il concetto in cui Kaede cercasse di farlo sentire meglio, sempre se era quello che stava cercando di fare, perché non era proprio da lui. Non era proprio da loro. Faceva sentire Hanamichi ancora più in colpa con se stesso e il modo in cui Kaede aveva detto, “Se fossi rimasto in campo un po’ più a lungo, non sarebbe successo”, gli aveva fatto venire voglia di tirare un pallone sulla sua faccia. Non a Kaede, ma a se stesso.
 
Kaede lo faceva sentire più insicuro riguardo alle proprie capacità, piuttosto che farlo sentire meglio.
 
“Per quanto tempo hai intenzione di fissarmi?” risuonò la voce profonda di Kaede, tirando fuori Hanamichi dalla sua pozza di pensieri invadenti. Hanamichi sbatté le palpebre, mettendo da parte la partita e concentrandosi sulla realtà. Incontrò un lato del viso di Kaede. La volpe stava ancora guardando il soffitto. Hanamichi non disse nulla.
 
Kaede lo notò, dandogli un’occhiata. Per qualche ragione, era diventato bravo a leggere le emozioni di Hanamichi quando non erano espresse ad alta voce come accadeva di solito. Sapeva cosa stava provando adesso, e sospirò per rispondere al suo silenzio.
 
Decise di aspettare che fosse lui a parlare, piuttosto che iniziare una conversazione e costringerlo. Hanamichi era depresso in quel momento e Kaede lo capiva – sorprendentemente – quindi aspettò con le dita intrecciate, entrambi i palmi appoggiati sulla parte superiore dello stomaco. Capiva. Se fosse stato nei panni di Hanamichi, anche lui sarebbe stato depresso, ma non era così inesperto come lui da commettere un errore del genere. Si parlava di Hanamichi, e Kaede non era arrabbiato con lui per aver sbagliato, lo capiva.
 
In effetti, incolpava se stesso per la sconfitta della sua squadra. Se fosse rimasto in campo fino alla fine e non avesse esaurito le energie, il risultato non sarebbe stato lo stesso attuale. Se solo fosse stato un giocatore migliore.
 
“Ehi” alla fine, Hanamichi decise di parlare. Era solo una voce debole che lo chiamava. Era appena un sussurro. La voce era delicata e piccola, proveniente da una persona grande, forte e insopportabile. Kaede rimase in silenzio, guardando la chioma color rosso vivo accanto a lui. Apparentemente Hanamichi stava evitando il contatto visivo, guardando il pavimento lucido mentre giocherellava goffamente con l’orlo della maglietta.
 
“Mh?” replicò con voce bassa, tornando sulle luci accecanti del soffitto. Ci fu una pausa, Kaede aspettò di nuovo. Lo fece volentieri.
 
Hanamichi aggrottò le sopracciglia, confuso sul perché lo avesse chiamato quando non sapeva nemmeno cosa voleva dire. Forse era solo per rompere il silenzio prolungato tra loro o forse aveva così tante cose da dire che non sapeva da dove cominciare? Hanamichi sospirò, pesantemente, rendendosi conto che l’opzione giusta era la seconda. Forse era così, e forse allo stesso tempo non lo era. Aveva così tanti pensieri che pesavano sulla sua mente, ma non riusciva a parlare. Le parole erano bloccate in gola, non sapeva cosa dire per prima, e perché avrebbe dovuto rivelare le sue debolezze a quel tipo?
 
Un rivale, che odiava molto più dei nemici che si era fatto per strada.
 
E forse, solo forse, Hanamichi era anche stranamente un po’ terrorizzato. Dopo quell’incidente nella partita tra Shohoku e Kainan, aveva paura che Kaede lo avrebbe odiato più di quanto non facesse già. Diamine, perché gli importava, poi? Quando aveva iniziato a preoccuparsi di cosa pensava di lui quella maledetta volpe?
 
“Parla” disse Kaede, come leggendogli nel pensiero. Non sembrava che stesse costringendo Hanamichi, pareva invece che lo stesse incoraggiando. E ciò portò Hanamichi ad allargare gli occhi, sotto l’ombra della sua vistosa frangia. Tutti sapevano che Kaede era tutto tranne che una persona brava con le parole, ma era strano come Hanamichi capisse cosa stava cercando di dire. Era come se stesse dicendo, “Fidati di me. Le tue parole sono al sicuro”. E questo fece balbettare il cuore di Hanamichi, insolitamente, e la confusione si dipinse sul suo viso.
 
Ma immediatamente, si sciolse in maniera morbida, e come per magia sembrò che la serratura che aveva impedito alla sua mascella di aprirsi scomparisse nel nulla. Poi, Hanamichi riuscì finalmente a dire.
“Mi hai odiato di più?”, la tristezza era evidente nella sua voce. Finalmente pose la domanda a Kaede, ma il coraggio di guardarlo non lo trovava ancora da nessuna parte. Capendo cosa aveva appena detto al suo rivale lo fece rabbrividire e afferrare l’orlo della maglietta. Se ne pentì. Molto velocemente.
 
Di colpo e con un movimento veloce, Hanamichi si schiaffeggiò il viso con entrambe le mani. “Mh”, balbettò, i palmi abbronzati a coprirsi gli occhi, “sai cosa, chi se ne frega! Non devi rispondere! Mi è uscito per sbaglio! Non significa niente! N-niente! Non è che mi i-interessi quello che pensi di me, ovviamente no! Dimentica quello che ho appena detto! Ah! Ha ha ha-” nervosamente, Hanamichi si forzò a ridere, senza guardarlo.
 
“No” rispose Kaede con disinvoltura alla domanda che gli era stata posta, ignorando il panico di Hanamichi. Questi sbirciò tra il medio e l’anulare di entrambe le mani, gli occhi spalancati. “Cosa?!” gridò, la voce rotta, voltandosi bruscamente verso di lui.
 
Gli occhi blu scuro incontrarono quelli di caldo castano. “Mi hai sentito” disse Kaede piano. Hanamichi strabuzzò gli occhi. Ci fu una pausa, finché Kaede sospirò, voltandosi di nuovo verso il soffitto, le mani ancora sullo stomaco. “Non ti ho mai odiato davvero, idiota”
 
Era insolito per lui dire qualcosa di così emotivo, si meravigliò Hanamichi, fissandolo con stupore. Chi poteva saperlo che Kaede Rukawa avesse un sistema nervoso, e chi poteva sapere che avrebbe avuto una conversazione del genere con lui prima di un milione di anni? una conversazione in cui erano sdraiati comodamente, uno accanto all’altro, senza abbaiare insulti ad ogni secondo, e con un’inspiegabile inquietudine nel cuore di Hanamichi mentre fissava il profilo di Kaede. Non lo aveva mai visto così da vicino, non se ne era mai preoccupato, e cavoli, forse le ragazze avevano ragione sul fatto che fosse incantevole.
 
Hanamichi si chiese se le sue guance fossero rosse come i suoi capelli.
 
Kaede, d’altra parte, sentiva che era ora di ammetterlo. Non aveva mai odiato seriamente Hanamichi al punto che, se lui fosse saltato da un dirupo, lo avrebbe ignorato e lasciato morire. Kaede aveva sempre pensato che si trattasse di normale astio tra ragazzi delle superiori, del tipo che quando si fossero visti dopo il diploma e in università separate, avrebbero bevuto alcool insieme, ricordando i litigi infantili, ridendo sotto una coltre di stelle.
 
E chi era lui per odiare qualcuno di cui era innamorato, comunque?
 
Kaede si voltò di nuovo verso quegli occhi calorosi, lo facevano sentire quasi stordito. Da quanto tempo era innamorato di quell’idiota? Da quanto tempo desiderava stringere quella stupida faccia tra i propri grandi palmi color latte? Quando aveva iniziato a voler baciare le sue assurde labbra? Volendo passare le dita tra i suoi appariscenti capelli? Per quanto tempo esattamente si era sorpreso a fissarlo da lontano e a poco a poco, notando le sue piccole abitudini? Tipo come tirava su col naso ogni volta che si innervosiva, e come appoggiava il gomito sulla spalla di Miyagi quando era stanco di stare in piedi, o come non andava mai a pranzo senza comprare il latte?
 
Non lo sapeva, probabilmente aveva perso il conto, ma qualcosa nell’atmosfera tra loro in quel momento gli faceva pensare che innamorarsi di Hanamichi Sakuragi non fosse poi così male, dopotutto.
“Non ti ho mai odiato” ripeté Kaede in un sussurro, e Hanamichi poté sentire il suo respiro caldo solleticargli il labbro inferiore. Kaede sospirò: “Tranne la tua voce alta. È fastidiosa” lo prese in giro.
 
Il suo precedente tentativo di cercare di sollevare l’umore cupo di Hanamichi sembrava non aver funzionato, riportando solo pensieri che non voleva. Quel pagliaccio rumorose, che era sempre il responsabile dell’umore della squadra, era difficile da rallegrare nella sua fase depressiva, eh?
 
“Ma” iniziò Hanamichi, “è stata colpa mia. È ovvio! Sono stato così fottutamente stupido a passare la palla alla squadra avversaria. Avremmo potuto vincere, volpe!” sottolineò, distogliendo lo sguardo. “Quale genio? Genio? Cazzo, sono solo uno sfigato perdente” aggiunse, voltandosi verso il soffitto accecante, allontanandosi dal ragazzo.
 
Kaede lo fissò con occhi spalancati. Era la prima volta che sentiva Hanamichi abbattersi in quel modo. Cosa poteva dire, onestamente? Non lo sapeva. Ma doveva provare.
 
“Non importa quanto ti sminuisci, nessuno nella nostra squadra ti incolpa o ti odia. Dovresti saperlo” tentò, e sembrò fare colpo su Hanamichi, che spalancò gli occhi. Kaede decise di continuare, “Tutti aspettano sempre che ti presenti agli allenamenti. Anche la sorella del capitano Akagi ha continuato a chiedere se venivi”, sentì un leggero pizzicore nel menzionare la ragazza di cui Hanamichi era ossessionato da mesi ormai, vedendo anche la sua spalla contrarsi dopo aver sentito le sue parole.
 
Kaede sospirò di nuovo. “Quello che sto cercando di dire è, torna ad allenarti, idiota” disse con gli occhi chiusi. Sentì l’altro muoversi accanto a lui, portandolo a riaprire gli occhi. Incrociò quelli di Hanamichi. Gli occhi di Hanamichi erano diventati lucidi per l’illuminazione della palestra, Kaede prese fiato. Si fissarono per un po’, mentre l’atmosfera intorno a loro cambiava. Faceva più caldo ed entrambi iniziarono a sentirsi a disagio. Potevano sentire l’uno i battiti del cuore dell’altro, rapidi contro le casse toraciche.
 
Un paio di dita calde scivolò su quelle di Kaede, facendogli trattenere il respiro. Hanamichi interruppe il contatto visivo per guardare le mani. Era inusuale e fuori dal comune, ma Hanamichi si sentiva bene. Con le punta delle dita sfiorò quelle dell’altro prima di unire le loro mani.
 
Kaede sentì le proprie guance calde. Poteva vedere anche le orecchie di Hanamichi diventare rosse. Che cazzo stava succedendo, esattamente?
 
“E tu?” chiese Hanamichi, confondendo Kaede. Gli occhi ancora non si incontravano, troppo timidi e imbarazzati per farlo. “Mi stavi aspettando anche tu? Volpe” la sua voce risuonò come un trillo, campanelle e grilli in una notte d’estate che fece risvegliare Kaede, con gli occhi spalancati. Gli fece venire le vertigini. Lo fece intimidire perché sapeva che aspettava sempre che si presentasse, per quanto si sforzasse di non renderlo ovvio. Era pazzesco come Hanamichi lo facesse sentire come una scolaretta alle prese di una stupida cotta.
 
Kaede sbatté le palpebre. Hanamichi finalmente alzò lo sguardo. Le sue sopracciglia erano aggrottate, le labbra tese in una linea sottile, sempre più imbarazzato a causa del tempo prolungato in cui Kaede rimaneva in silenzio. La sua mano stava sudando su quella di Kaede,  ed era un male. Stava diventando troppo nervoso e desiderò scappare via. Maledisse Kaede per averlo fatto sembrare una scolaretta alle prese di una stupida cotta.
 
“Ehi! D-dì qualcosa, idiota! Mi sto imbarazzando” ammise Hanamichi, cercando di coprire il rossore sulle guance e sulle orecchie con la sua voce alta.
 
“Sì” di nuovo, Kaede rispose alla domanda di Hanamichi, ignorando il suo panico. “Sì. Aspetto di vederti, idiota” confessò onestamente. Non aveva tempo per pensare, tutto ciò da cui dipendeva in quel momento era il suo cuore. Hanamichi sentì il proprio respiro fermarsi, il viso si accendeva di rossore. Tutto ciò lo stava facendo impazzire e agì d’impulso.
 
Baciò Kaede Rukawa, il suo eterno rivale che avrebbe dovuto odiare più di qualsiasi altra cosa al mondo, invece aveva finito per ritrovarsi con una stupida e massiccia cotta per lui – anzi no – Hanamichi aveva finito per innamorarsi pazzamente di lui.
 
Inizialmente Kaede fu colto alla sprovvista, ma quando si rese conto che erano le labbra di Hanamichi quelle appoggiate sulle proprie, chiuse gli occhi e ricambiò il bacio. Fu un tocco gentile e tenero, Hanamichi fece scivolare il palmo sulla mascella e la guancia di Kaede, e presto virò ad un ritmo veloce e Hanamichi continuò ad accarezzargli lo zigomo con il pollice, finché Kaede sentì il ragazzo leccargli il labbro inferiore. Erano entrambi inesperti, ed era il primo bacio per tutti e due. Dopo un minuto, si allontanarono lentamente, con un piccolo schiocco che echeggiò nella stanza, le loro fronti a toccarsi.
 
Poi, dal nulla, “Ho intenzione di radermi domani” informò Hanamichi.
 
Kaede sbatté le papebre, confuso. Lasciò poi sfuggire una leggera risatina, “Dovevi davvero dirlo ora?”, e Hanamichi si limitò a sorridere, ammirando il volto sorridente di Kaede da vicino. Era un’esperienza unica nella vita, non poteva perdersela, pensando di volerlo davvero guardare. La sua mano non si spostò dalla guancia dell’altro.
 
Tutto ciò che successe tra Hanamichi e Kaede quella notte era insolito e distante dalle loro persone. Ma forse, a volte, l’insolito andava bene, e vollero renderlo ‘solito’ a partire da quella sera.
 
Hanamichi riacquistò fiducia in se stesso, anche se era ancora un po’ spaventato di affrontare i suoi compagni di squadra il giorno dopo. Tutti risero del suo taglio di capelli dopo averlo visto in mezzo alla palestra a pulire il pavimento prima degli allenamenti e Hanamichi si sentì stupido per aver avuto ansia che i suoi compagni lo avrebbero trattato in modo diverso dopo quella partita. Aveva torto, Kaede aveva ragione.
 
Nulla cambiò, in realtà. Il Gori sembrava ancora un gorilla, Kogure indossava ancora gli occhiali, Ryo-chin era basso come sempre, Mitsui tirava ancora triple impeccabili, Haruko era ancora carina e gentile, Anzai sensei era ancora grasso, Ayako indossava il suo berretto, e Hanamichi e Kaede litigavano lanciandosi insulti a vicenda.
Nulla cambiò davvero tranne che, a fine allenamento, Hanamichi aspettò la volpe al cancello principale senza che nessuno se ne accorgesse. Si scambiarono sorrisi, si tennero per mano e tornarono a casa sotto le stelle.
 
“La tua testa ha un aspetto stupido” commentò Kaede scherzosamente.
 
Hanamichi sbuffò, “Ma mi ami” con orgoglio, si avvicinò di poco al viso di Kaede e colpì la tempia con la sua, non troppo forte.
Kaede scosse la testa, emettendo una leggera risata. Hanamichi lo sentì stringere le loro mani unite. “Idiota”
 
Ma Hanamichi non urlò, reagendo come al solito all’appellativo. Invece sorrise e ricambiò la stretta.
 
Era bello.
 
 
 
Mi permetto di aggiungere, e non smetterò mai di ripeterlo, che Hanamichi con i capelli rasati è un gran figo!! Anche se il top lo raggiunge a fine manga, sulla spiaggia, con i capelli leggermente cresciuti e ribelli :)))
A presto!
 
 
  
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