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Autore: Darlene_    04/12/2021    0 recensioni
I fili tessuti con cura da Annalise Keating si avvolgono con cura attorno ai sospettati e a lei non importa se nel frattempo stritolano chi si trova in mezzo. Connor non è riuscito a sottrarsi alla stretta della sua professoressa e a pagarne le conseguenze è l'unico uomo che abbia mai amato.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Connor Walsh, Oliver Hampton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la 7 e mezzo challenge indetta sul gruppo fb Hurt/comfort Italia 
 

Prompt:
Auto
Somministrare
Inganno
Non andrò via
Drammatico
Culofic
Il care deve spogliare il sick
Narratore onnisciente presente
 

 
Crash 
 
 
 
Merda.
Merda, merda, merda!
Connor batté le mani sul volante con rabbia mentre fissava con astio l’albero che aveva distrutto il cofano del SUV. Provò a girare nuovamente la chiave premendo con furia la frizione, eppure l’auto restò immobile e, dopo un brontolio di protesta, si spense. Lanciò uno sguardo fugace ad Oliver, la testa poggiata contro il finestrino e una smorfia di dolore sul viso. Ovviamente non si era lamentato nemmeno una volta, ma non per questo sarebbe riuscito a resistere ancora a lungo: doveva portarlo in ospedale prima che il veleno lo uccidesse. Gli scosse leggermente una spalla e trattenne a stento un sospiro di sollievo quando aprì gli occhi.
“Dove siamo?” Strascicava le lettere come un ubriaco, massaggiandosi le tempie per scacciare l’emicrania che sarebbe aumentata col trascorrere dei minuti.
Cercò di mostrarsi padrone della situazione e spiegò che qualcuno li aveva tamponati, facendoli uscire di strada. Si premurò di aggiungere che non era un problema e che sarebbe riuscito a risolvere la situazione, lui doveva solo promettere di resistere. Oliver annuì e lo seguì con lo sguardo mentre scendeva dalla macchina, incurante del freddo pungente, alla ricerca del guasto. Imprecò per un paio di minuti, la testa china sul motore, armeggiando senza sapere bene cosa fare. Per un attimo si lasciò sopraffare dal panico: il suo ragazzo sarebbe morto e avrebbe aggiunto un altro nome alla lista di coloro che non era riuscito a salvare. Sferrò un calcio alla ruota, maledicendo Annalise per averlo trascinato in quel casino che era diventata la sua vita e l’unico modo per fargliela pagare era salvare l’uomo che amava e tagliare per sempre i ponti con quella che un tempo considerava la paladina della giustizia americana.
Aprì con foga la portiera del passeggero e aiutò Oliver a mettersi in piedi. Gli cinse la vita con un braccio, incoraggiandolo a sorreggersi a lui.
“Dobbiamo andare via da qui.” Procedevano a tentoni e la torcia del telefono non era sufficiente ad illuminare il loro cammino. “Tra un paio di chilometri c’è la strada, se la raggiungiamo siamo salvi.”
Il suo ragazzo annuì stancamente, cercando di afferrare un ramo per sorreggersi. Continuava a muoversi per soddisfare Connor, ma era esausto e quando inciampò non riuscì più a rialzarsi.
 
“Oli mi senti?”
Quanto riprese i sensi si rese conto di essere coricato sui sedili posteriori dell’auto. Connor gli tastava la fronte, lo sguardo carico di apprensione. Puntellandosi sui gomiti si mise seduto e biascicò qualcosa di simile ad uno sto bene poco convinto. La testa pareva sul punto di esplodergli e il battito era così debole che si chiese se non fosse morto. L’altro lo aiutò a bere un sorso d’acqua che non placò il bruciore che pervadeva il corpo.
“Sto bene, non ti preoccupare.” Lasciò cadere il capo contro il finestrino, chiudendo gli occhi. “Dovresti andare.”
“No!” Si rese conto di aver urlato, eppure non se ne pentì: non lo avrebbe lasciato solo e Oliver non aveva nessun diritto di chiedergli una cosa simile. Probabilmente l’altro capì ciò che stava pensando, perché gli spiegò che era l’unico modo per restare in vita.
Connor aggrottò la fronte e disse: “Ci hanno tamponati, crederanno che siamo morti, perciò aspetterò qui con te finché Michela e Asher non ci troveranno.”
Era troppo stanco per sollevarsi e baciarlo, perciò si limitò a prendergli la mano. “Non posso… Non posso permettere che ti accada qualcosa.” Aveva gli occhi lucidi, impossibile stabilire se a causa della febbre o per le lacrime che minacciavano di scendere da un momento all’altro. Connor si avvicinò a lui e gli avvolse le spalle permettendogli di poggiare il capo sul torace. “Non sono in pericolo e anche se lo fossi non andrei via.”
Oliver si odiò per essere felice di quella scelta.
“Pensaci.” Continuò il giovane avvocato. “Qualcuno che si finge Annalise ti manda un messaggio dicendoti di raggiungerlo nella casa in cui le hanno sparato. Non appena arrivato sei stato aggredito e ti hanno iniettato il veleno, che però non è stato ad effetto immediato. Quindi hanno chiamato me, avvisandomi che eri in pericolo ed ora sono qui mentre ti vedo soffrire. Wes è morto e Laurel non riesce a perdonarmi per averle rubato l’amore della sua vita.”
“Non è stata colpa tua.” Provò a consolarlo.
Sollevò un sopracciglio, mentre sul volto si dipingeva un sorriso amaro. “Beh, lei però non la pensa così.”
Oliver tirò su con il naso, cercando di reprimere le lacrime ed obiettando che non poteva essere lei, eppure Connor ne era assolutamente convinto: in fondo tutti loro erano assassini e con la giusta dose di rabbia e l’aiuto di Frank sarebbe stata in grado di escogitare quel paino che lo avrebbe distrutto. Restarono per qualche istante in silenzio, persi nei loro pensieri, quindi il giovane avvocato appoggiò le labbra sulla fronte dell’amato e, rendendosi conto che la temperatura era ancora aumentata, si sporse verso i sedili anteriori alla ricerca di qualcosa. Oliver protestò con un grugnito, ma emise un gemito di soddisfazione nel momento in cui percepì le mani dell’altro che gli abbassavano la zip dei pantaloni. Cominciò a baciarlo delicatamente sul collo, insinuandosi sotto la sua camicia. Quando provò a slacciare la cintura Connor lo aiutò a mettersi prono. Gli massaggiò le scapole, scendendo verso i glutei che palpò con foga. Prese qualcosa e lo sfrigolio della carta stagnola fece comprendere all’altro che in pochi istanti sarebbero giunti al dunque: trattenne il respiro ed aspettò di essere penetrato. Sentì le dita che gentilmente gli scostavano le natiche e un oggetto entrare. Provò a dimenarsi, ma le braccia possenti del suo ragazzo lo tennero fermo.
“Cos’è?” Protestò. “E non dirmi che sei tu, perché il tuo pene è decisamente più grosso.” Strascicava le parole come un ubriaco e non riusciva a connettere tutto ciò che accadeva intorno a lui. Quando Connor gli spiegò che si trattava di una supposta era talmente stordito che non tentò nemmeno di lamentarsi e si limitò a domandargliene il motivo.
“Perché ne ho una confezione in macchina o perché te ne ho ficcata una su per il culo?” Intuì che il borbottio che uscì dalle labbra del fidanzato fosse la risposta, ma non la comprese, perciò cominciò a spiegargli che aveva prestato la macchina alla sorella. Oliver non sentì nemmeno la metà di ciò che gli venne detto e malapena si accorse di indossare nuovamente i pantaloni. Stava davvero male e Connor si sentiva malissimo all’idea di non poterlo aiutare maggiormente: una supposta di paracetamolo non avrebbe certo impedito che il veleno continuasse ad ucciderlo però sperava che avrebbe almeno diminuito la temperatura corporea.
“Abbracciami.” Lo supplicò l’altro e gli si coricò accanto, cingendolo con le braccia. Solo dopo un paio di minuti si rese conto che il respiro era divenuto irregolare e un rivolo di sangue colava dalle labbra di Oliver. Lo strinse maggiormente a sé, ricordandogli quanto lo amava. Gli promise che lo avrebbe salvato, che qualcuno li avrebbe trovati e nel frattempo lacrime silenziose bagnavano i loro visi.
 

 
.



Michela ed Asher riuscirono a rintracciarli.
Oliver Hampton morì nella disperata corsa verso l’ospedale tra le braccia del suo amato.
Connor perseguitò i criminali che avevano ucciso il suo fidanzato e sapere che non era stata Laurel non gli fu di nessun conforto. Ricominciò a frequentare legge, ma si trasferì a Stanford.
Oggi ha un nuovo compagno, ma una parte di lui è morta insieme ad Oliver. 



 
  
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