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Autore: Carmaux_95    27/01/2022    13 recensioni
Il capo leggermente reclinato, un’ombra lo aveva improvvisamente schermato dai roventi raggi del sole. Aveva schiuso un occhio soltanto – chiunque lo stesse importunando certo non meritava la sua completa attenzione – e aveva messo a fuoco la figura di quello che ad occhio e croce sarebbe potuto apparire come un qualsiasi giovane studente londinese. Tanto per iniziare, la divisa beige che indossava gli conferiva un’aria d’altri tempi nella quale, tuttavia, sembrava trovarsi perfettamente a suo agio. Come se non bastasse, controsole com’era, la luce che filtrava tra i suoi corti riccioli biondi sembrava disegnargli un’aureola attorno al capo.
Qualunque cosa fosse, a Crowley bastò uno sguardo per decretare che non poteva in alcun modo appartenere a questo mondo: era assolutamente escluso che sulla Terra camminasse una creatura tanto singolare quanto bella.
Gli occhiali da sole gli scivolarono lungo il naso quando aprì anche l’altro occhio: chiunque fosse, meritava decisamente la sua completa attenzione.
[ModernAU | dorks in love | Anthony Sottone Crowley | fluff]
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The Sound of Faith
 
Luglio 1970, Kew Gardens, Richmond, Londra
A Crowley non piacevano le sale studio dell’Imperial College.
Non che fosse un problema di queste ultime di per sé – erano ampie, luminose e fresche: uno studente universitario non avrebbe potuto chiedere di meglio – ma Crowley preferiva di gran lunga la semplicità di una delle panchine del cortile sulla quale poteva tranquillamente stravaccarsi senza temere di essere rimproverato.
Inoltre, sebbene potesse condividere a livello teorico il motivo che spingeva gli studenti già provati dal protrarsi della sessione estiva a ricercare un po’ di sollievo dalla calura estiva, non avrebbe mai rinunciato alla meravigliosa sensazione che provava sentendo la pelle scaldarsi sotto i raggi del sole di luglio.
Paradossalmente, se i suoi coetanei cominciavano ad avvertire giramenti di testa e senso di svenimento, sotto il sole cocente Crowley sentiva le proprie funzioni vitali più reattive che mai.
Per compensare, il freddo lo intontiva. I corsi che si svolgevano nel primo semestre dell’anno accademico, infatti, gli risultavano i più ostici: in due anni di università non era ancora riuscito a reggere un’ora di lezione senza far cadere la testa sul banco.
Invece, le uniche occasioni in cui d’estate lasciava ricadere il capo sul petto erano quando veniva importunato dai suoi compagni di corso, sempre in cerca di aiuto e consigli.
Essere il primo del corso aveva il suo prezzo.
Non che Crowley fosse un cosiddetto secchione: era semplicemente portato per le scienze naturali e per la botanica. In particolare, le lezioni che si svolgevano nelle serre dei Kew Gardens appena fuori Londra erano le sue preferite.
L’atmosfera che respirava quando, per riposarsi dopo i corsi, andava a prendere posto su una delle numerose panchine del complesso aveva un che di unico.
Si poteva dire che una panchina valesse l’altra.
Eppure, se avessero chiesto a Crowley quale fosse la sua preferita  ammesso che a qualcuno potesse davvero venire in mente una domanda del genere – lui avrebbe senza dubbio scelto una di quelle che costeggiavano il laghetto di fianco alla Palm House.
Era stato lì che lo aveva incontrato per la prima volta.
 
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Seduto scomposto come suo solito, lo osservava ormai da diversi minuti: un fascicolo di fogli appoggiati sulle gambe, teneva il segno con una matita che ogni tanto si elevava a giudice operando correzioni e migliorie; il sole faceva brillare i suoi capelli chiari e si rifletteva sulle lenti di un paio di occhiali dietro ai quali un paio di occhi celesti immersi in un’attenta quanto critica lettura non si spostarono su di lui nemmeno quando lo interpellò.
«Crowley.»
«Mh?»
«Mi metti ansia.»
«Scusa» rispose automaticamente, senza però accennare a distogliere lo sguardo.
Corrugò la fronte: era così… strano.
Quel visetto da bambino inquadrato da quei capelli biondi e illuminato da quegli occhioni azzurri… gli veniva quasi difficile immaginare una persona dall’aspetto più angelico.
«Avanti, rantola. Che vuoi?»
Poi Roger apriva la bocca e fugava ogni dubbio: come si suol dire, non si deve mai giudicare un libro dalla sua copertina. Non che fosse un cattivo ragazzo ma certo il suo carattere impulsivo non si accordava bene con le prerogative eteree che il suo aspetto suggerivano. Allo stesso modo nemmeno il suo linguaggio colorito e a volte aggressivo, anche se privo di cattiveria, si addicevano ad una cosiddetta creatura celestiale.
A dire il vero, ora che Crowley ci pensava, Roger non gli era poi molto dissimile.
Aspetto ingannevole a parte, invece, certo non poteva essere comparato… a lui.
«Allora? Mi vuoi dire a cosa stai pensando che ti fa venire quello sguardo da idiota?»
«Tu non sei un angelo: ci assomigli, ma non lo sei.»
Roger alzò finalmente la testa corrugando la fronte: «È uno strano tentativo di approccio?»
«Una constatazione. Pensi davvero che ci proverei con te?»
«Ehi, hai cominciato tu con le tue domande strane. E comunque» aggiunse con un sogghigno. «non per vantarmi ma sono molto bravo*: forse non sarò un angelo ma in mia compagnia molti hanno evocato numi di grado ben più alto.»
No, decisamente non sei un angelo, pensò Crowley alzando gli occhi al cielo con un sorriso.
«Come va con la tua tesi?» domandò ritenendo che fosse meglio cambiare discorso.
«La mia tesi che stai scrivendo tu**?» chiese Roger di rimando, tornando a concentrarsi sui propri appunti: ideare il testo di quella nuova canzone si stava rivelando più ostico del previsto.
«Proprio quella.»
«Dovresti dirlo tu a me.»
«Forse sottintendevo che se studiassi con la stessa dedizione con la quale ti occupi di musica non avresti bisogno di me per scrivere la tesi.»
«Tu sei quello che settimana scorsa ha appiccicato sulla porta della segreteria studenti un biglietto con su scritto “Siamo spiacenti, ma oggi siamo chiusi: tutti gli appuntamenti della giornata – tra cui anche il mio, grazie e vaffanculo – andranno riprogrammati” e adesso ti turba che ti sfrutti per scrivere la tesi?»
Effettivamente, Crowley andava molto fiero di quella piccola quanto diabolica opera demoniaca: vedere il volto di tanti studenti deformarsi per la sorpresa, il nervosismo e la rabbia era stato davvero delizioso. Il fatto che un semplice pezzo di carta potesse genere un tale ed esponenziale odio lo elettrizzava: una penna sapeva davvero ferire più di una spada.
«Io sono sicuro che faremo strada con la nostra musica» riprese Roger raccogliendosi i capelli sulla nuca.
«Lo avevi detto anche per gli Smile e poi il vostro bassista vi ha mollato.»
«Io sono un ottimista***. E poi di che ti lamenti? Ti faccio entrare gratuitamente a tutti i nostri concerti!»
«È il minimo.»
«Considerando che vivo in un monolocale con altre due persone non è il minimo: è un regalo.»
Crowley rifletté a lungo prima di porre la domanda che gli frullava per la testa da quando aveva iniziato ad osservarlo qualche minuto prima: «Verrete a suonare al King’s College?»
Roger controllò la propria agenda – già fitta di impegni e serate programmate – prima di scuotere la testa: «Andremo all’Imperial a fine agosto, ma al King’s no, non al momento. Perché?»
*
Il capo leggermente reclinato, un’ombra lo aveva improvvisamente schermato dai roventi raggi del sole. Aveva schiuso un occhio soltanto – chiunque lo stesse importunando certo non meritava la sua completa attenzione – e aveva messo a fuoco la figura di quello che ad occhio e croce sarebbe potuto apparire come un qualsiasi giovane studente londinese. Tanto per iniziare, la divisa beige che indossava gli conferiva un’aria d’altri tempi nella quale, tuttavia, sembrava trovarsi perfettamente a suo agio. Come se non bastasse, controsole com’era, la luce che filtrava tra i suoi corti riccioli biondi sembrava disegnargli un’aureola attorno al capo.
Qualunque cosa fosse, a Crowley bastò uno sguardo per decretare che non poteva in alcun modo appartenere a questo mondo: era assolutamente escluso che sulla Terra camminasse una creatura tanto singolare quanto bella.
Gli occhiali da sole gli scivolarono lungo il naso quando aprì anche l’altro occhio: chiunque fosse, meritava decisamente la sua completa attenzione.
«Questo posto è libero?» domandò il biondo, indicando la panchina.
Incantato da quegli occhi celesti, l’unico suono che riuscì ad emettere fu un sonoro “Ngk”, dissimulato immediatamente con un colpo di tosse e un gesto assertivo della mano.
«Grazie. Sai… no, niente.»
«Mmh?»
«Questa…» borbottò il biondo, impacciato e tormentandosi le mani. «Questa è la mia panchina preferita.»
«Perché?»
Crowley lo vide frugare in una tasca e tirarne fuori un piccolo sacchettino stropicciato: in meno di cinque minuti il placido laghetto di fianco alla Palm House si trasformò in un affollato punto di ristoro ornitologico.
Lanciando uno sguardo al sorridente ragazzo seduto al suo fianco, ghignò: «Sai che è vietato dare da mangiare alle anatre, vero?»
Una minuscola espressione intaccò quel visetto angelico che, però, si ricompose immediatamente: «Ma tu non mi hai mai visto dar loro da mangiare, giusto?»
«Come! Uno studente modello tutto d’un pezzo come te che aggira le regole e cerca di corrompere un suo coetaneo!»
«Chi ti dice che sia uno studente modello? Potrei essere un ragazzaccio.»
Con quegli zigomi? «Certo, un vero diavolo…» bofonchiò, sperando di non farsi sentire.
«Studio letteratura al King’s College. Mi chiamo Azraphale. Tu?»
Se mi guardi con quegli occhi puoi chiamarmi come ti pare.
«Anthony, ma preferisco Crowley.»
*
«Allora?» lo incalzò Roger. «Perché ti interessa il King’s College? Stai pensando di mollare Scienze Naturali per diventare uno di quei secchioni vestiti di Tweed e con le pezze sui gomiti? Non andartene prima di aver finito la mia tesi!»
Crowley alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo e scrollò le spalle con fare disinteressato: «Così.»
Mannaggia…
 
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Luglio 1971, Imperial College, Londra
«Perché suonate sempre al vostro stupido Imperial College?!» sbottò Crowley, le braccia conserte e un cipiglio seccato a deformargli il viso.
«Oh, non saprei» rispose Roger sistemandosi i polsini, ultimo ritocco prima di raggiungere i suoi compagni di band sul palco. «Forse perché sia io che Bri che Deacy ci abbiamo studiato e lì ci conoscono?»
«Vi costerebbe così tanto fare tre miglia e mezzo in più e suonare una volta al King’s College?»
«Sai quante volte me lo hai già chiesto? Potrei tranquillamente sentirmi offeso, ma siamo amici per cui ti concedo il beneficio del dubbio.»
«Perché dovresti sentirti offeso?»
«Le alternative sono due: o vuoi condividere con qualcuno l’amore sconfinato – non sbuffare, lo so che mi ami – che provi nei nostri confronti ma ti vergogni e se questo è il caso non solo mi offendo ma ti revoco il pass gratuito per i nostri concerti; oppure non hai abbastanza palle da invitare quel qualcuno e in entrambi i casi vorresti approfittare di un’ipotetica data in cui suoneremmo proprio dove quest’ultimo studia, in modo da risolvere il problema alla radice. Dunque, quale opzione scegli?»
Ogni tanto Crowley odiava che Roger non fosse affatto stupido come spesso sembrava.
«Senti, da qui fino alla fine dell’anno abbiamo ancora una quindicina di concerti e nessuna di queste date ci vede al King’s College quindi vedi di farti crescere un po’ di spina dorsale in tempo utile.»
E così dicendo, dopo aver lasciato una sonora pacca sulla spalla di Crowley, Roger infilò la porta del bagno – per l’occasione trasformato in provvisorio camerino per la band – e raggiunse i suoi amici sul palco.
Mordendosi una guancia Crowley sospirò: nella palestra dove era stato allestito il palco, sarebbe stato circondato da centinaia di ragazzi che, come lui, condividevano la medesima passione… eppure si sarebbe sentito solo.
 
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Ottobre 1971, Imperial College, Londra
«Forse non avrei dovuto. Non “forse”: non avrei dovuto!»
Da quando era entrato in quel bagno – ormai la targhetta, sotto la parola “toilets” riportava anche la dicitura “Camerino Queen” – lo aveva ripetuto già una decina di volte. Un record, considerando che era entrato da meno di mezzo minuto.
«Non vorrei che si sentisse a disagio…» proseguì. «È che questo non è esattamente il tipo di musica che piace ad Azraphale…»
«Anche fosse» la voce di Roger lo raggiunse da dietro la porta, chiusa a chiave, di uno dei cubicoli «perché avrebbe accettato di venire a questo concerto allora, secondo te?»
«Perché è…» Un angelo. «Gentile.»
«Se lo dici tu.»
«Sei inutile!»
«E tu inopportuno!»
«Inopportuno!?»
«Estremamente inopportuno! Sono in bagno, che cazzo! E non sono il tuo fottuto psicologo!»
«Non ho bisogno di uno strizzacervelli!»
«Non ne sarei così sicuro!»
«Roger!»
«Vaffanculo!»
«“Vaffanculo” a me?!» esclamò Crowley, indignato. «E io che ti credevo un buon amico!»
La porta del cubicolo si aprì improvvisamente e un piccolo uragano biondo con ancora i pantaloni mezzi aperti ne emerse con tale impeto che Crowely dovette indietreggiare fino ai lavandini per non venirne investito: «Sai cosa credo io, invece? Credo che tu sia un idiota che muore dietro alla stessa persona da anni ma che non si decide ad aprire bocca e dichiararsi. Come se ci fosse da temere una risposta negativa, ma andiamo!»
Anthony stava per ribattere quando dallo stesso cubicolo spalancatosi un attimo prima emerse una seconda persona – il capo chino e i lunghi capelli castani a nascondere l’imbarazzo della situazione – che, riallacciandosi i jeans, evitò accuratamente di incontrare lo sguardo di Crowley prima di uscire dal bagno con passo svelto.
Crowley corrugò la fronte e lo indicò mentre la porta si richiudeva: «Quello non è il vostro nuovo bassista?»
«Sì! E con questo?» dichiarò Roger incrociando le braccia sul petto. «Il tuo non è l’unico angelo sceso su questa terra. E dato che con le tue stronzate hai interrotto qualcosa di estremamente interessante, pretendo un risarcimento!»
Ok, forse Roger aveva un valido motivo per averlo mandato a quel paese con la sua solita raffinatezza. «Che cosa vorresti, sentiamo.»
«Fammi fare un giro con la tua macchina.»
«Non ci penso nemmeno!»
«Non sei nella posizione per poter contrattare.»
«La mia Bentley è off limits anche per te. Soprattutto per te. Soprattutto se ci vuoi portare anche il tuo bassista!»
«Beh, qualcuno dovrà pure sfruttare quel gioiellino d’auto a dovere, visto che tu non lo fai.»
*
Promemoria, promemoria per me: mutilare Roger non appena torna.
Quel maledetto del suo migliore amico non solo era riuscito ad estorcergli le chiavi della macchina, ma aveva pure avuto la faccia tosta di passargli davanti praticamente mano nella mano con quel timido bassista.
«Crowley?» la voce di Azraphale lo distrasse da quei pensieri omicidi.
Scuotendo la testa cercò di cancellare l’immagine di qualunque cosa stesse probabilmente succedendo sui sedili della sua amata Bentley.
«Perdonami, angelo: so che ti avevo promesso di accompagnarti a casa in macchina ma ti va se invece facciamo una passeggiata?»
Una passeggiata al chiaro di luna: sentiti libero di tenermi per mano se vuoi…
«Non sarà pericoloso? Andare in giro a quest’ora della notte dico…»
Crowley si concesse un piccolo ghigno: «Povero angioletto timoroso. Non ti preoccupare: ti proteggerò io.»
«In questo caso non posso proprio rifiutare» civettò il biondo arrossendo leggermente.
Stavano camminando da qualche minuto quando Crowley, le mani in tasca e i pugni stretti, sospirò. Non riuscì a tenere per sé quei pensieri: «Mi dispiace…»
«Non preoccuparti, davvero. E poi questa notte è così limpida: sarebbe stato un peccato se…»
«Intendevo per la serata.»
Azraphale si fermò, lo sguardo improvvisamente piantato in terra.
Ecco, non avrei dovuto dirlo…
«È stata una bella serata» sussurrò Azraphale.
«Davvero?»
«Insomma, sì… non è il mio genere di musica e una palestra affollata non è l’ambiente che prediligo…»
«Mi farò perdonare!» esclamò subito Crowley: non poteva sopportare quello sguardo atterrito di Azraphale. «Domani ti farò da autista tutto il giorno! Ti porterò in università e…»
«Ma tu sembravi felice.»
Si scambiarono una lunga occhiata.
«Lo ero.» Le parole uscirono dalle labbra di Crowley in un sussurro e la temperatura della notte le fece condensare direttamente sulle labbra di Azraphale, tanto erano vicini. Gli sarebbe bastato fare un passo e chinare il capo…
«Ti piacciono proprio tanto, eh?» disse improvvisamente Azraphale, interrompendo quel momento che sembrava essersi cristallizzato nel tempo. «Quei quattro ragazzi, dico, i Queen» specificò poi voltandosi per riprendere a camminare.
Un improvviso brivido di freddo fece riscuotere Crowley. «Oh, si…» sussurrò con una vena di tristezza. «Li adoro.»
“Ma tu sembravi felice”.
Forse fu il modo in cui le aveva pronunciate, forse fu il suo sguardo e quel timido sorriso appena accennato… Crowley non avrebbe saputo dirlo ma ripensò a quelle parole a lungo. Ci ripensò quando andò a dormire quella sera. Ci ripensò il mattino dopo quando Roger, tra uno sbadiglio e un sorriso appagato stampato in faccia, gli restituì le chiavi della macchina – Crowley decretò che, prima di andare a prendere Azraphale per accompagnarlo in università, sarebbe passato da un autolavaggio e avrebbe pagato l’extra per la pulizia degli interni.
Mentre l’amico gli batteva una mano sulla spalla lasciandogli in mano le chiavi, ripensò anche a quello che gli aveva detto:
“Credo che tu sia un idiota che muore dietro alla stessa persona da anni ma che non si decide ad aprire bocca e dichiararsi. Come se ci fosse da temere una risposta negativa, ma andiamo!”
Come se ci fosse da temere una risposta negativa…
Forse sarebbe davvero bastato fare un passo in più…
Sei veramente un idiota Anthony J. Crowley.
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Aprile 1975 - Chidorigafuchi, Tokyo, Giappone
«Anthony “J.” Crowley?»
«Perché, non ti piace?»
«Non ho detto questo: da quando hai un secondo nome? Per cosa sta la J?»
Crowley scrollò le spalle sorridendo. «È solo una J.»
«E va bene, tieniti i tuoi segreti» ridacchiò Azraphale. «Siamo in un posto troppo bello perché possa farmi coinvolgere dalle tue provocazioni sibilline.»
Crowley non poteva dargli torto: lo spettacolo che gli si stagliava davanti aveva un che di favolistico, quasi mitologico.
«Sapevi che il Chidorigafuchi è un antico fossato che un tempo circondava il Castello Edo e fungeva anche da via navigabile proprio per raggiungere la fortezza?» domandò Azraphale leggendo da una piccola guida turistica.
Crowley fece finta di cascare dalle nuvole: quando gli aveva proposto di fare una passeggiata – “C’è un posto dal nome impronunciabile poco più in giù: potremmo fare un pic nic lì, sempre che ne valga la pena” – sperava davvero che avrebbe acceso l’interesse dell’amico. Non si lasciò scappare l’occasione per avvicinarglisi con la scusa di dare un’occhiata alla medesima guida.
Magari… magari avrebbe potuto… Scosse la testa. «Davvero?»
«Più tardi potremmo fare un giro in barca sul canale: qui c’è scritto che ne organizzano!»
L’idea non lo elettrizzava per nulla ma l’entusiasmo di Azraphale illuminava in modo così celestiale il suo volto che avrebbe ceduto alle sue richieste senza neanche…
Ritrova un contegno, Crowley!
Sospirò.
Ci aveva provato.
Ci aveva provato con tutte le sue forze: dopo quella notte di qualche anno prima, quando si era reso conto di aver perso l’occasione di fare quel passo in più, aveva provato in tutti i modi a non pensarci, a relegare in secondo piano i sentimenti che si era reso conto di provare per il suo migliore amico.
Per un attimo fugace, quella notte, quando aveva incontrato gli occhi di Azraphale, si era domandato se anche quest’ultimo non provasse qualcosa per lui… ma si era dovuto ricredere quando il ragazzo si era voltato e, per il resto della serata e anche il giorno successivo si era comportato come se niente fosse successo: Crowley si era domandato spesso se quella strana atmosfera che aveva percepito quella notte non fosse stata frutto solo della sua immaginazione e, alla fine, si era dato una risposta affermativa.
«Siamo anche nel pieno della fioritura dei ciliegi! Che meraviglia!» esclamò ancora Azraphale, alzando finalmente la testa da quelle pagine illustrate per godere del panorama che gli si stagliava davanti.
«Già, siamo stati fortunati.»
 
Quando Roger gli aveva annunciato che i Queen avrebbero fatto il loro primo tour in Giappone, Crowley aveva colto la palla al balzo e, forte del fatto che – quantomeno – avrebbe risparmiato sui biglietti per i loro concerti, aveva deciso di proporre ad Azraphale come meta delle vacanze primaverili proprio il paese del sol levante.
“Certo, nulla di strano” aveva commentato Roger quando lo aveva saputo.
“Cosa vuoi dire?”
“Nulla, solo che sei irrecuperabile.”
“Ci ho messo una pietra sopra, te l’ho detto.”
“Certo, e io ci credo. Sì, sì.” E così dicendo gli aveva porto un paio di fogli con spartito e testo della loro ultimissima canzone. “Che ne dici? La suoneremo per la prima volta in concerto proprio durante questo tour!”
Dopo aver fatto scorrere rapidamente lo sguardo su quelle pagine, Crowley aveva strabuzzato gli occhi: “Mi prendi in giro?!”
“Come dici scusa?”
“Non fare il finto tonto! State scherzando!? Dining at the Ritz, we’ll meet at nine precisely? I will pay the bills, you taste the wine? Driving back in style in****… Roger questa canzone parla di noi! Di me e Azraphale!”
“Certo che sì, idiota! Per questo te l’ho fatta vedere: non ti farei mai leggere i testi delle nostre prossime uscite! Già non ti faccio pagare i biglietti, ci mancherebbe solo che…”
“Mi avevi promesso che non avresti mai scritto una canzone su di noi!”
“Infatti: l’ha scritta Freddie, non io!” Crowley era rimasto interdetto per qualche istante e Roger aveva colto l’occasione per rigirare il coltello nella piaga: “Ci avete messo così tanto una pietra sopra che non l’ho nemmeno dovuto suggerire, a Freddie: ci ha pensato da solo basandosi su quanto ha visto di voi.”
“Cancellatela!”
Roger gli aveva riso in faccia scuotendo la testa ma, ritrovata la compostezza, aveva addolcito il tono: “Se davvero fosse una storia del passato, se davvero ci avessi messo una pietra sopra, allora avrei impedito a Freddie di scriverla: non sono mica così stronzo!” Infine, gli aveva appoggiato una mano sulla spalla: “Ti prendo in giro ma mi piaci, Crowley, e mi dispiace vedere che continui a struggerti in questo modo.”
Perché si potevano dire tante cose di Roger ma non che fosse un buon amico: era un po’ sopra le righe, certo, ma lo conosceva bene e in poche parole e senza fargli la morale aveva messo a nudo la situazione.
E Crowley si era trovato a chinare la testa, esalando poco più di un sussurro: “E se poi andasse male? Hai mai avuto qualcuno di così importante nella tua vita?” si era morso le labbra. “Preferisco rimanere suo amico per l’eternità, se serve, piuttosto che perderlo.”
“Non esiste solo il bianco e il nero, il paradiso dell’amore o l’inferno della solitudine.”
Crowley aveva ridacchiato: “Improvvisamente sei diventato credente?”
“Io ho fede in tante cose e la musica è una di queste: è l’espressione spirituale di ciò che sono. E comunque cantavo nel coro della chiesa, da bambino*****.”
“Con la vocina che ti ritrovi non stento a crederlo.”
“Inoltre,” Roger aveva fatto finta di sentire “come sai, io sono un ottimista! Sei disposto a fidarti della musica?”
 
«… sapevi? Normalmente in tutto il Giappone si possono vedere i ciliegi in fiore a partire da fine marzo, ma la primissima fioritura prematura si potrebbe vedere anche a partire dalla fine di gennaio! Viene chiamata “kaika”! Mi stai ascoltando, Crowley?»
No, Crowley non aveva ascoltato una sola parola di quello che l’angelo aveva detto negli ultimi due minuti. Non che non stesse seguendo, e con molta attenzione, i delicati movimenti delle sue labbra.
«Crowley?» fu solo quando Azraphale gli appoggiò una mano sulla spalla per accertarsi che stesse bene che si scosse.
Non ci pensò, finalmente non ragionò: prese fra le dita il mento dell’amico e gli catturò le labbra. Sentì le dita del biondo artigliare la sua spalla e per un attimo ebbe il terrore di aver davvero rovinato tutto.
Stava per ritrarsi quando si rese conto che Azraphale aveva schiuso le labbra per ricambiare. E quando le sue mani gli accarezzarono la nuca, facendo scivolare le sue ciocche rosse fra le dita, Crowley si rese conto che non sarebbe più riuscito a fermarsi: era una fortuna che il loro albergo fosse ad appena un paio di isolati da lì.
*
«Ci perderemo il concerto.»
Crowley ridacchiò: non gliene poteva importare di meno… anche se, adesso, era curioso di ascoltare quella canzone dal vivo…
«Abbiamo decine di altre date delle quali approfittare: non credo se la prenderanno se tarderemo di dieci minuti…»
O di venti…
O di un’ora e mezza…
O se, resisi conto dell’orario e reduci da quell’ora e mezza, avevano appena preso di comune accordo la decisione di non presentarsi proprio.
Tanto quella era una nuova hit, giusto? La avrebbero suonata ad ogni concerto.
E ora, Crowley voleva solo godersi il momento che aveva aspettato e anelato per gli ultimi cinque anni.
«Ho fame» dichiarò Azraphale, interrompendo quel silenzio fatto di respiri non ancora del tutto regolarizzati e di delicate carezze sulla sua schiena.
«Non ti azzardare a lasciare questo letto» biascicò di rimando Crowley, rimarcando quell’affermazione lasciandogli un bacio fra le scapole.
«Non credo riuscirei a camminare, neanche volendo» ammise Azraphale e giurò di sentire le labbra di quel piccolo demonietto che era Crowley incurvarsi in un sorriso contro la sua pelle. «Potremmo ordinare qualcosa con il servizio in camera» propose poi recuperando dal comodino di fianco al letto uno dei menù e iniziando a studiarlo.
«Mi affido a te: trovato qualcosa di interessante?»
«L’ho sentito nominare spesso, da quando siamo qui, ma non l’ho mai provato… che ne dici?»
«Di cosa si tratta?»
«Sushi.»

 


*in un’intervista, Roger ha affermato “I’m a good lay”
**sempre per citare Roger, “I’m an optimist: I always think the good will come out”
***quando Roger si iscrisse ad un corso di laurea in biologia il suo primo incarico fu di studiare la vita delle piante esotiche ai Kew Gardens di Londra ^^
****Good Old Fashioned Lover Boy, in realtà, è uscita nel 1976 ma sorvoliamo XD
*****Nel 1960 Roger iniziò a frequentare la Truro Cathedral School dopo aver vinto una borsa di studio come corista, il che significava entrare a far parte del coro della cattedrale: si ritrovò così impegnato a cantare in chiesa durante le funzioni domenicali e in occasioni come matrimoni e messe di mezzanotte. Pur consapevole del valore di questa esperienza, non si considerò mai il tipico ragazzo di chiesa.

Ah, per concludere, la frase in merito alle panchine (su quale sia la panchina preferita di Crowley, è presa direttamente da una delle storie di Leila ^^ solo il luogo dove si trova la panchina è stato modificato per adattarlo a questa storia ^^ 



 
Angolino autrice:
Cara Bennina, questo doveva essere un regalo di Natale ma purtroppo non sono davvero riuscita a concluderla per tempo… a voler essere oneste, questa non era nemmeno la storia “originale”… insomma, la storia che volevo regalarti mi ha fatto vedere i sorci verdi al punto che ho deciso di accantonare – almeno momentaneamente – l’idea (magari tra un po’ di tempo potrei provare a riprenderla in mano ^^). Ho pensato allora di scrivere questa… e di cancellarla e di riscriverla… e di riscriverla ancora due, tre, quattro volte perché ogni singola volta non mi piaceva…
E inutile dirti che anche adesso non ne sono del tutto convinta… (e per altro ti chiedo scusa anche per il pessimo titolo T^T)
Ci tenevo a creare questa brotp tra Crowley e Roger e spero che ti abbia strappato un sorriso ^^
Non so bene cos’altro dire… spero che nel bene o nel male ti sia piaciuta ^^
Buon Natale in ritardissimo XD
Ti mando un bacione enorme ♥
 
Ringrazio chiunque abbia deciso di leggere questa storiella e chiunque sia arrivato fino a qui ^^
Grazie mille a tutti!
A presto!
Carmaux
  
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