Erica
amava la primavera. Svegliarsi con il sole sul viso, gli uccellini che
intonavano i loro canti saltellando tra i vari rami degli alberi, era
il
preannuncio di un’ottima giornata.
Dopo
essersi infilata delle simpatiche pantofole pelose ai piedi,
lasciò la camera
per addentrarsi nella sua piccola cucina alla ricerca di qualcosa per
fare
colazione. Ma prima di poter muovere anche solo un passo in direzione
della
stanza, non poteva scampare all’attacco a sorpresa del suo
simpatico
lupacchiotto, che come sempre poco consapevole della sua mole, finiva
col farla
cadere a ruzzoloni per terra.
“Buongiorno
anche a te Atlas” ridacchiò Erica cercando di
respirare tra gli assalti del suo
fidato amico. Dopo qualche carezza, i due si avvicinarono alla cucina.
Dopo una
scorpacciata di pane, burro e marmellata fatta in casa e diversi
biscottini per
Atlas, Erica si apprestava a lasciare la casa.
“Mi
raccomando comportati bene! Ci vediamo stasera!”
gridò Erica al lupo, mentre
con lo zaino sulle spalle si lanciava con la sua bici nelle strade di
campagna
diretta verso l’atelier del suo maestro. Dopo una decina di
minuti di pedalata,
deviò su un piccolo sentiero non del tutto adatto ad una
bici da passeggio.
Tuttavia, vista la grande frequenza con cui si recava in quel posto,
Erica
riuscì a mantenere stabile la sua bici e addirittura a
schiavare un tenerissimo
gatto dai grandi occhi gialli che stava rincorrendo un topolino.
Saltellando
per le troppe buche e sassi presenti sul sentiero giunse infine davanti
ad un
enorme stalla, spaventando le galline che gironzolavano lì
davanti. Scese dal
suo mezzo e appoggiatolo ad una parete si diresse poi verso il grande
portone
che fungeva da entrata per quello che avrebbe dovuto essere il granaio
dell’edificio, dal quale si sentivano provenire una lunga
serie di grugniti e
di imprecazioni dette a mezza voce. Con il sorriso sulle labbra Erica
fece il
suo ingresso, sbuffando divertita nel trovarsi davanti agli occhi il
suo
maestro, già alle prese con alcune piante da travasare e
alcuni sacchi di
terriccio da spostare, il tutto con l’impedimento di un bel
cagnolone tra le
gambe.
“Aspetta
lascia che ti aiuti” esclamò Erica avvicinandosi
velocemente ed afferrando una
pianta di mele dalle braccia dell’uomo.
“Perbacco,
ragazza! Hai intenzione di far tornare subito l’inverno? Da
quando ti conosco
non ti ho mai vista in piedi prima delle nove, e adesso sono
addirittura le
otto meno un quarto” disse l’uomo scrutando
incuriosito il viso giovane della
ragazza, imbronciatosi dopo le sue parole.
“Grazie
tante eh! Per una volta che voglio essere in orario anche i rimproveri
mi
becco” rispose Erica andando a depositare la pianta fuori
dalla stalla seguita
dal cane. Presa vanga e un innaffiatoio si mise poi a fare una piccola
buca e
ad interrare il melo.
“Ecco
fatto!” disse con le mani ancora sporche di terriccio al
cane.
“Vedo che sei di
buon umore stamattina
cucciolone, non so come fai con quel vecchio bruto che ti ritrovi come
padrone.
Detto tra me e te è sempre così imbronciato che a
volte mi chiedo se sia ancora
in grado di sorridere, saranno passati anni dall’ultima volta
che ho visto un
lieve forma di sorriso sul suo viso ma lo sai che…”
“Hai
finito di rompere le scatole al mio cane, piccola sbruffona? Poche
ciance e più
lavoro!” si sentì gridare da dentro il granaio.
“Guarda
che ho già finito di travasare l’albero, vecchio
sapientone!” rispose Erica con
l’accenno di un sorriso sul volto. Adorava il suo maestro e
quelle piccole
prese in giro rendevano la giornata movimentata e a tratti divertente.
Scuotendo
la testa si mise a sbattere le scarpe sporche di terra per evitare di
conciare
l’interno dell’edificio, quando
all’improvviso un fischio acuto gli perforò il
cervello e cadde a terra. Incessante, quel rumore continuava a
riecheggiare
nella sua testa, creando un dolore così forte da farla
urlare e piangere. Il
cane spaventato cominciò a leccarle il viso e ad abbagliare,
cercando di
richiamare il suo padrone.
L’uomo,
con la sua magia sempre allerta, aveva percepito il fischio che aveva
invaso la
testa della sua allieva e sentendo i richiami del cane, accorse
immediatamente.
“Erica,
Erica!” gridò scuotendo la ragazza per le spalle;
non aveva idea di come
comportarsi. Le prese una mano e iniziò a recitare un
incantesimo per
connettersi alla mente della sua allieva. All’improvviso
però il fischio si
interruppe e una voce risuonò nella testa di Erica, come
pure in quella del
maestro, che era collegata.
“Erica!
Erica! Sono io Kendrick! Ti prego devi aiutarmi. Il mio pianeta
è sotto
attacco. Abbiamo provato a reagire, ma il nemico è troppo
forte. Stiamo per
essere completamente annientati, ti scongiuro salva il mio popolo e la
mia
famiglia!”.
La voce si
spense. Ansimando per il dolore Erica si sdraiò a terra, con
la maglietta
completamente zuppa di sudore; accanto a lei il suo maestro sedeva
scomposto e
con una faccia sconvolta. Passarono un paio di minuti in assoluto
silenzio,
fino a quando sugli occhi dell’uomo non si formò
una leggera patina e il suo
interno corpo si immobilizzò, battito del cuore compreso.
Erica
rimase in attesa per alcuni secondi con lo sguardo fisso
sull’uomo, fino a
quando la patina non si sciolse e il maestro si riprese.
“È
tutto
vero. Il pianeta di Kendrick è sotto attacco, già
milioni di vite sono state
spazzate via. I guerrieri più forti sono stati annientati,
non rimane che un
pungo di uomini a confrontarsi con il nemico, ma hanno i minuti
contati”.
“Il
nemico?”.
“Un
essere
che non ho mai visto prima, sicuramente non umano. La potenza magica
è
spaventosa”.
Rimasero
in silenzio per alcuni minuti, riflettendo sul da farsi.
“Dici
che
ce la posso fare?”.
L’uomo
sospirò e guardò gli occhi spaventati della
ragazza. Nonostante fosse
giovanissima, aveva già affrontato nemici e guerre che in
pochi avrebbero
vissuto nella loro vita. Non si lasciava intimidire facilmente, era
tenace, e
non si scoraggiava davanti alle avversità, ma la potenza
magica di quell’essere
era qualcosa di veramente incredibile.
“Ti
dirò
la verità: puoi provare ad intervenire, ma non ti posso
garantire una vittoria.
Quel mostro è forte, ma anche tu lo sei, potresti vincere,
ma potrebbe anche
ucciderti. Il problema sarà il dopo…”
cominciò l’uomo, ma venne improvvisamente
interrotto da un nuovo urlo della ragazza che ansimando si era piegata
sul
terreno e appoggiandoci le mani bene aperte aveva iniziato a
raccogliere
energia delle piante che affondavano le radici vicino a lei. Gli occhi,
durante
questo assorbimento, cambiarono colore diventato di un colore dorato,
ma
cambiando di nuovo subito dopo, diventando di color argento in
contemporanea
con l’apparizione di un segno nero, simile ad un tatuaggio,
che andava a
circondare entrambi gli occhi in un disegno arcaico.
“Il
nemico
sta prendendo il sopravvento, il pianeta di Kendrick sta per essere
annientato.
Devo intervenire” ansimò guardando negli occhi il
suo maestro, aspettando il
suo consenso per intervenire.
L’uomo
osservando
Erica, chiuse gli occhi e presagendo dolori per la sua allieva
prediletta,
annui.