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Autore: DarkSoul001    20/03/2022    2 recensioni
Destiel AU
Castiel ha sempre avuto una vita tranquilla e monotona, dedita allo studio e… bè, non molto altro. E così sarebbe continuata se suo fratello Gabriel non avesse deciso di organizzargli un’indesiderata festa a sorpresa, assumendo uno spogliarellista dai bellissimi occhi verdi, che l’avrebbe stravolta per sempre.
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Charlie Bradbury, Dean Winchester, Gabriel
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Si svegliò accompagnato da un familiare dolore alla testa, la gola secca e lo stomaco leggermente sottosopra, non abbastanza da vomitare. Bè, non era male come inizio. Si stiracchiò, avvolto dalle sue lenzuola di seta, in quel letto troppo grande e ricoperto di enormi cuscini, voltandosi verso la persona che dormiva al suo fianco.
Gabriel sorrise soddisfatto, felice di trovarlo ancora addormentato, la bocca semiaperta, i capelli lunghi che gli ricadevano sul viso in soffici ciocche castane. Non avrebbe mai voluto perdersi la sua espressione quando si fosse reso conto di dove si trovava.
Etero un cazzo
Non ci volle molto perché quegli occhi dal colore indefinito si aprissero lentamente, le sopracciglia aggrottate ed un verso simile ad un grugnito che gli usciva dalle labbra. Poi Sam riuscì a mettere a fuoco ciò che vedeva, ritrovandosi davanti il volto sorridente dell’altro.
“Buongiorno principessa”
Il ragazzo gridò, cercando di allontanarsi da lui, ma finendo per aggrovigliarsi nelle lenzuola e ruzzolando giù dal letto. Gabriel non poté evitare di scoppiare a ridere, sporgendosi verso il bordo del materasso.
“Tutto bene, gigantor?”
Sam era ancora senza parole, si guardava intorno smarrito, il terrore negli occhi, che si accentuò ancora di più quando si rese conto di essere completamente nudo. Guardò Gabriel, le domande dipinte negli occhi ma incapaci di essere formulate. Lui, ovviamente, non si sognava nemmeno di rispondergli così facilmente, continuando a ricambiare semplicemente il suo sguardo, il sorriso che non lasciava mai le sue labbra.
“Cos… cos’è successo?”
“Hai davvero bisogno che te lo dica?”
Ovviamente anche Gabe era senza vestiti, e ora che la coperta era stata trascinata a terra con quel gigante muscoloso che si era portato a letto, la cosa non poteva essere più evidente di così. Sam lo stava scannerizzando lentamente, la consapevolezza che cominciava a prendere forma in lui, accentuando quel terrore che non aveva ancora lasciato il suo sguardo. Accarezzò il corpo dell’altro con gli occhi, il sorriso divertito di Gabriel si fece malizioso, mentre si metteva più comodo per farsi ammirare. Sam a quel punto distolse immediatamente lo sguardo.
“Io non… cosa… come…?”
Oh povero, sembra un cucciolo smarrito
Il ragazzo si ritrovò ad avere pietà di lui e a dargli finalmente qualche risposta
“Non ricordi più? Ieri sera”
Dopo che mio fratello ha smesso di farti da guardia del corpo
“Abbiamo cominciato a parlare, a bere, e una cosa tira l’altra…”
Si era sporto dal letto, allungando la mano per tirargli su il mento con due dita, ma l’altro si allontanò, scuotendo la testa
“No, no non può essere, non abbiamo…”
Gli lanciò un’occhiata, Gabe sfoggiò il suo sorriso più seduttivo e Sam distolse subito lo sguardo. Sembrò fare un respiro profondo, prima di sistemarsi le lenzuola intorno alla vita e alzarsi in piedi, alla ricerca dei suoi vestiti
“Questo non è mai successo, è chiaro?”
Gabe non perse il suo sorriso, si stese sul letto a pancia in su, le braccia dietro la testa, una caviglia sopra l’altra
“Ma certo, Samuel”
Il suo tono divertito fece voltare l’altro, lo sguardo già imbronciato e supponente, finché non lo vide in quella posizione, ancora completamente nudo. Si coprì gli occhi con l’unica mano disponibile se non voleva ritrovarsi nella stessa situazione, il viso che stava diventando paonazzo
“Potresti metterti qualcosa addosso?!”
“Perché? Non è niente che tu non abbia già visto, e non ti sei nemmeno limitato a quello…”
“Gabriel!”
Il ragazzo rise di gusto, prima di alzarsi per recuperare la sua vestaglia, anche quella di seta ovviamente, di un rosso acceso
“Va bene, va bene, puoi aprire gli occhi adesso”
Sam sbirciò appena dalle dita della mano, prima di lasciarla cadere e ricominciare e scrutare a terra. Aveva trovato la maglia e i pantaloni, ma le mutande sembravano ancora disperse. Sembravano, perché Gabe le aveva viste a terra, vicino al suo lato del letto. Ovviamente ci si era messo davanti senza dire una parola.
“Certo, sono un po’ offeso dalla tua reazione” cercava di fare un tono triste, ma con quel sorriso risultò solo canzonatorio. Sam, infatti, non si preoccupò nemmeno di alzare la testa
“Mi hai fatto ubriacare tanto da dimenticare anche cosa sia successo, questa è la reazione più gentile che possa offrirti”
“Hey, non scaricare tutto su di me! Sei tu che hai continuato a bere, e tu che hai insistito per venire a casa mia”
Falso, ma di certo non hai disdegnato la mia proposta
“E poi non fare il melodrammatico, a me è successo un sacco di volte, e non mi sono mai lamentato”
Questa volta ricevette in risposta uno sguardo assassino, gli occhi affilati che quella mattina sembravano vertere più sul verde rispetto alla sera precedente. Gabe alzò le sopracciglia, un costante sorriso sulle labbra, ma una piccola parte di lui si chiese se non avesse esagerato. Cassy gli aveva raccontato alcune cose su Dean, sul lavoro che faceva prima del bar, e anche di cosa era successo a lui fuori dal locale quella sera. Forse quella situazione era pericolosamente simile ad altre molto meno piacevoli. Fu sulla scia di questo leggero senso di colpa che si voltò, recuperando i boxer dell’altro da terra e lanciandoli verso di lui.
“Cercavi queste?”
Sam le prese al volo, ancora con quello sguardo arrabbiato negli occhi, prima di voltarsi, trovandosi un po’ in difficoltà su come gestire la situazione. Gabe ovviamente non ci pensò nemmeno ad offrirsi di aiutarlo, o a fargli notare che la porta del bagno era appena a pochi metri da lui. Invece si godette la scena di come quel ragazzo troppo cresciuto provasse a vestirsi senza far cadere quell’unico tessuto che nascondesse la sua nudità alla vista. Prima provò a portarselo alle spalle, cercando di infilare le mutande prima che precipitasse, ma quello cadde immediatamente, lasciando a Gabe una fugace visione di quel sedere perfettamente disegnato. Poi le infilò con una mano sola, rischiando di cadere a terra nel tentativo di infilarvi la prima gamba. Purtroppo questo secondo tentativo riuscì, e il ragazzo fu finalmente libero da quel tessuto troppo ingombrante. Si voltò verso di lui, lo sguardo severo e la mano alzata che lo indicava, quasi fosse un padre che sgridava il figlio
“Questa storia non esce da questa stanza, chiaro?”
Gabriel ci provava davvero a concentrarsi, ma quel fisico scolpito non faceva che distrarlo, quei pettorali, gli addominali che disegnavano una V perfetta, e accompagnava lo sguardo proprio verso…
“Gabriel!”
Il biondo sbatté le palpebre un paio di volte, non facendo assolutamente nulla per nascondere cosa stesse ammirando
“Tranquillo, sono bravissimo a mantenere i segreti”
Questo non solo è falso, è un’enorme stronzata
Gli unici segreti che Gabriel era in grado di mantenere riguardavano le feste a sorpresa o i regali super imbarazzanti. O i regali che si trasformavano in fidanzati, a quanto pareva.
Sam annuì, anche se non del tutto soddisfatto, e tornò a vestirsi
“Dunque, cosa vuoi per colazione? Dovrei avere ancora una torta al cioccolato, oppure-”
“Non resterò per la colazione, né per nient’altro”
“Come vuoi, sei tu che ci perdi”
Sam lo ignorò, finendo di vestirsi e uscendo dalla stanza. Doveva ricordare più di quanto diceva perché si avviò verso l’uscita senza nessuna esitazione.
“Che ne pensi di stasera, allora? Conosco un locale carino qui vicino…”
“No!” fu più aggressivo del necessario. Se ne accorse e cercò di cambiare tono, non che la cosa avesse sconvolto Gabe.
“Quello che… quello che è successo non si ripeterà, chiaro? Ce ne dimenticheremo e non ne parleremo mai con nessuno, come se non fosse mai successo”
Gabriel non perse il suo sorriso malizioso nemmeno per un secondo
“Come preferisci pasticcino”
Sam lo incenerì con lo sguardo, si vedeva che avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma ci rinunciò, uscendo dalla porta e chiudendosela alle spalle senza nemmeno salutarlo.
Gabe sospirò, prima di estrarre il cellulare dell’altro dalla tasca della vestaglia. L’aveva visto poco prima abbandonato sul comodino. Era stato lui a portarlo a casa, quindi non aveva una macchina con cui andarsene, e avrebbe dovuto chiamare un…
La porta si riaprì, due occhi da cucciolo fecero il loro ingresso, prima di tornare affilati. Prese il telefono dalla mano di Gabriel, la mascella rigida, la voce robotica.
“Grazie”
Chiuse nuovamente la porta prima che l’altro avesse il tempo di ribattere. Non che avesse intenzione di farlo, era riuscito solo a perdersi l’ennesimo sorriso malizioso.
Tornerà, lo fanno sempre.
 
 
 
Il primo giorno Gabe non si preoccupò, anzi nemmeno lo aspettava. Neanche il secondo si aspettava di vederselo spuntare davanti alla porta di casa. Il terzo ci sperava già un po’ di più, ma non troppo. Questa non era una delle sue solite conquiste, persone disperate che venivano immediatamente ammaliate da lui, o dai suoi soldi. Sapeva che uno come Sam avrebbe richiesto più lavoro. Doveva lasciarlo marinare per bene.
Fu solo dopo una settimana che cominciò a perdere la pazienza. In sua difesa, aspettare non era uno dei suoi innumerevoli talenti. Riuscì a resistere altri due giorni, prima di prendere in mano la situazione e pensarci lui stesso.
Forse Sam era troppo per bene per fare il primo passo. Sì, aveva solo bisogno di una spintarella.
Il problema era che non aveva il suo numero, né tanto meno il suo indirizzo. Quindi dovette trovare un modo per rimediare, fortunatamente suo fratello si scopava la persona più vicina a lui.
Entrò senza bussare, come suo solito, insomma perché avere delle chiavi se non le puoi usare?
Cassy era sul divano, un libro fra le mani, che si preoccupò di nascondere immediatamente sotto un cuscino non appena lo vide sulla soglia. Il biondo era riuscito ad intravedere una copertina bianca con una specie di cerchio dorato al centro, ma non aveva tempo per focalizzarsi su queste cose al momento, quindi finse di non averlo notato
“Cassy! Quanto tempo”
Lo vide aggrottare la fronte confuso, a volte si chiedeva come avesse fatto una persona del genere a laurearsi in medicina
“È passata poco più di una settimana…”
Finalmente, o forse era meglio dire per sfortuna, quei pochi neuroni addetti alle interazioni sociali cominciarono a funzionare, e quello sguardo confuso divenne presto supponente e guardingo
“Che cosa vuoi?”
“Ma che modi sono di trattare il tuo fratello preferito?”
“Tu sei il mio unico fratello”
Il ragazzo si limitò a muovere una mano nell’aria, come se la cosa non fosse importante, mentre si faceva strada nell’appartamento per poi sedersi sul divano al suo fianco, schivando il nascondiglio del libro di pochi centimetri, vide Cassy sbiancare per mezzo secondo. Forse avrebbe dovuto interessarsene dopotutto.
“Allora, dov’è il tuo fidanzato?”
Quelle sopracciglia scure si aggrottarono di nuovo
“Dean?”
“Cos’è, ne hai più di uno? Sì, Dean, perché non è qui?”
“È uscito con Sam”
Gabriel faticò per impedire ai suoi occhi di illuminarsi
“E dove sono andati?”
Lo vide aprire la bocca per rispondere, ma si bloccò prima che ne uscisse alcun suono.
Oh, eh dai! Proprio ora devi cominciare a sospettare?
“Perché vuoi saperlo?”
“Oh, niente di che, una piccola questione fra me e lui”
“Quale questione?”
“Da quando sei così impiccione?”
“Da quando mio fratello, a cui non è mai importato nulla di Dean, improvvisamente vuole parlarci per una questione urgente”
“Non ho mai detto che fosse urgente”
“Allora puoi aspettarlo qui con me”
Gabe fece un verso di frustrazione, sotto lo sguardo vittorioso dell’altro
“Gabe, che sta succedendo?”
“Niente fratellino, solo…”
Sì così, una bella pausa drammatica, e poi un sospiro rassegnato
“Mi preoccupo per te, ora che il suo amato Sammy è tornato avrà meno tempo per stare con te”
Non funzionò bene come aveva sperato, Cassy assottigliò lo sguardo, sospettoso
“Stai dicendo che sei venuto fino a qui per controllare che Dean fosse con me, o andare a cercarlo per fargli una ramanzina in caso contrario?”
“Precisamente”
Il sorriso accomodante che si dipinse in faccia non servì a molto. Sospirò, prima di passare al piano B. Con uno scatto felino infilò la mano sotto al cuscino, agguantando il misterioso libro e tenendolo fuori dalla portata dell’altro. Castiel sgranò gli occhi, lanciandosi verso di lui per riprenderselo, ma il fratello fu più veloce, alzandosi dal divano e lasciando che l’altro si schiantasse su di esso.
“E questo cos’ha di così speciale?”
“Gabriel, ridammelo, subito!”
Castiel si alzò, li separava qualche passo. Il minore era più alto, ma il maggiore era più veloce. Lo guardò, analizzando meglio la copertina e leggendo il titolo
Il principe prigioniero… non sembra un gran ché”
Il moro fece un altro balzo verso di lui, ma Gabe indietreggiò ancora, riuscendo a schivarlo facilmente
“Non vuoi che il tuo fidanzatino lo scopra? O forse nemmeno io posso sapere cosa stai leggendo?”
“Gabriel, dico sul serio”
La rabbia e la voce minacciosa venivano declassate dalla paura. Gabe sfoggiò il suo sorriso malizioso, prima di aprire la pagina dove era stato messo il segnalibro e cominciare a leggere
“Damen non riusciva a credere che sarebbe successo davvero. Con i polsi incatenati sopra la testa-”
“GABRIEL!”
“Allora? Dove sono andati?”
Teneva il libro aperto con una mano, le gambe in tensione, pronte per scappare da un altro attacco dell’altro. Ora nei suoi occhi vi era solo puro odio, riusciva quasi a percepire il fumo che gli usciva dal naso
“Purgatory Bar” ruggì infine
Bingo
Gabe lanciò il libro verso di lui, abbastanza lontano perché dovesse slanciarsi per prenderlo al volo, cosa che sapeva avrebbe fatto, per poi fiondarsi fuori dalla porta, prima che l’altro potesse fermarlo.
Conosceva quel posto, anzi probabilmente ce li aveva portati lui la prima volta. Prese la macchina e sfrecciò verso il locale. Fu solo finché era per strada che cominciò a chiedersi cosa diavolo stesse facendo. Stava letteralmente correndo verso un ragazzo con cui aveva passato una sola notte?
Da quando era lui quello che correva? Anzi, addirittura quello che si metteva alla ricerca di qualcuno? Erano gli altri a cercare lui, erano loro a doverlo inseguire, loro a disperarsi e a cercarlo in ogni angolo della città.
Scosse la testa, cercando di ritornare in sé. Non stava setacciando ogni locale per trovarlo, aveva una singola meta e la stava raggiungendo. E certamente non si stava disperando.
È solo una preda più ardua del solito, dovrai metterci solo un po’ di impegno. Appena un po’.
Riuscì a trovare parcheggio facilmente, anche se un po’ distante dall’entrata, si diede una veloce occhiata nello specchietto. Non pensava sarebbe stato in grado di trovarlo oggi, non si era preparato adeguatamente. Lisciò i capelli all’indietro, sistemò il colletto della camicia viola ed uscì.
Era quasi arrivato all’entrata quando una macchina gli tagliò la strada, rischiando di investirlo. Gabriel imprecò contro la sua vanità, se non avesse sprecato quei pochi minuti sarebbe riuscito ad entrare indisturbato. Cassy scese dall’auto, sembrava ancora furioso
“Ti avevo detto di non provarci con Sam!”
Gabriel era talmente sbalordito che la sua risposta arrivò con qualche secondo di ritardo
“Wow, il tuo spirito di deduzione sta migliorando a vista d’occhio, forse quel Deano non è così male dopotutto”
Aveva superato la macchina, e ora gli era davanti. Quegli stupidi sette centimetri di differenza che sembravano farlo torreggiare su di lui
“Con tutte le persone del mondo, dovevi fissarti proprio con lui?”
Gabe alzò le spalle, lo sguardo ancora divertito
“Al cuor non si comanda”
Castiel lo guardò con sufficienza, prima di sospirare e lasciare che la rabbia si trasformasse in tristezza.
“Gabe, ti prego, con Dean sono felice, non complicare le cose solo per andarci a letto”
Il piccolo demonietto sulla sua spalla sinistra gli suggerì di informarlo che era troppo tardi per quello ormai, l’angelo su quella destra, invece, cercava di farlo ragionare. Di dirgli che aveva ragione, che dopo tutto quello che avevano passato non poteva rischiare di essere la persona per cui si sarebbero lasciati.
Per fortuna (o sfortuna, non lo sapremo mai) i due Winchester erano usciti dal bar proprio in quel momento, impedendogli di decidere chi dei due ascoltare.
Dean sembrava solo confuso, mentre sul volto di Sam riuscì a leggervi puro terrore. Gli era mancata quell’espressione.
“Cas, che succede?”
Il suo povero fratellino era senza parole, facendo scorrere lo sguardo fra loro tre cercando una versione della storia che potesse essere plausibile e adatta alle orecchie di tutti.
“Oh, non è niente Deano”
Puntò lo sguardo su di lui, ma non prima di lanciare un’eloquente occhiata a Sam
“Ero passato a trovarvi, ma quando ho scoperto che eravate già usciti volevo unirmi a voi, e Cassy stava cercando di impedirmelo”
Ci fu un altro scambio di sguardi preoccupati e sospettosi, ma lui li ignorò, finalmente libero di puntare il suo verso il Winchester che gli interessava davvero.
“Allora, beviamo qualcosa insieme?”
I suoi occhi non potevano essere più chiari su con chi stesse parlando. Il diretto interessato aprì la bocca senza parlare, guardandosi intorno a disagio, prima di fare un veloce sorriso imbarazzato che durò appena un secondo.
“No” era stato Castiel a parlare, trascinandolo via per un braccio, mentre Dean cercava ancora di capire cosa stesse succedendo.
“Noi ce ne stavamo andando”
“Anche noi” si affrettò ad aggiungere Sam, poi rivolto al fratello
“Tu torna a casa con Castiel, io ho la mia macchina”
Dicendo questo lanciò uno sguardo a Gabriel, come a chiedergli di accompagnarlo. Il ragazzo fece un sorriso vittorioso
“Sì, Cassy, voi andate, qui ci pensiamo noi”
“Non credo che…”
“Non credi cosa, principino?”
Quegli occhi azzurri lo incenerirono, mentre i due Winchester si scambiavano uno sguardo confuso. Si voltò, ancora infuriato, avviandosi verso il posto del guidatore. Non disse una parola, neanche quando salì in macchina e accese il motore, Dean dovette praticamente correre per salire in tempo.
Gabe era incredibilmente soddisfatto di sé stesso. Guardò Sam, il quale aveva un’espressione indecifrabile
“Finalmente soli”
Il ragazzo lo guardò severamente, prima di avvicinarglisi e prenderlo per un braccio, trascinandolo in un posto più appartato. Si ritrovarono nel parcheggio, poco distante dalla macchina di Gabe. Erano uno davanti all’altro, lontani da occhi indiscreti. Il biondo sorrise malizioso, prima di prendere l’altro per la maglietta e trascinarselo vicino per un bacio.
Sam però si fece indietro, spingendolo lontano da sé. Il ragazzo era unicamente confuso, non c’era nessuno che potesse vederli lì
“Gabriel, dobbiamo parlare”
“Oh, possiamo parlare dopo…” stava camminando verso di lui, la sicurezza persa poco prima di nuovo dipinta sul volto. Sam sospirò, alzando una mano e mettendogliela sul petto, in modo tutt’altro che sexy. Sembrava solo volerlo tenere a distanza.
“Ascolta, mi dispiace se ti ho dato l’idea sbagliata, ma io… non sono interessato”
A Gabe scappò una risata. Nessuno non era interessato.
“Oh, Samuel, non preoccuparti per quei due. Non gli diremo niente”
Cercò di nuovo di avvicinarsi, prendendogli la mano e allontanandola, un lato della bocca alzato, gli occhi che passavano dalle labbra, al collo definito, a quello che sapeva si trovava sotto la maglietta.
Sam fece un passo indietro.
“Non è per questo”
Gabe tornò ad essere leggermente confuso, guardandolo passarsi una mano fra i capelli, i muscoli delle braccia che si tendevano anche con quel piccolo movimento
Ok, nota mentale, smettila di farti distrarre da quei muscoli
“Dean mi ha parlato di te, di come sei…”
“Quindi hai chiesto a tuo fratello di me?”
Tornò a sorridere divertito, ma dentro di lui qualcosa stava cambiando. Quella che sembrava paura gli si stava insinuando sotto la pelle. Sam ignorò quella domanda, e anche i suoi occhi.
“Mi dispiace, ma non voglio una relazione basata sul sesso, io… ho bisogno di qualcosa in più”
Aveva le guance leggermente arrossate. Gabe tornò ad essere confuso
“Intendi qualcosa tipo giochi di ruolo? È un po’ che non lo faccio, ma possiamo…”
“No!”
Tutto quell’imbarazzo diventò improvvisamente decisione. Si vedeva che si stava stancando di ripetersi, e Gabe stava finendo i modi per fingere di non capire.
“Non voglio uscire con te, né fare sesso, tantomeno strani giochi erotici!”
Non stava proprio urlando, ma quel tono gentile di poco prima era sparito. Per un secondo, un solo secondo, Gabe lasciò che la sua delusione si mostrasse sul suo viso. Quello fu abbastanza per far addolcire subito lo sguardo a Sam, la calma che aveva mantenuto fino a poco prima di nuovo a gestire la situazione
“Scusa, non volevo… forse ti ho dato l’idea sbagliata, mi dispiace se ti ho fatto soffrire”
Quei fottutissimi occhi da cucciolo lo stavano guardando come se fosse un pulcino indifeso caduto dal nido.
Gabriel si fece uscire la risata più sguaiata che conosceva dalle labbra, tenendosi la pancia e piegandosi in due. Tenne gli occhi chiusi, continuando a ridere, per poi asciugarsi una lacrima inesistente sul bordo di un occhio
“Woh! Devo proprio ringraziarti, era da tanto che non ridevo così”
Finalmente posò di nuovo lo sguardo su di lui, trovandolo ancora con quegli occhi preoccupati, ma le sopracciglia arricciate in modo strano, come fossero confuse e divertite allo stesso tempo. Gabe si ricompose, sistemandosi la camicia che era già perfettamente in ordine
“Tesoro, nessuno mi fa soffrire. Siamo andati a letto, è stato eccitante e avevo voglia di rifarlo” gli passò accanto, avviandosi verso la sua macchina
“Ma se non è possibile, troverò qualcun altro”
“Oh… ok, allora…”
Lo sentì a malapena, si stava già allontanando mentre Sam era rimasto fermo, sentiva i suoi occhi sulla nuca.
“Tutto a posto fra noi, quindi?”
“Ma certo Samuel” alzò una mano in un saluto veloce “Non preoccuparti”
Arrivò all’auto, vi ci sedette, ma non si mosse. Fissava le altre macchine, di fronte a sé. Interdetto. Confuso. Qualcosa gli si stava muovendo dentro, qualcosa di sconosciuto e poco piacevole.
Delusione.
Insomma, cos’altro potrebbe essere? Una mia conquista mi ha detto di no, non succedeva da… bè, da mai. Ovviamente sono deluso. Deluso e arrabbiato. Si può essere arrabbiati per queste cose, giusto? Sì, è tutto normale. Va tutto bene.
Strinse il volante con forza. Troppa forza. Per colpa della rabbia, ovviamente. Mise in moto, era diretto a casa, ma quelle due emozioni non lo volevano lasciare in pace. Per questo si fermò nel primo locale che trovò lungo la strada.
 
 
 
Lo squillo del telefono gli trapanò i timpani. Gli occhi ancora incollati si rifiutavano di aprirsi, il corpo non collaborava con le istruzioni inviate dal cervello. A dire il vero non era completamente colpa sua, c’erano almeno tre paia di gambe e due di braccia che gli rendevano i movimenti più difficili. Dopo un grugnito esasperato riuscì finalmente ad aprire gli occhi. Il mondo sembrava girare, mentre lo squillo insistente del telefono non aiutava i suoi pensieri a farsi più razionali.
Chiuse nuovamente gli occhi, riuscendo a mettersi seduto, spostando una ragazza dai capelli corti e colorati di azzurro che gli dormiva addosso. Un piccolo conato di vomito gli salì dalla gola, ma niente di troppo preoccupante, almeno fino a che non aprì nuovamente gli occhi. Non era una sua impressione, la stanza stava veramente girando. O meglio, era lui a girare. Insomma, il suo letto.
Si trovava in una delle camere degli ospiti, una delle più eleganti, con divanetti e tavolini dorati, lunghe tende rosse alle finestre, e il suo oggetto preferito, forse dell’intera casa: un letto rotondo che poteva essere azionato per girare su sé stesso.
In quel momento però, quel movimento non faceva che peggiorare il suo stato, lo stomaco che produceva rumori poco rassicuranti e un dolore pulsante alla testa, e quello stupido telefono che non la voleva smettere di squillare.
Spostò un altro paio di corpi dal passaggio verso il bordo del letto (in quel momento non aveva le facoltà mentali per capire quanti fossero). Riuscì finalmente a mettere un piede a terra, ma il letto stava continuando a girare, e prima che potesse poggiarci anche l’altro gli fece perdere l’equilibrio.
Gabe cadde rovinosamente a terra, riuscendo quasi per miracolo ad evitare di rompersi il naso appoggiando le mani appena in tempo. Grugnì, sospirò e si voltò, stendendosi sulla schiena. A quel punto il telefono aveva smesso di squillare.
Ok, potrei avere esagerato un po’… di nuovo…
Gli piaceva bere. Gli piaceva divertirsi. Gli piaceva andare a letto con tante persone, e gli piaceva fare feste stratosferiche.
Non ci aveva mai visto niente di male in questo, cosa poteva esserci di male nel divertimento?
Il problema era che da un po’ non era più lo stesso. Non si divertiva più, o almeno non come una volta. Da un paio di mesi per essere precisi.
Non riusciva a capire cosa fosse cambiato. Frequentava gli stessi locali, lo stesso tipo di persone, beveva gli stessi cocktail. Ma quei posti sembravano essere diventati improvvisamente più squallidi, la gente più noiosa, e l’alcool troppo poco forte per fargli dimenticare.
Dimenticare cosa poi? Uno stupido rifiuto? Ok, non ci era abituato, ma questa era decisamente una reazione esagerata, anche per lui.
Il telefono ricominciò a squillare facendo smettere alla sua mente annebbiata di divagare, e ricordandogli cosa stesse facendo prima di finire a terra.
Fece per appoggiarsi al letto per alzarsi, ma si ricordò in tempo cha stava ancora girando. Grugnì per la terza volta, prima di mettersi in piedi con le sue sole forze e seguire quel suono fastidioso e assordante. Quando lo trovò rispose, senza leggere chi ci fosse dall’altra parte, lasciandosi cadere su uno dei divani
“Spero sia abbastanza importante da interrompere il mio sonno di bellezza”
“Gabriel, sono le tre del pomeriggio”
Il ragazzo alzò le spalle, prima di rendersi conto che il suo interlocutore non lo poteva vedere, e rimediando con un verso di scherno. Lo sentì sospirare
“Allora, vieni stasera?”
“Dipende, chi me lo sta chiedendo?”
“… tuo fratello?”
Gabriel aggrottò la fronte, controllando il nome sul telefono. Era veramente talmente ubriaco da non aver riconosciuto la sua voce?
“Cassy! Mi stai invitando a una festa?”
“No, ti sto invitando a cena, o meglio ti avevo già invitato”
“Oh sì, giusto, ora ricordo”
In quel momento faceva fatica anche solo a ricordare il suo nome
“Qual era l’occasione?”
“… il giorno di Natale?”
“Oh…”
Era già Natale? E quando era successo?
“Ma certo, ci sarò fratellino”
“Bene”
Calò il silenzio, ma l’altro non riagganciò
“C’è qualcos’altro?”
“Ci sarà anche Sam”
Gabe si irrigidì appena, prima di ricordarsi di sfoggiare il suo solito sorriso supponente, e poi realizzare che era al telefono quindi l’altro non poteva vederlo
“E quindi? Non è un problema”
Riuscì quasi a percepire gli occhi del fratello roteare verso l’alto
“So che tu non hai problemi a provarci con chiunque ti si presenti davanti, ma… ti prego, puoi trattenerti? Solo per stasera?”
“Ma certo Cassy, non devi preoccuparti”
“… D’accordo… graz-”
“Ok, a stasera”
Il biondo riagganciò, abbandonando la testa all’indietro, appoggiandola allo schienale del divano, e le braccia con essa. Tanti pensieri sconnessi cercavano di palesarsi nella mente ancora troppo annebbiata dall’alcool.
Perché la prima cosa che aveva pensato dopo aver sentito il nome del Winchester non era stata provarci con lui? Perché non era stato felice di avere un’altra occasione, e invece si era sentito solo… a disagio? Forse addirittura… in imbarazzo?!
Il ragazzo scosse la testa con violenza, alzandosi in piedi e rischiando veramente di vomitare questa volta. No, era solo una nuova… esperienza. Sì, esatto. Stava provando cosa significava essere rifiutati. E faceva schifo.
Ovviamente faceva schifo, come altro dovrebbe essere?
Fece per lisciare una camicia che non indossava, decidendo invece di sistemare i capelli. Poi adocchiò una bottiglia ancora mezza piena abbandonata in un angolo. La prese senza pensarci troppo, e cominciò a bere.
 
 
 
Non era ubriaco. Non strettamente ubriaco almeno. Insomma, camminava dritto, era riuscito a guidare fino a lì senza troppi problemi. L’unico indizio erano i pensieri un po’ sconnessi, e quel piccolo frammento di coscienza che sembrava essersi preso la giornata libera.
Ma non era ubriaco.
Fece il suo ingresso con il suo solito sorriso ed il suo fare plateale.
“Buon Natale!”
Tutti si voltarono verso di lui, Cassy con un’espressione quasi spaventata, non doveva aver sentito le chiavi che giravano nella serratura, il suo Deano sembrava già stanco di guardarlo, quel loro amico, Bobby se non ricordava male, aveva lo sguardo imbronciato, mentre sul volto di Sam si formò un sorriso impacciato. Gabe distolse subito lo sguardo da lui.
Ma che diavolo mi prende?
“Buon Natale”
Cassy fu il primo a ricambiare l’augurio, sembrava un po’ incerto ma finì per andare verso di lui e abbracciarlo.
“Wow, a cosa devo questo trattamento?”
I due si staccarono e solo in quel momento il maggiore lesse la preoccupazione negli occhi dell’altro. Avrebbe preferito non accorgersene.
Aveva provato a migliorare la situazione, ma non doveva esserci riuscito troppo bene. Era riuscito a nascondere le occhiaie col trucco, ma gli occhi arrossati e il viso più magro del solito erano impossibili da nascondere. Sperava che gli invitati si sarebbero concentrati più sul suo completo verde e la camicia rosso sgargiante sottostante, accompagnati da una cravatta con le renne, ma a quanto pareva suo fratello non si faceva sfuggire nulla.
“Hai bevuto?”
“Solo un po’”
Non aveva voglia di ramanzine, specialmente dal suo perfetto fratello minore. Fosse stata una qualsiasi altra occasione avrebbe declinato l’invito, ma passare il Natale insieme era una specie di tradizione, per la loro famiglia era sempre stata una festività così importante. Un suo rifiuto avrebbe solo peggiorato la situazione.
Ringraziò con un cenno del capo gli auguri un po’ mugugnati degli altri invitati, cercando di evitare lo sguardo di Sam.
Evitando? Lo stai evitando?! Vedi di darti un contegno
Per tutta risposta gli si ritrovò seduto davanti. Inutile dire che i suoi buoni propositi sfumarono, mentre si versava un generoso bicchiere di vino. Tanto più che quella bottiglia sembrava essere solo per lui, il resto degli invitati avevano una birra davanti, o un bicchiere di acqua.
Il tavolo era stato spostato in salotto, più spazioso della cucina, sulla sinistra, vicino alle scale, c’era un grande albero pieno di decorazioni e luci colorate, tra una finestra e l’altra erano stati appesi dei festoni dorati, e come centro tavola era stato messo un buffo Babbo Natale.
Gabriel sospirò, rendendosi conto di aver già finito il suo bicchiere di vino e rimediando alla cosa.
La serata continuò tranquillamente, almeno finché il ragazzo era occupato ad evitare lo sguardo di Sam e a finire la bottiglia in un tempo record. Erano arrivati alla seconda portata e Dean si stava vantando del suo arrosto, sotto lo sguardo leggermente meno burbero di Bobby e gli occhi sognanti di Cassy.
Quello stupido ragazzino, con quel suo stupido sorriso soddisfatto, dal quale uscivano stupide parole che lo facevano sembrare solo uno stupido pervertito ubriacone che andava a letto con chiunque si trovasse davanti.
Sì, poteva sembrare vero, ma in realtà c’era un’ampia selezione prima di decidere di portare a casa sua uno sconosciuto. Bè, non molto ampia. Discreta, ecco.
Ma lui aveva dovuto esagerare, aveva dovuto dire a suo fratello che era solo uno stronzo che scopava con chiunque. Per questo non lo aveva richiamato. Per questo era dovuto andare lui a cercarlo, facendogli credere di essere disperato (cosa che non era. Assolutamente) e facendogli perdere l’occasione.
Era l’alcool a parlare, una piccola parte di lui ne era consapevole, ma non quella addetta alla censura fra la sua mente e la sua bocca
“Avresti dovuto fare il cuoco” la voce più alta del dovuto e leggermente strascicata, tutti si voltarono verso di lui
“Sai, invece dello spogliarellista”
Lo vide irrigidirsi, gli occhi verdi che si assottigliavano
“Gabe” aveva cercato di intromettersi Castiel, ma sia lui che Dean lo ignorarono
“Non avevo molta scelta a quel tempo”
Gabriel sorrise, o forse era più simile a un ghigno
“Oh, davvero? Ma dopo non ti sei fatto problemi a sfruttare i soldi di mio fratello”
Sentiva una rabbia irrazionale crescergli dentro, mista a divertimento nel vedere quel volto sempre più paonazzo
“Gabe!”
“Io non l’ho mai sfruttato”
“Ah no? Non sei tornato da lui solo perché ne avevi bisogno?”
“Gabriel!”
“Che c’è?” si era messo più comodo sulla sedia, soddisfatto del suo operato, il bicchiere costantemente in mano, lo sguardo che aveva lasciato Dean per concentrarsi sul moro
“Dico solo che se lo avesse fatto prima avresti un paio di cicatrici in meno”
Calò il silenzio, Cassy aveva sgranato gli occhi, Dean era impallidito
Cazzo, ho esagerato?
Tutti gli occhi erano puntati su di lui, quelli di Castiel sconvolti, quelli di Dean improvvisamente spenti. Gabriel sentiva una sensazione scomoda pungergli la nuca, ma non aveva tempo di analizzarla. Finì il contenuto del bicchiere in un unico sorso, si alzò senza aspettare che fosse qualcun altro a cacciarlo.
“Scusate” il solito sorriso sulle labbra, il solito fare elegante nonostante il mondo avesse cominciato a sembrargli meno stabile da qualche minuto ormai.
Salì le scale e si rifugiò in bagno, prima di appoggiarsi alla porta con la schiena e nascondersi il viso fra le mani
Brutto, stupido idiota
Ok, Dean non gli era mai stato troppo simpatico, ma allo stesso tempo… doveva ammetterlo, suo fratello non era mai stato così felice, e l’ultima cosa che avrebbe voluto era vederlo di nuovo ridotto come…
Cazzo
Si avvicinò al lavandino, aprì il rubinetto dell’acqua fredda e se la buttò in faccia.
Non poteva rimanere lì, non in quello stato, sarebbe uscito velocemente e…
Qualcuno bussò alla porta del bagno
“Gabriel, fammi entrare!”
Perfetto, ci mancava solo lui
“Se è per darmi un pugno in faccia no grazie, ci tengo al mio viso”
Un momento di silenzio. Poi lo sentì sospirare
“Prometto di non picchiarti… anche se te lo meriteresti”
Ora fu Gabe a sospirare. Si asciugò la faccia, per poi andare ad aprire la porta. Quei sette centimetri diventarono improvvisamente ridicoli se confrontati con quelli che lo separavano da Sam. Fece qualche passo indietro per farlo entrare nella stanza, e qualche altro per non doverlo guardare col mento completamente rivolto verso l’alto.
“Sei qui per farmi una ramanzina?”
Sam sospirò nuovamente, irrigidendo le labbra e facendo spuntare quelle due fossette adorabili
Stupide. Non adorabili, stupide!
“Bè, sì a dire il vero… ma, vedendo il tuo stato…  forse avresti bisogno di un po’ di conforto invece”
Gabe gli scoppiò a ridere in faccia. Era una specie di riflesso, quando vedeva qualcuno preoccuparsi per lui. Non aveva bisogno di una fottuta badante, lui stava bene. Stava sempre bene.
“Oh, ti prego, se hai voglia di confortare qualcuno torna pure dal tuo fratellino”
Non funzionò bene come la prima volta. Si ritrovò davanti solo due occhi ancora preoccupati e allo stesso tempo… divertiti?
Il Winchester si fece sfuggire una breve risata dalle labbra, prima di scuotere la testa
“Lo sai, voi due vi assomigliate più di quanto pensate”
Gabriel si portò una mano al petto con fare plateale, spalancando la bocca
“Come osi paragonarmi a quel pezzente?”
Riuscì a strappargli un altro sorriso, che cercò di nascondere passandosi una mano fra i capelli. Anche lui riuscì a sorridere, una sensazione sconosciuta che gli scaldava il petto.
Doveva essere l’alcool. Per forza. O forse un infarto?
“Senti, se non vuoi parlarne con me almeno parlane con un amico, ok?”
Questa volta fu Gabe a sorridere
“Sì certo, magari sono fortunato e la prossima volta mi porto a letto uno psicologo”
Sam sembrò preoccuparsi di nuovo
Oh no, mi sto piangendo addosso? Non credevo di essere così ubriaco
“Sto scherzando ragazzone, uno come me? Ho milioni di amici”
Dicendo questo cercò di superarlo, andando verso la porta, dandogli un paio di pacche sulla spalla, ma l’altro lo fermò, prendendolo per il polso. Gabe si voltò, sinceramente confuso. Erano di nuovo faccia a faccia, quegli occhi da labrador che non volevano lasciare i suoi
“Dammi il telefono”
“Cosa?”
“Avanti, dammi il tuo telefono”
Gabriel aggrottò la fronte, cercando di mantenere la sua aria divertita ma non riuscendo a nascondere la confusione. Glielo porse un po’ esitante, Sam glielo prese dalle mani sfiorando le sue. I ricordi della sera passata insieme gli riaffiorarono prima che potesse fermarli. Quelle stesse mani, forti e decise sul suo corpo, che gli toglievano i vestiti, che si intrecciavano ai suoi capelli.
Gabriel dovette fare uno sforzo enorme per tornare alla realtà, cercando discretamente di sfilare la camicia dai pantaloni per coprire la sua erezione.
“Ecco”
Fortunatamente Sam sembrò non aver notato niente, gli stava porgendo il telefono
“Ora hai il mio numero… se, insomma… se avrai bisogno di parlare con qualcuno”
Gabriel assottigliò immediatamente lo sguardo, facendosi spuntare un sorriso malizioso
“Oh, qualcuno ha cambiato idea su di me?”
Aveva fatto un passo verso di lui, riprendendosi il telefono lentamente e sfiorando, questa volta volutamente, quelle lunghe dita. Lo vide sorridere, forse un po’ imbarazzato, ma anche divertito. Stava quasi per cantare vittoria, quando lo vide indietreggiare
“No, non ho cambiato idea, cercavo solo di essere gentile”
Gabe sbuffò, roteando gli occhi. Quel calore di poco prima sembrava essere stato sostituito da un freddo glaciale, quasi doloroso
Dio, che diavolo ho bevuto stasera?
“D’accordo, accetterò questa scusa”
“Dico davvero, è solo per le emergenze”
“Ok, ok!”
Rimasero in silenzio per qualche secondo, Gabe faticava sempre di più a mantenere quel sorriso divertito. Aveva solo voglia di tornarsene a casa e attaccarsi alla bottiglia, magari di qualche alcolico meno strano, che non gli facesse sentire quelle strane sensazioni che gli si agitavano dentro.
“E se proverai a parlare di nuovo a mio fratello in quel modo non mi tratterrò dal prenderti a pugni”
“Mi sembra giusto”
I due uscirono insieme, ma il piano di Gabriel non era cambiato. Una volta arrivato al piano di sotto diede una veloce occhiata al tavolo, dove era rimasto seduto solo Bobby, mentre beveva la sua birra, appena lo vide lo incenerì con lo sguardo. Gli altri due erano in cucina, Cassy gli accarezzava i capelli sussurrandogli qualcosa all’orecchio, mentre Dean lo stringeva per la vita.
Mi sono preoccupato per niente, neanche la morte sarebbe capace di separare quei due idioti
Si voltò verso Sam, facendogli un veloce segno di saluto, e si defilò.
Arrivò velocemente a casa, forse un po’ troppo, andò in cucina per recuperare la bottiglia che si era pregustato per tutto il viaggio, per poi lasciarsi cadere sul divano. La aprì, la osservo per un po’, l’odore che sembrava scavargli le narici.
Chiuse il tappo e si stese, appoggiando la testa sul bracciolo e prendendo il telefono, la sua mente che già elaborava il messaggio migliore per iniziare una conversazione.
Hey sexy
No, troppo generico, doveva indurlo a rispondergli
Mi sento solo, verresti a confortarmi?
Mmh, no…
Ho veramente bisogno di un corpo caldo con cui scaldarmi, è una vera emergenza!
Perfetto.
Osservò il messaggio, lo rilesse almeno una decina di volte, prima di cancellarlo.
Grazie
Inviò. La risposta arrivò quasi subito
Nessun problema, siamo una famiglia adesso.
Gabe lo guardò, e sorrise. Non per chi lo stava osservando, sorrise per sé stesso. Perché quella sensazione di calore al petto era tornata, ed era tutt’altro che spiacevole.
Chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò.
 
 
 
Freddo. Tanto freddo.
Era l’unica cosa a cui riuscisse a pensare in quel momento.
Un glaciale e pungente freddo.
Riuscì ad aprire gli occhi per miracolo, quasi temeva che le sue palpebre si fossero congelate insieme per sempre. Di fronte a sé una distesa di neve candida, alberi alti e spogli, ed un cielo scuro ricoperto di stelle.
Ok, forse stavolta ho davvero esagerato.
Cercò di mettersi seduto, il dolore alla testa chi gli impediva di ragionare, se non per ricordargli del freddo, della neve ghiacciata che gli aveva bagnato i vestiti, e del suo sedere che vi era ancora a contatto.
Ricordava poco, anche per i suoi standard, solo che l’ultima volta che aveva controllato, era la notte di Capodanno, aveva dato una festa… no, era andato ad una festa. Sì a casa di… ok, no, ricordare il nome era decisamente troppo complicato, e soprattutto uno spreco di energie.
Ma come diavolo ci era finito in mezzo ad una foresta?
Decise saggiamente di ignorare anche quella domanda, cercando invece di concentrare tutti i suoi sforzi sul mettersi in piedi. Dovette aiutarsi appoggiandosi ad un albero, ma ci riuscì, e ancora barcollante cominciò a camminare. Era buio, non aveva idea di dove stesse andando e non riusciva più a percepire la maggior parte del suo corpo.
Gli ci vollero una decina di passi per rendersene conto. Era ancora leggermente ubriaco dopotutto.
Si fermò, la mente ancora annebbiata e i pensieri che gli scorrevano davanti a rallentatore.
Forse è arrivato il momento di chiamare i soccorsi
Mise la mano in tasca, alla ricerca del telefono per chiamare la sua infermiera personale, il suo fratellino. Una piccola parte della sua mente gli ricordò che ancora non si parlavano dopo la cena di Natale, ma in quel momento il rumore dei denti che battevano e la quasi insensibilità delle dita avevano la precedenza.
No, non fu questo a fermarlo, ma il fatto di non trovare il telefono. Né una tasca, a dire il vero. Abbassò lo sguardo su di sé, notando degli eleganti pantaloni neri, una camicia rossa ed un gilet scuro con decorazioni argentate. E nient’altro.
Oh… merda…
Si sfregò le mani, per poi portarle alla bocca e alitarci dentro. Sarebbe andato tutto bene. Era solo in mezzo ad una foresta. Di notte. Senza un telefono, né un modo per scaldarsi.
Ma sarebbe andato tutto bene. Sicuramente.
Insomma, come era arrivato fino a lì sarebbe anche tornato indietro, giusto?
Già, ma come ci era arrivato lì?
Stava ancora cercando di ricordare quando un rumore ed un paio di luci bianche attirarono la sua attenzione. Si voltò appena in tempo per vederla, oltre gli alberi a pochi metri da lui. Una macchina, e una strada.
Oh, grazie a Dio, stavo per cominciare a preoccuparmi
Quando la raggiunse la macchina che aveva visto passare era già sparita, ma a terra trovò qualcosa di molto più utile. O almeno così decise di vederla. Prima della strada c’era una piccola piazzola, sulla neve erano rimasti i segni delle ruote di un’auto, resti di fuochi d’artificio, qualche bottiglia e dei mozziconi di sigaretta, e la sua amatissima giacca.
Gabe si mise a correre per raggiungerla, le gambe congelate che sembravano aver ripreso le forze vedendo una speranza di calore. La raccolse da terra e se la infilò, chiudendo la cerniera e respirandoci dentro per cercare di scaldarsi. Non fu piacevole come si aspettava, era rimasta sulla neve fino a quel momento, sembrava quasi più fredda di lui, ma poco importava. Il ragazzo infilò la mano in tasca e ne estrasse il telefono, fortunatamente ancora dove lo aveva lasciato.
Lo sbloccò, le dita irrigidite che faticavano a rispondere ai comandi, la batteria stava per esaurirsi quindi non perse tempo. Cercò il numero nella rubrica e lo fece squillare.
Aspettò, finché non partì la segreteria.
Merda
Riprovò altre due volte, ottenendo lo stesso risultato.
Oh, Cassy, andiamo! Davvero lavori anche a Capodanno?
Stava per provare di nuovo quando una notifica del telefono lo interruppe.
La batteria era al 4%
Gabe cominciò, finalmente, a preoccuparsi. Il freddo che gli si insinuava nelle ossa, i residui dell’alcool che gli rendevano difficile ragionare. Andò nei messaggi, cercando l’unica altra persona che (forse) sarebbe stata disposta a dargli una mano. Inviò la sua posizione, per poi cercare le parole giuste per far capire che si trattava di un’emergenza.
Che ne dici di ‘è un’emergenza’? Idiota
Cominciò a scrivere, ma il telefono si spense ancora prima che riuscisse a mettere giù una frase di senso compiuto.
“No, no, no!”
Lanciò il telefono, prima di accasciarsi a terra. I vestiti bagnati si stavano congelando, ogni muscolo del suo corpo era irrigidito dal freddo, il respiro gli usciva dalle labbra sotto forma di vapore, non era più sicuro che i suoi piedi fossero ancora attaccati alle caviglie. Fece un respiro profondo, andò a recuperare il telefono per rimetterselo in tasca, per poi lasciarsi cadere a terra, raggomitolandosi su sé stesso.
Avanti Samuel, non mi deludere.
 
 
 
Non seppe quanto tempo era passato. Aveva chiuso gli occhi, finendo per addormentarsi. Quando si svegliò due mani forti lo stavano scuotendo violentemente dalle spalle. Troppo violentemente.
“Hey, vacci piano”
La sua voce uscì tremante e biascicata, faceva fatica a muovere le labbra. Come risposta sentì un sospiro di sollievo. Quella minuscola fonte di aria calda gli fece venire voglia di immergervisi. Gli ci volle un po’ per mettere a fuoco la figura che aveva davanti.
Due enormi occhi da cucciolo lo fissavano preoccupati, incorniciati dai capelli spettinati, così vicini a lui che riusciva quasi a sentirli sul proprio viso. Quasi, perché ormai aveva perso la sensibilità su quasi tutto il corpo
“Cazzo, Gabe! Mi hai fatto prendere un colpo! Credevo che fossi morto!”
Il suo tono faceva trasparire più preoccupazione che rabbia. Il ragazzo provò a dipingersi in faccia uno dei suoi soliti sorrisi spavaldi, ma in quel momento era già tanto se riusciva a rimanere cosciente.
“Sì, be… non mancava molto ormai”
Si pentì immediatamente di averlo detto. Quegli occhi si fecero ancora più preoccupati, le labbra ridotte a due linee sottili. Sam lo fissò per qualche secondo, prima di scuotere la testa con disapprovazione, togliersi la giacca e mettergliela sulle spalle.
“Sei un vero idiota, lo sai?”
“Me lo dicono spesso”
Lo aiutò ad alzarsi, o forse è meglio dire che lo sollevò di peso, Gabe non riusciva praticamente a muoversi. Avrebbe pensato che salendo in macchina la situazione sarebbe migliorata, ma non riusciva a smettere di tremare, anche con l’aria calda puntata addosso.
“Che diavolo ci facevi qui da solo?”
“Bella domanda, appena lo scoprirò sarai il primo a saperlo”
Riusciva a percepire gli occhi dell’altro che saettavano verso di lui ogni volta che ne avevano la possibilità. Non poteva continuare così, odiava vederlo così preoccupato.
“A proposito, dove siamo?”
“Non molto lontani, non preoccuparti”
Fantastico, ho fatto peggio
“No, non intendevo…”
Dio, ma che mi prende? Ok, sono quasi morto congelato, ma cerca di darti un contegno!
Era facile a dirsi, quando il suo corpo non faceva altro che tremare, i muscoli che non rispondevano prontamente ai comandi
“Non sono preoccupato”
Ok, continua così
“Mi stavo divertendo”
Lo sentì respirare con tanta violenza da ricordargli un toro infuriato. Gabe si morse la lingua, azzardandosi a lanciargli uno sguardo furtivo. Sembrava tutto fuorché tranquillizzato dalle sue parole.
Oh, al diavolo! Lascia che si preoccupi, è il minimo dopo avermi respinto!
Nemmeno lui era convinto delle sue stesse parole, ma lo aiutarono a distogliere lo sguardo, facendolo concentrare maggiormente sul suo tentativo di riscaldarsi, sfregando le mani fra loro e stringendosi il giubbotto sulle spalle. I giubbotti. Indossava ancora quello di Sam.
Non risollevò lo sguardo per tutto il resto del viaggio, che fortunatamente si rivelò abbastanza breve come aveva detto l’altro. Stava per scendere dalla macchina quando, nonostante il buio, si rese conto di un problema fondamentale.
“Questa non è casa mia”
“No”
Sam si stava togliendo la cintura, facendo per scendere dall’auto
“È la mia”
Se non fosse stato più vicino alla forma di ghiacciolo che a quella di essere umano, Gabe sarebbe arrossito.
No, no. No! Non è da lui arrossire per così poco. Non era arrossito, era solo… sorpreso! Esatto, sorpreso, perché lo aveva portato da lui dopo quello che gli aveva detto?
E poi arrossire non è un’emozione, idiota
Cercò di zittire la sua stessa voce, mentre l’altro aveva fatto il giro dell’auto per aprirgli lo sportello
“Perché…?”
Non aveva la forza di entrare nei dettagli, voleva solo capire
“Perché è più vicina, ancora non hai smesso di tremare”
“Oh…”
Delusione? No, no. Comprensione. Sì, ora ho capito il motivo. È così che ci si sente quando si capisce, giusto?
Ancora una volta Sam lo accompagnò, sostenendo quasi tutto il suo peso. Erano nel parcheggio di un condominio, non sembrava un gran ché. Anzi, era piuttosto malmesso
“Tu vivi qui?” si fece sfuggire, fortunatamente il tremore nella sua voce nascose il suo disgusto
“Sì”
Fece una pausa, cercando le chiavi per aprire il portone. Bè, portone era esagerato. Una porticina in legno che sembrava sarebbe caduta con un soffio era più accurato
“Dean mi ha aiutato con l’università, non potevo chiedergli altri soldi” continuò mentre salivano le scale cigolanti “Se non avessi trovato un lavoro non sarei riuscito a permettermi nemmeno questo posto”
Wow, quindi è questa la vita da poveri?
Fortunatamente non dovettero fare troppi piani, Sam lo portò fino ad una porta col numero 4, una volta al suo fianco doveva esserci una C, ma ormai la lettera era talmente sbiadita da essere quasi invisibile.
Entrarono, e ancora una volta il calore da cui sperava di essere invaso non arrivò
“Dio, perché qui sembra essere più freddo che fuori?”
Gabe cominciò a sfregarsi le braccia, cercando un caminetto o qualcosa con cui riscaldarsi. Non trovò nulla in quel ridicolo monolocale, se non un letto troppo piccolo per una persona della statura di Sam, una cucina striminzita ed un piccolo tavolino quadrato.
“Devi spogliarti”
Il biondo si immobilizzò, voltandosi verso il Winchester
“Samuel, apprezzo l’offerta, ma non mi sembra il momento…”
“No!”
Lo vide arrossire fino alla punta dei capelli, le mani davanti a sé a sottolineare il suo dissenso
Calmati principessa, è chiaro che non mi vuoi
“Non intendevo… il modo migliore per scaldarti è fare un bagno caldo, quindi…”
Gabe riuscì finalmente a dipingersi il suo solito sorriso malizioso sulle labbra. O almeno questo era il suo intento, con la faccia congelata non sapeva bene come risultasse visto da fuori
“Tutto chiaro, Raperonzolo”
Si guadagnò un’occhiata tagliente con quel commento, ma almeno l’imbarazzo sembrava sparito.
“Tu… mettiti comodo, vado a scaldare l’acqua”
Ci mise un po’, anzi decisamente troppo. Gabe se ne rimase raggomitolato su un angolo del letto per tutto il tempo, Sam gli aveva avvolto una coperta intorno ma non aveva migliorato molto la situazione. Finalmente l’acqua si scaldò, la vasca si riempì ed il ragazzo poté immergervisi.
L’acqua sembrò ustionarlo, sentiva la pelle bruciargli, era come tanti piccoli aghi. Ci mise un po’ ad abbandonarvisi, ma finalmente riuscì a rilassarsi e a tirare un respiro di sollievo. Rimase ammollo per almeno un’ora, la pelle ormai arrossata, le dita che si muovevano nuovamente, i muscoli che avevano smesso di contrarsi.
Uscì dalla vasca solo perché l’acqua stava cominciando a raffreddarsi, asciugandosi più velocemente che poté per non perdere quella magnifica sensazione di calore che in quel momento gli sembrava la cosa migliore del mondo.
Si vestì con i vestiti che gli aveva lasciato Sam, un paio di pantaloni della tuta troppo lunghi ed una felpa enorme.
Gabe si guardò nel piccolo specchio arrugginito, stentando a riconoscersi. Il viso era ancora pallido, evidenziando le profonde occhiaie che gli solcavano gli occhi, le labbra più blu che rosa, e quegli stupidi vestiti troppo larghi che lo facevano sembrare ancora più piccolo e indifeso di quanto già non si sentisse.
Sospirò, cercando quantomeno di rendersi presentabile, sistemando i capelli all’indietro e arrotolando le maniche della felpa. Quando uscì dal bagno Sam si alzò immediatamente in piedi, quasi dovesse correre a soccorrerlo per aiutarlo a reggersi in piedi.
Fantastico, non potrei essere più patetico di così neanche se ci provassi
“Come ti senti?”
Gabe cercò di smetterla di autocommiserarsi, raddrizzando la schiena e sfoggiando un sorriso sicuro di sé
“Una favola! Quel bagno è stato un tocca sana, ci hai messo qualche olio per caso?”
Come risposta ricevette solo un sopracciglio alzato, ed uno sguardo supponente. Gabe decise di abbandonare il sorriso, e anche quella stupida recita. Si lasciò cadere sul letto sotto lo sguardo dell’altro
“Come sto? Un vero schifo, ecco come. Ho male in ogni singolo osso del corpo, continuo ad avere dei brividi di freddo, le mie mani non la smettono di tremare, la testa mi sta facendo impazzire e quel poco di alcool che mi è rimasto nello stomaco non fa che rivoltarmelo tanto che vorrei solo vomitarlo fuori”
Era stanco e provato, non ce la faceva ad essere il solito festaiolo che tutti conoscevano, non in quel momento. Fece un respiro profondo, sentendo Sam sedersi al suo fianco. Non voleva guardarlo, non ne aveva il coraggio, tanto più con quello che stava per dire
“E mi sento un vero idiota per essere quasi morto congelato sul ciglio della strada, senza sapere nemmeno come ci sono arrivato”
Calò il silenzio, Gabe si rifiutava di staccare gli occhi dal pavimento. La presenza dell’altro era talmente pesante, ma allo stesso tempo… confortante. Non sembrava giudicarlo, né deriderlo. Stava semplicemente lì, al suo fianco. Quando si mosse Gabe trattenne il respiro. Gli mise una coperta sulle spalle, massaggiandogli appena la schiena.
Poi le sue mani entrarono nel suo campo visivo. Quelle enormi ed eleganti mani che prendevano le sue. Erano calde e delicate, e talmente grandi da riuscire a far sparire le sue al loro interno. Sam se le portò vicine, accompagnandole verso le sue labbra e soffiandovi dell’aria calda, continuando a proteggerle fra le proprie.
Gabe non aveva potuto fare altro che seguire la scena con gli occhi, la bocca socchiusa, il cuore che gli galoppava nel petto, quel freddo che lo faceva rabbrividire fino a poco prima sembrava già un lontano ricordo.
Quegli occhi da cucciolo, che quella sera avevano deciso di essere ambrati, lo fissavano di rimando. E non erano cambiati di una virgola. Lo guardavano con lo stesso affetto, con la stessa attenzione e dolcezza che vi aveva visto la prima volta. Quando indossava i suoi vestiti firmati, quando il suo viso era truccato, sorridente e perfetto.
Ma come diavolo era possibile?
Ora era un vero disastro, come un pulcino caduto dal nido, non la solita aquila fiera che tutti sono abituati a vedere. Come poteva guardarlo ancora in quel modo?
“Va meglio?”
Gabe tornò alla realtà, quella voce che sembrava più roca del solito gli fece correre un brivido lungo la schiena. Si limitò ad annuire, senza distogliere mai gli occhi da quelli dell’altro.
“Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo? Un tè o-”
“No”
Rispose con troppa urgenza, lo sapeva, e non provava neanche a immaginare come fosse il suo sguardo in quel momento. Il fatto era che non voleva che l’altro lasciasse le sue mani. Sentiva come se, se lo avesse fatto, quel calore, quell’amorevolezza sarebbero spariti per sempre.
Sam annuì appena
“Ok”
Lo sapeva. Lo sapeva che sguardo aveva negli occhi. Lo stesso che vedeva in tutte le persone che riusciva ad ammaliare alle feste e nei locali. Quello stupido sguardo che gli faceva capire di aver vinto, che la sua preda era ormai sotto il suo controllo.
Ma lui non era mai quello a dare quegli sguardi. Lui li riceveva. Sempre.
E ora…
Gabe trovò la forza di allontanarsi da lui, ritirando le mani
“Anzi, ripensandoci, forse una tazza di tè non sarebbe male”
“Oh… uhm, sì certo”
Sam si alzò, e quel posto vuoto al suo fianco lo fece sentire ancora più vuoto rispetto a poche ore prima, quando si era svegliato da solo in mezzo ad una foresta.
No, no. Che diavolo stai dicendo? Smettila di pensare certe cose
Si accoccolò su sé stesso, tirando la coperta che aveva sulle spalle e avvolgendosela intorno. Rimasero in silenzio fino a ché la teiera fischiò, Sam gli portò il tè e se ne versò una tazza anche per sé. Questa volta si sedette su una sedia, che aveva portato vicino al letto (non che distasse molto in ogni caso).
Gabe avvolse le mani attorno alla tazza, ma quel calore non era neanche lontanamente paragonabile a quello delle mani dell’altro. Si diede dell’idiota per l’ennesima volta, prima di sospirare e trovare il coraggio di parlare
“Grazie”
“Di nulla”
Aveva risposto in automatico, come farebbe un cameriere al bar. Gabe sospirò di nuovo
“No, io intendevo… grazie per avermi… aiutato”
“Oh…”
Sembrava quasi averlo sorpreso. Sì, insomma, sapeva anche lui di essere un idiota, ma veramente pensava che non si rendesse conto che gli aveva letteralmente salvato la vita?
Lo vide imbarazzarsi, quel sorriso che continuava a spuntare e sparire dalle sue labbra, sembrava quasi un tic nervoso. Era adorabile
“Non preoccuparti… insomma, il messaggio che hai inviato era un po’ criptico…”
“Sì, mi è morto il telefono prima che potessi scrivere altro”
“Oh!”
Ora l’imbarazzo era diventato sorpresa, e forse anche… comprensione? Aveva capito solo ora quanto si trovasse nella merda più totale, che non avrebbe potuto chiamare nessun’altro neanche volendo.
“E perché hai scritto a me?”
“Mio fratello non rispondeva”
“Oh”
A Gabe scappò un sorriso all’ennesimo ‘oh’ dell’altro. Prese un sorso del suo tè, sforzandosi per non fare una faccia schifata. Odiava il tè, in realtà odiava qualsiasi bevanda calda, ma il suo stupido corpo non voleva smetterla di tremare quindi avrebbe dovuto fare uno sforzo.
“Se vuoi posso metterlo in carica… il telefono, intendo”
“Sarebbe grandioso”
Sam gli lanciò un altro sorriso veloce, prima di alzarsi e recuperare il carica batterie, tornare in bagno dove l’altro aveva lasciato i vestiti ad asciugare, e attaccarlo alla spina vicina al letto. Gabe ci provò con tutte le sue forze ad evitare di fissarlo, ma i suoi occhi sembravano muoversi contro la sua volontà. Anche lui indossava una semplice felpa e dei pantaloni della tuta (che però ovviamente gli stavano a pennello), ma c’era qualcosa in lui… anche vestito in quel modo sembrava incredibilmente sexy.
Quando anche il Winchester si voltò verso di lui Gabe distolse subito lo sguardo, prendendo una sorsata esagerata della disgustosa bevanda, e finendo per bruciarsi la lingua e la gola.
“Tutto ok?”
“Sì”
Non riusciva più a celare il suo odio per quel liquido caldo fatto di stupide foglie, si alzò dal letto, abbandonandoci sopra la coperta e rabbrividendo nuovamente, per poi posare la tazza sul tavolo
“Sai, ripensandoci caricherò il telefono a casa, grazie per l’aiuto comunque, ora potresti chiamarmi un taxi?”
“Cosa? Non se ne parla”
Gabe spalancò la bocca sorpreso, aggrottando le sopracciglia
“Come, scusa?”
“Stavi per congelare, hai le labbra ancora blu e non la smetti di tremare, non ti lascio solo”
Per la prima volta nella sua vita si ritrovò senza parole. Non sapeva come replicare, non credeva nemmeno di aver capito il senso di quello che l’altro gli stava dicendo.
“Ormai sono le cinque del mattino, riposati un po’, domani… o meglio, quando ti sveglierai vedremo cosa fare”
Gabe si limitava a fissarlo a bocca aperta, l’unica azione che il suo corpo era ancora disposto a fare era sbattere le palpebre
“Hai… hai solo un letto”
Si limitò a fargli notare quando riacquistò il dono della parola
“Io resterò sveglio, non preoccuparti”
Non glielo stava chiedendo, glielo stava ordinando! Da quando Gabriel, il re delle feste si faceva dare ordini? E perché diavolo quella situazione non lo stava né facendo arrabbiare né eccitare?
Sentiva qualcosa di completamente diverso, ma familiare. Lo stesso calore che aveva provato a Natale, grazie ad uno stupido messaggio.
C’era solo una spiegazione possibile.
Dev’essere magia nera, o forse qualche strana droga nel tè
Nonostante questi pensieri che gli affollavano la mente, Gabe si lasciò accompagnare fino al letto, che per inciso distava sì e no tre metri da dove stavano, ma il ragazzo era talmente sconvolto che Sam era stato costretto a guidarlo fino a lì, finì anche per rimboccargli le coperte. Gli occhi dell’altro però rimasero spalancati.
“Cerca di dormire”
Gabe annuì e si voltò dall’altra parte, il suo cuore che aveva iniziato a battere più velocemente del normale. Credeva che sarebbe stato impossibile per lui addormentarsi, invece pochi secondi dopo la stanchezza prese il sopravvento.
Ma solo per qualche minuto, o almeno così gli sembrò.
Si risvegliò di nuovo tremante, le mani congelate, una parte di lui gli suggerì che si trovava ancora in quella foresta sconosciuta, da solo, in mezzo alla neve.
Il fatto che Sam lo avesse salvato doveva essere stato un sogno, del resto era molto più credibile rispetto al fatto che una persona che ti conosce appena segua le indicazioni fino ad un posto in mezzo al nulla e ti porti a casa sua, preparandoti un bagno caldo e dandoti i suoi vestiti.
Era molto più plausibile che il suo cervello avesse ideato quella fantasia disperata, prima di congelarsi insieme al resto del corpo.
E poi lo sentì. Un corpo caldo contro la sua schiena, quelle braccia muscolose e amorevoli, tutt’altro che minacciose nonostante la loro ridicola lunghezza, che lo stringevano, il respiro caldo che gli accarezzava il collo. Gabe sentì il proprio corpo rilassarsi, i brividi che diventavano sempre più sporadici fino a sparire
“Va meglio?”
La voce era la stessa di prima, calda, roca, gentile, preoccupata. Quelle enormi mani che cercavano le sue, racchiudendovele all’interno, come un piccolo tesoro da proteggere.
Il ragazzo si limitò ad annuire, lasciandosi stringere da lui. Lasciandosi coccolare. Lasciando che qualcun altro si prendesse cura di lui in quel modo così intimo e gentile.
E finalmente riuscì a dormire davvero.
 
 
 
 
Angolo Scrittrice
Bè, che dire… Non mi sarei mai aspettata di scrivere di questa coppia, ma è stato più divertente di quanto pensassi. Personalmente non sono una grande fan della Sabriel, ma, come già detto, la colpevole è una mia amica.
Spero comunque che vi sia piaciuto e vorrete leggere il seguito :)
   
 
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