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Autore: Krgul00    24/04/2022    0 recensioni
Charlie è una donna con dei segreti stufa che questi la tengano lontana da suo padre, l'unica persona che può chiamare famiglia. Tornata al suo paese natale per ricucire il loro rapporto, Charlie si troverà coinvolta con l'affascinate nuovo sceriffo.
Ma ancora una volta, il non detto rischia di mettere a repentaglio ciò che ha di più caro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO DICIOTTO
La stanza interrogatori – già piccola – parve restringersi ulteriormente quando Matthew Allen fece il suo ingresso. Non tanto perché la sua presenza fosse ingombrante – era un uomo piuttosto ordinario: d’altezza media, sulla cinquantina, con capelli brizzolati, un viso spigoloso ed iridi di un anonimo castano, incorniciate da occhiali da vista squadrati, abbastanza spessi, in verità, che poggiavano su un naso aquilino – quanto, piuttosto, per il suo modo di fare. Sembrava come imporre la sua presenza grazie all’aurea di potere che pareva trasudasse.
Il suo completo d’alta sartoria e il Rolex che portava al polso non facevano nulla per mitigare quell’impressione; inoltre, si muoveva e camminava con una sicurezza propria di chi sapeva che nulla poteva scalfirlo.
Magari, si sarebbe potuto pensare che fosse un pomposo pallone gonfiato, e anche Charlie, la prima volta che l’aveva visto, aveva pensato lo stesso, salvo poi ricredersi non appena aveva aperto bocca.
Il sorrisetto che pareva curvasse sempre le sue labbra non era un sorriso di scherno o superbia, ma l’evidenza del fatto che l’uomo non si prendesse mai troppo sul serio.
Anche in quel momento, infatti, un luccichio divertito illuminava qui piccoli occhi castani.
“Buonasera.” Salutò, per poi allungare una mano verso Ryan Clark e presentarsi: “Matthew Allen.”
Il fatto che non accennò in alcun modo all’importante carica che ricopriva per il governo sottolineò ancor di più l’autorevolezza del suo ruolo: non aveva bisogno di dirlo, sapeva che gli altri tre uomini nella stanza ne erano già stati informati e che non avrebbero potuto ignorare quel dato di fatto nemmeno volendo.
Dai documenti che aveva fornito all’accettazione, entrando, infatti, era risultato che Matthew Allen non fosse un semplice impiegatuccio qualsiasi, bensì il responsabile del dipartimento per la difesa nazionale interna.
Salutò Luke e, infine, si rivolse a Logan. “È un vero piacere conoscerti, finalmente.” Disse con una familiarità che lasciò l’altro perplesso; perplessità che non fece altro che aumentare quando vide l’occhiolino confidenziale che le rivolse.
Charlie avrebbe alzato gli occhi al cielo per la poca discrezione del suo superiore, se non fosse stato che – come le succedeva da quando aveva detto di amarla – si perse a fissare Logan.
Seguì la linea del suo profilo, scendendo lungo il suo collo e soffermandosi sulle sue spalle. S’immaginò di togliergli la giacca, sbottonargli la camicia al di sotto e di posare le mani sul suo petto caldo e solido. Sicuramente, si sarebbe anche sporta in avanti per posarvi la bocca e baciargli ogni singolo lembo di pelle e, al solo pensarci, gli formicolarono le labbra.
Smettila. Si disse, riscuotendosi dalle sue fantasie per la milionesima volta.
Era al limite della tortura stare nella stessa stanza con quell’uomo e non poterlo toccare. Ormai aveva perso il conto delle volte in cui s’era trattenuta dall’alzarsi, andargli incontro, affondare le sue dita nei suoi capelli scuri e avvicinarlo a sé per unire la sua bocca con la sua.
Si fece violenza e distolse lo sguardo, che ricadde in quello di Luke, fisso su di lei. E s’accorse di come in quegli occhi vi infuriasse una battaglia sanguinosa, tra l’evidenza dei fatti – ora aggravanti con l’arrivo di Matthew – e l’affetto che provava per lei.
Perché Charlie sapeva che Luke le voleva bene, così come sapeva che, difronte agli eventi, non poteva far altro che dubitare di lei. E quella nuova svolta non faceva altro che aggravare i suoi sospetti. Nemmeno per un secondo gli venne in mente – così come a Ryan – che l’uomo fosse venuto per scagionarla. D’altronde non aveva fatto nemmeno una chiamata…
Non sapevano che, inserendo i suoi dati personali all’interno di un qualsiasi database, Matt ne veniva immediatamente informato; quindi, Charlie non aveva avuto bisogno di alzare alcuna cornetta telefonica, la registrazione del suo arresto era stata più che sufficiente.
In ogni caso, la presenza di Matthew, oltre a render Ryan ancora più nervoso - iniziò a giocherellare con il bottone del suo polsino – lo fece diventare anche estremamente collaborativo.
“Siamo felici che lei sia qui, signor Allen. Non pensavo che la questione fosse d’interesse nazionale.” Iniziò, osservando l’altro avvicinarsi al tavolo, verso di lei. “Ce la stiamo cavando piuttosto bene, non c’è da preoccuparsi. Abbiamo arrestato anche altre tre persone e stiamo preparando un blitz nel magazzino dove sappiamo viene depositata la droga. Siamo stati aiutati, in verità; una fonte anonima ci ha fornito abbastanza materiale per poterli condannare tutti. Quindi, come può vedere, abbiamo tutto sotto controllo.”
Era divertente come Clark stesse parlando di lei – la fonte anonima – senza nemmeno rendersene conto.
La nota d’orgoglio nella sua voce s’affievolì, quando lo sceriffo continuò: “Stavamo giusto cercando di avere più informazioni dalla signorina Royce – la indicò, a mo’ di presentazione – ma pare non voglia collaborare.”
Matt si tolse il cappotto raffinato, poggiandolo sul tavolo, s’infilò le mani nelle tasche dei pantaloni del completo e tornò a guardare il suo interlocutore con tutta tranquillità. “Immagino che la colpa sia mia, sceriffo. Non è niente di personale, ovviamente, è solo il protocollo.”
“Come?” Chiese Ryan, non capendo a cosa l’altro alludesse.
Ma Matthew lo ignorò e, per la prima volta da quando aveva varcato la soglia, la guardò. I suoi occhi si soffermarono brevemente sul taglio che aveva allo zigomo, prima di parlare.
“Nottata difficile?” Commentò con un sorrisetto canzonatorio.
“Sei in ritardo.” Si limitò ad osservare Charlie, con divertimento eguale al suo; doveva ammetterlo, era felice di rivederlo.
L’uomo si strinse nelle spalle. “Ho dovuto sbrigare più d’un mese di lavoro in poche ore, a causa del casino che hai combinato.” Lei si limitò ad alzare un sopracciglio biondo, come per fargli notare che, se si trovava in quel casino, la colpa era anche la sua. “Si, si lo so.” Brontolò, infatti, Matt, perfettamente consapevole di come stavano le cose.
“Ho sistemato tutto, comunque. Ho dovuto chiedere un bel po’ di favori per ottenere un risultato in così poco tempo ma, alla fine, la tua richiesta è stata approvata.”
Il sollievo la pervase e il peso che aveva sempre portato sulle sue spalle sparì. Se non fosse stata seduta, probabilmente avrebbe avuto un bel giramento di testa per la forza di quella sensazione.
Con la sua richiesta di trasferimento finalmente approvata, le sembrò d’esser libera. Libera di relazionarsi come meglio credeva con gli altri e libera da regole troppo condizionanti.  
La bocca di Charlie si schiuse in un sorriso pieno di riconoscenza. “Grazie, Matty.”
L’uomo sbuffò, come sempre quando usava quel nomignolo.
Naturalmente, la familiarità della loro interazione non passò inosservata e furono interrotti da Ryan che si schiarì la gola.
Era visibilmente sorpreso che i due si conoscessero, e ancor più attonito di come il tono di Allen non fosse affatto quello di un uomo che, finalmente, si confrontava con una criminale a lungo ricercata. Perché era questo quello che l’aveva spaventato, vedendosi arrivare un gregario del ministero dell’interno, nientemeno, ed uno anche piuttosto importante.
Aveva creduto che Charlie – così come Ruiz e gli altri che avevano arrestato – fosse coinvolta in qualcosa di molto più grande di ciò che s’aspettavano. Qualcosa che aveva attirato anche l’attenzione del governo.
Effettivamente, non si poteva negare che avesse ragione.
Matt le rivolse un’occhiata interrogativa e Charlie colse immediatamente la domanda inespressa che le stava rivolgendo: Vuoi farlo davvero?
Perché una volta che la verità fosse stata svelata, non si sarebbe più potuti tornare indietro. E lei non voleva tornare indietro, voleva solo guardare avanti.
Perciò, come un imperatore che dava il suo assenzo a procedere, con un secco cenno della testa, Charlie pose fine alla realtà che aveva condizionato la sua vita fino a quel momento e Matt fu il boia che tirava fuori la scure per porre fine allo spettacolo.
I suoi occhi, inevitabilmente, si posarono, ancora una volta, su Logan; perciò, non si perse un solo momento della sua reazione alle successive parole di Matthew.
 “Signori, siamo tutte persone di legge, perciò sono sicuro di poter contare sulla vostra discrezione. L’agente speciale Royce lavora per me.” Rivelò, sganciando quella bomba come se nulla fosse e arrivando dritto al punto in modo chiaro e coinciso, senza poter essere frainteso. “Immagino, non ci sia bisogno d’aggiungere che dovete rilasciarla all’istante.”
Riuscì ad avvertire il sussulto che sopraffece Luke e Clark; eppure, Logan non tradì alcuna sorpresa.
In piedi, con le braccia conserte al petto, l’uomo si voltò verso di lei e Charlie sentì il suo cuore palpitare sotto il suo sguardo.
“Intende…” Luke deglutì prima di continuare. “I servizi segreti?”
“Non ho mai detto questo.” Precisò di rimando l’altro.
“Ma ho ragione, giusto?”
Matthew sogghignò, impudentemente. “Non mi è consentito parlare delle questioni di cui si occupa il mio dipartimento.” Disse, rispondendo, inevitabilmente, alla domanda del vicesceriffo.
Ma l’altro non lo stava più ascoltando, troppo preso dal suo stupore. “Cristo santo. I servizi segreti! Charlie, non ne avevo idea…”
“Certo che no.” Assentì lei con voce gentile e, finalmente, dopo ore, si alzò dalla sua sedia.
Luke le venne subito incontro e Charlie si sentì male per lui alla vista di tutto il dispiacere nel suo sguardo. Gli prese una mano, per rassicurarlo.
Si conoscevano da sempre - certo, dopo che aveva compiuto quindici anni non si erano più parlati, ma c’è qualcosa di speciale nei legami che si instaurano nell’infanzia. Luke le era sempre piaciuto e non poteva far altro che comprenderlo.
“Hai fatto solo il tuo lavoro.” Gli regalò un sorriso d’incoraggiamento che, però, non parve funzionare; anzi, sembrò solo sortire l’effetto opposto e l’uomo la tirò a sé per un abbraccio.
Non disse niente. La strinse forte, però, come a volerle trasmettere tutto il tormento che s’era portato dietro da quella mattina e tutta l’angoscia di quella situazione.
Aveva saputo, fin da quando era entrata in quella stazione di polizia e non aveva visto il suo solito sorriso impertinente, che Luke avrebbe preferito trovarsi ad anni luce di distanza piuttosto che lì. In ogni caso, non s’era sottratto ai suoi doveri e aveva preso la decisione che, ovviamente, andava contro ai desideri del suo superiore e amico.
Sicuramente, aveva anche creduto che, così facendo, l’avrebbe protetto da una donna che si stava solo approfittando di lui.
Quando la lasciò andare fu il turno di Clark di farsi avanti. Più nervoso che mai, si schiarì la gola diverse volte prima di parlare: “Signorina Royce.” Arrossì, per poi correggersi. “Charlie, ti chiedo scusa per questo imperdonabile equivoco. Io e mia moglie saremmo più che felici di averti per cena una sera di queste. È il minimo. Sono sicuro che sarai entusiasta della sua torta salata.”
Si potevano dire molte cose di Charlie Royce ma, dicerto, non che fosse incomprensiva o che portasse rancore.
Suo padre l’aveva creduta una criminale, e lei l’aveva compreso.
Annabelle King l’aveva odiata, e lei l’aveva compreso.
Anche quando, in una delle loro prime interazioni, Logan si era infuriato con lei – a torto – aveva compreso.
Ed anche ora, davanti ad un uomo con delle responsabilità di non poco conto, che si scusava per un errore fatto in buona fede, lei capì.
Dopo aver chiesto a Matt se si fermasse a cena con loro, Charlie si concesse di guardare lo sceriffo di Lake Rock e l’energia tra loro fu talmente tanto evidente e crepitante che, in tutta fretta, gli altri tre uomini inventarono una scusa per lasciare quella stanza che sembrava diventare sempre più soffocante, di secondo in secondo.
“Ho visto tuo padre di là, è meglio che vada a parlargli.” Disse Matthew.
“Vengo anche io, voglio sentire come stanno Maddie ed Annabelle.” S’accodò Luke.
“Anche io ho… uhm…del lavoro da fare.” Balbettò Ryan.
Una volta soli, come animati di vita propria, i piedi di Charlie la portarono dritta tra le braccia di Logan, il quale, naturalmente, non rimase con le mani in mano. Si incontrarono a metà – seppur breve - strada e finalmente i loro corpi furono saziati dal bisogno di un contatto.
Entrambi parvero tirare un sospiro di sollievo a quel tocco tanto atteso, come se avessero appena appagato un bisogno da tempo trascurato.
Lei gli poggiò le mani sul petto e rimase per un attimo incantata ad osservare le sue dita giocherellare con il tessuto delicato della sua camicia, mentre Logan le avvolse un braccio intorno alla vita, attirandola a sé.
Le prese a coppa una guancia, stando bene attendo a non toccare il livido viola che la deturpava, e subito la mano della donna si posò sulla sua, in una lenta carezza.
Charlie chiuse gli occhi, inspirò il suo delizioso profumo e inclinò la testa d’un lato, avvicinandosi sempre di più a quel contatto e affidandosi alla sua solidità.
S’abbandonò ad un sorriso, quando sentì la punta del naso di lui accarezzare il suo, in un tocco intimo e delicato.
“Ciao.” Fu tutto quello che riuscì ad articolare.
“Ciao, tesoro.” Mormorò lui di rimando e Charlie schiuse languidamente gli occhi per godersi la vista del suo sorriso obliquo, tutto per lei.
“Ti fa male?” Le chiese in un sussurro, sfiorando la ferita poco sotto al suo occhio sinistro.
Lei si scostò, quel tanto che bastava per baciargli il palmo della mano, prima di sospirare: “Solo un po’.”
Vide la scintilla di rabbia farsi strada in quelle iridi scure, ma Charlie non le permise d’attecchire e, alzandosi in punta di piedi, posò le labbra sulle sue.
Erano quasi due giorni che non si toccavano, non si baciavano, non si avevano e lei non voleva certo che passasse quel tempo rimuginando su tutte le punizioni fisiche – irrealizzabili – che avrebbe desiderato infliggere a Peter Cox.
Lo assaporò lentamente, come si fa quando s’assaggia qualcosa che riporta ad un altro momento, a ricordi dal sapore di felicità. Ma lei non aveva bisogno d’affidarsi a memorie passate, tutta la gioia che poteva mai aver desiderato era proprio lì, nel suo presente, a distanza d’un bacio.
Quando la sua lingua disegnò la curva del suo labbro inferiore, con un gemito, l’uomo schiuse la bocca per accoglierla e, ancora una volta, si incontrarono.
“Anche io ti amo, cowboy.” Sussurrò lei sulla sua bocca e il suo cuore iniziò a battere furioso; era la prima volta in assoluto che pronunciava quelle parole.
Sentì Logan sorridere. “Lo so.”
S’abbassò di nuovo verso di lei e, all’inizio, quel bacio fu lento, come se entrambi volessero prendersi il loro tempo, ma poi l’ardente coinvolgimento della passione li rese frenetici e insaziabili.
Dita femminili si fecero strada tra ciocche scure e mani maschili reclamarono ogni curva di quel corpo di donna. Le accarezzarono il collo, i seni, la schiena e il sedere, facendoli sprofondare sempre più in un vortice di piacere, dal quale nessuno dei due voleva fare ritorno.
Charlie sentì il suo corpo accendersi, come un fiammifero, e bruciare come fiamma viva. Buttò la testa all’indietro, dandogli libero accesso al suo collo e Logan ne seguì la linea con le labbra e la lingua.
Una sorta di febbre li travolse, lasciandoli senza difese e facili prede del loro bisogno sempre più impellente.
Non s’accorse nemmeno di avergli sfilato la camicia dai pantaloni, seppe solo che, quando riuscì a toccare la pelle nuda della sua schiena, il sollievo la travolse. Seguì la linea della sua spina dorsale e sentì la forma ben definita dei suoi muscoli.
Non ebbe nulla da ridire quando l’afferrò sotto le cosce e la sollevò, perché Charlie ne approfittò subito per avvinghiarsi a lui con braccia e gambe.
Le parve assurdo che fossero ancora completamente vestiti, ormai anche il più piccolo strato di stoffa avrebbe dovuto esser diventato cenere.
“Dovremmo fermarci.” Mormorò Logan sulla sua pelle, facendosi strada più giù, verso l’invitante avvallamento dei seni di lei, senza accennare a voler seguire il suo stesso suggerimento.
“Si.” Ansimò, e nemmeno la stessa Charlie seppe dire cosa davvero intendesse con quell’unica sillaba. Un incoraggiamento a procedere oppure un assenso alle sue parole?
Perciò in un lampo di lucidità riuscì ad aggiungere: “Dovremmo fermarci.”
Ma lo trattenne a sé, stringendo tra le mani la sua giacca come se ne andasse della sua vita, e si ritrovò seduta sul tavolo, con Logan tra le sue gambe, quando un rumore sordo all’esterno ricordò loro dove fossero.
Solo allora lo lasciò andare.
Entrambi ansanti, guardarono la porta, come adolescenti impauriti e non poterono fare a meno di scoppiare a ridere alla vista dell’espressione l’una dell’altro.
Si scambiarono ancora un bacio, prima di cercare di rendersi nuovamente presentabili.
Nessuno dei due disse nulla sulla rivelazione che Matthew Allen aveva portato con sé.
Charlie non gli chiese della sua reazione – o meglio, non reazione – e Logan non fece domande in merito al suo lavoro: non ne aveva mai fatte, perché iniziare adesso?
Sapevano entrambi qual era l’unica cosa che contasse, e così sarebbe sempre stato.
   
 
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