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Autore: ester_potter    26/05/2022    1 recensioni
[Kei Tsukishima/Tadashi Yamaguchi] [1.7k words]
Soulmate!AU in cui ogni individuo nasce con addosso le parole che gli permetteranno di riconoscere la propria anima gemella.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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I genitori di Yamaguchi hanno saputo di essere anime gemelle sin dall’infanzia – fanno parte di quella piccola ma fortunata percentuale di persone che si sono trovate subito –, e sono maledettamente smielati, appiccicosi e innamorati. Vederli insieme tutti i giorni gli ha dato un’idea di come dovrebbe essere sentirsi completi, condividere la propria vita. Ma non si illude di poterlo replicare, né tantomeno crede di volere una cosa del genere per sé stesso. Non è mai stato un tipo romantico. Quanto più impaziente.

E neanche la sua anima gemella deve essere romantica, a giudicare dalla parola scritta dietro la spalla destra di Yamaguchi. A volte si ritrova in bagno con lo specchio grande alle spalle e uno specchietto tenuto dritto davanti a sé per osservarla meglio, quasi sperasse che nella notte sia comparso qualcosa in più, una qualche variazione, qualunque cosa specifica abbastanza da aiutarlo a riconoscere la sua anima gemella.

Ma ogni giorno è una delusione: c’è una sola parola, e non è nemmeno incoraggiante. Si sforza di convincersi che, se non sarà parte del bersaglio di quell’appellativo spiacevole, non ha motivo di preoccuparsi.

 

“Sfigati”

E puntualmente, Yamaguchi fa parte del suddetto bersaglio. Per qualunque bambino della sua età sarebbe un incubo, sentirsi rivolgere così dalla propria anima gemella, ma Yamaguchi è troppo frastornato per rendersene conto.

Colui che ha pronunciato quella parola non ha usato un tono sprezzante, ma indifferente. Distaccato. Ed è con quell’unica parola che Yamaguchi si innamora di lui. Non sa chi sia o come si chiami – e non ha neanche la prontezza di riflessi di fermarlo per ringraziarlo. Non riesce a muovere un muscolo. È come ipnotizzato da quella figura esageratamente slanciata per un bambino di terza; lo rapiscono i capelli biondi e la pelle pallida, in contrasto con gli occhiali neri dalle lenti spesse. E poi gli occhi, così nocciola chiaro da sembrare gialli. Eretto in tutta la sua noncuranza sembra un gigante.

Quando pochi giorni dopo si decide a dare una svolta alla sua vita e iscriversi a pallavolo – spinto proprio dalla dimostrazione di coraggio che gli ha dato la sua anima gemella senza nemmeno conoscerlo –, stenta a credere alla fortuna che gli capita. O forse era destino. Fatto sta che se lo ritrova davanti, e stavolta reagisce per tempo.

“Ah, scusa!” gli dice con un solenne inchino. “Grazie per l’altra volta!”

Quando si volta a guardarlo, Yamaguchi sente le gambe tremargli per l’emozione.

“Ci siamo già visti?”

... Okay, non è quello che potrebbe definirsi un buon inizio. Ma Yamaguchi non si fa scoraggiare e decide che può lavorarci.

E lo fa.

Per i primi anni della loro amicizia è dura per lui, poi alle medie si ritrovano finalmente nella stessa sezione e da lì è tutto in discesa. Diventano inseparabili. Il pomeriggio si recano spesso a casa l’uno dell’altro, studiano insieme e giocano a pallavolo. Quando non hanno voglia o piove passano i pomeriggi a guardare anime, oppure ognuno nel proprio angolino della camera in solitudine: Yamaguchi steso sul letto a leggere e Tsukishima seduto alla sua scrivania con le cuffie, che scarabocchia pensieri e bozzetti. Si prestano libri, manga, CD. A mensa, per i corridoi e il cortile, non si vedono mai l’uno senza l’altro. In un certo senso, si può dire che siano già una coppia, come sua madre fa notare a Yamaguchi, giusto per il gusto di guardarlo mentre le sue guance si tingono di un rosso acceso e gli occhi vagano ovunque meno che in direzione di lei.

Yamaguchi non avrebbe mai pensato di diventare come i suoi genitori, e invece succede proprio questo. Adesso li capisce. Capisce il desiderio di voler stare sempre con Tsukishima, anche solo per stare in silenzio nella stessa stanza. Capisce l’opinione alta e la stima incondizionata che nutre nei suoi confronti. Capisce la gelosia e il senso di protezione. La completezza e la serenità. Una volta arrivato a quel punto, è difficile farne a meno.

Passano cinque anni, Tsukishima diventa “Tsukki” e nessuno dei due tocca l’argomento “anime gemelle” neanche una volta. Yamaguchi deduce di non aver detto ancora niente di significativo che possa fargli aprire gli occhi, ma va bene così. Non ha fretta: gli basta essere il suo migliore amico, almeno per ora. Gli basta sapere di essere l’unico che sia mai riuscito ad avvicinare il serio e spigoloso Kei Tsukishima, il ragazzo il cui cognome significa “luna”, ma che per Yamaguchi brilla come il sole.

Durante il ritiro estivo, però, quel sole sembra spegnersi. All’inizio Yamaguchi gli lascia i suoi spazi come ha sempre fatto. Sa cosa stia passando Tsukki per via di quello che è successo a suo fratello, sa ciò che si porta dentro e le motivazioni del suo comportamento. Ma arriva un momento in cui non riesce più a fare finta di niente.

“Ultimamente sei un vero sfigato”

È questo che gli dice per iniziare. Se ne pente nel momento stesso in cui pronuncia quelle parole, ma non si ferma. Sbotta, riuscendo ad evitare di sputare fuori i suoi sentimenti per un pelo, in mezzo a quel macello di rabbia e dispiacere.

“Sei alto, intelligente e hai un buon istinto... Perché hai deciso che non puoi andare oltre?”

Il viso di Tsukki si deforma per il disagio di essere messo alle strette proprio dal suo migliore amico fra tutti, finora sempre così mite. È la prima volta che Yamaguchi lo vede perdere la sua solita facciata impenetrabile.

“Se mi impegnassi a fondo e diventassi il migliore del Karasuno... cosa accadrebbe? Se anche riuscissimo ad arrivare ai nazionali, cosa ci sarebbe dopo? C’è sempre qualcun più in alto. Anche ottenessi qualche risultato... non diventerei mai il numero uno!”

Adesso anche Tsukki sta urlando. “Prima o poi perderò! E questo lo sapete anche voi! Quindi cosa vi spinge ad andare avanti!?”

C’è così tanta indolenza e così tanta rassegnazione nella sua voce, che Yamaguchi finisce per perdere tutta la calma che gli era rimasta. Vede il suo migliore amico, il suo idolo, la sua anima gemella buttarsi giù da solo e auto sabotarsi, e nel vedere questo vede sé stesso che prova a fare un servizio decente per la sua squadra. Si rivede mentre prova, prova e prova, senza mai riuscire in ciò che vuole. E l’unica cosa che pensa è che non è giusto. Se solo lui avesse la metà del talento naturale di Tsukki, farebbe miracoli. E lui lo ama, su questo non ha dubbi. Lo ama dalla prima volta che lo ha visto, con tutto sé stesso. Ma Tsukki è un idiota. Un idiota e un ingrato. Ed è giusto che gli vada detto.

Prima di rendersene conto lo ha afferrato per la maglia della divisa.

“E cos’altro dovrebbe essere se non il nostro orgoglio!?”

È strano, litigare con lui. Strano, orribile e anche un po’ catartico. E certo, Tsukki potrebbe prendere quest’affronto sul personale e allontanarsi per sempre da lui, ma Yamaguchi urla lo stesso, sbattendogli in faccia il suo errore perché glielo deve. Salvandolo da quei bulli, anni addietro, Tsukki gli ha insegnato la lezione più importante della sua vita: credere in sé stesso. Perciò, è giusto che ora Yamaguchi faccia la stessa cosa per lui, perché nessun altro si prenderà la briga – o piuttosto, troverà il coraggio – di fargli aprire gli occhi e mettergli un po’ di sale in zucca.

“Non pensavo che questo giorno sarebbe arrivato”

Tsukki non ha ancora finito di parlare che Yamaguchi è tornato in sé. Si rende conto solo ora di quanto gli sia vicino, dei loro fiati che si mescolano e della maglia stretta con violenza nel suo pugno. Se indietreggia di scatto non è perché si pente di ciò che gli ha detto, ma perché si sente scoperto, vulnerabile. Non ha idea di che faccia abbia in questo momento, ma qualcosa gli dice che i suoi sentimenti gli si leggano in faccia.

“Quand’è che sei diventato così fico?”

Il cuore di Yamaguchi smette di battere. Deve aver capito male.

“Sei fico”

No, okay, ha sentito benissimo. Forse è Tsukki ad essere impazzito.

“Tsukki, ma... che ti prende?”

Resta impalato a guardarlo a bocca semi-aperta, la mente piena di interrogativi.

“Vado a domandare una cosa” dice Tsukki a un tratto.

Gli dà le spalle e fa per andarsene. Ma non lo fa. Passano un paio di secondi, prima che si giri nuovamente verso di lui.

“Ma prima...”

In soli due passi gli è di nuovo davanti, gli prende il viso tra le mani e...

Oh. Oh, okay. Cavolo. Wow.

Il suo primo litigo con Tsukki ha condotto al suo primo bacio. Riderebbe, se non avesse la bocca impegnata. Si è immaginato questo momento innumerevoli volte negli ultimi otto anni, lo ha temuto e desiderato, ma non avrebbe mai pensato che gli sarebbe venuto così naturale. Gli avvolge le braccia al collo mentre Tsukishima fa la stessa cosa intorno alla sua vita ed è tutto qui. Si incastrano come pezzi di un puzzle, proprio come blateravano le maestre di Yamaguchi in classe per spiegare la questione delle anime gemelle. Ha sempre pensato che fosse una similitudine piatta e banale. Invece è pazzesco. È qualcosa di insuperabile.

Perciò manda al diavolo tutto, l’incazzatura, il Karasuno e la pallavolo, e lo bacia con tutto l’entusiasmo che si porta dentro da una vita. Non sa per quanto tempo vadano avanti, ma quando si staccano hanno entrambi il fiato corto. Un leggero venticello estivo gli scompiglia i capelli, mentre si perde in quegli occhi luminosi, accesi. Di nuovo accesi, per lui.

Tsukki ricambia il suo sguardo, la fronte appoggiata contro la sua. Poi sorride a denti scoperti – il che è così raro che Yamaguchi è certo che una moltitudine di farfalle si stia librando in volo nel suo stomaco.

“Mi hai riconosciuto” dice con un filo di voce.

“Guarda che avevo già capito che eri tu” ridacchia Tsukki.

Beh, accidenti: a saperlo, Yamaguchi gli avrebbe urlato addosso prima.

“E perché non l’hai detto?” domanda, mettendo su un broncio infastidito che però non ha l’effetto sperato, a giudicare dalla morbidezza dello sguardo di Tsukki.

“Avevo paura”

Yamaguchi lo guarda con scetticismo.

“Sono umano anch’io, cosa credi?” ribatte Tsukki, prima di togliergli il fiato con un altro bacio.

“Grazie” mormora poi sulle sue labbra.

E se ne va così, come se niente fosse. Yamaguchi si ricorda di respirare solo dopo parecchi secondi. Poi arriva la consapevolezza di ciò che è appena successo. Si volta per tornare da dov’è venuto con un sorriso che gli si allarga in faccia passo dopo passo, per poi esplodere in una risata euforica che culmina in un salto.

Da quel giorno non cambia molto: Tsukki e Yamaguchi continuo a camminare fianco a fianco come hanno sempre fatto fino a quel momento. Nessuna nota differenze.

Se non che ora camminano mano nella mano.

 

Angolo Autrice
Sono consapevole che sia una cagatella, ma abbiate pazienza: sto scrivendo ‘sto mondo e quell’altro per un po’ di fandom diversi – non che me ne lamenti, dato che questo è forse il mio periodo più produttivo in non so quanti anni –, e più di così proprio non poteva venirmi.
Quindi niente, questo vi beccate: un tributo easy sui miei preferiti del Karasuno (e di tutto Haikyu in generale) perché ci tenevo troppo e mi mancano (grazie, rewatch in italiano).
Vi ringrazio e mi scuso per aver sproloquiato.
Alla prossima
   
 
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