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Autore: Frances    07/09/2009    2 recensioni
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
[Rufus x Tifa]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rufus Shinra, Tifa Lockheart
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Parte II - Prince

 

Voci, occhi, passi. Ormai il suo mondo era quello, tutto ciò che colorava quella stretta grata nella porta, illuminando la cella con un fioco fascio di luce.

Aveva imparato a riconoscere il passo cadenzato del Turk dai capelli rossi quando si avvicinava, anche se ormai le sue visite erano sempre meno frequenti. Un giorno aveva visto soffermarsi su di lei un paio di scuri occhiali neri, un altro le era parso che la voce che sbraitava di volerla fare a pezzi poco lontano lungo il corridoio fosse proprio quella di Scarlet.

Tifa non era riuscita a trattenersi dal sorridere. Quella donna se l'era meritato.

Quando sentì il brusio dei soldati sostituirsi al silenzio, stava cercando per l'ennesima volta di ignorare il cemento sotto la schiena che sembrava conficcarsi in ogni centimetro della sua pelle scoperta.

Erano sussurri concitati che manifestavano un'agitazione generale.

« E' davvero una maledetta ispezione?»

« Non ci voleva!»

« Senza preavviso!»

« Dicono che il Presidente abbia mandato il principe in persona! Non bastavano i Turks e i dannati SOLDIER di Prima Classe! Il vecchio Presidente manda pure Rufus in carne ed ossa, qui a Midgar e...!» quelle parole si persero fra le altre pronunciate più ad alta voce.

Tifa si sedette in un angolo, mentre osservava tutte quelle sagome che si affrettavano da una parte all'altra nel vano tentativo di sistemare le cose in quel sudicio corridoio di celle, e sentiva i lamenti seccati degli altri prigionieri che si ritrovavano già svegli ad un'ora così insolita.

Non venne nessuno a svegliare lei, né a dirle di darsi un contegno, invece di starsene così accucciata nell'angolo lurido della cella. Forse avevano davvero imparato ad ignorarla e si erano abituati ai continui colpi che scuotevano l'ingresso della sua prigione.

Quella mattina si sentiva troppo sfinita per dare sfogo alla sua frustrazione, chiunque fosse venuto a supervisionare l'ala delle prigioni. Se fosse stato il Presidente in persona, non avrebbe trovato neppure un briciolo di forza per piazzargli in faccia il pugno che si meritava.

Beh, per sua fortuna, non si trattava di nessun Presidente.

I passi svelti che animarono l'andito qualche ora dopo le fecero battere le palpebre. La luce guizzava fra le sbarre dandole fastidio agli occhi ed il chiasso faceva male alle orecchie.

Ma erano voci che biascicavano suoni incomprensibili, voci di uomini che chiedevano di essere apprezzati anche per il lavoro che non portavano a termine correttamente.

Eppure ce n'era una nuova.

Era una voce giovane che incuteva un timore genuino ed imponeva un rispetto quasi assoluto. Le sue domande erano concise ed esigevano risposte immediate.

Nessuno di quegli uomini che si trovavano dalla parte scomoda di dover rispondere osava usare modi troppo colloquiali e sembrava quasi che anche in quelle risposte stringate in cui decidevano di mentire, la verità uscisse fuori comunque, loro malgrado.

« Va così nelle prigioni, signore.» stava dicendo uno dei soldati, con tono servile « Si lamentano e aspettano. Dormono e mangiano. Noi facciamo la guardia.»

« Fate la guardia?» l'esigente esaminatore interruppe una serie di passi. La domanda improvvisa sembrò lasciare tutti di stucco.

« ...si.» il tono con cui il soldato rispose diede l'idea che la risposta gli sembrasse fin troppo ovvia « E' il nostro lavoro. Facciamo ciò che ci viene ordinato.»

« Mi sembra giusto.» sentenziò il nuovo arrivato, riprendendo ad avanzare « Per quante ore di seguito ciascuno?»

Ci fu una pausa imbarazzata prima che una delle guardie iniziasse:

« Sett...» si interruppe da solo, deglutendo « Cinque.»

Quell'interrogatorio durò fin troppo perché Tifa riuscisse a seguirlo tutto con attenzione. Parlavano con troppa disinvoltura dei nauseabondi affari della ShinRa, e si rifiutò di starli ad ascoltare.

Eppure non poté fare a meno di sollevare lo sguardo quando vide la sagoma sconosciuta avvicinarsi, e raggiungere infine la sua cella: il giovane si fermò un attimo di fronte alle sbarre, in silenzio. Uno dei soldati farfugliava qualcosa di imprecisato riguardo a stipendi e Turks senza voglia di lavorare, e quest'ultimo particolare veniva accennato con un palpabile timore nella voce, e non si accorgeva neppure di essere completamente ignorato.

Tifa colse per un attimo un leggero bagliore in due grandi ed ambiziosi occhi azzurri, ma il principe, così lo avevano chiamato, le concesse solo un'occhiata distratta, e mentre lasciava che lo sguardo vagasse verso il pavimento ai suoi piedi, sembrò essersi già completamente dimenticato di lei.

Il contatto con Rufus ShinRa si interruppe fin troppo in fretta perché Tifa riuscisse a classificare l'espressione decisa che si leggeva nei suoi occhi.

Eppure, mentre sentiva che i suoi passi si allontanavano mischiandosi all'arrancare viscido dei soldati, si sentiva fermamente convinta di poter riconoscere quello sguardo fra qualsiasi altro.

E si chiese perché riuscisse a sembrarle così inspiegabilmente attraente e disgustoso al tempo stesso.

Lo odio. Lo odio quanto la ShinRa e tutto il resto.

   
 
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