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Autore: An13Uta    20/06/2022    0 recensioni
Rocco lo guarda con una devozione infinita ed un sorriso che forse sarebbe ancora più dolce se lo uccidesse per davvero, e sa perfettamente che glielo lascerebbe fare.
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Genere: Dark, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Adriano, Rocco Petri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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dalla parte del manico.






Adriano Meis è un bel nome, e Adriano Meis è un bell'uomo.

Gli ricorda un fiume; ne vede il corso nelle movenze fluide, ne sente la canzone nella voce roca da cui riesce a cavare suoni levigati quanto ciottoli; si trasforma in rapide e cascate mozzafiato durante lotte e gare, e quando si rilassa, quando chiude gli occhi d'acquamarina, seduto o sdraiato, gli ricorda la molle fisionomia di una foce a delta che si espande verso la sabbia dell'oceano.

E visto da sotto, così, con la schiena arcuata, la testa che pende sopra la sua, le mani lunghe e rettangolari aperte difianco al suo collo, è davvero bellissimo.


Rocco lo guarda sorridendo, la mente annebbiata come se fosse stato drogato, e canta per lui gemito dopo gemito mentre fanno l'amore.

Gli piace da impazzire dirlo così – fare l'amore. Forse è una cosa un po' infantile, la sua insistenza nell'usare questa formula invece che altre ben più spicce e dirette, ma gli piace come suona, cosa implica. Come se avessero preso una qualsiasi cosa appicicosa da far schifo, fango, argilla, sabbia bagnata, e l'avessero plasmata a mani nude fino a farla diventare amore.


Quando fanno l'amore Adriano lo fissa dritto negli occhi, serio e cupo come la morte, con uno sguardo come se lo volesse ammazzare.

Rocco lo guarda con una devozione infinita ed un sorriso che forse sarebbe ancora più dolce se lo uccidesse per davvero, e sa perfettamente che glielo lascerebbe fare.


Alza a fatica le mani (le sente pesanti, pesanti, come macigni) per accarezzargli le guance ben rasate, sentirle sotto i palmi, infilare le dita tra i suoi bei capelli che gli ricordano certe pietre preziose, certe giade, avventurine, amazoniti, certe acque lacustri rese quasi verdi da alghe filiformi.


“Adriano,” lo chiama, mugolante, con la lingua secca e crepata, “Adriano...”


Adora il suono di Adriano Meis, adora come gli scivola sulla lingua con un salto, come un ruscello che emerga da un territorio carsico e incappi contro un sasso prima di procedere fluido: aDRiano meis, aDRiano meis.

Gli ha confessato una volta che gli piace da morire dire il suo nome – farlo cadere dalle labbra come una piccola frana, simile a sassi calciati giù da una discesa, Roc-co Pet-ri, Roc-co Pet-ri, senza un suono dolce neanche a pregarlo.

Quando fanno l'amore si scambiano di elemento, si trasformano l'uno nell'altro; Adriano diventa inflessibile, rigido, indistruttibile, lo tiene ancorato dov'è con la sola forza della sua presenza oppressiva mentre affonda, affonda, affonda; Rocco diventa malleabile, liquido, docile, l'intero corpo che tremola come gelatina con ogni nuovo colpo e che sa solo prendere, prendere, prendere.


“Adriano,” guaisce appena con uno scivolio nella pronuncia, una sbavatura, la bocca che saliva senza controllo, “Adriano, ho sete...”


Adriano non lo accarezza, non ci prova nemmeno; le unghie graffiano appena il la mandibola quando la afferra, e quando lo bacia con la bocca aperta invece di guarire la sua arsura la peggiora, succhiando via tutto quello che ha da offrire, bava e sangue e acquolina e qualsiasi altra cosa possa strappargli dalla carne per lasciarlo vuoto e deserto più di prima. Si tira indietro per respirare, colpisce ancora; Rocco canta le sue lodi con un suono che gli viene quasi dalle clavicole, e il suo amante digrigna i denti quasi contro il suo mento come un Mightyena inferocito e lo guarda, lo guarda con degli occhi che fanno paura, degli occhi che vogliono che la mano che senza accorgersene è andata sulla gola dell'altro stringa forte finché o il collo gli si spezzi o smetta di respirare.

Cerca di chiamarlo ancora, ci prova, ma la sua bocca è così arsa che la voce gli esce a malapena con un filo d'aria, e Adriano ringhia contro la sua pelle e si allunga appena in modo che siano faccia a faccia, che veda come lo fissa con un'astio incomprensibile.


“Ti voglio ammazzare,” sibila con tutto il male e la bile che può avere.

Rocco ricambia il suo sguardo con uno assolutamente, inequivocabilmente innamorato pazzo, e con un sorriso e un tono così lascivamente onesto e madido di adorazione supplicante gli dice: “Fallo.”


Le belle dita di Adriano gli afferrano i capelli e tirano finché il collo non si inarca completamente e gli occhi arrivano a fissare la testata del letto e lo colpisce, lo sperona, si infila così profondamente e così forte nel suo corpo da far male, e ancora Rocco non grida, non grida, spalanca la bocca riarsa ma non grida, e la voce gli esce morbida e alta ma non grida.

Adriano continua, continua, continua – e poi, quando sente che sta per esplodere, si tira indietro, esce; stringe il corpo a quello dell'amante, il viso piantato nel suo collo, si strofina contro di lui con la stessa foga, ma ora non è più arrabbiato, non è più furioso.


“Rocco,” lo prega, lo supplica, “Rocco, basta, per favore, per favore, Rocco – Rocco, per favore-” lo dice con un gemito, con i denti stretti e gli occhi lacrimosi, come se lo stessero costringendo, “Rocco – ti prego, ti prego, per favore, basta, basta, Rocco, basta, mi fa male, Rocco, ti prego, ti prego...”


Non lo sente, non lo ferma. Lo cinge nelle braccia pesanti, lo blocca dov'è, perso nella sua estasi, incurante, mentre ancora l'altro si struscia contro di lui con tutta la forza che ha.


“Ammazzami,” gli ordina mormorando, sognante.

“Rocco, ti prego, basta, ti prego...”

Stringe le ciocche d'avventurina tra le dita: “Ammazzami.”


Adriano digrigna i denti e sbatte di nuovo dentro con un grido strozzato come se lo stesse pugnalando.

E Rocco urla.


Finalmente.


Per un momento crede sul serio che quella sensazione calda e gocciolante che gli invade la pancia sia sangue che cola.

Ma Adriano mugola appena e gli passa le mani tra i capelli, respirando ancora con affanno, innamorato, innamorato per davvero, innamorato quanto lui. Nel loro letto non ci sono coltelli, non ci sono pozze rosse risucchiate dalle lenzuola; sono vivi.


“Ho sete,” gracchia Rocco.


Adriano si trascina fino alla sua bocca, gli posa un bacio sulle labbra. È stanco e un po' storto, i loro nasi si ostacolano l'un l'altro un momento.

Gli accarezza la testa, le tempie, le guance.


“Ti prendo un sorso d'acqua,” replica piano. Si alza a fatica, scrolla dalle spalle le braccia pesanti che gli chiedono di trascinarle con sé; si allontana piano, piano, sparisce dalla sua visuale.


Respira; sente la cassa toracica espandersi, le costole premere sotto la pelle.

Quando riapre gli occhi sta bevendo a piccoli sorsi da un bicchiere.

Adriano gli bacia la spalla.

   
 
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