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Autore: lady lina 77    07/09/2009    7 recensioni
Sono passati sei mesi dalla sconfitta di Manson e di maschera di ferro e per d'Artagnan e i suoi amici è un periodo di pace... Il guascone è tornato a Parigi e può pensare tranquillamente ai suoi amici, alla sua carriera come moschettiere e al suo rapporto con Constance. Ma sarà davvero così? Una vecchia nemica sta tornando nella sua vita, più vendicativa e pericolosa che mai. E attraverso le sue macchinazioni, i suoi piani folli e criminali, le sue azioni sconsiderate, porterà i moschettieri a vivere nuove avventure, nuovi pericoli, nuovi dolori e nuove battaglie. E stavolta la loro nemica si insinuerà non solo a Parigi, i suoi tentacoli invaderanno la Francia intera, anche senza l'aiuto del Cardinale...
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di ritorno! Intanto, grazie mille per le recensioni, siete stati carinissimi! Questa fics mi ispira un sacco, credo sarò spedita nello scrivere...

Edvige, io e te abbiamo tante cose in comune, anche io ricordo meglio la prima parte di questo anime e meno la seconda, ma stiamo comprando tutte e due la serie in dvd eheh... Spero di conoscerti meglio man mano che scrivo, abbiamo tante idee in comune, anche a me la coppia Athos/Aramis stuzzica, chissà... Spero continuerai a leggere e commentare, intanto grazie!

E grazie anche a Tetide, certo che la leggo la tua storia, siamo in pochi ad essere fans di quest'anime e dobbiamo sostenerci a vicenda! E spero che la famiglia si allarghi grazie ai dvd...

Grazie anche a quelli che leggono in silenzio e a chi ha aggiunto la storia alle seguite, alla prossima...

Spero che il capitolo vi piaccia!!!









La tranquilla vita parigina




D'ARTAGNANNNNN!!!”.

Quell'urlo disumano svegliò il moschettiere di soprassalto. La 'dolce e soave' voce di Marta... Era inutile, non si sarebbe mai abituato ai 'teneri' risvegli della domestica di casa Bonacieux! E Marta, quando lo chiamava a quel modo, adirata e frettolosa, pareva assumere le fattezze di un mostro leggendario più che di una donna. 'Ma poi Marta è davvero una donna?'. Se lo chiedeva spesso d'Artagnan, da quando aveva messo piede in quella casa, per la prima volta, alcuni anni prima. E ancora non era giunto ad una risposta...

D'ARTAGNAN!!!” - Marta piombò nella sua stanza da letto, sbattendo energicamente la porta - “Allora, ti vuoi alzare o hai deciso di rimanere a poltrire tutto il giorno? Guarda che sono quasi le sette del mattino!!!”.

E allora?” - chiese d'Artagnan mezzo addormentato, strofinandosi gli occhi. Poi ci pensò su un attimo e... “Oh cavolo, io oggi DEVO lavorare!!!”. Come un fulmine si alzò dal letto, si lavò la faccia al catino sopra al comò, raccolse spada e abiti e, quando fece per togliersi la camicia da notte... “Ehm, Marta, potrei rimanere solo?” - chiese imbarazzato.

La giunonica domestica sbuffò esasperata. “Certo, ma sbrigati! La signorina Constance è giù da basso che ti aspetta per fare insieme la strada fino al Louvre, vedi di non farla aspettare e di non farla arrivare in ritardo dalla regina”. Poi uscì dalla stanza e d'Artagnan la sentì borbottare in lontananza che lui non sarebbe mai cambiato.

Poi di lena si cambiò, si mise i suoi abiti, la sua divisa blu con lo stessa reale... Era il giorno del suo ritorno fra i moschettieri infatti, avrebbe rivisto e collaborato con i suoi tre migliori amici, non vedeva l'ora! I sei mesi di congedo erano ormai passati e lui si trovava a Parigi da dieci giorni. Dieci giorni di vacanza prima di riprendere la dura vita di soldato ai servizi del re. Era stato piacevole passeggiare per Parigi, riscoprirla dopo tutti quei mesi di lontananza e dopo la questione assurda di Maschera di Ferro. Ora era tutto finito e a Parigi regnava la pace. D'Artagnan aprì la finestra ed inspirò profondamente l'aria fina della prima mattina. Il cielo era limpido e sgombro da nubi e l'aria era frizzantina ma con una temperatura ancora piacevole. Era un bell'inizio d'autunno quello...

'Devo sbrigarmi'. E già, DOVEVA muoversi davvero, si era quasi abituato a quella vita d'ozio, tanto che forse sarebbe rimasto davvero a letto a dormire se Marta non l'avesse svegliato, si era dimenticato che la pacchia era finita. E Constance dal giorno prima era stata a casa in licenza con lui, passando la notte nella sua casa natale, ed ora non poteva permettersi che lei arrivasse in ritardo dalla regina per colpa sua. Lei era stata così gentile e gli aveva dedicato tutto il suo giorno di vacanza. Era sempre più innamorato di lei... Sbuffò con espressione ebete in viso a quei dolci pensieri quando la vociaccia di Marta lo richiamò alla realtà.

E allora, ti sbrighi???”.

ARRIVO!!!”. D'Artagnan si fiondò giù per le scale, rischiando di travolgere il povero signor Bonacieux che stava portando delle stoffe nel suo studio. “Mi scusi” - urlò di fretta il moschettiere, correndo dalla sua bionda amata. “Constance, buongiorno!”.

La ragazza gli sorrise. “Buongiorno! Andiamo o te n'eri dimenticato?”.

D'Artagnan ridacchiò. “Ma no, sai com'è, quando uno dorme bene...”.

Constance scoppiò a ridere, poi lo spinse fuori dalla casa. “Avanti, ora sbrighiamoci, tu fra mezz'ora devi essere da De Treville e io dalla regina!”.

E la colazione?” - borbottò d'Artagnan.

Constance sbuffò, poi dalla sua sacca da passeggio estrasse un pacchettino di carta contenente una pagnotta e gliela ficcò in bocca. “Siamo in ritardo per colpa TUA, quindi per oggi ti accontenterai di questa!”. E allegramente, prendendolo sotto braccio, Constance lo costrinse ad incamminarsi verso i palazzi reali.

D'artagnan non obiettò più e mangiucchiò il pane. Dopotutto era talmente piacevole passeggiare con Constance per le vie di Parigi sotto braccio... Lei le era mancata da morire durante quei sei mesi in Guascogna e aveva giurato a se stesso che non se ne sarebbe mai più separato per così tanto tempo. Si era innamorato di Constance al primo sguardo, un colpo di fulmine che poco a poco era diventato per entrambi qualcosa di molto profondo. Loro due ne avevano passate di tutti i colori e ne erano usciti ed ora, quel periodo di pace, sembrava quasi un premio della Provvidenza per quanto gli aveva fatto patire in passato.

Constance era dolce, ma testarda e piena di iniziative, così diversa dalle damine che affollavano il Louvre o i salotti per bene della capitale. Ed era anche diversa da massaie e donne comuni che giravano tutto il giorno nei vicoli di Parigi. Era in un certo senso 'moderna', con una tenacia e un sarcasmo davvero rari per quei tempi in una donna. Ed era coraggiosa e fedele alla sua regina, tanto da rischiare la vita per lei. E il tutto era condito dalla bellezza dolce, non volgare della ragazza. Dai suoi lunghi capelli biondi, dagli occhi azzurri e trasparenti come il mare, dalla voce dolce e gentile, dal fisico giovane e snello, ben proporzionato in tutto. D'artagnan ne era affascinato oltre che innamorato. La trovava semplicemente perfetta...

Passarono con passo affrettato attraverso le bancarelle piene di cibi del mercato cittadino, Constance quasi correva.

Hei aspetta!” - si lamentò il ragazzo.

Constance gli tirò il braccio. “Dai, su, non vorrai arrivare in ritardo il tuo primo giorno di lavoro dopo sei mesi di congedo? Immagini la reazione del capitano De Treville, vero?”. Constance infatti era più preoccupata che d'Artagnan facesse tardi più che lo facesse lei, la regina non l'avrebbe rimproverata, il capitano invece si sarebbe adirato col suo cadetto.

Ma uffa!” - borbottò il moschettiere - “così di fretta, non avremo nemmeno il tempo per chiaccherare! Non ti sono mancato, non hai voglia di passare ancora un po' di tempo noi due da soli?” - chiese imbronciato.

Constance avvampò in viso. “Che cosa c'entra, certo che... mi sei... mancato”. La sua voce era un soffio... “E avremo tempo per chiaccherare tranquillamente noi due da soli. Ma NON adesso!”.

E quando?” - chiese d'Artagnan.

Constance sorrise. “Presto! Magari, quanto prima avremo alcuni giorni di congedo in contemporanea e allora potremmo fare un giro a cavallo fuori da Parigi. Sai, mi sarebbe piaciuto viaggiare insieme a te attraverso la Francia, mentre raggiungevi i tuoi nonni in Guascogna!”.

Il viso di d'Artagnan si illuminò. E gli si parò davanti. “Davvero?”.

Si, davvero!”.

Lo spadaccino assunse un'espressione seria. “E allora... Ti prometto che ti porterò ovunque vorrai quanto prima. Mi dai un bacio per suggellare questa promessa?”. D'Artagnan decise che tanto valeva provarci...

Constance arrossì di nuovo, poi lo allontanò con gentilezza, visibilmente imbarazzata. Già, l'aveva baciato sei mesi prima, quando lui stava per tornare a casa, però, lì, in mezzo alla strada... “Non posso!”.

E perchè?” - chiese lui deluso.

La ragazza si voltò e gli mostrò col dito l'imponente palazzo di Monsieur De Treville, sede dei moschettieri del re. “Perchè sei arrivato e non mi pare il caso di baciarci qui, davanti a tutti i tuoi compagni che entrano ed escono dal palazzo!” - assunse come scusa al suo imbarazzo.

D'Artagnan si voltò. Chiaccherando con lei non si era accorto di essere arrivato... “Ma uffa!” - obiettò.

Constance rise, poi lo spinse dentro al portone. “Uffa niente! Vai a lavorare, ci vediamo presto. E ricordati che mi hai promesso il viaggio!”. E si allontanò da lui mandandogli un bacio con la mano dal fondo della via.

D'Artagnan sbuffò, non riuscendo tuttavia a trattenere un sorriso. Non ci era riuscito nemmeno quella volta! Poi, tranquillamente, entrò nel palazzo. Il capitano lo aspettava all'udienza.

Era ancora presto, i suoi amici non erano ancora arrivati e nei corridoi c'erano pochissimi, mattinieri moschettieri. Probabilmente quelli che avevano montato la guardia di notte.

Lo salutarono cordialmente anche se d'Artagnan, a parte Athos, Porthos e Aramis, con gli altri aveva pochi rapporti di amicizia. Percorse rispondendo ai radi saluti il lungo corridoio che portava alla stanza delle udienze di De Treville e poi bussò alla porta.

Avanti!” - rispose la voce ferma del capitano dei moschettieri.

D'artagnan, leggermente intimidito, entrò. Era da tanto tempo che non vedeva Monsieur De Treville ed era leggermente agitato. Finalmente era tornato alla routine che tanto amava.

Il capitano sorrise, dimostrando, come se fosse un buon padre di famiglia, che era felice di vedere il suo giovane cadetto. “D'artagnan” - disse cortesemente - “Primo giorno e quasi arrivavate in ritardo!”.

La voce del capitano era seria, ma allo stesso tempo scherzosa. Il guascone capì che non voleva rimproverarlo... “Beh, ecco... QUASI in ritardo. Ma non lo sono!”.

De Treville sorrise. La sua faccia tosta d'Artagnan non l'avrebbe mai persa. “E allora, com'è andato il ritorno a Parigi? Athos, Porthos e Aramis mi hanno detto che vi siete incontrati nei giorni scorsi e che vi hanno trovato bene. E devo ammettere che avevano ragione, vi trovo in forma”. Poi studiò attentamente il viso del ragazzo. “E suppongo che i vostri amici vi abbiano informato del nuovo corso che hanno intrapreso i rapporti a palazzo, fra re e cardinale e fra noi e le guardie di quest'ultimo...”.

D'artagnan deglutì. In effetti Porthos gli aveva accennato qualcosa. “Beh, un pò di cose me le hanno spiegate...”.

De Treville si alzò dalla sedia alla sua scrivania e gli si avvicinò. “Bene, allora voglio delucidarvi bene come stanno le cose, in modo che non nascano malintesi. Dopo la faccenda di maschera di ferro, l'aiuto tardivo del cardinale e delle sue gardie ha fatto in modo che si avvicinasse al re e alla regina Anna. I loro rapporti ora sono cordiali, niente intrighi, niente giochi sotto banco. E anche i rapporti fra i moschettieri e le guardie cardinalizie sono ottimi, di collaborazione. E io mi AUSPICO che tali rimangano. E siccome io so che in passato ci sono stati screzi fra noi e loro, che si sono risolti in duelli che hanno alterato sua maestà, sappiate che sarò severissimo con chiunque attenti a questa nuova pace ritrovata!”.

In poche parole...” - osò d'Artagnan.

De Treville lo guardò fisso negli occhi. “In poche parole, NIENTE duelli con le guardie del cardinale. La nostra collaborazione col loro sta garantendo un periodo di pace e sicurezza sia per i sovrani sia per l'ordine pubblico a Parigi. Non miniamo questo equilibrio perfetto con stupide liti. E' un periodo di pace, dato anche dal buon rapporto ritrovato fra Richelieu e il re, non roviniamolo. Non voglio ricominciare a trovare stupide scuse per difendervi davanti alla furia di sua maestà. Intesi?”.

D'Artagnan deglutì. De Treville era stato fin troppo chiaro e cristallino... “Intesi!”.

Il capitano annuì. “Va bene, per il resto, tutto è rimasto uguale. Potete prendere servizio, oggi non dobbiamo recarci al Louvre, approfittatene per allenarvi con i vostri amici all'interno del palazzo”.

D'artagnan annuì e De Treville lo congedò. Il moschettiere percorse il medesimo corridoio, le medesime scale, poi tornò in cortile. E il suo viso si illuminò, i suoi amici erano arrivati.

Eilà d'Artagnan!!!” - esclamò allegramente Porthos.

Il guascone corse loro incontro. “Ho appena parlato con Monsieur De Treville”.

Athos e Porthos sbuffarono all'unisono. “Fantastico, ti ha detto delle nuove direttive 'amichevoli' con le guardie del cardinale, vero?” - chiesero annoiati.

Anche d'Artagnan provava le stesse cose, ma disubbedire pareva una cosa non prevista dal suo capitano in quel campo. “Già...”.

Aramis sorrise. “Beh, in fondo, anche senza le guardie del cardinale, qualche duello quà e la ci scappa sempre, no?”.

D'Artagnan lo – la – fissò. Durante il periodo trascorso in Guascogna gli era capitato spesso di chiedersi che atteggiamento avrebbe dovuto tenere con Aramis una volta tornato a Parigi, dopo quello che aveva scoperto. Era strano, imbarazzante, assurdo pensare che dietro a quei panni da moschettiere e da uomo si nascondesse una bellissima donna. Una donna in gamba. Come Milady, come Constance... Tre donne diverse ma molto, molto forti. Dopo mesi di riflessione era giunto a questa conclusione. Che non gli importava chi fosse, che non doveva cambiare nulla del rapporto che aveva tenuto con lei fino a quel momento. Perchè cambiare, comportarsi diversamente avrebbe significato venir meno alla promessa di amicizia che si erano fatti tanto tempo prima, quando si erano conosciuti. Aramis era Aramis, punto. Il resto non gli interessava, anche se era curioso di sapere i particolari che avevano portato una donna ad entrare nel corpo dei moschettieri di sua maestà. Qualcosa Aramis gli aveva raccontato, ma poco e frammentato. E lui per amicizia non gli aveva chiesto altro, sarebbe stata Aramis a confidargli tutto quando e se fosse stata pronta. Essere amici significava dopotutto rispettare i segreti altrui, senza costringere nessuno a confessare alcunchè se non avesse voluto. Avrebbe rispettato il segreto di Aramis, non avrebbe raccontato nulla a Athos e Porthos se Aramis non voleva divulgare il suo segreto. Uno per tutti, tutti per uno. Il loro motto in fondo non voleva dire anche questo...?

Il guascone rispose al sorriso. “Aramis, la cosa non ti indispone nemmeno un pò?”.

Aramis lo liquidò con un'alzata di spalle. “No, mi piace il periodo di pace che si è venuto a creare in fondo”.

Porthos si avvicinò a d'Artagnan e gli sussurrò nell'orecchio. “Comunque, il capitano ha detto niente duelli. Ma non niente allenamenti! E soprattutto con chi dobbiamo allenarci”.

Che vuoi dire?” - chiese d'Artagnan.

Che Porthos e Rochefort” - sussurrò Athos - “spesso, il pomeriggio tardi, si incontrano fuori dalle mura di Parigi ad 'allenarsi'. Diciamo così...”.

Eh???”. E poi d'Artagnan scoppiò a ridere, i suoi amici non sarebbero cambiati mai!

E ogni tanto partecipo anche io agli allenamenti!” - aggiunse sotto voce Athos - “e anche Aramis...”.

D'artagnan fece un sorriso furbo. “Posso essere dei vostri? De Treville ha detto che mi devo allenare... Proprio poco fa!”.

Ma certo, sei dei nostri!!! Non ricordi, tutti per uno, uno per tutti!!!” - aggiunse allegro Porthos.

E tutti e quattro scoppiarono a ridere, mentre gli altri moschettieri li guardavano senza capirci un accidente.

La giornata trascorse velocemente, allegramente. E al tramonto d'Artagnan, dopo aver salutato i suoi amici, si avviò verso casa.

Uscì dal cancello del palazzo di De Treville e il suo sorriso si illuminò. Constance era fuori ad aspettarlo. “Che ci fai quì?” - chiese visibilmente felice - “Non passi la notte al Louvre?”.

Constance scosse la testa allegra. “No, la regina mi ha dato una serata di ferie e posso tornare a casa anche oggi con te!”.

EVVIVA!!!”. D'artagnan, felice come non mai, le prese la mano e la ragazza non lo respinse.

Camminarono tranquillamente sulla strada che costeggiava la Senna, in silenzio. Le vie erano ormai semi deserte, era quasi ora di cena dopotutto. Era una camminata piacevole.

Poi d'Artagnan la guardò assorto, arrossendo leggermente... “Constance?”.

Si?”.

Lo spadaccino gli si avvicinò. “Ora che siamo soli, accanto al fiume, me lo daresti un bacio?”.

Constance si guardò intorno. E beh, in effetti quella era una situazione che poteva essere definita 'romantica'. Non aveva scusanti per rifiutarsi... Chiuse gli occhi, senza rispondere, ed avvicinò le labbra a quelle di d'Artagnan, quando il guascone, a pochi millimetri da lei, si allontanò di colpo.

MA CHE DIAVOLO...”. D'artagnan si guardò intorno guardingo, mentre il suo cappello volava di qualche metro lontano da lui, colpito da un sasso lanciato da una fionda. Sguainò la spada, parandosi davanti a Constance, sulla difensiva. “Chi va la?”.

Da un tetto, una risatina infantile conosciuta, lo fece sussultare. “Jean...?”.

Si guardò intorno e lo vide, seduto con le gambe incrociate, sul tetto di una stalla. “D'Artagnan, eri distratto e facevi il cascamorto con Constance e io ti ho colpito con la mia fionda! Sono errori che un moschettiere non dovrebbe commettere!”.

D'artagnan e Constance rimasero attoniti qualche secondo... Che sorpresa, Jean!!! Non si aspettavano di vederlo ed erano preoccupati per lui, si erano chiesti spesso cosa ne fosse stato di lui e se avesse ritrovato la sua mamma...

D'artagnan sorrise poi corse incontro al bambino che era saltato giù dal tetto e gli andava incontro allegramente. “Jean, Jean, come sono felice!” - urlò stritolandolo fra le sue braccia.

Il bimbo cercò di divincolarsi da quella stretta. “E ci credo che sei felice, quasi stavi per baciare Constance! Ma allora è vero che siete fidanzati!”.

La ragazza arrossì bruscamente, poi si avvicinò ai due imbarazzata. “Jean, sono felice di rivederti! Come stai?” - chiese per deviare il discorso dall'argomento-bacio.

Bene e sono appena arrivato a Parigi. Con la mia mamma!” - rispose Jean orgoglioso.

In quel momento una giovane donna dai lunghi e ricci capelli castani giunse alle loro spalle. Carina, forse solo un pò robusta e con uno sguardo di rimprovero. “Jean, chiedi scusa al signore per quello che hai combinato con la tua fionda!”.

Jean ridacchiò da monello. “Ma mamma, è lui, d'Artagnan, te ne ho parlato tanto. E lei è Constance, la sua fidanzata. Si stavano anche per baciare prima che li vedessi io e li interrompessi!”.

Noi... noi ecco...”. La giovane coppia arrossì contemporaneamente.

La donna si inchinò leggermente. “D'artagnan e Constance. Jean mi ha parlato tanto di voi, vi ringrazio per quello che avete fatto per il mio bambino. E scusatelo, è un impertinente!”.

Di nulla signora, anche Jean ci ha aiutato. E che è impertinente ed arriva sempre nei momenti meno opportuni lo sappiamo” - rispose d'Artagnan ricordando le molteplici occasioni in cui l'aiuto del bimbo lo aveva tolto dai guai. E le tante volte che aveva sorpreso lui e Constance insieme, sembrava avesse un radar...

Signora?” - intervenne Constance - “Jean ha detto che siete appena arrivati a Parigi. Sapete dove andare?”.

La donna scosse la testa. “No, stavo appunto cercando una locanda a buon mercato dove passare la notte, prima che mio figlio sparisse. Così domani potrò trovarmi un lavoro. Ma è difficile trovare posti liberi a buon prezzo”.

Venite a casa mia con noi allora!” - rispose Constance prendendola per mano.

Ma io...”. La donna pareva esitante. “Non voglio darvi disturbo, nemmeno mi conoscete... Ma vi ringrazio comunque per la vostra gentilezza”.

Constance sorrise dolcemente. “Nessun disturbo, non immaginate quanto ci è mancato Jean. E così avremo modo di conoscevi, su venite con noi!”.

E, dopo che anche d'Artagnan e Jean insistettero, la donna accettò. “Vi ringrazio. Il mio nome è Colìne e sono veramente lieta di fare la vostra conoscenza”.

D'artagnan annuì. “Anche noi! Eravamo preoccupati per Jean, stasera a casa potrete raccontarci come vi siete ritrovati e qualcosa di voi”.

Già” - aggiunse Constance - “e forse mio padre potrà aiutarvi col lavoro. Sapete cucire?”.

Certo”.

La ragazza sorrise. “Mio padre è un sarto ed è anziano. E cercava appunto una aiutante. Se la cosa può interessarvi...”.

A Colìne si inumidirono gli occhi. Tanta fortuna era inaspettata... “Ma... ma certo, sarebbe un sogno trovare così in fretta un lavoro!”.

Jean ridacchiò e prese la mamma per mano. “E allora andiamo a casa!” - disse allegro. In fondo ormai considerava casa Bonaciueux la sua casa e i suoi abitanti la sua famiglia.

Si, a casa a cenare, ho una fame da lupi!” - aggiunse d'Artagnan. Era felice. Era stata una bellissima giornata. Tornare al suo ruolo di moschettiere, passeggiare con Constance (nonostante la sorte sembrava essergli contro per quanto riguardava il bacio), ritrovare Jean... Il clima era piacevole e pacifico tutto andava per il meglio e sembravano non esserci nubi all'orizzonte.

Già, sembrava...






  
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