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Autore: MrsShepherd    18/07/2022    0 recensioni
Santana e Brittany hanno 35 anni. Santana vive a New York, con Rachel, Kurt e Blaine. Brittany vive in Ohio e ha aperto una scuola di danza con alcuni ex compagni del Glee club. A tenerle unite è la loro figlia Riley, che in questa storia sarà il filo conduttore che porterà le due donne a riavvicinarsi inevitabilmente e a chiarire ciò che dodici anni prima era rimasto sospeso.
Ogni capitolo porterà il titolo di una canzone eseguita dai protagonisti della serie tv. Il testo di ogni canzone rispecchierà il contenuto del capitolo.
Spero che questa fanfiction incentrata su Brittana possa appassionarvi quanto ha appassionato (e sta appassionando) me mentre la scrivo.
Un pensiero va' inevitabilmente a Naya Rivera, che ovunque si trovi, mi ha ispirato a scrivere questa storia.
Buona lettura!
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Nuovo personaggio, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 12: Mine
Santana si svegliò come destata da un incubo, strizzò gli occhi e guardò in su. Il soffitto color panna della camera di Brittany le sembrava lontanissimo visto dal materasso appoggiato al pavimento di legno ciliegio, sulla quale Santana si era offerta di dormire nelle ultime settimane. Si alzò a fatica, la schiena le faceva male e aveva avuto un sonno talmente agitato quella notte, che si accorse di aver dormito di traverso. Mugugnò dolorante e lanciò un’occhiata furtiva alla sveglia a forma di gatto, posta sul comodino accanto al letto a due piazze di Brittany. La coperta era tirata, il pigiama ben piegato sul cuscino. Erano quasi le 11. Dopotutto era sempre stata una dormigliona. Non perse tempo, rovistò nella sua valigia e si infilò un paio di jeans di denim nero che le valorizzavano le gambe lunghe e una blusa di cotone verde foresta. Diede una spazzolata veloce ai capelli e si sistemò il trucco. Quando uscì dall’antibagno Brittany era nella stanza, intenta a sistemare nell’armadio dei vestiti appena stirati.
<< Buongiorno!>> trillò la bionda allegramente facendo storcere la bocca a Santana, che non si era ancora svegliata del tutto.
<< Hey Brit.>> le rispose stiracchiandosi dolorante.
<< Ti fa male la schiena perché stai invecchiando?>> le chiese con sincero interesse.
<< Non dire sciocchezze Brit! Abbiamo la stessa età io e te…è quel maledetto materasso che mi spacca le ossa!>>
Brittany scosse la testa: << Ti ho detto di fare a cambio, ma tu hai la testa dura e non mi ascolti mai.>>
<< Non è affatto vero!>> replicò lei con finta colpevolezza: << Guarda!>> indicò la pesante valigia aperta sulla moquette: << Mi avevi detto di prepararla ieri sera e l’ho fatto!>>
Brittany osservò l’ammasso di vestiti ammucchiato nella valigia rosso acceso: << Come no…>> ridacchiò: << Scommetto che ti serve una mano per chiuderla vero?>>
<< Se proprio non hai niente da fare…>> sorrise maliziosamente la mora. Brittany sospirò sconsolata e con un gesto deciso afferrò la valigia di Santana e la rovesciò sul letto: << Ma quanti vestiti hai comprato da quando sei qui!?>> constatò incredula.
<< Pochi per i miei standard.>>
<< Ricordo bene i tuoi standard.>> sorrise rimboccandosi le maniche: << Diamoci da fare.>>
Piegarono pazientemente tutti i capi buttati alla rinfusa sul letto, riponendoli ordinatamente, ma, nonostante ciò, le due donne costatarono senza troppo sforzo che la valigia faticava ancora a chiudersi. Brittany salì sul letto e faticosamente portò una metà della valigia sull’altra tenendola ferma con il suo peso. Alla vista dei bicipiti contratti della bionda Santana perse un battito, ma cercò di non darlo a vedere.
<< Ehm…giuro che ti rispedirò la valigia appena tornerai.>>
La bionda fece un cenno a Santana perché chiudesse la valigia aperta sotto il suo ventre: << Tranquilla, tanto non la uso poi così spesso.>>
Santana si sentì a disagio, si ricordò della furiosa litigata avuta con lei anni fa. Brittany non era mai riuscita a resistere lontana dalla sua famiglia così, di tanto in tanto, lasciava la sua vuota casa in Ohio per andare a New York a trovare la figlia. L’aspettava spesso fuori scuola, per offrirle una cioccolata calda o fare una passeggiata fino a Manhattan per ammirare il tramonto del sole. Quando Santana aveva scoperto delle “improvvisate” della donna si era arrabbiata molto, forse perché aveva paura: non aveva mai trovato il tempo per fare quelle cose con Riley e dopo la separazione…temeva di non essere la persona giusta, la mamma con la quale la figlia avrebbe voluto passare il resto della sua adolescenza. Dopotutto lei non si sentiva una persona particolarmente simpatica e amorevole con i bambini. E si sa, che quando Santana Lopez ha paura, un istinto animalesco di profonda conservazione si fa strada in lei, come un tarlo, come una piaga. Le aveva fatto del male e si sentiva profondamente in colpa. Una parte di lei era sempre terrorizzata che Brittany non l’avesse perdonata e si sarebbe vendicata un giorno. E ora, nella sua massima vulnerabilità, le aveva affidato ciò che più amava al mondo, sua figlia. Per fortuna il cuore buono di Brittany non aveva spazio per il rancore.
Santana si abbassò per trovare la cerniera della valigia, si sporse verso la bionda e afferrò quella piccola linguetta di metallo con le dita. La fece scorrere lentamente finché l’estremità esterna non ebbe raggiunto l’altra. Solo allora si accorse che il suo volto era decisamente e pericolosamente vicino a quello di Brittany. Le due donne si guardarono, perdendosi una negli occhi dell’altra.
<< Sai, forse è meglio che la tenga tu la valigia.>> la sua voce si era fatta improvvisamente più grave: << Almeno hai una scusa per tornare.>>
Santana non riusciva più a capire nulla, sembrava che tutto in torno a lei si muovesse ad una lentezza disarmante, mentre nella sua testa un turbinio di pensieri roteava e si aggrovigliava senza riuscire a dipanarsi. Vide la Brittany in slow motion farsi sempre più vicina alle sue labbra. Che cosa avrebbe dovuto fare? Spostarsi? Toccare quella bocca che tanto desiderava?
Un rumore improvviso riportò le due donne alla realtà. Riley le fissava appoggiata allo stipite della porta e quando si accorse di essere stata scoperta scappò nella sua camera.
<< Cazzo!>> si lasciò sfuggire Santana allontanandosi da Brittany. Si precipitò verso la camera della figlia, con l’intenzione di chiarire quello spiacevole malinteso, ma la bionda la bloccò trattenendole fermamente il braccio: << No. Vado io.>> la guardò fissa negli occhi, il suo sguardo era cambiato: non c’era più nulla di malizioso, solo determinazione e maturità. Santana non osò opporsi e lasciò che la donna varcasse la soglia della stanza di Riley. Lei si premurò di lasciare uno spiraglio aperto, così che Santana potesse sentire la loro conversazione.
Riley era supina sul letto, con le braccia conserte e il viso incastrato nell’incavo del gomito. Brittany si sedette ai piedi del letto e scosse delicatamente una gamba della figlia: << Little bee?>> la chiamò più volte senza ricevere risposta. << Sarò costretta a fare questo allora…>>. Si tuffò sul corpo della figlia e cominciò a farle il solletico dappertutto. Riley tentò di liberarsi in tutti i modi, ma il suo fisico mingherlino non le impediva di sfuggire agli artigli della madre che la punzecchiavano amorevolmente su tutto il corpo.
<< Basta! Ti prego non respiro!>> disse senza fiato. La madre si sdraiò accanto a lei, incontrando i suoi occhi lucidi: << è tutto ok?>> le chiese scostandole i capelli castani dal volto.
<< Sì>> rispose Riley poco convinta. Per tutta risposta Brittany la solleticò di nuovo. << Riley, è tutto ok?>>
<< Io…>> disse lei tornando seria: << Non voglio che la mamma torni a casa oggi.>>
<< Neanche io Bee.>>
<< Non sono mai stata lontana da lei così tanto…e se non ce la faccio? Se mi mancherà troppo?>> trattenne un singhiozzo.
<< Stai tranquilla…>> le disse lei stringendola più forte.
<< Io non ci riesco…non voglio provare questo…ancora.>> nascose nuovamente il volto per non farsi vedere turbata dalla madre.
<< Riley…>> mormorò Brittany dopo una breve pausa: << Vuoi tornare a New York con la mamma?>>.
La ragazzina si mise seduta e guardò Brittany perplessa: << Perché si può fare?>>
<< Tutto è possibile se lo vuoi.>> sospirò: << Tu vuoi tornare a casa?>>
La ragazzina ci pensò su: << Vorrei che tutto questo rimanesse così per sempre. Vorrei che fossimo sempre una famiglia.>>
Brittany guardò verso la porta: << Anche io lo vorrei…>> indugiò convinta che Santana stesse sentendo quelle parole: << Ma non è semplice.>>
<< Ho paura.>> disse Riley guardando il soffitto.
<< Di cosa?>>
<< E se mi cacciano anche da qui? Se non sono capace di fare niente? Forse è vero…>>
Brittany si fece seria: << Primo, nessuno ti caccia e non pensare nemmeno un momento che non vali niente.>> le prese le mani: << Non ne hai mai parlato con la mamma di questo?>>
Riley si ritrasse e si guardò la punta dei piedi con imbarazzo: << Non è facile parlare alla mamma di queste cose…>> sospirò: << Ultimamente non è facile parlare con lei in generale.>>
<< Lo so. Tua mamma è come un forziere dei pirati.>> si girò nuovamente verso la porta. << Serve la chiave giusta.>>
Santana stava ascoltando dall’altro lato del legno, con entrambe le mani strette sugli stipiti della porta e le orecchie tese. Avrebbe voluto entrare, ma per dire cosa? Era vero che lei e Riley non si parlavano più come un tempo, era vero che non erano più una famiglia e soprattutto era stata lei ad inculcarle quelle malsane preoccupazioni.
<< Tu vuoi bene alla mamma, vero?>> chiese Riley alla madre.
<< Certo che ne voglio, gliene vorrò sempre.>> alzò la voce: << Vieni qui e abbracciami.>> disse alla figlia appoggiando la schiena sul muro. Riley la raggiunse e appoggiò la testa sulla sua spalla.
<< Cosa ti ha fatto innamorare della mamma?>>
Sul volto di Brittany si stampò un enorme sorriso: << Tante cose. Sai quando ero una ragazzina sono stata presa in giro tante volte…non ero, insomma…non sono la persona più brillante del mondo.>>
<< Non è vero!>> replicò la figlia indignata.
<< Sei gentile.>> le rispose cordiale: << Ma a scuola non la pensavano così. Santana, la mamma, è stata l’unica che non mi ha mai dato della stupida. Lei ha…lei vede come sono le persone veramente ed è come un superpotere. Per questo mi sono innamorata di lei.>>
<< E poi.>>
La bionda guardò nel vuoto, quasi trasportata da un ricordo lontano che mai avrebbe potuto rivivere. << La sua voce.>> guardò sua figlia con aria sognante.
Riley spalancò la bocca incredula: << La mamma non sa cantare.>>
<< Certo e la sua voce è la più bella del mondo. Al Glee club era una delle più brave. Non l’hai mi sentita?>>
<< Credevo che lei fosse nel Glee solo perché c’eri tu.>>
Brittany rise: << Semmai è il contrario. Sai, quando tua madre cantava mi commuovevo sempre. Ogni canzone sembrava fosse dedicata a me o a Lord Tubbington.>>
<< Chi è Lord Tubbington?>>
<< Niente, niente. Storia lunga…non ti ha mai cantato nulla?>> chiese Brittany alla figlia.
<< No.>> Riley scosse il capo: << Rachel e Blaine cantano già abbastanza per tutti. Cantare è una perdita di tempo.>>
<< Te lo ha detto lei!?>> chiese Brittany accigliata: << Lascia perdere, non voglio saperlo.>> guardò ancora verso la porta semi-aperta: << Mi dispiace che abbia smesso di cantare.>>
Riley si alzò arrabbiata: << Ha smesso di fare molte cose da quando ti a cacciato di casa…>>
<< Riley, non è andata così.>>
<< Piantatela, non sono scema. Con lei non si può parlare, mentre tu nascondi le cose come se avessi tre anni. Non c’è nessun grande segreto, l’ha detto anche Renèe Bjorken prima di Natale.>>
<< Che ha detto scusa…?>>
Riley non si curò della domanda: << Non ci vuole un genio per capire che per la mamma siamo solo un peso. Fa sempre così, quando una cosa non le va smette di darle attenzione.>>
<< Non è vero…>>
<< L’ha fatto con te quando ha trovato quel suo stramaledetto lavoro di cheerleader. E adesso lo fa con me perché ha trovato quella Cass…>>
<< Sai di Cass?>> chiese la madre sorpresa.
Santana dall’altro lato della porta sussultò. Come diavolo faceva a sapere sempre tutto? Ma poi si ricordò di Bette e Finnegan che da degni figli dei loro genitori, quando si trattava di scoprire qualche altarino erano peggio del KGB.
<< A quanto lo sai anche tu. Bene. Anzi no…a te sta bene che la mamma ci butti via così? Per quella?!>>
<< Non ho detto questo. Dico solo che non la conosciamo e non possiamo giudicarla.>>
<< Non mi interessa.>> disse Riley in lacrime: << Mi ha lasciato qui perché non le interessa più nulla di me. Non le è mai importato, ci dimenticherà e io la vedrò sempre meno, come con te…e poi smetterà di mancarmi e non voglio…non voglio che succeda.>> si accucciò a terra e con le ginocchia al petto iniziò a singhiozzare. Santana aprì la porta incrociando lo sguardo di Brittany. Gli occhi azzurro cielo erano stretti in piccole fessure e per la prima volta le sembrarono diversi: parlavano. E dicevano solo una e una sola cosa: VAI VIA.
Con la stessa velocità di un’onda sulla sabbia Santana si ritrasse nell’ombra e sperò con tutto il cuore che Riley non l’avesse notata. Brittany sposto l’attenzione su sua figlia, si chinò verso di lei e le prese il volto con le mani.
<< Riley guardami. Guardami e respira. Vuoi sapere davvero cosa mi ha fatto innamorare di tua madre? Con lei puoi fare qualsiasi cosa, con lei la paura non esiste e sai perché? Perché quando lei tiene ad una persona la protegge e la cura con tutta se stessa. L’ha fatto con me quando ne ho avuto bisogno. E lo fa con te dal primo momento che hai aperto quei bellissimi occhioni verdi sul mondo. Mettitelo in testa: LEI NON SCAPPA. Non scapperà mai e non ti dimenticherà mai perché sei sua figlia.>>
<< Ma Jesse e Finn…>>
<< Jesse e Finnegan non siamo noi. Tua mamma è molto meglio di questo. E se si è dimenticata di com’è avere una famiglia glielo ricorderemo. Oggi e tutti gli altri giorni ok?>> guardò la figlia con apprensione: << Ok?>>
Riley ricambiò lo sguardo tirando su con il naso e pulendosi le lacrime con la manica della felpa.
<< La mia Little Bee…>> disse amorevolmente Brittany baciandola in fronte: << Ora vai in bagno, ti dai una sciacquata e ci raggiungi in cucina. Passeremo la giornata più bella del mondo. TUTTE INSIEME. Ok?>>
La ragazzina annuì e si alzò da terra. Santana la vide avvicinarsi verso di lei e in pochi secondi si fiondò nella lavanderia per non essere scoperta. Sentì i suoi piedi leggeri percorrere il corridoio e allontanarsi verso il bagno. Quando fu sicura che fosse abbastanza distante tirò un sospiro di sollievo e si afflosciò su una parete libera. Si sentì sopraffatta e inadeguata: non sarebbe mai stata capace di gestire tutto ciò. Tutto questo. Le serviva tempo per pensare a cosa dire, a quali parole usare per farle capire che tutto ciò che Riley pensava di lei non era vero. Che non l’avrebbe mai dimenticata perché era sua figlia e il suo valore era inimmaginabile, indipendentemente dalle circostanze. Le serviva tempo, che non aveva perché sarebbe ripartita il mattino dopo. Si maledisse per aver atteso così tanto. Un colpo alla porta la fece sobbalzare.
<< Brit?>> attese la sua risposta che arrivò dopo qualche istate.
<< Esci.>>
Santana sbucò timidamente dalla porta e si guardò intorno furtiva: << Lei è…>>
<< Sì…hai sentito tutto?>>
Santana annuì profondamente a disagio: << Brit senti io…>>
Brittany alzò il dito e ciò bastò per zittire la mora, che era ben contenta di non dover aggiungere altre penose giustificazioni al suo biasimabile comportamento.
<< Una cosa.>> disse la bionda: << Ti chiedo solo questo: comportiamoci come una vera famiglia, almeno per oggi, per Riley.>> non attese nemmeno la risposta della mora: << Adesso mi serve una mano. Pensavo di fare un dolce tutti insieme, ma sai…le ricette mi confondono. Ti aspetto in cucina.>>
Si allontanò fredda dalla mora che non poté far altro che guardarla imboccare il corridoio, la seguì pochi secondi dopo Riley che quando le passò accanto abbassò il volto senza degnarla di uno sguardo. Santana guardò allontanarsi anche lei e rimase impietrita senza riuscire a muoversi. Si sentiva fuori posto. Era sempre stata lodata per la sua intraprendente maturità, eppure in quel momento le sembrava di essere tornata un’adolescente petulante e fastidiosa.
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La giornata era giunta al termine e nonostante le preoccupazioni mattutine, per Santana, Brittany e Riley era appena trascorso un pomeriggio piuttosto piacevole. Dopo la preparazione di una dozzina di Muffin, che Santana avrebbe dovuto portare in valigia nel viaggio di ritorno a New York, il trio aveva deciso di trascorrere il pomeriggio allo storico Age of Mood, una pista di pattinaggio di Lima Heights frequentata dalle due donne fin da ragazzine. Sebbene Riley si trovasse più a suo agio con un paio di roller ai piedi, non trovò faticoso abituarsi ad un paio di rigidi quattro ruote bianchi: dopo qualche falcata incerta, era riuscita a stare dietro alle due donne che si muovevano esperte sulla pista. Alla fine del pomeriggio solo la promessa del pollo fritto per cena la fece desistere dal perfezionare la sua tecnica del “super-gambero”, ovvero un salto all’indietro con rincorsa, che faceva perdere a Santana almeno dieci anni di vita, ogni volta che la guardava.
Dopo una gustosa cena e una partita a carte finita con una schiacciante vittoria di Santana, Brittany soddisfatta della giornata andò a dormire, seguita subito dopo da Riley, che nonostante la piacevole giornata, non aveva ancora bene metabolizzato il discorso fatto dalla bionda quella mattina. Dal canto suo Santana aveva bisogno di tempo per capire come stare nella stessa stanza con sua figlia senza litigare. Entrambe erano due teste calde e volevano sempre dimostrare di aver ragione, ma questa volta Santana voleva davvero passare con serenità gli ultimi momenti con sua figlia e questo avrebbe voluto dire rinunciare per una volta ad averla vinta e fare una cosa che a quanto pare ultimamente non le riusciva: ascoltare. Aspettò che la figlia si mettesse a letto e raggiunse la porta della sua camera. Fece un respiro e bussò. Varcò la soglia solo quando si sentì dire AVANTI.
<< Posso sedermi?>>
Riley annuì e le fece spazio ai piedi del letto. Osservò da sottinsù la madre che sembrava più tesa di una corda di violino. << Posso…posso passare un po’ di tempo qui con te?>>
La ragazzina le rispose con un largo sorriso, dopotutto la cosa non poteva farle che piacere. Annuì lascandole un po’ di posto nel letto. Santana accettò l’invito posizionandosi sopra le coperte. Entrambe erano sedute sul letto, una accanto all’altra, con tanto da dire, ma senza sapere come iniziare.
<< Ci chiameremo tutte le sere vero?>> ruppe il ghiaccio lei.
<< Certo.>>
Riley la guardò cercando di trattenere l’emozione: << Me lo prometti vero? Non è che poi dici così e poi non ci sei…>>
<< Perché non dovrei esserci scusa?>> guardò la figlia alzando un sopracciglio e capì dove volesse andare a parare: << Ah…tu vuoi sapere di Cass, vero?>>
<< Cassandra?>>
<< Cassidy, in realtà>> il KGB non aveva fatto proprio il suo dovere.
<< Ah…>> commentò lei. << è per questo che non puoi restare?>>
<< No…>> rispose la mora, ma il suo tono non risultava molto convincente nemmeno per lei. In quel momento, in quel luogo, fuori dal tempo e dallo spazio, non sapeva dire con certezza cosa la tratteneva in Ohio e cosa invece la spingeva a New York. Era decisamente, totalmente confusa. Si ricordò benissimo di quando aveva provato una sensazione simile; al liceo, l’ultimo anno. Non sapeva cosa fare della sua vita, allora Sue aveva scelto per lei, poi il discorso di sua madre, poi aveva scelto New York, più per allontanarsi da Brittany che per inseguire un sogno, che fortunatamente era arrivato anni dopo. Anche in quell’occasione, non aveva proprio “scelto”, ma aveva imboccato una strada sperando che fosse quella giusta.
<< Devo tornare a New York, lo sai. La nostra casa è lì. Il lavoro.>>
<< Ma la tua famiglia è qui vero?>> incontrò i suoi occhi ebano: << Vero?>>
Santana preferì arrivare dritta al punto, come suo solito odiava chi tergiversava: << Chiariamoci subito, non ti libererai mai di me.>> poi capì subito che la risolutezza con cui aveva affermato quella frase poteva benissimo essere erroneamente percepita come una minaccia e corresse il tono. << Sei tu la mia famiglia. Ovunque tu sarai ci sarò anche io.>> aveva pronunciato quelle parole tutt’ad un fiato, velocemente, perché sapeva cosa significassero per lei. Per loro.
 
<< Il treno sta partendo Brittany, lo perderai.>>
<< Non posso andare, non ancora. Prima mi devi promettere…>>
<< Promettere cosa?>>
<< Che in qualsiasi direzione andrà la tua vita, un giorno tornerai. Tornerai qui, dalla tua famiglia.>>
<< Io…>>
<< Per Riley e spero un giorno anche per me. Siamo un disastro lo so, ma insieme abbiamo creato qualcosa di unico. Comunque vada saremo sempre una famiglia, quindi promettilo.>>
<< Brit…>>
<< SANTANA! PROMETTILO.>>
<< Va bene, va bene. Prometto che ci sarò, ovunque saremo, va bene?>>
 
Non sarebbe stato come quella volta. La promessa a Riley non era un “contentino” per tenerla buona. Non avrebbe rovinato tutto come faceva sempre dal liceo. Era il Re Mida delle cazzate, qualsiasi cosa le passasse tra le mani finiva per essere distrutta. Il matrimonio dei suoi genitori, la relazione con sua nonna, la sua carriera universitaria,…forse era per quello che aveva deciso di lasciare Brittany, non avrebbe voluto rovinare un essere così tanto puro, non questa volta. Al mondo ci sono due tipi di persone: che creano e che distruggono. E oggi Santana desiderava moltissimo essere nella prima categoria.
<< Riley..>> sussurro mettendole una mano sulla spalla: << Forse non siamo una famiglia perfetta e forse non lo saremo mai. Ma non pensare nemmeno per un secondo che tutto questo sia colpa tua o che tu non abbia valore per me. Sei inestimabile e insostituibile. Ricordatelo sempre.>>
Riley guardò la mamma stupita; era la prima volta che lei e sua madre riuscivano a stare nella stessa stanza senza ignorarsi o litigare furiosamente. Per un attimo capì cosa volesse dire Brittany e come mai i suoi occhi si illuminassero così tanto quando parlava di lei.
<< Io…ti ho preso un regalo.>> si sporse verso il comodino di legno accanto al suo letto, aprì un cassettino e ne estrasse una collana. << Un’ape…come…>>
<< Little bee.>> sorrise lei accettando il regalo della figlia. Se lo mise al collo e tastò con i polpastrelli il piccolo ciondolo dorato. << è bellissima. Ma io non ti ho preso nulla.>>
<< Non importa.>> le disse la figlia ritornando sotto le coperte: << Mi hai fatto una promessa. Mi basta che tu la mantenga…>> chiuse gli occhi, ma poi li riaprì di colpo: << Anzi…c’è un regalo che puoi farmi…>>
Santana la guardò interdetta.
<< Canta.>>
<< Come!?>>
<< La mamma hai detto che sai cantare, quindi sentiamo…>>
<< Ehm…non puoi fidarti della sua parola?>>
Riley la guardò con un sorriso malizioso: << Assolutamente no.>>
Santana arrossì, aprì la bocca per fare ciò che la figli le aveva chiesto, ma si bloccò. Non cantava più da troppo tempo e la paura che non uscisse alcun suono dalla sua bocca la paralizzava. Aveva sempre adorato cantare, fin da piccola, era un passatempo che lei e sua nonna amavano fare insieme, accompagnate da suo padre, che sapeva suonare la chitarra. Quando Emmanuel Lopez se ne era andato lasciandole sole, la piccola Santana aveva realizzato che non le era solo stata portata via una chitarra, ma anche un pezzo della sua felicità, della sua innocenza. Aveva così chiuso in un cassetto quella parte di sé, che aveva poi piacevolmente riscoperto al liceo, con il Glee club. Con falsa riluttanza accettava i compiti assegnati dal professor Shuester, per non rovinare l’immagine che si era faticosamente costruita nel corso degli anni. Quando tornava a casa però la sua mente varcava territori inesplorati, musiche di ogni genere e melodia, che le scaldavano il cuore, come i baci in inverno. Spesso non riusciva nemmeno a decidersi su quale canzone fosse la migliore, allora chiamava Brittany e gliele faceva sentire tutte. Non era un giudice molto obiettivo e i pomeriggi con lei finivano sempre con loro due sul letto e tutti gli spartiti gettati a terra alla rinfusa, ma almeno con lei sentiva di poter levare quella maschera di odio e acidità che alcune volte le impediva di respirare.
<< Io…non canto da tanto tempo. Non sono più capace.>> notò la delusione sul volto della figlia e ritentò, senza successo.
<< Non conosco nessuna canzone.>> ed era vero. La sua mente era totalmente vuota. Riley, che nel frattempo aveva preso il cellulare, lo ripose sul comodino e disse sommessamente: << Non importa.>>
Santana si alzò per andare alla porta, ma come colta da un improvviso colpo di genio si fermò. Si ricordò del giorno in cui suo padre se ne era andato. Sapeva che era successo qualcosa perché Maribel e Alba parlavano nascondendosi la bocca con la mano. Si ricordò di una piccola Brittany, bionda e lentigginosa che era passata a trovarla quello stesso giorno. Le avevano piazzate davanti alla televisione, per tenerle buone forse. Santana, che faceva della perspicacia la sua virtù, aveva le orecchie tese per riuscire a carpire qualche parola da quel mormorio sommesso e furtivo, ma le due donne sussurravano frasi in spagnolo per lei poco comprensibili. Aveva stretto la mano di Brittany forte, ancora e ancora, pregando. Pregando senza sapere per cosa. Quella sera Brittany si era fermata a dormire da lei e la nonna come sempre era passata ad augurarle la buona notte. Solitamente Santana era sempre stata la prima a crollare, ma quella notte, che ricordava come se fosse ieri, non riusciva a prendere sonno. Quando Alma Lopez era entrata in camera, Brittany era già nel mondo dei sogni da un’oretta. Sua nonna si era avvicinata e le aveva raccontato tutto, senza fronzoli, senza indorare la pillola. Suo padre le aveva lasciate sole, punto. Santana aveva impresso ogni parola nella sua mente e non era riuscita a versare nemmeno una lacrima. Talvolta la delusione non si serve delle lacrime, ma si nutre di disprezzo.
“Cantiamo una canzone insieme..” le aveva detto sua nonna. E Santana accettò, e quelle parole, quelle note,…si portarono via per sempre un pezzo di lei. Un capitolo si era chiuso.
<< In realtà conosco una canzone.>> si sedette nuovamente sul letto e guardò il volto di Riley che si era improvvisamente illuminato di gioia. << Non prendermi in giro però…>>
Ay, de mí, llorona
Llorona de azul celeste
Ay, de mí, llorona
Llorona de azul celeste

 
Y aunque la vida me cueste llorona
No dejaré de quererte
No dejaré de quererte

 
Si fermò senza fiato. Quelle parole le si bloccavano in gola risvegliando emozioni che Santana aveva represso ormai per molto tempo. Inspirò profondamente e chiuse gli occhi.
<< Continua.>> le disse Riley: << Per favore…>>
 
Me subí al pino más alto llorona
A ver si te divisaba
Me subí al pino más alto llorona
A ver si te divisaba…

 
Quando ebbe finito di cantare si accorse che Riley era sotto le coperte con gli occhi chiusi. Convinta che la figlia si fosse addormentata si alzò, ma la ragazzina la fermò per un braccio invitandola a rimanere ancora un po’ lì con lei.
<< La mamma aveva ragione.>> disse con occhi chiusi.
<< Su cosa?>>
<< Blaine e Rachel dovrebbero vergognarsi.>>
   
 
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