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Autore: Joy    19/07/2022    1 recensioni
“Cosa ci fai qui, Hargrove?”
[Harringrove, ambientata tra la seconda e la terza stagione]
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billy Hargrove, Steve Harrington
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autore: Joy Inblue

Fandom: Stranger Things

Personaggi: Steve Harrington/Billy Hargrove

Ambientata tra la seconda e la terza stagione.

 

 

 

 

Street lamp light

 

 

 

 

 

 

“Cosa ci fai qui, Hargrove?”

 

La vera domanda, a cui Steve vorrebbe riuscire a dare risposta, sarebbe piuttosto cosa ci faccia lui a notte fonda nel vialetto del giardino, quando vorrebbe soltanto rintanarsi in casa e sbarrare ogni porta e finestra fino al sorgere del sole.

 

Billy soffia un anello di fumo dalle labbra, schiocca la lingua e getta a terra la sigaretta.

“Che c'è, principessa? Adesso non si può neanche fumare sotto un maledetto lampione?”

 

Fosse stato solo quello, Steve non si sarebbe neanche preso la briga di varcare il portone d'ingresso, dopo aver scorso la sua figura dalla finestra della cucina, ma da quella prima incredula occhiata sono passati almeno quarantacinque minuti, le cicche sul marciapiede sono diventate una decina e lui comincia a sentirsi osservato; e che diamine, è stufo di sentirsi spaventato in casa sua.

 

“No, se casualmente scegli proprio il lampione di fronte alle mie finestre.”

 

Muove qualche passo nella sua direzione, il fruscio delle sue stesse scarpe sulla ghiaia è troppo simile allo sfrigolio elettrico perché possa evitare i brividi che gli attraversano la schiena; spera che Billy non se ne accorga: è già abbastanza imbarazzante muoversi per le strade di Hawkins con una nidiata di ragazzini alle costole, neanche fosse mamma chioccia, gli manca solo che quello stronzo di Hargrove diffonda la voce che Steve Harrington se la fa nei pantaloni perché ha paura del buio.

 

Billy sogghigna, ma non sembra aver notato la sua inquietudine, grazie al cielo.

Ha due succhiotti violacei sotto il mento. Steve si rende conto di averli fissati qualche secondo di troppo solo quando nota la tensione improvvisa che gli irrigidisce il collo e il peso che si sposta da una gamba all'altra, tradendo il disagio.

 

“Sono sicuro che la tua presenza sarebbe più gradita sotto altri lampioni: davanti alla casa della ragazza che ti ha lasciato quei segni, ad esempio.”

 

La mano di Billy si solleva d'istinto per raggiungere i marchi sulla propria pelle, poi ci ripensa e torna indietro: si aggancia alla tasca dei jeans.

Sorride. Sembra trovare davvero divertenti le sue parole.

 

“O ne hai così tante che non ricordi con quale hai trascorso la serata?” seguita. Non gli importa se sembra una zitella inacidita di fronte al nipote scapestrato, vuole soltanto che se ne vada, che lo lasci in pace mentre combatte i suoi mostri, e se per indurlo a farlo rimedia un pugno o due tanto meglio, magari con la mente annebbiata riuscirà a dormire.

 

Billy gli rivolge uno sguardo curioso: ha un angolo della bocca rivolto verso l'alto, quasi fosse congelato, a conferirgli un'espressione beffarda. Recupera dalla tasca un'altra sigaretta e la accende.

“Diciamo che per stasera ne ho avuto abbastanza delle sue attenzioni” replica alla fine.

 

Il lampione sfarfalla.

Le zone d'ombra sul ciglio della strada tremolano.

Steve fa del suo meglio per ignorare la goccia di sudore che sente scivolare in mezzo alle scapole.

 

“E quando ne avrai abbastanza di tormentare me, invece?

 

Se la poteva risparmiare, in fondo Billy non gli ha ancora detto per quale motivo si trovi lì, a margine del suo giardino, ma la luce nella strada continua ad oscillare e Steve ha disperatamente bisogno di un momento di tregua, qualunque sia la possibile minaccia.

 

Scruta il bosco oltre la via, i brividi salgono fin sul collo: fa più freddo, ne è sicuro.

Prega solo di non scorgere movimenti furtivi, così da poter distogliere lo sguardo, ma la paura lo tiene ancorato lì, sulla soglia di un incubo che al mattino lascia tracce insanguinate e-

 

“Ehi campione, stai bene?”

La luce del lampione sfrigola di nuovo.

Steve riesce a pensare soltanto che deve avere un aspetto davvero disperato, se si è guadagnato un “campione” al posto di un “principessa”.

 

Il calore improvviso sulla spalla lo riscuote: lo rifugge d'istinto, indietreggiando di un passo.

 

“Come se te ne fregasse qualcosa” sbotta. Non riesce a trattenersi: è talmente teso che potrebbe schizzar fuori dalla sua stessa pelle.

 

La mano di Billy torna lungo il suo fianco, l'altra si porta la sigaretta alle labbra. Non commenta, se non aspirando profondamente.

 

Se non avesse un maledetto tamburo nella cassa toracica e nella testa, Steve volterebbe le spalle al bosco, al lampione e anche a quella testa di cavolo di Hargrove e si precipiterebbe in casa -dove sarebbe dovuto rimanere fin dall'inizio-, ma sente le proprie connessioni neurali che si accendono e si spengono insieme ai cali di tensione, e l'unica cosa che lo tiene ancorato alla realtà, al loro mondo, è l'odore di sigaretta che gli aleggia intorno. Quello non c'è nel Sottosopra, ne è sicuro.

 

Il calore, questa volta, gli sfiora il braccio.

“Harrington?”

 

Il tono di voce è cambiato, l'aroma di tabacco più intenso e probabilmente si è avvicinato senza rendersene conto, perché il collo di Billy ora è molto più vicino, e i succhiotti che ha notato prima adesso hanno la forma di due dita.

 

Inspira profondamente, puntella i piedi sulla ghiaia e si sforza di mettere a fuoco: a Steve sembrano proprio due dita, non un'allucinazione, e dallo scollo della camicia, la luce del lampione che va e viene, gli mostra ombre simili a lividi sulla pelle bianca di Billy.

Adesso che guarda con attenzione vede anche del sangue rappreso in mezzo ai riccioli biondi all'altezza della tempia.

 

“Che diavolo ti è successo?” mormora. Il fiato gli basta appena.

 

Billy smorza sul palato una mezza risata: “Stai per avere un attacco di panico solo perché un cazzo di lampione sfarfalla e chiedi a me cosa è successo?”

 

Steve sa che ha ragione, che è sul punto di dare di matto, ma sentirne le ragioni in modo così diretto e impietoso lo fa sentire se possibile ancora più debole e incapace.

 

“Entriamo in casa” si risolve a dire.

 

Gli sembra l'unica cosa sensata da fare, e comunque, non riesce a pensare a molto altro con il continuo sfrigolio dell'elettricità sulla testa e gli occhi ancora incollati alle impronte scure sulla gola di Billy.

 

Ma quello si ficca la mano libera in tasca e indietreggia: “Non credo proprio, Harrington.”

 

Sente i propri piedi scalpitare: a malapena riesce a tenere a bada il terrore e l'ultima cosa di cui ha bisogno è di trovarsi all'aperto, completamente inerme, assieme all'ignaro -e stronzo- fratellastro di Max, se qualcosa dal Sottosopra sta per uscire di nuovo.

 

“Non c'è nessuno in casa, Billy” ritenta. “I ragazzi sono da Mike. Anche tua sorella.”

 

Forse è la sirena che attacca la sua nenia in lontananza a convincerlo, oppure ci riesce il sudore gelido ormai perfettamente visibile sulla sua maglietta, ma Billy abbassa le spalle in segno di resa e dopo un' occhiata vaga getta la chicca a terra e muove un passo avanti.

 

Steve è abbastanza sicuro che abbia nascosto un sospiro di sollievo, in quell'ultima boccata di fumo che gli ha soffiato in faccia.

 

 

Fine prima parte.

 

 

  
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