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Autore: Deirdre_BB    03/08/2022    1 recensioni
Storiella ambientata post Wano che vede Zoro e Sanji alle prese con una rivelazione del tutto inaspettata.
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Dal testo:
"Dopo un primo momento di sbigottimento per la rivelazione, Robin prese la parola – Quindi stai dicendo che il nostro futuro è già scritto e non può essere cambiato? –
– No, no. Il futuro non è già scritto e immutabile, ma ci sono momenti nel futuro di ognuno di noi che accadranno sicuramente, indipendentemente dalle scelte che faremo, prima o poi quei momenti capiteranno. Potrebbero essere insignificanti oppure fondamentali per noi, ma quelli sono punti fissi della nostra storia. Volete vederne uno? –
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Non sapevo che rating mettere, ho scelto il giallo, ma se qualcuno leggendo si sentisse in qualche modo turbato me lo dica, così magari metto arancione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Usopp aggiustò il fuoco dei suoi occhialini per vedere meglio, poi, quando fu sicuro di cosa si trattasse, urlò:

– C’è qualcosa dritto davanti a noi!! Sembra una piccola imbarcazione, o quello che ne rimane! –

Da sotto la torre di vedetta sentì il rumore dei suoi compagni che accorrevano a prua per vedere meglio.

– Ti sembra che ci sia qualcuno a bordo? – gli urlò da sotto Nami.

– Non ne sono sicuro, ma mi sembra di sì. Credo sia una persona sola. – rispose il cecchino.

– Presto! Carichiamolo a bordo! – decise già euforico il capitano.

– Piantala di prendere queste decisioni avventate! – Nami gli diede un pugno in testa che si lasciò dietro un bernoccolo – E se fosse pericoloso?! O se fosse una trappola?! –

– Però, Nami, potrebbe aver bisogno di aiuto. – piagnucolò Chopper non potendo nascondere la sua apprensione di medico di fronte ad una persona in pericolo – E poi è uno solo, mentre noi siamo in undici. –

Nami abbassò lo sguardo sulla piccola renna e si convinse che forse non sarebbe stato troppo pericoloso far salire a bordo una persona sola che navigava su un derelitto in mezzo al mare.
*****

– Grazie! Grazie! Grazie mille! – tra un singhiozzo e l’altro, il naufrago non la smetteva più di ringraziare i suoi salvatori mentre Chopper lo visitava constatando che a parte la disidratazione non aveva niente di grave.

– Ok, ok, ci sei molto grato, abbiamo capito, ma adesso potresti dirci chi sei e cosa ci facevi da solo in mezzo al mare? – il cuoco era comparso sull’uscio dell’infermeria portando un sandwich fresco e un succo di frutti misti tropicali per il loro nuovo compagno di viaggio.

Una volta trasferiti in cucina, il capitano richiamò tutta la ciurma per ascoltare la storia del naufrago.

Raccontò di chiamarsi Esclao e di essere un mercante di ogni genere di articolo, dalle spezie, ai tessuti, al vasellame; si spostava di isola in isola vendendo, comprando e scambiando merce. Conduceva una vita solitaria, per la maggior parte trascorsa in mare, ed era contento così; aveva visto decine e decine di posti diversi e ognuno a modo suo meraviglioso, e conosciuto centinaia di persone interessanti.

Tre giorni prima però si era ritrovato in balia di una bufera improvvisa che aveva quasi distrutto la sua piccola imbarcazione mercantile e se l’era vista davvero brutta.

– Nami, tra quanti giorni raggiungeremo la prossima isola? – chiese Rufy con un’espressione seria.

– Tra un giorno e mezzo, massimo due se il vento dovesse calare. –

– Bene, allora resterai a bordo con noi finché non raggiungeremo terra! – il capitano sfoggiò il suo solito sorrisone che non lascia spazio ad obiezioni, anche se non ne avrebbe trovata alcuna perché tutta la ciurma si trovava d’accordo con la sua decisione.

– Nel frattempo, io e Usopp potremmo dare un’occhiata alla tua barca per sistemarla, se sei d’accordo. Adesso è ancora a galla legata alla poppa della Sunny, ma potrebbe affondare da un momento all’altro. – si offrì volenteroso Franky.

– Veramente??? Certo! Certo! Grazie mille! Non so davvero come ringraziarvi! Per tutto! – Esclao tornò a singhiozzare visibilmente commosso dalla generosità dei suoi salvatori.

Il pomeriggio passò tranquillamente, Esclao riposò in infermeria per riprendersi dalla brutta esperienza, Franky e Usopp si occuparono della sua barca come avevano promesso e tutti gli altri membri della ciurma tornarono tranquillamente alle loro attività. Si ritrovarono tutti riuniti in sala da pranzo a ora di cena, che come al solito si trasformò in un mezzo banchetto su volere del capitano per festeggiare la conoscenza di un nuovo amico.

A fine cena, Esclao si fece serio, si alzò in piedi e prese la parola.

– Volevo ringraziarvi ancora di cuore per tutto quello che avete fatto per me, non solo per avermi salvato, ma per avermi proprio accolto in mezzo a voi. Quando mi resi conto di essere sopravvissuto alla tempesta, speravo di incrociare una nave che mi aiutasse, ma mai avrei pensato di essere così fortunato di incontrare persone straordinarie come voi. – fece un momento di pausa, poi proseguì – Purtroppo durante la tempesta ho perso quasi tutto quello che trasportavo, quindi non saprei proprio come ripagarvi per la vostra generosità, ma forse potrei sdebitarmi in un altro modo. – con queste parole catturò l’attenzione di tutta la ciurma.

– Dovete sapere che posseggo i poteri di un frutto del diavolo, il frutto Future Future, che mi permette di “sbirciare” nel futuro, il mio o quello di altri, e di mostrarlo anche ad altri. Vorrei sdebitarmi mostrandovi stralci del vostro futuro, se voi siete d’accordo ovviamente. –

Dopo un primo momento di sbigottimento per la rivelazione, Robin prese la parola – Quindi stai dicendo che il nostro futuro è già scritto e non può essere cambiato? –

– No, no. Il futuro non è già scritto e immutabile, ma ci sono momenti nel futuro di ognuno di noi che accadranno sicuramente, indipendentemente dalle scelte che faremo, prima o poi quei momenti capiteranno. Potrebbero essere insignificanti oppure fondamentali per noi, ma quelli sono punti fissi della nostra storia. Volete vederne uno? –

Alcuni membri della ciurma furono molto incuriositi, altri un po’ riluttanti, ma alla fine accettarono tutti.

– Ok, prendiamoci per mano tutti e chiudete gli occhi. –

Fu questione di pochi minuti, poi piano piano tutti riaprirono gli occhi e sui loro volti si dipinsero diverse emozioni, alcune di sorpresa, altre di contentezza, o anche di incredulità, su due di loro sgomento.

Zoro si girò subito in direzione di Sanji per vedere la sua espressione, ma il cuoco si era prontamente alzato per dirigersi in cucina, non così velocemente però da non permettere allo spadaccino di cogliere nel suo occhio il suo stesso sconcerto riflesso.

Come si erano promessi prima di vedere il proprio futuro, nessuno ne fece parola con gli altri tenendoselo solo per sé e tornarono a fare festa sgranocchiando gli ultimi avanzi rimasti in tavola e finendo i boccali di birra. Gli unici a non partecipare ai festeggiamenti furono Zoro e Sanji, che rimasero per il resto della serata chiusi in un mutismo tombale.

A serata ormai conclusa si diressero tutti verso i dormitori, tranne Brook e Robin che erano di turno per la guardia notturna, e Sanji che con la scusa di riordinare le ultime cose tornò in cucina. Quando Zoro fu certo che nessuno lo vedesse, raggiunse il cuoco in cucina, aprì la porta e lo trovò in effetti intento a riordinare stoviglie che ai suoi occhi sembravano già a posto; Sanji si girò verso la porta non appena la sentì aprirsi, ma quando si trovò di fronte lo spadaccino tornò alle sue stoviglie senza rivolgergli nemmeno una parola.

– Cos’hai visto? – Zoro non perse troppo tempo con inutili giri di parole, restando sulla soglia della porta.

– Eh? –

– Nella visione di Esclao, cos’hai visto? –

– L’accordo non era di tenersi ognuno la propria visione per se? – Sanji cercò di eludere la domanda.

– Non mi interessa dell’accordo. Voglio sapere cos’hai visto. – insistette Zoro.

Sanji si rese conto che l’unico modo per levarselo di torno era dargli una risposta, falsa ovviamente.

– Niente di che, passeggiavo per le vie di una città colme di bancarelle. La mia visione deve essere uno di quei momenti insignificanti di cui parlava Esclao. – mentì cercando di essere il più convincente possibile, senza togliere mai lo sguardo dalle stoviglie sotto di lui.

Zoro si avvicinò a lui e lo scrutò per un momento. – Bugiardo. – lo provocò.

Sanji istintivamente si girò verso Zoro, ma non riuscì ad impedire al suo viso di arrossarsi leggermente non appena incrociò lo sguardo profondo dello spadaccino.

– Tu hai visto la stessa cosa che ho visto io. – sentenziò infine il verde.

– No! – urlò Sanji con un po’ troppo impeto per sembrare sincero.

– Ah no? E come fai a dirlo se non sai cosa ho visto io? – forse per la prima volta in vita sua, Zoro riuscì ad essere più astuto del cuoco, che in effetti non seppe come controbattere.

Sanji cominciò a sudare freddo e a respirare affannosamente, gli mancava l’aria, doveva andarsene da lì, allontanarsi da Zoro e soprattutto levarsi dalla testa le immagini della visione che continuavano a perseguitarlo. Mollò lì dov’erano le stoviglie e si diresse verso la cambusa, non pensando però a chiudere la porta e Zoro lo seguì, chiudendosi dentro entrambi.

– C’eri tu nella mia visione. – cominciò lo spadaccino.

– Non lo voglio sapere. – lo bloccò Sanji.

– Eravamo insieme. – continuò imperterrito Zoro.

– Ti ho detto che non mi interessa. –

– Eravamo in un letto. –

Sanji perse le staffe e cercò di colpire Zoro con un calcio al torace, che però lo spadaccino schivò senza problemi.

– Eravamo nudi. –

– Finiscila! – urlò Sanji in preda alla furia.

– E ansimanti. –

Altro calcio, altra schivata.

– La tua schiena contro il mio petto. –

Ancora un calcio e ancora una schivata. Sanji non riusciva neanche a concentrarsi sui calci che tirava, troppo intento a non ricordare quello che aveva visto e che Zoro gli stava esattamente raccontando.

– Io ero ancora dentro di te. –

Sanji vide nero e fece qualcosa di impensabile, tirò un pugno dritto sulla mandibola di Zoro che stavolta non riuscì a schivarlo perché proprio non se lo aspettava, ma che non smise di descrivere la sua visione.

– La mia mano sporca… –

Altro pugno, però stavolta schivato.

– …del tuo seme ancora… –

Ancora un pugno, questa volta però Zoro bloccò la mano di Sanji nella sua e lo trattenne.

– …caldo. –

Sanji cercò di divincolarsi dalla stretta dello spadaccino senza però riuscirci, il volto trasfigurato dalla rabbia.

– E io non mi ero mai sentito tanto appagato come in quel momento. – concluse infine Zoro.

Sanji sgranò gli occhi non riuscendo a credere, o a capire, quello che aveva appena detto il verde.

– Cosa vorresti dire? Vuoi davvero che accada? – sibilò Sanji con una voce che non sembrava neanche la sua.

Zoro non rispose, perché nemmeno lui sapeva bene cosa rispondere, o cosa volesse.

– Be scordatelo! – urlò il cuoco – Non mi importa cosa ha detto quel mercante pazzo! Questo momento non si avvererà mai! Non esiste! –

– Voglio sapere cos’hai provato tu. – disse infine Zoro, cercando di rimanere il più calmo possibile.

Sanji assunse un’aria schifata, davvero gli stava chiedendo una cosa del genere? Si rese conto di avere ancora la mano bloccata in quella di Zoro e al suo nuovo tentativo di divincolarsi non trovò resistenza; allontanò la mano dallo spadaccino come se fosse stata in contatto con un tizzone di brace ardente.

– Non ho provato niente. Anzi, non è vero. Ho provato schifo! – vomitò il cuoco in faccia allo spadaccino.

Zoro lo guardò serio, mille pensieri che gli affollavano la testa e la necessità di capire il comportamento del cuoco e se le sue parole fossero sincere o no.

– Nella mia visione… dopo… ti giravi leggermente verso di me, e io ti baciavo, e in quel momento ho provato una gioia mai provata prima. –

Sanji sentì qualcosa sciogliersi nel suo petto e si sentì nudo e indifeso davanti alla sicurezza e alla tranquillità che Zoro gli stava mostrando. Non riuscì a dire niente, si limitò a guardarlo negli occhi, quasi come se stesse chiedendo aiuto perché la testa era andata in tilt e non riusciva più a produrre un pensiero articolato.

Fu Zoro a rompere il pesantissimo silenzio che si era creato.

– Io non temo l’ignoto, cuoco, e so che questo vale anche per te. E non credere che avere avuto quella visione del futuro non mi abbia sconvolto come ha sconvolto te, o che non sia turbato adesso, ad averti di fronte e dirti queste cose. Ma l’unica cosa che temo in questo momento, è non sapere se riproverò mai nella mia vita lo stesso appagamento e la stessa gioia provate in quella visione, mentre eravamo insieme. – fece una pausa per mettere insieme le parole e trovare il coraggio di pronunciarle – È non sapere se solo tu sarai in grado di farmi sentire così, di questo ho paura, di dovermi accontentare per il resto della vita di quell’unico assaggio dato dalla visione di un paio di minuti e di non poterlo vivere realmente, sulla pelle. –

Zoro riprese fiato dopo aver finito di parlare, gli sembrò di aver parlato per ore, invece bastarono pochi secondi per mettersi a nudo davanti al suo compagno/rivale, amico/nemico, davanti al cuoco.

Sanji invece non riuscì ancora a proferire neanche mezza sillaba, il pulsare frenetico del cuore gli martellava nelle tempie e gli impediva persino di rendersi conto di dove si trovasse, con chi e soprattutto perché.

– Dormiamoci su, cuoco. – detto ciò, il verde girò i tacchi e uscì dalla cambusa, lasciandosi alle spalle il cuoco ancora immobile quasi in trance.

Sanji vide la schiena di Zoro allontanarsi, avrebbe voluto dire qualcosa, fermarlo, ma la gola era arida come un deserto e i piedi come incollati al pavimento, rimase da solo in cambusa per un tempo indefinito, fino a che trovò la forza di muoversi, uscire e lasciarsi cadere su una sedia in sala da pranzo, come sfinito da uno sforzo sovrumano. Si accese una sigaretta e rimase a guardare il soffitto, nella speranza che dalle travi di legno piovessero le risposte alle domande che cominciavano a vorticagli in testa.

Non è possibile. Si ripeteva. Tutto questo non può stare accadendo davvero.

Non riusciva a capacitarsi di come fosse stato possibile finire in quella situazione, di quella assurda visione, delle parole di Zoro… Soprattutto delle parole di Zoro.

Gioia. Continuava a pensare. Ha detto gioia.

Zoro era un istintivo, mentre lui doveva ragionarci sulle cose, e più erano grosse, più doveva ragionarci sopra, e questa, di “cosa”, non era solo grossa, era enorme.

Possibile? Possibile che il nostro continuo scontrarci non fosse in realtà l’espressione di qualcos’altro? Come due bambini alle prese con i primi sentimenti che non sanno in quale altro modo esprimerli se non con frecciatine e insulti?

La sigaretta era finita, se ne accese una seconda con il mozzicone della prima, e poi una terza con il mozzicone della seconda.

Lui ha provato gioia. E io sono un bugiardo, e un vigliacco.

Si alzò dalla sedia e uscì dalla cucina diretto al dormitorio, ma quando mise dentro la testa si accorse che il letto di Zoro era vuoto; tornò sui suoi passi e si mise a cercare lo spadaccino. Lo trovò nell’aquarium, seduto ad osservare i pesci dietro il vetro, il fianco e il braccio sinistro appoggiati allo schienale della panca, la gamba sinistra piegata sul divanetto e l’altra a penzoloni. Il blu dell’acqua si rifletteva sul suo viso e sui suoi capelli donandogli un riflesso color smeraldo.

Si accese l’ennesima sigaretta della serata.

– Credevo avessi detto di volerci dormire su, Marimo. – Sanji sfoderò una sicurezza che in realtà non aveva, ma si tenne comunque a distanza da Zoro, quasi come se ne fosse intimorito.

– E tu cosa ci fai qua? – Zoro girò solo la testa senza muovere nessun’altro muscolo.

Sanji tirò una lunga boccata di fumo, – Non è vero che ho provato schifo. –

A quelle parole Zoro si drizzò quasi sull’attenti, posando entrambe le gambe per terra e appoggiando le mani alle ginocchia, pronto ad ascoltare.

– Io non mi sento mai a casa, in nessun posto. – cominciò Sanji – Di certo non mi sono mai sentito a casa in quella che doveva essere casa mia, ma poi nemmeno sul Baratie sono mai riuscito a sentire che quello era il posto per me, forse perché in fondo sapevo che non lo era. Voi siete la mia famiglia, la famiglia che ho scelto, e con voi mi sento a casa, la maggior parte del tempo, ma ci sono comunque dei momenti in cui non è così, come se neanche questo fosse il posto giusto per me. –

Inspirò un’altra lunga boccata di fumo, abbassò di poco la testa, chiuse gli occhi e si schiacciò la base del naso tra pollice e indice.

– In quella visione, per la prima volta in vita mia, ho sentito di trovarmi nel posto giusto per me, nel posto in cui sarei stato finalmente a casa, con la persona che mi ci avrebbe fatto finalmente sentire, a casa. –

Riaprì gli occhi e si accorse che Zoro si era alzato e avvicinato a lui senza che se ne accorgesse, troppo preso dalla sua confessione per accorgersene.

– Io con te, in quel letto, in quella situazione, mi sono sentito in pace, con me stesso e con il mondo. – continuò Sanji – E voglio sentirmi così davvero, non solo attraverso una visione di un paio di minuti. – ripeté le stesse parole usate dallo spadaccino solo poco tempo prima nella cambusa.

Zoro ormai era talmente vicino che poteva sentire il suo respiro, lo vide allungare la mano verso la sua e per la prima volta le loro mani si toccarono senza l’intenzione di pestarsi. Incrociarono le dita uno nella mano dell’altro, Sanji buttò a terra la sigaretta ormai consumata, Zoro alzò l’altra mano al viso del biondo scostandogli leggermente il ciuffo di capelli che gli copriva l’occhio per vedere quell’azzurro reso ancora più intenso dal riflesso dell’acqua dell’aquarium tutto intorno a loro.

Stava per accadere quello che soltanto quel pomeriggio sarebbe stato impensabile per entrambi, se avessero potuto sentire uno il cuore dell’altro si sarebbero accorti che battevano all’unisono.

Quando finalmente le labbra si incontrarono, Sanji strizzò gli occhi e la mano di Zoro, dall’emozione e dalla paura, ma lo spadaccino non indietreggiò e dopo poco sentì la tensione svanire dal cuoco.

Fu un bacio casto, quasi infantile.

Quando si separarono, Sanji si accorse che Zoro teneva lo sguardo basso e si rese conto che, nonostante la facciata sicura di se, in realtà lo spadaccino era teso come una corda di violino, proprio come lui.

– Direi che per questa sera ci fermiamo qua, mh? – Sanji parlò per primo.

Zoro annuì senza parlare, alzò finalmente lo sguardo sul biondo e arrossì leggermente, e Sanji non poté evitare che una gocciolina di sangue gli colasse dal naso alla vista di quella nuova versione di Zoro, così impacciata, quasi fragile.

– Tutto questo cambierà un po’ di cose… – continuò Sanji dopo essersi pulito il naso con il dorso della mano.

– Già… –

– Tu però mi dai sempre sui nervi, Marimo! –

– La cosa è reciproca, Torciglio! –
   
 
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