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Autore: etienne86    30/08/2022    12 recensioni
Breve one shot senza pretese, scritta in un italiano colloquiale, con aspetti sicuramente ooc, che doveva venire alla luce in 26 agosto, per ricordare il compleanno di Andrè. Come accadde l'anno scorso, sono in ritardo...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo sopra le nuvole

Il cielo sopra le nuvole


Rimase così, immobile. Nell'aria ancora le sue ultime parole.

Sai, Andrè...non credo che mi sposerò tanto presto”

Gliel'aveva detto senza voltarsi, già sulla porta del suo ufficio, e poi si era incamminata, decisa a presentarsi al ballo in suo onore senza di lui.

Solo il grido del piantone, che intimava di aprire il portone per il passaggio del comandante, lo aveva riscosso da quel momento sospeso.

Si diresse lentamente verso la camerata ed incrociò i suoi compagni pronti per il turno serale.

Che ci fai qui?” gli chiese Alain, passandogli accanto. 
“Non avevi un impegno con il tuo biondo comandante?”
Andrè scosse la testa e l'amico lo osservò un istante, inarcando un sopracciglio. Poi si voltò e di corsa raggiunse gli altri soldati.

Aveva la serata libera, adesso. 
Si sedette un attimo sulla sua branda, ancora stravolto. Non era il contenuto di quel breve messaggio ad averlo colpito. Certo, continuava a ripetersi quelle poche parole nella mente, per percepirne ogni volta il senso di sollievo, ma soprattutto prendeva sempre più coscienza del fatto che Oscar gli avesse rivelato le sue intenzioni: non era più accaduto, dopo quella terribile notte in cui lo aveva congedato e lui l'aveva aggredita. Questa constatazione gli riempiva il cuore di gioia, di una gioia che sentiva di non meritare ma alla quale anelava comunque, incessantemente. 
Sapeva che non poteva essere sua, Oscar, ma era abbastanza che non fosse di nessun'altro, e che ancora si confidasse con lui. Come prima.

Alzò lo sguardo sui pochi commilitoni presenti quella sera: un gruppo giocava a carte, senza far troppo rumore, mentre gli altri riposavano, gettati sulle brande.

Decise di approfittare della luce del crepuscolo per tornare a palazzo Jarjayes. Il Generale gli aveva affidato un compito, e lui aveva acconsentito di eseguirlo: doveva riferigli cosa, in realtà, era successo.

Cavalcò lentamente, avvolto da uno strano benessere. Forse avrebbe incrociato Oscar, splendida e pronta per andare al ballo.
Non aveva importanza: poteva sedurre chiunque con la sua bellezza, e danzare con cento cavalieri diversi...lui era ancorato saldamente a quella frase di congedo, come fosse una fortezza inespugnabile.

Entrò a palazzo e si ritrovò nell'ampio ingresso, immerso in un silenzio assoluto. Non si sentivano gli ordini di sua nonna, il frenetico andirivieni delle cameriere dalla camera di Oscar...e nemmeno le sue proteste, per come la agghindavano, com'era accaduto tempo addietro.

Rimase in attesa, poi lentamente salì le scale e si diresse verso la camera padronale. Proprio mentre alzava il braccio per bussare la porta si aprì, ed uscì un domestico.

Generale...posso entrare?”

L'uomo, ancora con il braccio sinistro fasciato, stava controllando la bottiglia di vino pregiato che il cameriere aveva appena lasciato sul suo comodino, unitamente ad una coppia di calici di cristallo.

Si voltò di scatto.

Andrè! Certo, certo...entra pure”

Tornò a stendersi sui guanciali.

Già di ritorno? Che notizie mi porti? Come vedi, ho già predisposto tutto per festeggiare l'annuncio del fidanzamento di Oscar”

Il giovane si irrigidì.

Avanti, Andrè, non tenermi sulle spine! Chi sarà mio genero?”

Avanzò di un passo.

Non lo so, Generale”

Non lo sai?” gli fece eco l'uomo.

Che significa questa risposta?”

Oscar non ha voluto che l'accompagnassi. Non sono andato al ballo insieme a lei”

Come non sei andato al ballo???? Ti avevo ordinato di seguirla, dovevi andare comunque, anche senza il suo consenso! Anche di nascosto, se necessario!”

Generale-rispose pacatamente Andrè- io... non sono più al vostro servizio, mentre sono agli ordini di Oscar...è il mio comandante, ora”

Il Generale lo fissò, stringendo gli occhi. Era una risposta accettabile, ma lo aveva deluso.

Va a chiamare tua nonna” gli ordinò secco, distogliendo lo sguardo da lui.

Andrè uscì a cercare Marie e la trovò in cucina. Le disse che il padrone voleva parlare con lei.
La donna gli rivolse uno sguardo denso di apprensione.

Oscar non è tornata a casa a prepararsi per il ballo” gli sussurrò mentre gli passava accanto. Andrè si fermò, per un attimo, colto alla sprovvista, poi la seguì, ma attese fuori dalla stanza: sentiva il proprio cuore battere più forte nel petto.

Li sentì discutere, entrambi con un tono di voce alterato dal disappunto, e sorrise pensando a quella donnetta anziana, che dalla sua umile posizione non temeva niente e nessuno. Colse solo un'esclamazione del Generale. “Eppure mi aveva promesso che ci sarebbe andata! Oscar è sempre stata di parola!”

La vide uscire poco dopo, reggendo in mano un vassoio con il vino e i calici.

Fammi il favore, Andrè. Riporta in cantina questa bottiglia...il padrone non è più così sicuro di avere qualcosa da festeggiare, stasera” e gli mise in mano il vino ed un lume, con cui farsi luce.

Avrebbe voluto chiederle se sapeva qualcosa, ma era certo che non si sarebbe lasciata sfuggire una sola parola, se non per rammentargli che non erano affari suoi.

Prima di aprire la porta della cave, avvicinò il lume all'etichetta del vino, per capire dove riporlo: era uno Chablis* del 1785, l'ultima buona annata prima di una serie di vendemmie rovinate dalla siccità o dalla grandine. Il ripiano dedicato a quell'anno contava ancora numerose bottiglie: Andrè esitò un istante, poi si infilò sotto la giacca quella che aveva in mano e risalì lentamente dalla cantina.
Desiderava festeggiare, quella sera: non voleva stordirsi con l'alcool, ambiva a gustare qualcosa di buono, a piccoli sorsi...sentire il vino scendere piano piano e sciogliere, insieme a quell'affermazione di Oscar, la corona di spine che tormentava il suo cuore, da momento in cui sua nonna gli aveva comunicato l'intenzione del Generale di concedere la mano di sua figlia.

Lasciò il palazzo senza salutare nessuno e si diresse alle scuderie per prendere il suo cavallo, mentre si chiedeva dove andare a gustare il suo Chablis. Non per strada...non in caserma...



Oscar cavalcava veloce, dopo aver lasciato la caserma a Parigi, mentre si dirigeva al palazzo del Generale Bouillé, a Versailles. Rallentò quando imboccò il viale che portava all'ingresso, già sfolgorante di luci, con le note di accordo degli strumenti dell'orchestra, che si preparava ad accompagnare il suo ingresso trionfale.

Fermò Caesar e gli accarezzò la criniera.

Sai, Andrè...non credo che mi sposerò tanto presto”

Le tornò in mente quella frase, ed il confronto che aveva avuto con lui, neanche un'ora prima.

Aveva deciso di non portarlo con sé già quel pomeriggio, quando sua padre le aveva comunicato la grande idea del ballo in suo onore, neanche fosse una quindicenne al suo debutto in società. E l'ovvia conseguenza che fosse Andrè ad accompagnarla. Lui aveva abbassato gli occhi nel momento in cui obbediva, e lei si era alterata, perchè sembrava che nessuno di quei due uomini avesse capito che non voleva più nessuno attorno, che desiderava vivere esattamente come un uomo, dal momento che era per quel genere di vita che l'avevano cresciuta.

Perciò lo aspettava nel suo ufficio, sapeva che si sarebbe presentato puntuale, all'ora di andare. E in quel frangente, lontano dagli occhi del Generale, gli aveva ribadito la sua volontà, con fermezza, nonostante le sue resistenze.

Soltanto quando si era alzata dalla scrivania e gli era passata davanti...lo aveva notato: l'ombra violacea di un livido sullo zigomo sinistro, ultimo residuo del pestaggio che aveva subìto, lì dove i colpi erano andati a segno più volte, perchè non li vedeva arrivare.

E la sensazione di costrizione che la sua sola presenza le procurava, il doloroso ricordo di quelle mani che si erano fatte morse sui suoi polsi, dai quali si erano staccate solamente per denudarla con brutalità, si dissolse e al suo posto vide il suo, di dolore. Quello che le aveva nascosto per vent'anni e che adesso non dissimulava più.

Rivide quel fazzoletto bianco e quegli occhi colmi di comprensione per le sue lacrime, ignorate da tutti gli astanti, quando aveva raggiunto il capezzale di suo padre, ferito per errore. Capiva la sofferenza altrui e se ne dispiaceva, sempre, anche se poteva apparire, il più delle volte, imperturbabile. Forse fu per questo motivo che decise di lasciarlo con una frase che potesse lenire la sua angoscia, pur restando ferma sulle proprie convinzioni, e andare quindi al ballo da sola.

Smontò da cavallo e attese qualche istante che un servirtore si avvicinasse a prendere le redini: tutti si aspettavano il suo arrivo su una sontuosa carrozza.

Tenetelo qui...torno subito” disse al ragazzo in livrea che aveva preso in custodia Caesar.

Si sistemò l'alto colletto della divisa, la croce bianca con il diadema rosso e i nastri mollemente fissati alla spalla destra e varcò l'ingresso del salone.

Ci vollero pochi attimi perchè il brusio di fondo ed i suoni degli orchestrali fossero sostituiti da un silenzio incredulo.

Fece scorrere lo sguardo sugli invitati, senza fissare nessuno in particolare, poi li salutò bonariamente.

Buonasera, signori! Ma che strano ballo è mai questo? Non vedo nessuna dama da accompagnare nelle danze!”

Gettò indietro la testa e rise forzatamente.

Decisamente non è un genere di intrattenimento che mi si addica, questo”

In mezzo a tutti quei conti e marchesi ammutoliti, che strabuzzavano gli occhi di fronte a lei, ne scorse uno che la guardava amichevolmente, e che alzò la mano in un cenno di saluto. In tutta risposta divenne seria e aggrottò le sopracciglia.

Si era aspettata di trovare chiunque, Girodel certamente, ma non Fersen.

Perchè era lì, un uomo dichiaratamente disinteressato a prendere moglie?

Avvertì chiaramente che la sua presenza, per quanto inaspettata, la lasciava indifferente. Quel languore, ogni volta che incrociava i suoi occhi, dissolto. Si rivolse nuovamente alla piccola folla di aspiranti mariti.

Allora, perdonate...ma vi lascio. Buona serata a tutti!”

Aveva voltato loro le spalle e con poche, ampie falcate era tornata dal suo cavallo. Quando sentì chiamare il suo nome aveva già infilato il piede nella staffa.

Buonasera Oscar! E' sempre bello vedervi”

Terminò di montare in sella prima di ricambiare il saluto.

Buona sera a voi, conte di Fersen. Vi trovo in ottima salute. Come avrete inteso, non intendo fermarmi per questa serata danzante...così esclusiva”

Nemmeno io, se è per questo...” rispose, mentre faceva cenno ad un servitore perchè chiamasse la sua carrozza.

Sono venuto qui, oggi, solo per mettermi a vostra disposizione, qualora aveste avuto bisogno di un cavaliere dalla vostra parte, per il ballo...o per una fuga dal medesimo...”

Non era necessario” replicò Oscar, mentre già tirava le redini per girarsi.

Certo, madamigella, lo immaginavo, ma...volevo ricambiare il sostegno e l'appoggio che ho sempre ricevuto, da voi, anche se la nostra amicizia... appartiene ad un altro tempo, ormai”

Per Oscar era tutto chiaro, e non servivano altre parole di spiegazioni.

Bene, conte di Fersen. Allora vi ringrazio per il disturbo e vi auguro buonanotte”

Non attese che ricambiasse il saluto e spronò Caesar al galoppo.

Durante il tragitto che la conduceva a palazzo Jarjayes, a meno di dieci minuti a cavallo dalla dimora di Bouillé, fu pervasa da un senso di soddisfazione per come era riuscita a liquidare quella assurda faccenda del suo matrimonio.

Ma quando varcò i cancelli della tenuta, si chiese se fosse stata una buona idea tornare a casa: avrebbe sicuramente dovuto affrontare suo padre e causargli una profonda delusione, mentre se fosse tornata a Parigi, la notizia del fiasco di quella serata gli sarebbe giunta da altre fonti, e lei avrebbe potuto lasciargli il tempo di accettare le sue decisioni. Il Generale era ancora convalescente, preoccupato per la sua nuova posizione al comando della Guardia Francese, pressato dal suo superiore, Bouillé, perchè trovasse la maniera di allontanarla da quell'incarico, e affossare in modo così drastico qualsiasi iniziativa in tal senso era per lui motivo di grande sofferenza.
Rallentò quindi l'andatura e condusse personalmente Caesar nelle scuderie.

Quasi si scontrarono, lui che conduceva all'esterno il suo cavallo e lei che apriva la porta della scuderia, tenendo le briglie di Caesar.
Fu colta di sorpresa, ma dopo un istante si riprese.

Non pensavo di trovarti qui”

Potrei dire lo stesso di te, Oscar, pensò. Ma si limitò a rispondere di aver approfittato della serata libera.

Ho voluto informare personalmente tuo padre di non averti accompagnata al ballo, come mi aveva ordinato”

Oscar annuì, senza parlare, poi la sua attenzione fu catturata da un eccessivo rigonfiamento sotto la giacca della sua divisa. Piegò leggermente il capo per osservarlo meglio.

Se non ti conoscessi, affermerei che è una bottiglia l'oggetto che hai nascosto dentro la giacca...”

E' uno Chablis di ottima annata” spiegò, mentre lo sfilava dal suo nascondiglio.

Stasera credo di meritarmi un brindisi, sai?” disse Oscar.

Andrè colse il contrasto tra la frase spiritosa ed il tono estremamente serio con cui l'aveva pronunciata.

Allora questo è il vino adatto” e le allungò la bottiglia.

Oscar la prese e in cambio gli affidò le redini di Caesar.

Quando uscì, dopo aver liberato l'animale da sella e capezza, vide che lei era ancora lì.

Togli i finimenti anche al tuo, ti aspetto all'ingresso principale” gli disse, allontanandosi senza attendere una sua risposta.

Dopo pochi minuti era di nuovo alle sue spalle, sulla scala a chiocciola che portava alla torretta del palazzo. Lei non diceva una parola, lui assaporava quel silenzio.

Arrivarono in cima alla scalinata e si misero uno accanto all'altro a guardare il paesaggio: le splendide luci della vicina reggia di Versailles erano ancora più sfavillanti di sera. Si vedeva una coltre di nubi basse, tinte di rosa, all'orizzonte e poi il cielo, sopra le nuvole. Ma Andrè non osservava il panorama, scrutava il profilo di lei, immobile, con i capelli lunghi mossi dal vento, sperando che non se ne accorgesse.

Hai un coltellino con te?” gli chiese, rompendo il silenzio. Intanto appoggiava sul muretto due calici di cristallo “Chi beve da solo finisce col diventare un ubriacone...”

Andrè aveva una tecnica tutta sua per stappare le bottiglie di vino usando la lama di un coltellino: ripetè quei movimenti ancora una volta e subito riempì i bicchieri.

Ad Oscar Francoise de Jarjayes, nuovo comandante della Guardia Francese...e a tutti coloro che la vorrebbero altrove!”

Alzò il flute davanti a sè, e senza attendere una risposta da parte di Andrè, svuotò il bicchiere.

Poi appoggiò il gomito alla balaustra e il suo sguardo si perse tra le chiome degli alberi, viste dall'alto.

Sai...c'era anche Fersen stasera”

Andrè spalancò l'occhio e istintivamente si allontanò un passo da lei.

Voleva essere d'aiuto, ha pensato potessi trovarmi in difficoltà, al ballo...”

Scosse la testa, sconsolata.

Santo cielo! Ho affrontato da sola situazioni ben più pericolose! Nessuno sembra accettare il fatto che voglia vivere contando solo sulle mie forze, che sia in grado di difendermi...come qualunque uomo...e anche di più!”

La vide stringere i pugni davanti a se, la voce rabbiosa, ma anche stanca.

Lui la ascoltava, in silenzio. Non aveva più diritto di esprimerle il suo parere, e nemmeno di consolarla. Adesso era solo un soldato semplice, di fronte al suo superiore. Ma sapeva bene di essere diverso da suo padre, da Girodel e persino da Fersen, che intendevano proteggerla in quanto donna, creatura fragile per natura...lui l'amava, e in nome di questo sentimento avrebbe dato la vita per lei.

Oscar si voltò a fissarlo, quasi si aspettasse qualche obiezione al posto di quell'insolito mutismo, ma lui tenne gli occhi bassi, fissi sul vino che non aveva toccato.

Però ho capito che vivere senza il sostegno altrui non equivale a vivere in solitudine. Si può rinunciare a servitori, a guardie, alla potente influenza di un genitore, ma non alla propria famiglia e agli amici. Solo gli eremiti abbandonano tutto per vivere soli...”

Andrè sentì il suo sguardo su di sé. Non stava parlando tra se e se, stava comunicando quei suoi pensieri a lui.

Allora la guardò a sua volta: non c'era disprezzo nei suoi occhi, e nemmeno pietà.

E anche lui capì qualcosa, quella sera: non poteva amarla se non accettando le sue condizioni, quello che sentiva, quello che desiderava. Oscar non voleva una persona fidata che le coprisse le spalle, ma qualcuno che camminasse al suo fianco e le volesse bene, per ciò che era.

Si diede dello stupido, per le parole con cui l'aveva affrontata, quel primo giorno in caserma. Affermando di essere lì per lei, l'unico in grado di proteggerla. Mentre si era arruolato perchè non poteva vivere senza averla vicino e non era in grado nemmeno di difendere se stesso, in mezzo a quei soldati.

Senza rendersene conto, di fronte a quella consapevolezza sorrise, e lei fece lo stesso, di rimando.


* non ho resistito a richiamare una mia vecchia fic

  
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